1 maggio 2019

Intervista ad Antonio Pra, autore di Olgius - Viaggio verso l'ignoto

Poco tempo fa abbiamo pubblicato la recensione ad Olgius – viaggio verso l’ignoto che trovate qui, oggi invece dedichiamo spazio all’autore del romanzo, Antonio Pra, grazie ad una serie di domande che ci consentiranno di approfondire con lui il cuore del testo e scoprire cosa ci sia dietro la vicenda dell'ormai noto Anthony Green e dei misteriosi Olgius.

L'intervista


La prima domanda è sicuramente volta a raccontare la storia che si cela dietro il romanzo, come nasce Olgius e soprattutto perché la voglia di raccontare una vicenda che intreccia mondi e realtà così diverse tra loro?

Come avviene per Mr. Green il personaggio principale di “Olgius Viaggio Verso l’Ignoto”, anch’io “...percepisco la realtà che ci circonda non solo come luogo in cui siamo destinati a vivere, ma come un vero e proprio “rebus” che deve essere decodificato e mai dato per scontato...” Fin dalla giovane età non mi sono mai accontentato delle risposte preconfezionate ma ho cercato sempre di scorgere altre verità dietro la scontata apparenza. Affascinato dalla majeutica socratica applicata al mondo in cui viviamo, ho cercato risposte, quesito dopo quesito senza limitare il mio spettro d’azione. Lo faccio in continuazione perchè proprio non posso farne a meno. Ho questo impulso investigativo che mi porta ad approfondire molte discipline scientifiche. L’archeologia è sempre stata la mia passione principale così come i misteri delle Antiche Civiltà. Considero l’Archeologia come una sorta di macchina del Tempo in grado di portarci indietro nel passato e fare luce su fatti che potrebbero cambiare radicalmente le nostre certezze riguardo le civiltà che ci hanno preceduto. Ogni scoperta del passato, del presente e del futuro, ha avuto ha e avrà sempre come forza di propulsione un mix di passione, dedizione e ricerca. Inoltre le scoperte scientifiche avvenute negli ultimi decenni, hanno fatto fare passi da gigante proprio a discipline come l’archeologia. Ecco perchè tutto ciò mi affascina e traspare dalle tematiche sviluppate nella trama del romanzo dove si parla anche delle più avanzate tecnologie che, anche di recente, hanno consentito di approdare a straordinarie scoperte come quella della Città Bianca del dio Scimmia in Honduras. Nel 1994 il Direttore di Fotografia ed Esploratore Steve Elkins trovandosi in Honduras viene incuriosito dai racconti delle popolazioni locali riguardo ad una città abbandonata nel mezzo della foresta, edificata da una sconosciuta ed avanzata Civiltà di uomini dai capelli d’oro e dalla carnagione chiara. Di questa città ne parlò anche Hernand Cortes nel suo diario ma si pensava fosse solo il frutto di una pittoresca fantasia. Nel 2012 Elkins decide di avvalersi del L.I.D.A.R. ovvero il Light Detection And Ranging, un potente laser scanner usato anche in campo militare in grado di “vedere” dall’alto l’esistenza di artefatti attraverso le foreste più impenetrabili. Sorvola la zona della Moquitia e sorprendentemente la restituzione grafica della scansione conferma l’esistenza di strutture artificiali nella selva honduregna. Nel 2015 Elkins riunisce un gruppo di esperti provenienti da varie discipline scientifiche e parte per la spedizione sul terreno scoprendo non solo quella misteriosa città ma le vestigia di un’antichissima e sconosciuta Civiltà.Tutto il mondo ne parla e nello stesso anno National Geographic Explorer produce un intero episodio dedicato alla sensazionale scoperta. “Olgius Viaggio Verso l’Ignoto” nasce quindi come il frutto di queste mie passioni che, attraverso un tema poco conosciuto basato sui racconti delle popolazioni della Sacha Yakutia, le testimonianze di esploratori del XIX secolo come Riichard Karlovich Maack inviato delle Compagnia Geografica Imperiale Russa e di quelli più recenti come Ivan Mackerle, cerca di far luce sulla reale esistenza di antichi e avanzati artefatti che sarebbero disseminati nella Taiga Siberiana da tempo immemorabile. Un mistero che potrebbe cambiare per sempre la storia del Genere Umano.

