28 febbraio 2010

La casa delle sorelle - Charlotte Link

Barbara e Ralph decidono di passare le vacanze di Natale in un'affascinante quanto misteriosa casa di campagna nello Yorkshire: sarà l'occasione per stare un po' da soli e per tentare di salvare il loro rapporto. Ma la tranquilla vacanza si trasforma presto in un'esperienza disastrosa. Bloccati da una violenta tempesta di neve, senza viveri, senza elettricità e senza legna da ardere, i due non riescono a trattenere i contrasti. Alla ricerca di qualcosa da mangiare nella vecchia rimessa, Barbara s'imbatte casualmente nel diario della precedente padrona di casa e comincia a leggerlo... Ne emerge il ritratto di una donna appassionata, ribelle e anticonformista, ma a poco a poco, da quelle pagine segnate dal tempo, fuoriesce anche un terribile segreto, la cui scoperta metterà Barbara in grave pericolo.

Recensione

Laura è proprietaria di una casa in una paesino sperduto dello Yorkshire: per far fronte a tutte le spese, è costretta ad affittarla per brevi periodi dell'anno. Per lei è un trauma, e non solo per il legame profondo che sente verso quella casa: prima di lasciarla in mani estranee, la percorre centimetro per centimetro, con il terrore che i suoi ospiti possano trovare qualcosa che lei non vuole sia scoperto.
I suoi nuovi affittuari si fermeranno per le feste natalizie: Barbara ha deciso di regalare al marito Ralph la vacanza che da tempo desiderava trascorrere nel paese dei suoi sogni.
In realtà è solo una scusa per staccare dalla quotidianità del loro lavoro di avvocati, che li tiene separati per gran parte del tempo: il loro matrimonio è in crisi e trascorrere del tempo da soli, in un paesino sperduto sembra perfetto per venire a capo dei loro problemi.
Un'inaspettata tormenta di neve li coglie di sorpresa, bloccandoli in casa senza provviste, elettricità, riscaldamento, telefono: la loro salvezza è la rimessa annessa alla casa, che è stipata di legna per la stufa e i camini. Qui Barbara trova per caso un dattiloscritto: risale a più di quindici anni prima ed è stato scritto dalla precedente proprietaria, Frances Gray. Si tratta della sua autobiografia, raccontata però in terza persona: Barbara non resiste alla curiosità e inizia la lettura, trovandosi coinvolta in vicende che sembravano ormai sepolte nel tempo.

Non sempre i romanzi sono ciò che ci aspettiamo: leggendo la quarta di copertina, chissà perché, mi ero immaginata una sorta di giallo condito da fantasmi e misteri, ma sono stata presto smentita.
La storia di Frances Gray è dura e dolorosa: giovane inquieta, non vuole accettare di dover fare la moglie a vita e a diciassette anni si trasferisce a Londra, presso una zia. Qui ritrova Alice, la ragazza del fratello maggiore, che la coinvolge nel movimento delle suffragette: in seguito a dei tafferugli, Frances viene arrestata. In prigione, con altre donne come lei, decide di aderire allo sciopero della fame per protestare contro le condizioni disumane con cui vengono trattate: oltre allo sporco, a una cella che le contiene a malapena, alle umiliazioni imposte, le donne devono anche subire la tortura dell'alimentazione forzata. Sono passi sconvolgenti, che lasciano un sapore amaro in bocca. Quello che però colpisce, fra le righe, è la freddezza con cui questa tragedia viene narrata: e forse la scelta della terza persona è dettata proprio dalla necessità di Frances di mantenere un distacco emotivo dal suo passato.

Arriva la Prima Guerra Mondiale, che porta con sé altri dolori e disperazioni: altrettanto succede vent'anni dopo, con l'incubo di Hitler che incombe e il terrore di rivivere l'agonia della guerra che sembrava terminata il giorno prima.
Frances, tornata da tempo nella terra natia, accetta di accogliere le figlie di Alice, Laura e Marjorie: altri problemi vanno ad aggiungersi a quelli che già deve affrontare e che sembrano non avere mai fine.

La biografia di Frances termina in modo brusco, in quello che è l'evento chiave della vicenda: un climax da cui si sente il bisogno di un respiro di sollievo, che però non arriva. Nella prefazione delle sue memorie, infatti, Frances spiega chiaramente che non è interessata a raccontare la sua vita da anziana: questo priva il lettore della consolazione di immaginare la signora finalmente in pace, nella sua casa, insieme a persone che le vogliono bene. Sappiamo che è stato così, lo si intuisce dai pensieri di Laura e da accenni colti qua e là, ma resta la sensazione di qualcosa di non detto.

Nelle ultime pagine arrivano anche i brividi: Barbara, leggendo il dattiloscritto, viene a conoscenza di un segreto e di un ricatto, che mettono lei e il marito in pericolo di vita. Questa forse è la parte più avvincente del romanzo, almeno per me che amo i thriller: ma dopo trecento pagine di storia vera e dolorosa, l'autrice non riesce ad andare altrettanto a fondo nella vicenda. I moventi sembrano fragili, i protagonisti seguono un copione prestabilito, con attimi talmente assurdi da rasentare il ridicolo. La conclusione arriva troppo in fretta, lasciando molto in sospeso.

La casa delle sorelle non è una lettura facile, anche se l'ho trovata così avvincente da non riuscire a staccarmi dal romanzo: c'è tanto, forse troppo, e di tutto. Troviamo le storie d'amore, i conflitti familiari, le lotte sociali, la gelosia, l'invidia, l'odio, le privazioni e gli stenti non solo fisici ma anche dei sentimenti: Barbara e Ralph, che sembrano i protagonisti della storia, si trasformano in macchiette aride, che hanno l'unico compito di alleviare l'amarezza della storia di Frances. Laura, co-protagonista un po' ridicola, è poco credibile nella sua evoluzione brusca che prende tratti a dir poco surreali.

Chiudendo il libro, nonostante la lettura vorace e motivata, non mi sono sentita pienamente soddisfatta: l'amaro in bocca non è stato addolcito, punti di domanda non hanno trovato risposta, l'ansia delle ultime vicende non è stata completamente placata.

Giudizio:

+3stelle+

Dettagli del libro

  • Titolo: La casa delle sorelle
  • Titolo originale: Das Haus der Schwestern
  • Autore: Charlotte Link
  • Traduttore: Lidia Perria
  • Editore: TEA
  • Data di Pubblicazione: 2004
  • Collana: Teadue
  • ISBN-13: 9788850206872
  • Pagine: 611
  • Formato - Prezzo: Brossura - 9,00 Euro

27 febbraio 2010

L'arte della magia - Terry Pratchett

Sul bizzarro Mondo Disco, regolato dalle leggi della magia e della fantasia, non sono finite le avventure... Ora è il turno della piccola Esk, ottava figlia di un ottavo figlio, e quindi destinata a diventare mago se non fosse che, essendo femmina, potrebbe al massimo diventare strega. Ma Esk è decisa: vuole diventare mago e, rincorsa dall'apprensiva nonnina, parte alla volta della leggendaria Università Invisibile dei Maghi dove è sicura che le sarà insegnata l'arte della magia.


Recensione

Il tempo di un mago sta per scadere: sta recandosi al piccolo villaggio di Cattivo Somaro, alla ricerca dell’ottavo figlio di un ottavo figlio cui trasmettere i propri poteri e la propria verga magica prima di lasciare questo mondo per sempre. Il fabbro, ottavo figlio della sua famiglia, sta per diventare padre per l’ottava volta: e la cattiva abitudine che hanno gli uomini di non lasciar parlare le donne, in questo caso la levatrice, fa sì che il mago trasmetta i suoi poteri… a una neonata. Il problema è che nel Mondo Disco non ci sono donne mago! Perché, vi chiederete? Eh be’… hm… sarebbe ridicolo… è così, e basta… sarebbe come una strega uomo.
Nonnina, la strega del villaggio, accetta di prendersi cura della bambina, Eskarina. E’ una strega con ben poche fortune: non puzza, non ha verruche, e assolutamente non riesce a perdere i denti. Ma ha capito tutto della vita: quella dei maghi è magia fatta di paroloni, di formule teoriche e di idee, mentre una strega può andar avanti nella vita semplicemente usando quella che lei chiama menteologia, ossia l’arte di far credere a un uomo che l’acqua bollita con una bacca sia una medicina miracolosa. Non che non possieda un pizzico di vera magia, s’intende.
Esk, fortunatamente per lei, non solo è molto portata nell’apprendimento delle pratiche stregonesche, ma ha una grande magia, magia da mago, una curiosità petulante, e l’insana idea di voler diventare mago in un mondo in cui le donne possono diventare solo streghe. Nonnina, tuttavia, inizia a credere che ciò, in fondo, potrebbe non essere così impossibile, e acconsente ad accompagnarla ad Ankh-Morpork perché la addestrino all’Università dei Maghi. Peccato che Eskarina vi riesca a entrare solo come donna delle pulizie.

Finora non è il migliore di Pratchett, anche se non posso ben valutare perché i primi due, pur essendomi piaciuti, erano tradotti in maniera così vergognosa che non erano nemmeno giudicabili. ‘L’arte della magia’, invece, riesce a farsi leggere senza causare conati di vomito. Mi sto riferendo, naturalmente, alla nuova edizione con copertina nera, che sospetto essere ritradotta. Evitate come la peste le vecchie edizioni coloratissime.

E’ il primo romanzo della sottosaga dedicata alla streghe, e questa volta Terry Pratchett adatta al fantasy, in modo esilarante, l’annosa battaglia tra i sessi, in un rovesciamento continuo degli stereotipi che strappa risate qua e là. E, naturalmente, prosegue la divertentissima demolizione dei clichè di ogni fantasy che si rispetti, anche se in modo meno manifesto rispetto ai primi due.

Il libro possiede senza dubbio alti e bassi, e ha il grave difetto (o almeno così la vedo io) di non essere diviso in capitoli -come tutti gli altri Pratchett, d'altronde- e di risultare pertanto un po’ confusionario nei cambi di scena. Inoltre, a differenza di Nonnina, il personaggio di Eskarina non verrà più nemmeno menzionato negli altri volumi della saga delle Streghe: un vero peccato, perché come può essere senza conseguenze per il Mondo Disco l’accettazione nell’Università della prima Maga di sesso femminile?

E’ assolutamente autoconclusivo, quindi consigliato anche a chi si accosta per la prima volta al Mondo Disco.


Sottociclo delle Streghe:
  • L'arte della magia, 1991 (Equal Rites)
  • Sorellanza stregonesca, 1992 (Wyrd Sisters)
  • Streghe all'estero, 2009 (Witches Abroad)
  • Lords and Ladies, inedito in Italia
  • Maskerade, inedito in Italia
  • Carpe Jugulum, inedito in Italia

Giudizio:

+3stelle+

Dettagli del libro

  • Titolo: L'arte della magia
  • Titolo originale: Equal Rites
  • Autore: Terry Pratchett
  • Traduttore: Callori N.
  • Editore: Tea
  • Data di Pubblicazione: 2009
  • Collana: Teadue
  • ISBN-13: 9788850217786
  • Pagine: 216
  • Formato - Prezzo: Brossura, Euro 8.60

26 febbraio 2010

Camere Separate - Pier Vittorio Tondelli

"Camere separate" è uno straordinario e felice romanzo d'amore e di morte, di nostalgia e maturità, di impotenza e grandezza, nel quale riconosciamo la crisi del nostro tempo e le sue misteriosi ragioni." (Cesare De Michelis)






Recensione

Non ti sembra di sfogliare pagine. Ti sembra di alzare tendine e guardare nei buchi della serratura, ti senti un voyeur e non puoi smettere di frugare, ne vuoi ancora ma ti vergogni di spiare qualcuno che si spoglia.
E Tondelli qua non è che si leva solo i vestiti; anche la pelle, si alza, per farci vedere cosa c'è dentro.
Non si risparmia in niente. Sembra che scopra i suoi difetti, le sue mancanze e i suoi sentimenti nel momento in cui li descrive.
Anzi spesso ti sembra di scorgerli, prima di lui.

Caldamente sconsigliato a chi soffre di qualche forma di omofobia, perché l'amore del protagonista per il suo ragazzo è totale, è fisico, è spirituale, e la sua analisi del loro rapporto non cede mai alla tentazione di giustificare le sue insicurezze con le paure della società (tipo: "Non possiamo stare insieme perché mamma s'arrabbia, ma io ti amo, eh? Sei una persona stupenda. Cià.").

Un romanzo praticamente autobiografico, coraggioso e lucido.
L'amore per Thomas e il dolore per la sua malattia si mescola in maniera straziante ma mai autocompiaciuta con l'impossibilità di stargli vicino come si conviene a due persone che si amano.
Non ci sono accuse esplicite alla società bigotta, Tondelli sembra essere totalmente superiore ai giudizi della Rimini bene degli anni '80; eppure la sofferenza per l'impossibilità di sostenere moralmente e spiritualmente la sua anima gemella che se ne sta andando è straziante, intima, privata, profonda, e molto empatica.

Simbolicamente la storia stessa altalena temporalmente nella storia personale del protagonista seguendo solo il filo logico dei suoi pensieri, è spiazzante e crudo, così labirintico che simboleggia perfettamente lo smarrimento personale dell'autore tra le pieghe del tempo e dei ricordi.

Forse slitta un pochino nel finale, c'è un lieve dissestamento dato da un giudizio autobiografico un po' troppo radical-chi per i miei gusti (altro esempio: 'Sono diverso perché sono uno scrittore-nessuno mi capisce').
Comunque, questo neo poco ha a che vedere con la bellezza totale del libro.

Giudizio:

+5stelle+

Dettagli del libro

  • Titolo: Camere Separate
  • Autore: Pier Vittorio Tondelli
  • Editore: Bompiani
  • Data di Pubblicazione: 2008
  • Collana: I Grandi Tascabili
  • ISBN-13: 9788845249150
  • Pagine: 220
  • Formato - Prezzo: Tascabile - Euro 9,00

25 febbraio 2010

I Lupi del Calla (La Torre Nera Volume V) - Stephen King

Dopo anni di attesa, un nuovo, corposo episodio della saga di Stephen King accorcia le distanze con la Torre Nera e il suo segreto. Roland e il suo bizzarro seguito - il giovane Jake, Eddic e sua moglie Susannah - cercano di raggiungere la Torre per arrestare il disfacimento della realtà e il suo annullamento nel caos. Ma attraversando le foreste del Calla, una regione del Medio-Mondo, si imbattono nella tragedia di una piccola comunità rurale sfinita dalle incursioni di un nemico ignoto e spaventoso, creature dal muso di lupo che assaltano le case con armi invincibili seminando morte e distruzione. Ora stanno per tornare, e i quattro pistoleri sono l'ultima speranza per il villaggio...

Recensione

Il Tizio che cammina ha rifornito le nostre Dorothy di deliziose scarpette rosse con cui tornare in Kansas. Peccato che il ka-tet non abbia la minima intenzione di tornare sui propri passi: è la Torre Nera il loro obiettivo, perché tutto serve il ka.
Ecco dunque giungere il tet a Calla Bryn Sturgis, pittoresca località che ricorda, come Stephen King stesso afferma nella postfazione, i film di Sergio Leone: quei villaggi assolati con i portici in legno, il profumo dell’erba e del fieno, quei campi faticosamente coltivati battuti dal sole, quei canyon e quelle miniere che richiamano così tanto alla memoria il primo capitolo della saga, L’ultimo cavaliere. Eppure c’è un accordo stonato, nella colonna sonora di Enrio Morricone: è la voce metallica di Andy Robot Messaggero (Molte Altre Funzioni), che una mattina annuncia al folken che i Lupi stanno tornando a prendere i loro bimbini. Alla gente del Calla altro non resta che invocare il soccorso dei pistoleri, degli ultimi eredi di Arthur Eld: e a essi altro non resta che accorrere alla chiamata, volesse anche significare giacere morti nella polvere a faccia in giù.
Non tutto il folken è d’accordo, in ogni caso: e sta al ka-tet di Roland parlare bene, magari anche con l’appoggio del pére Callahan (vecchia conoscenza dei Kingofili) il quale nasconde l’infame Tredici Nera nella sua chiesa. Il pére proviene dallo stesso dove di Jake, Eddie e Susannah, in cui, a proposito, la preziosa rosa è minacciata dalle pretese della Sombra Corporation sul terreno in cui sorge, e che appartiene a Calvin Torre.
Lupi in arrivo, metà del folken contro, la pericolosa Tredici Nera in bilico tra sonno e veglia, la rosa in pericolo: il panorama sembra già abbastanza complicato, ed ecco che Susannah non solo è incinta del demone che ha trattenuto per permettere a Jake di attraversare la sua porta e giungere da loro, ma ha anche sviluppato una nuova personalità: è Mia, che nella Lingua Eccelsa significa Madre.

Un fottuto western, questo, che trasporta dal medioevo fantasy del quarto volume quale era Mejis alle brulle terre del Calla. La prima metà scorre adagio, rallentata soprattutto dal lunghissimo racconto di Callahan, che dona quasi un sequel a Le notti di Salem, poi…si salvi chi può: la storia parte al galoppo, gli intrecci si complicano, le indagini si infittiscono, il sangue sprizza e un grosso passo viene compiuto nel cammino verso la Torre. La figura di Roland, già fantasmagorica, in questo volume raggiunge forse il suo culmine: pare quasi di averlo davanti, il duro pistolero segnato dal tempo, a ballare la Commala mentre il folken del Calla intona la canzone di Oriza. Jake cresce, finalmente, forse per sempre: è tempo per lui di lasciarsi addietro l’immaturità dei pochi anni che possiede; Eddie è tenuto a sopportare una notizia che mette a dura prova il suo legame con Susannah…la quale è nuovamente divisa in due, in un momento, questa volta, molto poco propizio.

Ed eccolo, il nuovo cardine della saga, il pére Callahan, il Vegliardo: un prete che, per essere uno squartavampiri ex-alcolista, appare abbastanza bigotto, sia lode all’Uomo-Gesù; ma nel sesto libro farà la sua porca figura.