Quanto c’è di Antonio Pra in Anthony Green e quanto invece dei tuoi amici negli altri protagonisti?

Molto sicuramente! Dietro al gruppo dei protagonisti principali ci sono persone vere, amici per i quali ho creato degli alias caratterizzandoli in base alle loro vere personalità. Certo, ho aggiunto anche dell’altro ma fondamentalmente loro sono così come traspare dalla trama del romanzo. Daniil Volkov è Danilo Leo Lazzarini archeologo sperimentale, maestro d’arme e attore; Mick “The eye Harrison” è Michele Barison imprenditore che oggi vive e opera a Londra e con il pallino di cineoperatore; Frank “The Great Baker” è Franco Batista chimico e grande musicista; l’ispettore Hill è Bruno Palmegiani fashion designer già ideatore del marchio POLICE...ruolo che poteva essere solo suo in questa avventura! Infine, attraverso Anthony Green emerge quasi del tutto quella che è la mia personalità, quelle che sono le mie passioni e soprattutto la mia inclinazione per la ricerca ed il fascino per l’ignoto. Nella copertina del romanzo c’è una frase di Carl Sagan che riassume molto bene queste mie attitudini: “Da qualche parte qualcosa di incredibile attende di essere conosciuto”.

Dal modo così realistico in cui racconti le emozioni dei personaggi davanti a luoghi così particolari ed insidiosi come la Yakutia, sembra quasi che tu ci sia stato, se così non fosse, come sei riuscito a raccontare così egregiamente di territori con cui non sei mai entrato in contatto diretto? E che rapporto hai con le altre ambientazioni del romanzo, l’Inghilterra e la Svizzera?

Amo Londra e appena ne ho la possibilità prendo l’aereo per andare a trascorrere qualche giorno in una full immersion di archeologia, musica e visita ai quartieri che non ho ancora esplorato. Tappa fissa è il British Museum, e lì letteralmente non percepisco più lo scorrere del tempo immerso nello studio dei reperti archeologici. Lo stesso accade alla National Gallery quando a seconda dell’ispirazione scelgo un artista e mi fermo a contemplarne le opere per ore. Alla sera mi piace passeggiare e scoprire ristoranti e pub dove di frequente si sviluppano jam session spettacolari come avviene al Ronnie Scott's Jazz Club a Soho che è uno dei miei preferiti. Il romanzo inizia e si sviluppa proprio in quella città che è stata capace di suscitare in me un insieme di emozioni tali da spingermi a partire per quel “Viaggio Verso l'ignoto”! Per quanto riguarda la Sacha Yakutia non vi sono mai stato ma ho passato settimane intere a guardare documentari, studiarne le culture approfondirne le caratteristiche geografiche in modo da ricavare una descrizione più dettagliata e veritiera possibile. Ciò che volevo era trasportare con la fantasia il lettore nei luoghi che descrivo in modo da farlo immedesimare completamente nella trama che ho ideato. Spero in qualche modo di esservi riuscito anche solo in minima parte, La Svizzera ha un ruolo importante nella trama del romanzo ma non posso svelare qui il perché altrimenti rivelerei dei particolari che per chi non ha letto “Olgius Viaggio Verso l’Ignoto” anticiperebbero troppo uno dei misteri che si celano dietro il racconto. Neanche quel Paese ho avuto il piacere di visitare ma mi sono dedicato al suo studio come avvenuto per la Sacha Yakutia. Comunque c’è anche un’altra particolarità che collega la Svizzera al mio lavoro. La colonna sonora del book trailer “Blowing Away” mi è stata gentilmente concessa da Alex Kacimi fondatore dell’etichetta musicale Svizzera “Le Pop Records” che è mio amico e leader del gruppo “The Rebels of Tijuana”. Ho conosciuto i ragazzi qualche tempo fa in un concerto in Italia e sono dei musicisti straordinari!

Nel romanzo vengono riportate referenze importanti come fonti ispiratrici del romanzo – dal Prof. Zecharia Sitchin all’esploratore Ivan Mackerle, al Dottor Valery Uvarov – è a loro che devi la tua passione per questi misteriosi Olgius?

Per il personaggio del prof. Almeida mi sono ispirato proprio al prof. Zecharia Sitchin che Anthony Green incontrerà in un momento cruciale dello sviluppo narrativo e confesso che è stato davvero emozionante immaginare e descrivere quella parte di storia visto che anni fa ho avuto con lui una corrispondenza epistolare. Il prof. Zecharia Sitchin è stato uno dei più grandi esperti e traduttori delle antiche lingue mesopotamiche e i suoi saggi sono diventati veri e propri best sellers in tutto il mondo. Alcuni studiosi sono stati critici nei suoi confronti accusandolo di aver “forzato” un po' troppo l’interpretazione di certi testi e di aver creato di conseguenza una teoria che non ha basi scientifiche. C’è da dire che Sitchin era uno dei pochi in grado di tradurre le antiche lingue mesopotamiche vista la sua particolare specializzazione accademica. Nei suoi numerosi libri nel corso degli anni ha condiviso con i lettori il frutto dei suoi studi sostenendo che dai testi antichi emergeva una storia del genere umano molto più articolata e tecnologicamente avanzata rispetto a quanto possiamo immaginare. Secondo questa ricostruzione, gli dei decritti nelle saghe antiche, sarebbero stati in realtà gli esponenti di una avanzata e progredita Civiltà che accompagnò il genere umano nel corso della storia. Al di là della veridicità di questa teoria, ho trovato sempre di grande interesse gli studi del prof. Zecharia Sitchin perché effettivamente ci si trova spesso di fronte a quesiti di difficile interpretazione nel campo delle scoperte archeologiche e dei contenuti di certi testi antichi. Là dove non esiste una certa e dimostrata decodificazione c’è sempre spazio però per l’approfondimento scientifico almeno fino a quando non si raggiunge la prova definitiva della consistenza di una o dell’altra teoria. I protagonisti del romanzo durante tutta la storia, interagiranno proprio con tematiche di questo tipo e, minacciati da mille pericoli e a causa di una serie di imprevedibili eventi si troveranno ad affrontare un viaggio ai confini del mondo conosciuto, Per quanto riguarda Ivan Mackerle come non si può rimanere colpiti da quello che è stato in grado di fare? Un esploratore che si è spinto sempre alla ricerca di indizi che comprovassero la veridicità di svariati miti e leggende che decide di organizzare una spedizione in uno dei luoghi meno esplorati della Terra! Dopo aver saputo dell’esistenza dei racconti sugli “Olgius” attraverso un articolo redatto dal dott. Uvarov nel 2005 che per la prima volta ne dà notizia al mondo con un testo in inglese e lo lancia in internet, Ivan Mackerle decide di organizzare una spedizione per verificare l’esistenza di quei misteriosi artefatti. Di quel evento ne è stato ricavato anche un documentario pubblicato in una delle trasmissioni di History Channel dal quale per la prima volta si sono potute vedere le tracce di strane anomalie circolare nella taiga siberiana che probabilmente coincidevano con i racconti delle popolazioni locali. Sta di fatto che la spedizione fu interrotta subito dopo la scoperta in quanto lo stesso Mackerle e altre persone appartenenti al suo gruppo hanno cominciato ad accusare, nausea, vomito, cecità momentanea, incapacità di ingerire liquidi o cibo, febbre alta. Tutti sintomi che coincidevano con le esperienze descritte dai popoli della Sacha Yakutia e da altri testimoni, non appartenenti alle popolazioni locali, che si sono avvicendati in quei luoghi sperduti nel corso del tempo. Una parte del romanzo si ispira a questa spedizione e, sulla scorta di quanto accaduto all’esploratore della Repubblica Ceca, propone soluzioni alternative in grado di superare i pericoli che possono derivare dalla vicinanza con gli Olgius.

Oltre a quelle sopra citate, quale sono le altre influenze del romanzo – in ambito letterario, musicale, cinematografico ad esempio?