Serve specificare che lo considero uno dei migliori libri della saga?


I libri della saga, tutti editi da Sperling&Kupfer:

E inoltre:

Giudizio:

+5stelle+

Dettagli del libro

  • Titolo: I Lupi del Calla
  • Titolo originale: The Dark Tower V: The wolves of the Calla
  • Autore: Stephen King
  • Traduttore: Tullio Dobner
  • Editore: Sperling&Kupfer
  • Data di Pubblicazione: 2005
  • Collana: Paperback
  • ISBN-13: 9788820035747
  • Pagine: XIII-647
  • Formato - Prezzo: Brossura, sovraccoperta - Euro 14,50

24 febbraio 2010

Domeniche da Tiffany - James Patterson, Gabrielle Charbonnet

Jane è una bambina di otto anni trascurata dalla madre Vivienne, impegnatissima con suo lavoro di produttrice di spettacoli teatrali: sarebbe completamente sola e lasciata a sé stessa, se non fosse per il suo migliore amico Michael. Sempre al suo fianco, l'accompagna a scuola, gioca con lei, è il suo confidente, ma i momenti che entrambi preferiscono sono le merende della domenica pomeriggio al St. Regis, lussuoso hotel di New York. Non ci sarebbe nulla di strano se non fosse che Michael è un amico immaginario: il suo compito è affiancare bambini bisognosi di un aiuto per entrare nella vita sulle proprie gambe, dando loro conforto e sicurezza. L'amicizia ha però una scadenza: al compimento del nono anno, ogni amico immaginario lascia il bambino affidatogli, che il giorno seguente non ricorderà nulla.
Il nono compleanno di Jane non è dei più felici e l'addio di Michael è il colpo di grazia: nella sua testardaggine di bambina, Jane giura che non avrebbe mai dimenticato il suo migliore amico.
Più di vent'anni dopo, troviamo Jane alle prese con la sua prima produzione teatrale, un enorme successo non solo in America ma anche in Inghilterra, tanto che la casa di produzione di Vivienne, per cui Jane lavora, è in trattativa per l'adattamento cinematografico. La trama dello spettacolo è la storia vera dell'amicizia con Michael, mai dimenticato e sempre rimpianto.
Nello stesso momento, l'amico immaginario è in vacanza tra un incarico concluso e il prossimo: si trova proprio a New York e spesso i suoi pensieri tornano alla bambina con cui ha avuto un rapporto che sente più profondo di quello intessuto con gli altri bambini. Michael conduce una vita normale, quando vuole è in grado di farsi vedere anche dalle altre persone e ha il dono di ottenere in ogni momento ciò che vuole, come per magia.
Una domenica pomeriggio, per uno strano scherzo del destino, Michael e Jane si ritrovano proprio al St. Regis: è la prima volta che un amico immaginario incontra da adulto un bambino cui era stato affidato. L'amicizia tra i due rinasce e ben presto si trasforma in qualcosa di più profondo, cambiando radicalmente le vite di entrambi.

Recensione

James Patterson è un prolifico autore, noto per le serie thriller delle Donne del Club Omicidi e di Alex Cross: di questa, tempo fa, lessi Il collezionista, uno dei romanzi più truculenti che mi sia mai capitato tra le mani. Davanti a Domeniche da Tiffany ho subito pensato ad un caso di omonimia, ma mi sbagliavo: scritto a quattro mani con Gabrielle Charbonnet, autrice di libri per ragazzi, è stata una vera sorpresa.

Subito salta all'occhio una strana somiglianza con Se tu mi vedessi ora di Cecelia Ahern, giovane scrittrice irlandese, nota ai più per P.S. I love you, di recente trasportato sul grande schermo: anche in questo romanzo il protagonista è un amico immaginario che si innamora di una persona reale, e simili sono anche le relazioni con gli altri amici immaginari. A parte questo, Patterson crea una storia originale, che prende una direzione decisamente diversa.

Ogni bambino, per un certo periodo della sua vita, avrà certamente giocato con un amico immaginario: l'idea che queste persone non siano solo parti della propria fantasia è simpatica e rassicurante.
Le difficoltà che i protagonisti si trovano ad affrontare hanno del surreale, non solo per la presenza di Michael: Jane lavora per la madre, despotica e onnipresente; ha un fidanzato che mette al primo posto la palestra, le pubbliche relazioni e il proprio lavoro di attore, e decisamente non ha nulla del vero Micheal, personaggio che interpreta nello spettacolo della fidanzata. Vivienne è una donna forte, che sa imporsi in modo non proprio delicato e che pretende di essere la regista non solo della propria vita ma anche di quella altrui, specialmente nei riguardi della figlia.

Michael fa tenerezza: non sa bene chi sia, da dove venga, o quale sia la propria natura: sa solo di dover aspettare di venire affidato a un bambino in difficoltà, e questo deve bastargli. Incontrare nuovamente Jane porta nella sua vita un grande scompiglio, e scoprirsene innamorato lo confonderà ancora di più.

La narrazione scorre su due piani: Jane racconta in prima persona le sue dis-avventure, mentre la versione di Michael è affidata a un narratore esterno. La trovo una scelta un po' bizzarra, soprattutto perché questa terza persona parla solo di Michael e non offre una panoramica sugli altri personaggi della storia, come invece ci si potrebbe aspettare: sarebbe stato più efficace, a mio parere, far parlare in prima persona anche lui, e tutto sommato sarebbe bastato un piccolo sforzo in più, visto che i suoi capitoli sono profondi e intimi come quelli raccontati da Jane.

La storia è un incrocio tra un chick-lit, con la solita protagonista trentenne, lavoratrice, alle prese con problemi di cuore e disgrazie varie, e un romanzo rosa dei più tradizionali, con una storia d'amore dolce e romantica. Il duo Patterson-Charbonnet sa rendere davvero speciale un racconto che potrebbe scadere nella banalità: lo stile è scorrevole e leggero, i personaggi sono ben caratterizzati e non mancano le sorprese. Consigliato a chi ama Levy, la Ahern e in generale le commedie romantiche: è un romanzo che non deluderà.

Giudizio:

+3stelle+

Dettagli del libro

  • Titolo: Domeniche da Tiffany
  • Titolo originale: Sundays at Tiffany's
  • Autore: James Patterson con Gabrielle Charbonnet
  • Traduttore: Elisa Frontori
  • Editore: Corbaccio
  • Data di Pubblicazione: 2008
  • Collana: Romance
  • ISBN-13: 9788879729482
  • Pagine: 258
  • Formato - Prezzo: Rilegato - 15,60 Euro

21 febbraio 2010

Vampire Trinity. Skarlet - Thomas Emson

Skarlet, una pillola rossa, con una K impressa sopra: è così che l'incubo ha inizio. Chi la ingoia muore, apparentemente, per risvegliarsi dopo 48 ore esatte, assetato di sangue, trasformato in vampiro. Jake Lawton, ex soldato, si trova incastrato in un diabolico piano per creare una legione di vampiri e sovvertire l'ordine dello Stato. Ricercato dalla polizia che lo accusa di aver venduto la pillola rossa, dovrà combattere contro il crescente esercito di sanguinari. Per lui e i suoi pochi alleati (una giornalista, un piccolo spacciatore e un antropologo) il pericolo assumerà diverse forme: dai poliziotti corrotti ai media che diffondono il terrore, ai vampiri che infestano le strade. Ma qualcosa di ben più terribile si nasconde nel sottosuolo, qualcosa che attende di risorgere per regnare in una città di schiavi umani: una Trinità di demoni vampiri.

Recensione

Il libro di Emson è una boccata d'ossigeno, dopo l'invasione di vampiri belli, buoni e profumati che ha colpito le nostre librerie. I vampiri di Emson non hanno nulla a che fare con quelli di Stephenie Meyer, né con il tradizionale vampiro ottocentesco codificato da Stoker: somigliano più alle creature frenetiche e animalesche di Matheson in Io sono leggenda.

Ho apprezzato in particolare l'idea di un vampirismo trasmesso attraverso una partita di ecstasy tagliata male e diffusa proprio attraverso le feste dei "real vampires". Il ritmo della narrazione è incalzante e distribuito su più piani temporali e locali e ricorda alcuni romanzi di Stephen King (Le notti di Salem su tutti) per come sono sviluppati alcuni quadri, che mostrano la vicenda dalla prospettiva di personaggi secondari o mere comparse.

Il problema è che, a differenza dei personaggi di King, quelli di Emson non spiccano per tridimensionalità. Sono tutti, chi più chi meno degli stereotipi e come tali si muovono in modo assolutamente prevedibile. Ho trovato apprezzabile lo sforzo di scrivere una nuova storia mitologica del vampiro (Dracula cacciatore di vampiri è stato un concetto in effetti inaspettato), anche se alcuni punti meritavano senz'altro ulteriore approfondimento.

Per gli amanti dell'horror, inoltre, si può fare il pieno di scene truculente e sanguinose in una vera e propria caccia senza quartiere ai vampiri.

Trattandosi del primo libro di una trilogia si può comunque sperare in una maggiore analisi dei personaggi e dell'ambientazione nel prossimo volume. Una lettura piacevole per un libro che scorre come una sceneggiatura e che potrebbe produrre un buon film se affidata alle mani adatte.

Giudizio:

+3stelle+

Dettagli del libro

  • Titolo: Vampire Trinity. Skarlet
  • Titolo originale: Skarlet (Vampire Trinity I)
  • Autore: Thomas Emson
  • Traduttore: Rosa Prencipe
  • Editore: Newton Compton
  • Data di Pubblicazione: 2010
  • Collana: Vertigo
  • ISBN-13: 9788854116610
  • Pagine: 518
  • Formato - Prezzo: Brossura - 14,90 Euro

18 febbraio 2010

Norwegian wood/Tokyo blues - Murakami Haruki

Uno dei più clamorosi successi letterari giapponesi di tutti i tempi è anche il libro più intimo, introspettivo di Murakami, che qui si stacca dalle atmosfere oniriche e surreali che lo hanno reso famoso, per esplorare il mondo in ombra dei sentimenti e della solitudine. Norwegian Wood è anche un grande romanzo sull'adolescenza, sul conflitto tra il desiderio di essere integrati nel mondo degli "altri" per entrare vittoriosi nella vita adulta e il bisogno irrinunciabile di essere se stessi, costi quel costi. Come il giovane Holden, Toru è continuamente assalito dal dubbio di aver sbagliato o poter sbagliare nelle sue scelte di vita e di amore, ma è anche guidato da un ostinato e personale senso della morale e da un'istintiva avversione per tutto ciò che sa di finto e costruito. Diviso tra due ragazze, Naoko e Midori, che lo attirano entrambe con forza irresistibile, Toru non può fare altro che decidere. O aspettare che la vita (e la morte) decidano per lui.

Recensione

All'inizio era molto il mio scetticismo su Murakami e le prime pagine di questo libro non facevano altro che confermarlo.
Lento, quasi incomprensibile, freddo. Poi pian piano il racconto decolla e mi sono ritrovato risucchiato in una storia bellissima, giocata sui ricordi del protagonista, alter ego dell'autore.

La trama di per sé può sembrare già sentita: un uomo racconta dei suoi vent'anni da ragazzo "normale", tra la crescita personale e il contrasto interiore per l'amore verso due ragazze molto diverse tra loro, ma accomunate da una serie di tragedie che le faranno diventare "instabili" e bisognose di quella tranquillità che il ragazzo emana attraverso la sua anonima normalità. Il tutto durante il periodo delle rivolte studentesche giapponesi del biennio '68-'70, che rimangono comunque sempre sullo sfondo senza partecipare granché alla narrazione.

Detta così sembra una storia qualunque. Invece Murakami, con una delicatezza incredibile, riesce a fotografare perfettamente, grazie alla sua prosa fortemente descrittiva e ai personaggi ottimamente definiti, il disagio della maturazione e della rielaborazione del lutto, attraverso anche l'uso della musica e dei libri dell'epoca. Così il lettore si trova coinvolto emotivamente con i protagonisti senza che la narrazione scada nel morboso, soprattutto nei momenti di sesso.

In definitiva, è un libro che mi sento fortemente di consigliare. E' una storia fragile ma al tempo stesso forte, proprio come il ricordo di un'amore di gioventù perduto tra le pieghe del tempo ma ancora vivo nella mente di chi lo ha vissuto e può raccontarlo. La prosa lenta di Murakami e la storia infinitamente triste può scoraggiare il lettore (per questo non mi sono sentito di dare cinque stelle: rimane comunque un giudizio personale), ma questo rimane in ogni caso un capolavoro tra i romanzi di formazione orientali.

Giudizio:

+4stelle+

Dettagli del libro

  • Titolo: Norwegian Wood / Tokyo blues
  • Titolo originale: Noruwei no mori
  • Autore: Murakami Haruki
  • Traduttore: Giorgio Amitrano
  • Editore: Einaudi
  • Data di Pubblicazione: 2006
  • Collana: Super ET
  • ISBN-13: 9788806183158
  • Pagine: XX-379
  • Formato - Prezzo: Brossura - Euro 9,80

16 febbraio 2010

La leggenda di Earthsea - Ursula K. Le Guin

Earthsea, il mondo dei grandi arcipelaghi e degli immensi oceani, l'universo lontano dove la magia è ancora potente, la terra misteriosa in cui uomini e draghi hanno convissuto e dove, secondo una leggenda, un mago sconfiggerà le forze del male per riportare l'Equilibrio della vita. A Gont, una delle isole di Earthsea, vive un giovane pastore, Ged, il quale, grazie ai suoi straordinari poteri, conquista il privilegio di diventare apprendista dei grandi maghi dell'Arcipelago. Il ragazzo, che assume il nome di Sparviero, è destinato a essere un grande domatore di draghi ma è altresì consumato dal desiderio di imparare troppo in fretta. L'uso poco saggio dei suoi poteri aprirà dunque uno spiraglio nel mondo dei defunti e farà comparire l'Ombra della sua stessa morte, che cercherà di afferrarlo nella propria morsa e di annientarlo. In un unico volume i cinque romanzi che compongono la Saga di Earthsea, rappresentazione del drammatico confronto tra le forze della luce e quelle delle tenebre.

Recensione

La leggenda di Earthsea contiene cinque romanzi, tutti precedentemente pubblicati da Mondadori: Il mago di Earthsea, Le tombe di Atuan, La spiaggia più lontana, L'isola del drago, I venti di Earthsea.

Il breve romanzo Il Mago di Earthsea, il primo libro della saga, risale alla fine degli anni ’60.
In esso facciamo la conoscenza di Sparviero, o Ged che dir si voglia, il quale, in una linearissima trama da fantasy vecchio stampo, da giovane di umili origini che vuol fare grandi cose nella vita inizia il suo lungo percorso di formazione, ribellandosi al suo destino di uomo comune e scoprendo di avere nelle proprie mani doti da mago con cui primeggiare. Successivamente, e scontatamente, Ged si mette al servizio di un vecchio precettore, il Mago Ogion, diviene oggetto di una profezia, poi studia all’Accademia dei maghi, finché l’avventatezza della sua giovane età non lo spinge a tentare un incantesimo troppo pericoloso per lui, che genera una mostruosa minaccia per la sua vita e probabilmente anche per il resto dell’arcipelago di Earthsea. Tanto, troppo breve questo primo volume: in poche righe trascorrono anni, terminano addestramenti, draghi vengono sconfitti e mondi salvati.

L’estrema brevità dei capitoli persiste anche ne Le tombe di Atuan, secondo volume di poco posteriore al primo, che pure risulta leggermente più scorrevole in quanto diminuisce il numero di vicende narrate: un brusco cambio di punto di vista ci presenta Arha, La divorata, una giovane sacerdotessa dedita al culto del tempio delle ombre. La sua strada s’intreccerà presto con quella di un affascinante mago dalla pelle scura venuto a recuperare nel labirinto la metà dell’anello di Erreth-Akbe, perduto centinaia di anni prima.

Ma già da La spiaggia più lontana i capitoli si prolungano, la narrazione si distende riuscendo ad acquisire ritmi meno serrati: stavolta il punto di vista è quello del giovane Arren, principe di Havnor, sul cui capo un giorno troverà posto la corona di re delle isole centrali. Il regno di Earthsea è in pericolo: la magia sta svanendo e L’Arcimago Ged, ancora una volta, dovrà mettersi in viaggio per scoprire la causa della minaccia e porvi rimedio.

Ed ecco che giungiamo al mio libro preferito, il quarto: L’isola del drago, comparso quasi vent’anni dopo il terzo. La narrazione si concentra nuovamente su Tenar, cioè Arha – il cui nome, perduto quando le sacerdotesse l’avevano condotta nel tempio, era stato riscoperto da Ged-, ormai invecchiata. La donna, di cui ci viene narrato il passato dal suo arrivo al Grande Porto di Havnor fino al momento in cui inizia questo quarto romanzo, prende con sé una bambina cui la crudeltà umana ha inferto orribili e incancellabili cicatrici. Poco dopo la morte dell’anziano mago Ogion –presso cui Ged aveva condotto la ragazza dopo averla convinta a lasciare il tempio delle Ombre e la sua terra-, a volo di drago giunge proprio il vecchio Sparviero, ferito, incanutito e privo di poteri dopo il difficile scontro del capitolo precedente. E’ questo il libro che segna il loro ricongiungimento, dopo più di venticinque anni di attesa: il più denso di emozioni umane e di introspezione.

I venti di Earthsea, di dieci anni successivo al quarto (siamo ormai nel 2001), Ursula Le Guin conclude la sua saga con un ultimo, lungo ed emozionante capitolo che coinvolge il principe Arren, Tenar e Tehanu (questo il nome dato alla bambina) decisi a incontrare i draghi per un parley che li faccia giungere a una duratura alleanza in nome di un pericolo comune.

Come ho già avuto modo di scrivere, l’espressività estremamente sintetica della Le Guin è un violento pugno nello stomaco: mi piange il cuore al pensiero di come sarebbe stata questa saga se i personaggi e soprattutto le vicende fossero state approfondite a sufficienza; l’ambientazione, infatti, è magnifica: un enorme arcipelago di isole, alcune delle quali così lontane tra di loro che, oltre alla lingua e alla cultura, mutano persino l’aspetto e l’uso della magia degli abitanti. A proposito di quest’ultimo aspetto, sono molto intriganti dinamiche e leggi magiche: è la conoscenza del vero nome delle cose nell’Antica Lingua a generare l’incantesimo, e conoscere il vero nome di un uomo lo mette automaticamente nelle proprie mani. Vi ricorda qualcosa? A me sì: ho finalmente scoperto da chi Paolini abbia preso spunto, nonostante, a proposito del vero nome degli uomini, ci sia qualche differenza (nei libri della Le Guin, infatti, ciascuno è a conoscenza del proprio vero nome fin dal ‘battesimo’, mentre nella saga di Paolini è estremamente difficile da scoprire persino per il proprietario). Anche i personaggi, seppur poco approfonditi, riescono a lasciare qualcosa.
Purtroppo, però, mi ritrovo ancora una volta a ripetere con rammarico, tutto avviene troppo in fretta, troppo superficialmente, tanto che spesso mi è stato necessario addirittura tornare indietro a rileggere per capire alcuni passaggi –troppi- spiegati con una tale foga che mi è sfuggito più e più volte il filo.

Ma le stelline che ho dato, avete ben visto, sono quattro. Perché, dunque?
Semplice: perché la Le Guin ti getta un incantesimo addosso, come se conoscesse il tuo vero nome: ti lega al suo mondo, alle vicende che vi accadono, e al destino dei suoi personaggi.

La sua prosa è soave, poetica senza arrivare mai a essere arzigogolata, ora coincisa quanto serve, ora descrittiva senza inutili orpelli. Credo che leggere i libri della Le Guin uno alla volta potrebbe lasciare uno sgradevole senso di incompiutezza e di superficialità; eppure, solo dopo averli letti tutti in un fiato, mi sono accorta di quanto le sue parole avessero attecchito in me.
Non è forse questa la magia di un buon fantasy?

Nota: Di questa saga esistono due trasposizioni cinematografiche: la prima, del 2004, è una miniserie canadese di circa due ore e mezza, Legend of Earthsea, che principalmente segue gli avvenimenti del primo libro, ma inserisce in maniera molto discutibile anche personaggi ed eventi del secondo. Piuttosto evitabile: è il classico filmetto per famiglie da domenica pomeriggio.
Più interessante la seconda, il lungometraggio animato I racconti di Terramare, che anche se ugualmente infedele può almeno contare sulle belle animazioni e i bellissimi fondali dello Studio Ghibli, sotto la direzione di Miyazaki jr.. In realtà, era stato il grande Miyazaki sr. stesso a proporsi per girare il lungometraggio, più di dieci anni fa, ma la Le Guin, non considerandolo abbastanza conosciuto, gli rifiutò la regia. Solo dopo aver visto Il mio vicino Totoro, che divenne il simbolo dello studio Ghibli, la Le Guin si pentì. Ma a quel punto Miyazaki era occupato a produrre Il castello errante di Howl, e quindi il progetto fu condotto, con risultati buoni ma non ottimi, dal figlio. Questo lungometraggio ricalca, dicevo, gli avvenimenti degli ultimi due libri, ma in maniera piuttosto infedele e spesso piatta per chi non conosce gli avvenimenti antecedenti.

Giudizio:

+4stelle+

Dettagli del libro

  • Titolo: Ursula K. Le Guin
  • Traduttore: Rambelli R.; Valla R.; Anselmi P.
  • Editore: Nord
  • Data di Pubblicazione: 2007
  • Collana: Narrativa Nord
  • ISBN-13: 9788842915225
  • Pagine: 832
  • Formato - Prezzo: Brossura - Euro 19,90

15 febbraio 2010

La moglie dell'uomo che viaggiava nel tempo - Audrey Niffenegger

Quando Henry incontra Clare, lui ha ventott'anni e lei venti. Lui non ha mai visto lei, lei conosce lui da quando ha sei anni... Potrebbe iniziare così questo libro, racconto di un'intensa storia d'amore, raccontata da due voci che si alternano e si confrontano. Si costruisce così sotto gli occhi del lettore la vita di una coppia e poi di una famiglia cosparsa di gioie e di tragedie, sempre sotto la minaccia di qualcosa che nessuno dei due può prevenire o controllare. Artista, professore all'Interdisciplinary Book Arts MFA di Chicago, Audrey Niffenegger firma con questo libro il suo primo romanzo.

Recensione

Diciamo subito che non è stato il libro che mi aspettavo. Ovvero, pensavo che avrei letto una science fiction con storia d'amore di contorno e invece si è rivelato esattamente l'opposto. Senza contare che, da come è partita, questa storia d'amore mi ha lasciata parecchio perplessa.

Ovvero: adulto quasi quarantenne in grado di viaggiare (in modo indipendente dalla sua volontà) avanti ed indietro nel tempo, piomba a intervalli regolari nel giardino di casa di una bimba delle elementari, diventando una sorta di amico immaginario un po' speciale. Peccato che la bimba in questione sia la sua futura moglie e che il buon viaggiatore, dopo essersi categoricamente rifiutato di rivelare alla piccola eventi futuri per non alterare il presente (o il passato? o meglio il futuro...), se ne esce bel bello a dirle che un domani si sposeranno. Ma come, ma non si era detto che le cose devono seguire il loro corso, che le persone devono avere libertà di decidere?
Ovvio risultato: lei vive fanciullezza ed adolescenza in funzione del lieto evento decidendo che per principio è innamorata del principe azzurro in questione. Del resto se in futuro si sposeranno... Insomma, i capitoli iniziali mi stavano seriamente indisponendo: le conseguenze del poter viaggiare nel tempo magari incontrando il proprio io bambino o vecchio vengono esplorate solo parzialmente e comunque sempre e solo in funzione dello sviluppo della storia d'amore fra i due. Inoltre la protagonista femminile, Clare, rasentava picchi di "zerbinismo" verso il baldo viaggiatore veramente irritanti: la sua vita era tutta incentrata verso Henry, la prossima volta che l'avrebbe rivisto, cosa facesse quando non era con lei, eccetera.

La cosa è accentuata dal fatto che il racconto è suddiviso in piccoli episodi della vita dei due, raccontati contemporaneamente dalla prospettiva di Clare ed Henry. Il problema è che la prospettiva di Clare è Henry, mentre la prospettiva di Henry è... Henry!
Mi sono comunque intestardita nella lettura, anche perché l'idea di base del libro e la tecnica di racconto con continui sbalzi temporali mi intrigava. E allora, pian piano, senza volerlo, ho cambiato prospettiva, mi sono rilassata e mi sono lasciata prendere dalla scrittura della Niffenegger, molto brava nello scavare nelle emozioni con poche parole e, complice il fatto che il rapporto fra Clare ed henry diventava più paritario, mi sono appassionata a questa particolare storia d'amore e al suo simbolismo.

L'imprevedibile viaggiare nel tempo di Henry diventa specchio delle incomunicabilità della vita di coppia, del dolore della lontananza, del ruolo dell'individuo nella coppia e dell'incontrollabilità delle emozioni umane da parte di scienza e ragione. E' finita che ho divorato in un paio di giorni la seconda metà del libro, in uno stato di tensione, totalmente coinvolta nei pensieri e nelle emozioni dei protagonisti. E sì,alla fine, lo ammetto, mi sono pure commossa.

Giudizio:

+4stelle+

Dettagli del libro

  • Titolo: La moglie dell'uomo che viaggiava nel tempo
  • Titolo originale: The time traveler's wife
  • Autore: Audrey Niffenegger
  • Traduttore: K.Bagnoli
  • Editore: Mondadori
  • Data di Pubblicazione: 2008
  • Collana: Oscar Contemporanea
  • ISBN-13: 9788804551669
  • Pagine: 503
  • Formato - Prezzo: Brossura - 8,50 Euro

10 febbraio 2010

Persi in un buon libro - Jasper Fforde

Thursday Next, coraggiosa detective letteraria, è diventata famosa: ha sconfitto Acheron Hades, il terzo uomo più ricercato del pianeta; ha salvato "Jane Eyre" dalla distruzione, migliorandone persino il finale. Anche nella vita privata attraversa un momento di grande felicità. È appena andata avivere con Landen, aspettano un bambino. Ma l'orizzonte è carico di guai. La sorella di Acheron Hades reclama vendetta, la potente e malefica Goliath Corporation pretende a tutti i costi la liberazione del proprio scagnozzo, Jack Shitt, che Thursday ha imprigionato nella poesia "Il corvo", di Edgar Allan Poe. Juris Fiction, la grande macchina della giustizia letteraria, l'accusa di "infrazione della finzione narrativa". La pressione sulla povera Thursday raggiunge il culmine quando la Goliath, con la complicità di una Crono-Guardia corrotta, riesce a "sradicare" dalla realtà suo marito, Landen Parke-Laine, ricostruendo il mondo come se Landen non fosse mai esistito. Le resta una sola via di fuga: rifugiarsi nel magico universo della parola scritta, un universo parallelo con proprie leggi e propri abitanti. Lotterà contro i grammassiti, capaci di divorare metà degli aggettivi di un romanzo, di far sparire in un istante tutta la punteggiatura di un capitolo. Incontrerà personaggi delusi, cancellati prima dell'ultima stesura, condannati a vivere in eterno in un limbo desolato. O gli avventurosi Page Runner, personaggi in fuga dal libro per cui sono stati concepiti.

Recensione

La vita può diventare stressante se siete incinta e vi sradicano il marito, il mondo sta per trasformarsi in un ammasso di gelatina rosa e voi vi ritrovate di punto in bianco nel bel mezzo del Processo di Kafka a dovervi giustificare per aver cambiato il finale di Jane Eyre. Tra l'altro il vostro avvocato per il processo comunica con voi tramite note a piè di pagina, il che non è comodissimo!
In situazioni del genere conviene sempre guardarsi le spalle e soprattutto controllare che il livello di entropia dove vi trovate sia sempre a livelli normali perchè quando si abbassa troppo, ovvero quando il numero di coincidenze che vi capitano diventa incredibilmente assurdo,potreste morire da un momento all'altro.
La soluzione ai vostri problemi potrebbe però non essere così spiacevole: si tratta semplicemente di perdersi in un buon libro!

E' ciò che deve imparare a fare l'impavida Thursday Next in questo nuovo capitolo delle sue avventure, sotto la guida di una Miss Havisham molto più simpatica e molto meno acida di quanto non ce la ricordassimo in Grandi Speranze.
Thursday diventa così una sorta di Alice nel Paese delle Meraviglie, che in questo caso è il "paese dei libri" (ma il gatto del Cheshire c'è comunque), tra i quali, con un po' di pratica, si può scorrazzare a proprio piacimento, cercando di fare attenzione per non disturbare troppo personaggi e trama. Si ripete così la magia de Il caso Jane Eyre, ovvero quella bellissima sensazione per il lettore di essere trasportati insieme all'eroina in un mondo in cui letteratura e realtà si incrociano, si confondono fino a diventare un tutt'uno. Le avventure di Thursday viaggiano a cavallo fra il thriller e il bizzarro, in un turbinio di personaggi letterari riportati in vita con impareggiabile destrezza e ironia da Jasper Fforde il quale, ancora una volta, con il suo racconto dimostra non solo la sua sfrenata fantasia ma, soprattutto, riesce a trasmettere il suo amore per la letteratura che viene trasmesso immediatamente al lettore. Se avete non avete ancora letto i libri attraversati da Thursday vi verrà voglia di impossessarvene immediatamente, se li avete già letti vorrete riimmergervi in essi seduta stante.

Unica raccomandazione: assicuratevi di essere pratici prima di affrontare il salto nel libro o vi troverete incastrati nell'etichetta con le istruzioni di lavaggio dei vostri pantaloni. C'è da dire che l'omino dell'etichetta è molto gentile e ospitale!

Un'osservazione sull'edizione Marco y Marcos: la grafica è molto ben curata e diviene parte integrante del racconto, non si può dire lo stesso della traduzione che spesso fa pasticci con i giochi di parole dell'originale o peggio ancora traduce titoli dei libri in modo errato.

Giudizio:

+4stelle+

Dettagli del libro

  • Titolo: Persi in un buon libro
  • Titolo originale: Lost in a good book
  • Autore: Jasper Fforde
  • Traduttore: P. F. Paolini
  • Editore: Marcos Y Marcos
  • Data di Pubblicazione: 2007
  • Collana: Gli Alianti
  • ISBN-13: 9788871684482
  • Pagine: 412
  • Formato - Prezzo: Brossura - Euro 17,00

9 febbraio 2010

Piccoli suicidi tra amici - Arto Paasilinna

Un bel mattino Onni Rellonen, piccolo imprenditore in crisi, e il colonnello Hermanni Kemppainen, vedovo inconsolabile, decidono di suicidarsi. Il caso vuole che i due uomini scelgano lo stesso granaio per mettere fine ai loro giorni. Importunati dall'incontro fortuito, rinunciano al comune proposito e si mettono a parlare dei motivi che li hanno spinti alla tragica decisione. Pensano allora di fondare un'associazione dove gli aspiranti suicidi potranno conoscersi e discutere dei loro problemi. Pubblicano un annuncio sul giornale. Il successo non si fa attendere, le adesioni sono più di seicento. Dopo un incontro al ristorante, decidono di noleggiare un autobus e di partire insieme. Inizia così un folle viaggio attraverso la Finlandia...

Recensione

La morte è l'unico aspetto serio della vita: da questo assunto parte la riflessione esistenziale che coinvolge singolarmente una serie di personaggi sparsi per tutta la Finlandia. Quando questi si incontrano, per merito di un caso fortunato, in un seminario trasformato poi in associazione di kamikaze, la riflessione isolata diventa un viaggio organizzato alla ricerca di una fine dignitosamente collettiva.

Il tutto in spirito scandinavo, con un solido aggancio alla realtà e un'organizzazione quasi teutonica: dai pasti gestiti dall'aspirante suicida per violenze coniugali, l'insegnante di economia domestica Taavitsainen, che cucina ai compagni di depressione gustosi manicaretti durante le loro peregrinazioni, al programma di viaggio dell'autista di pullman Korpela, alla leadership militare di Kemppainen.
Fin da quando gli aspiranti suicidi decidono di avviarsi in gruppo ad affrontare la morte buttandosi da un precipizio norvegese a Capo Nord come un gruppo di lemming diventa prevedibile che, di rimando in rimando, di capitolo in capitolo, la coerenza dei soci del club scemerà senza rimedio.
Per gioco, all'inizio, Rellonen chiede al colonnello Kemppainen di colpire una sveglia poggiata sulla sua testa, in stile Guglielmo Tell. La sfida alla morte e la distruzione dell'orologio simboleggiano la rottura di un meccanismo del tempo che stava per travolgere i due personaggi, vittime rispettivamente di un fallimento economico e di una vedovanza, e l'inizio della risalita di una china pericolosa, che spingerà alla salvezza, ma senza l'enfasi della difesa della vita a tutti i costi, anche i loro compagni di avventura.
Per questi individui, che hanno tracciato un bilancio fallimentare della propria vita per vari motivi, dalla miseria alla solitudine, dal disagio sociale alla perdita di ogni sogno, anche il tentativo di suicidio si rivela in sé un fallimento: quasi tutti non solo sopravviveranno ma decideranno anche di vivere!

Superato il momento più duro, man mano che il pullman carico di finlandesi alla ricerca della morte scende verso sud, diretto dai fiordi del Mar Glaciale Artico prima alle cime delle Alpi Svizzere e poi alle spiagge atlantiche del Portogallo, la vita prende il sopravvento. Nella sua semplicità che è anche la sua forza più inarrestabile e resiliente: basta poco per ritrovare il gusto degli altri, basta poco per infrangere le gabbie di vetro in cui le circostanze a volte sembrano intrappolare e incanalare l'esistenza.

In più queste vicende hanno la cornice tragicomica di un punto di vista esterno: la società, nelle fattezze istituzionali di psichiatri, investigatori e burocrati, invischiati nel cotè ufficiale di questa fuga rocambolesca, intravvedono, per una serie di equivoci, tutta la faccenda come un affaire dai pericolosi risvolti diplomatici e internazionali. Si sa che da vicino nessuno è normale.
Ne vien fuori che andare verso sud per i finlandesi risulta provvidenzialmente salvifico: eliminate le sovrastrutture e le costrizioni della cultura scandinava gli aspiranti suicidi scelgono di rimanere tali, cioè aspiranti. E il ritorno in patria dà alla vita lo slancio della scelta non subìta passivamente.

Ciò detto, tenendo conto che il tema è estremamente ostico, è da aggiungere che non sempre la lettura è scorrevole. La presenza di troppi personaggi lascia i loro retroscena troppo nell'ombra: che fine fa per esempio Onni Rellonen, che aveva avuto l'idea iniziale, da buon imprenditore fallito? Diversamente da un altro libro del genere, "Non buttiamoci giù" di Hornby, l'analisi introspettiva dei protagonisti, delle motivazioni, che pure meriterebbe di scendere in profondità per la gravità della scelta, di fatto non c'è.

E d'altra parte la leggerezza non disprezzabile con cui viene raccontata la vicenda, che trova il suo simbolo negli aneddoti del compagnone "guastatriboli" Seppo Sorjonen, non trova una cornice sufficiente nel controcanto del punto di vista esterno, quello degli ufficiali finlandesi che seguono la vicenda dei suicidi dall'alto, preoccupati soprattutto del danno che all'immagine nazionale potrebbe derivare dall'insano gesto dei compatrioti, vagabondi per il mondo: in diversi punti la narrazione sembra risentire di un'eccessiva lentezza e tranquillità.
Forse perché il titolo ammicca a Piccoli omicidi tra amici, la cui trama ha un ritmo molto più sostenuto?

Un'ultima nota: il formato dell'edizione Iperborea, con altezza molto accentuata rispetto alla larghezza, ha qualche difficoltà di manegevolezza, specie se si è in metropolitana!

Dettagli del libro

  • Titolo: Piccoli Suicidi tra amici
  • Titolo originale: Hurmaava joukkoistemrha
  • Autore: Arto Paasilinna
  • Traduttore: Maria Natonietta Iannella, Nicola Rainò
  • Editore: Iperborea
  • Data di Pubblicazione: 2006
  • Collana: 139
  • ISBN-13: 9788870911398
  • Pagine: 259
  • Formato- Prezzo: Brossura - Euro 14,00

4 febbraio 2010

Ghetto, un'indagine nei caruggi dei travestiti - Paola Pettinotti

La morte non è mai bella, la vita può essere anche peggio. A rendersene conto è Fabio Bozzo, investigatore per tradizione di famiglia, che in un inizio d'estate che sta già diventando torrida, si imbatte nel cadavere, brutalmente seviziato, di un travestito. A partire da questo momento il Ghetto, zona malsana e fatiscente per quanto a due passi dall'Acquario, si trova al centro di attenzioni molteplici: un gruppo di giovani intellettuali inizia uno studio sociologico, un fotografo cerca di realizzare un reportage e una banda sudamericana alquanto sui generis contribuisce ad aumentare il clima di tensione, enfatizzato da una televisione locale che cavalca gli eventi in modo preoccupante. Tutto questo mentre un'immobiliare dai modi un po' troppo intraprendenti dà il via ad una campagna di acquisizioni assai poco ortodossa. In una sarabanda indiavolata di pensionati e badanti, architetti rampanti e attrici ottuagenarie, carabinieri ligi al dovere e poliziotte esauste, al ritmo sempre più convulso di salsa latino-americana e di ray maghrebino, le cose precipitano, e Fabio finisce, suo malgrado, a dover far luce su una ragnatela di sospetti e un crescendo di violenze, cercando di dipanare la trama di un arazzo ordito sui giochi di ombre e luci di una città misteriosa e contraddittoria.

Recensione

Lo dirò senza mezzi termini: Ghetto mi è piaciuto moltissimo. Mi ha catturata, messa a disagio, mi ha fatto riflettere. E mi ha strappato sorrisi e, ogni tanto, delle grassissime risate.
Perché mi è piaciuto?
Tanto per cominciare, è scritto meravigliosamente, con uno stile moderno, pieno di humor e ironia e le pagine filano via una dietro l'altra che è un piacere. Ti agguanta alla prima riga e non ti molla più, fino all'ultima. Ci si perde più che volentieri in questo affresco di una Genova inedita, quella dei caruggi, con la sua popolazione multietnica e con tutti i suoi colori, aromi e contraddizioni e difficoltà.

Ghetto è un caleidoscopio di personaggi vivi come possono esserlo solo quelli che uno scrittore molto bravo sa creare, ciascuno superbamente tratteggiato, con pregi, difetti, manie e idiosincrasie. Fabio, detective per eredità e per inerzia, sosia suo malgrado di Fabio Fazio e Clelia, il suo fantasma personale, la fidanzata Donatella, in arte Malù, la vicina Eulalia, ottuagenaria ex stella del teatro con la pensione minima e una predilezione per sostanze illegali di origine vegetale, Maria Sol, ex-avvocatessa, colonna portante della comunità ecuadoregna, Aisha, colf tunisina con il piglio da Sandokan e la colorata tribù dei travestiti di Vicolo Untoria... un caleidoscopio di gente che vortica intorno al protagonista e lo aiuta a dipanare la rete di un mistero nel quale la morte dei travestiti Mery e Luana è solo la punta dell'iceberg, un iceberg fatto di interessi mafiosi, collusioni con lo stato, manipolazioni mediatiche e speculazioni edilizie.

Che dire di più? Fatevi un favore, leggetelo.

Dettagli del libro

  • Titolo: Ghetto
  • Autore: Paola Pettinotti
  • Editore: Fratelli Frilli Editori
  • Data di Pubblicazione: 2007
  • Collana: Noir
  • ISBN-13: 9788875632755
  • Pagine: 333
  • Formato - Prezzo: Brossura - 12,00 Euro

3 febbraio 2010

Rosemary's Baby - Ira Levin

Il diavolo, si mormora, abita a New York, in un bel palazzo del centro. Come spiegare altrimenti gli strani e inquietanti avvenimenti accaduti tra quelle mura? Ma la sinistra fama di quell'edificio vecchio ed elegante non basta a intimorire Rosemary e Guy Woodhouse, una coppia di giovani e innamorati coniugi, che vi si trasferiscono ricchi di sogni e di speranze. Finalmente la carriera di attore di Guy sta decollando, e il futuro sembra riservare solo felicità: per Rosemary è il momento di pensare a un figlio. Ma la notte in cuiil bambino viene concepito accadono cose tremende: è l'inizio dell'incubo e i nove mesi di gravidanza saranno un susseguirsi di fatti terrificanti. Ma chi è, cos'è davvero quel bambino che Rosemary porta in grembo?

Recensione

Il libro di cui voglio parlarvi è, tanto per cambiare, introvabile. Se però riusciste a mettere le mani su una copia vagabonda in un banco dell'usato, date retta a me, non fatevela sfuggire.
Forse - anzi senz'altro - dirò una banalità: si tratta di un libro molto inquietante (persone con sensibilità eccessiva astenersi). E forse - anzi senz'altro - apparirò la solita acida nostalgica... però secondo me libri così non se ne scrivono più (e qui inserite pure una recriminazione a scelta). Non perché sia scritto particolarmente bene - lo è, ma non più di un mucchio di altri - ma perché è intelligente e dà una nuova dimensione all'orrore e all'inquietudine. Quando è apparso sulla scena, questo libro ha rappresentato qualcosa di nuovo.

Non ci sono sbudellamenti, sacrifici umani, legioni di diavoli che appaiono fra eruzioni di fiamme e volute di fumi solforosi giallo limone. No. L'autore, con una scelta al limite della genialità, affida la chiave della paura ad altro. A qualcosa che tutti noi abbiamo sotto gli occhi tutti i santi giorni.
All'uomo, a noi stessi.
Quello che spaventa, che fa stare male, che a un certo punto del libro ti fa percepire un senso di impotente soffocamento, quando ti accorgi che Rosemary è in trappola e non lo sa, non è il fatto che sia capitata nelle grinfie di un gruppo di pazzi satanisti. Non è il fatto che alla fine l'esistenza dal diavolo venga confermata. No.
La cosa terrificante è che questo gruppo di satanisti si nasconda dietro la facciata di persone normalissime. Questi non sono adolescenti e post-adolescenti sbandati, dediti ad ascoltare un certo genere di musica, a parlare in un certo modo e a comportarsi come ci si aspetta da loro, insomma, che rispettano gli stereotipi che ci vengono inoculati (che lo vogliamo o meno) dal mezzo televisivo. Queste persone sono ultrasessantenni distinti, di condizione economica agiata, che si nascondono dietro la facciata degli altruisti, dei filantropi, dei cortesi vicini di casa, dei nonnini da pubblicità del Mulino Bianco. I mostri della porta accanto: puoi vivere con loro per anni senza accorgerti di chi siano veramente (a meno che non siano loro a scegliere di mostrarti il lato oscuro... e non lo augurerei a nessuno).

La cosa terrificante è un marito che ci mette zero a barattare l'amata giovane moglie con una carriera da attore di successo e che per ottenerla non arretra neanche di fronte ad azioni abbiette (accecare il rivale con una fattura, uccidere nello stesso modo l'amico di famiglia che ha subodorato qualcosa e cerca di mettere in guardia Rosemary).

In breve, è la perversione dell'animo umano, ma non intesa come risultato della corruzione del Maligno - e quindi dovuta a una sorta di "agente patogeno esterno" - bensì intrinseca, radicata nella natura di queste persone. E irriconoscibile, perché mimetizzata dietro un'apparenza di lodevole normalità. In questa accezione, noi tutti potremmo incappare nel male e rimanerne vittima, proprio come accade a Rosemary.

Lei, infatti, simboleggia tutte le qualità migliori dell'umanità, insieme con i suoi difetti meno aberranti - una certa tendenza alla remissività, una certa codardia che porta a non ribellarsi, la disgraziata tendenza a concedere fiducia alle persone sbagliate. In un certo senso, è pura, l'agnello sacrificale, ed è sacra: la Madre. Proprio come un agnello, nutrito e coccolato solo in previsione della Pasqua, è circondata di gente che finge di curarla e di fatto la sorveglia.

Leggere questo libro, percorrere le tappe del calvario di Rosemary, è come sentire un cappio stringersi sempre più intorno al suo - e al tuo - collo. L'autore dissemina particolari inquietanti e lascia che la sua protagonista non li colga, con il risultato che la guardi andare incontro alla rovina del tutto ignara e vorresti quasi suggerirle che metta insieme una valigia e si sbrighi a togliersi da quel posto.

Ma Rosemary ritrova tutta la sua forza nel finale. Perché quando scopre che suo figlio è ancora vivo, decide, nonostante l'odio che prova per la gente che l'ha usata come e peggio di un utero in affitto, di crescere il bambino. Potrebbe tentare di ucciderlo. Potrebbe voltare le spalle e fuggire. Invece lei sceglie di rimanere per salvare la sua creatura. Perché è vero che ha terrificanti occhi gialli e la pupilla verticale e un abbozzo di coda e corna, ma è anche altrettanto vero che per metà è suo, che assomiglia a uno dei suoi fratelli, che è un bambino.

Per usare le sue stesse parole: "Non poteva essere del tutto cattivo, non era possibile. Anche se era metà Satana, l'altra metà non era come lei, decente, normale, sensibile creatura umana? Se lei agiva contro di loro, se esercitava una buona influenza per neutralizzare la loro cattiva influenza..."

In questa scelta di Rosemary c'è qualcosa che quasi la santifica, o meglio, santifica il valore della quale Levin l'ha fatta portatrice, cioè l'amore materno, in grazia del quale si può tentare l'impossibile. Anche redimere l'essenza stessa del Male.

Giudizio:

+4stelle+

Dettagli del libro

  • Titolo: Rosemary's Baby
  • Titolo originale: Rosemary's Baby
  • Autore: Ira Levin
  • Traduttore: A.Veraldi
  • Editore: Mondadori
  • Data di Pubblicazione: 2005
  • ISBN-13: 9788804537687
  • Pagine: 183
  • Formato - Prezzo: Brossura - (fuori catalogo)

1 febbraio 2010

Il figlio del cimitero - Neil Gaiman

Ogni mattino Bod fa colazione con le buone cose che prepara la signora Owens. Poi va a scuola e ascolta le lezioni del maestro Silas. E il pomeriggio passa il tempo con Liza, sua compagna di giochi. Bod sarebbe un bambino normale. Se non fosse che Liza è una strega sepolta in un terreno sconsacrato. Silas è un fantasma. E la signora Owens è morta duecento anni fa. Bod era ancora in fasce quando è scampato all'omicidio della sua famiglia gattonando fino al cimitero sulla collina, dove i morti l'hanno accolto e adottato per proteggerlo dai suoi assassini. Da allora è Nobody, il bambino che vive tra le tombe, e grazie a un dono della Morte sa comunicare con i defunti. Dietro le porte del cimitero nessuno può fargli del male. Ma Bod è un vivo, e forte è il richiamo del mondo oltre il cancello. Un mondo in cui conoscerà l'amicizia dei suoi simili, ma anche l'impazienza di un coltello che lo aspetta da undici lunghissimi anni... Età di lettura: da 12 anni.

Recensione

Nobody, per gli amici Bod, ha una famiglia adottiva piuttosto bizzarra: è infatti cresciuto in un cimitero, dopo che un misterioso sicario ha assassinato la sua famiglia lasciandolo orfano ad appena un anno. Il figlio del cimitero è l’ultima fatica di Gaiman, un romanzo diviso in otto racconti che seguono cronologicamente la crescita del bambino, dalla sua adozione da parte dei defunti coniugi Owen nel cimitero in cui si è rifugiato, alla sua educazione nelle mani del non-morto Silas, dal suo passaggio all’età adulta fino all’epilogo della storia.

E’ una buona favola nera per bambini e bambinoni: non aspettatevi storie adulte come American Gods o I ragazzi di Anansi, perché il target di questo libro, come quello di Coraline, è al massimo dodici-quattordici anni: la sintassi è estremamente semplice, i periodi brevi, le trame di ogni racconto piuttosto lineari, e persino l’elemento gotico, inevitabile visto che l’ambientazione è un cimitero con tutte le sue creature di rito, non scivola mai nel macabro per mantenere quel target. E’ anche evidente un certo didascalismo, un ammiccamento al giovane lettore perché segua certuni consigli, che si farà via via più accentuato con il crescere del protagonista e che renderà un po’ insofferente il lettore di una certa età.

Com’è intuibile, Il figlio del cimitero è la rilettura in chiave gotica dello storico Libro della giungla: il parallelo è notevole nei primi racconti (adozione, accettazione della comunità che concede al bambino la Cittadinanza, affidamento a un tutore che gli insegni i precetti dei trapassati, fuga e conseguente disavventura, nemico giurato all’esterno dello spazio protetto con cui è destinato a scontrarsi), ma purtroppo va un po’ scemando con il proseguire dei capitoli.

Coerentemente con il target cui è destinato il libro, inoltre, lo scioglimento dell'intera storia, che aveva un buon potenziale originale e intrigante (veramente alla Gaiman), viene liquidato in poche righe nell'ultimo racconto: uno spunto interessante completamente sprecato. Quel che colpisce per la sua particolare severità e insieme riuscita, invece, è l’epilogo della storia: perché, almeno in questo, Gaiman stupisce e non regala un completo happy end, come ci si aspetterebbe da un libro del genere, bensì un finale agrodolce che segna la definitiva crescita del protagonista.

Due doverose note:
- Il quarto racconto è già stato pubblicato in Italia, nel volume Il cimitero senza lapidi e altre storie nere;
- L’edizione, per una volta, è fantastica, particolarmente ben fatta: l'immagine di copertina, la sovraccoperta, ma soprattutto le illustrazioni interne che aprono ogni capitolo.

Giudizio:

+3stelle+

Dettagli del libro

  • Titolo: Il figlio del cimitero
  • Titolo originale: The Graveyard Book
  • Autore: Neil Gaiman
  • Traduttore: Iacobaci G.
  • Editore: Mondadori
  • Data di Pubblicazione: 2009
  • Collana: I Grandi
  • ISBN-13: 9788804587668
  • Pagine: 344
  • Formato - Prezzo: Sovraccoperta, rilegato, illustrato - Euro 17,00

Il caso dei libri scomparsi - Ian Sansom

Israel Armstrong, giovane mezzo ebreo mezzo irlandese, è vegetariano, Nurofen-dipendente, decisamente sovrappeso ed esageratamente timido, anche se lui preferisce definirsi una Persona Altamente Sensibile. Ed è appena arrivato da Londra nella piccola cittadina di Tundrum, Iranda del Nord, pieno di aspettative a ricoprire il suo primo posto come bibliotecario. Unico problema: nessuno lo sta aspettando. In effetti la biblioteca è chiusa. Ma sarà soltanto l'inizio dei suoi guai.Israel Armstrong, giovane mezzo ebreo mezzo irlandese, è vegetariano, Nurofen-dipendente, decisamente sovrappeso ed esageratamente timido, anche se lui preferisce definirsi una Persona Altamente Sensibile. Ed è appena arrivato da Londra nella piccola cittadina di Tundrum, Iranda del Nord, pieno di aspettative a ricoprire il suo primo posto come bibliotecario. Unico problema: nessuno lo sta aspettando. In effetti la biblioteca è chiusa. Ma sarà soltanto l'inizio dei suoi guai.

Recensione

Ennesima variazione sul tema cittadino vs campagnoli in salsa british-libresca. Giovane bibliotecario londinese di belle speranze arriva in sperduto paesino irlandese con l'ambizione di usarlo come trampolino di lancio per una brillante carriera internazionale e finisce invece invischiato in una rete di imprevisti ed equivoci simili a sabbie mobili, dalle quali il nostro rischia di non riemergere mai più.

Ma andiamo con ordine: innanzitutto per fare il bibliotecario serve che nella biblioteca ci siano i libri e già qui qualche problema c'è... poi sarebbe utile che le persone che ti circondano ascoltassero almeno ogni tanto ciò che stai dicendo invece di manipolarti invischiandoti in nonsense senza uscita. Infine non sarebbe male se tu, bibliotecario, avessi almeno qualche grammo di spina dorsale in modo da riuscire a proferire frasi che contengano più di due parole invece di farti fregare anche dai bambini dell'asilo; o, quantomeno, sarebbe bello se riuscissi a mantenerti sobrio, visto che già senza alcool in corpo l'intero pianeta riesce ad abusare di te.

In questo libro nessuna delle suddette condizioni si verifica: il risultato è un personaggio protagonista remissivo ai limiti dell'irritante, che viene trascinato in situazioni una più improbabile ed esilarante dell'altra, nel vano tentativo di risolvere un mistero che di misterioso non ha proprio nulla.

Ecco, questo è il difetto maggiore di questo libro: che fine abbiano fatto i libri scomparsi si intuisce già dopo i primi capitoli. E, in effetti, il presunto mistero è solo una scusa per inanellare una serie di scenette decisamente comiche, almeno per chi apprezza un umorismo british,sebbene anche queste perdano un po' di smalto a causa di una traduzione un po' piattina.

Giudizio:

+3stelle+

Dettagli del libro

  • Titolo: Il caso dei libri scomparsi
  • Titolo originale: The Case of the Missing Books
  • Autore: Ian Sansom
  • Traduttore: Claudio Carcano
  • Editore: TEA
  • Data di Pubblicazione: 2008
  • Collana: Narrativa Tea
  • ISBN-13: 9788850216352
  • Pagine: 303
  • Formato - Prezzo: Brossura - 12,00 Euro
 

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