Olgius Viaggio Verso l’Ignoto è soprattutto un romanzo del genere Thriler, Mistero, Avventura che ho ideato influenzato da quelli che sono sempre stati i miei punti di riferimento; Sir Arthur Conan Doyle, Edgar Allan Poe, Agatha Christie, Oscar Wilde, Bram Stoker, Jules Verne, Emilio Salgari. Amo le atmosfere del periodo vittoriano ricco di scoperte, invenzioni, avventure, spedizioni e di misteri che in modo inimitabile quei mostri sacri sono riusciti a descrivere come nessuno, sublimandone la peculiarità. Ognuno di essi ha influito sul mio modo di pormi nello sviluppo della trama del romanzo, nella caratterizzazione dei personaggi, dei luoghi e delle atmosfere. Almeno questo è quello che ho percepito dentro di me! Di conseguenza i film o le serie televisive che preferisco sono i Gialli Deduttivi, quelli ricchi di atmosfere gotiche, avventura e mistero. Oltre alle opere degli autori che ho citato, proprio di recente sono stato letteralmente rapito da una serie tv intitolata “La Verità sul caso Harry Quebert” tratto dal best seller dello scrittore svizzero Joel Dicker e diretto magistralmente da Jean-Jaques Annaud. Semplicemente straordinario, originale, travolgente! Per quanto riguarda la musica, il romanzo ne è intriso fino dalle prime pagine. Mentre scrivevo immaginavo alcune scene ascoltando i brani preferiti dai protagonisti e così l’ispirazione fluiva quasi materializzandosi di fronte ai miei occhi. Il genere preferito dai protagonisti del romanzo è la musica degli anni Sessanta con tutte le sue sfumature Beat, Rock, Mod, Psicadeliche ecc. ma anche contemporanea derivante sempre da quelle origini: Beatles, Kinks, Yardbirds, Cream, Doors, Jimi Hendrix, Creedence Clearwater Revival, Paul Weller, The Stone Roses ecc. Per chi volesse addentrarsi nell’avventura di “Olgius Viaggio Verso l’Ignoto” consiglio di ascoltare i brani che ho citato in alcune scene...credo possa maggiormente trasferire le emozioni che ho provato durante l’ideazione della trama.

Dal testo si evince un grandissimo lavoro di ricerca, quanto tempo hai dedicato a reperire e ad assemblare tutte le documentazioni?

In realtà da sempre mi dedico in modo costante alla ricerca perchè, come dicevo è la mia passione: quasi quotidianamente appena ho tempo scelgo le tematiche che più mi interessano e le archivio pensando ad uno sviluppo futuro. Quindi più che altro mi son dedicato all’approfondimento di argomenti che già conoscevo cercando di sviscerarne più dettagli possibile. Per questo tipo di operazione ci sono voluti un paio di mesi circa sui nove in totale impiegati per finire il romanzo. Il lavoro più difficile è stato scegliere le tematiche che potevano essere più adatte alla trama ed inserirle coerentemente nello sviluppo narrativo del thriller.

Come sei riuscito a creare una storia in cui l’eterogeneità delle tematiche mantiene un equilibrio perfetto costante dalle prime alle ultime pagine? È difficilissimo raccontare di storia, di scienza, di archeologia, di fisica sviluppando parallelamente un intreccio narrativo avvincente e interessante.

Sinceramente è difficile rispondere a questa domanda. Il tutto è nato molto spontaneamente unendo i miei studi ai generi letterari che preferisco. Principalmente credo che una parte del segreto sia avere una profonda passione per quello che si sta creando immergendosi completamente in esso, Leggere e rileggere, sentire se ciò che hai scritto suscita emozioni intense al punto di farti credere di essere tu stesso parte del racconto. Non saprei che altro dire a riguardo se non che questa domanda ha in sè un complimento che ogni scrittore credo sogni di ricevere! Grazie.

Ci sarà un seguito al romanzo, una nuova spedizione per i nostri eroi?

Innanzitutto vorrei ringraziare Runa Editrice che ha creduto nel mio romanzo. Con Fabio Pinton, l’editore, siamo alle prese con varie presentazioni da quando “Olgius Viaggio Verso l’Ignoto” è stato pubblicato per cui al momento sono ancora concentrato su questo versante. Il prossimo evento è programmato per venerdì 3 maggio a Pisa presso lo splendido centro polifunzionale “Officine Garibaldi”. Ma per rispondere alla domanda...il Viaggio Verso l’Ignoto è appena iniziato!

Un grande ringraziamento all'autore, Antonio Pra, per il tempo dedicato alle nostre domande ma soprattutto per la sua accuratezza nel rispondere. Un augurio per il futuro di un successo sempre in ascesa per chi come lui crede fermamente nelle proprie passioni.

6 marzo 2019

Olgius - Viaggio verso l'ignoto - Antonio Pra

Londra 2015. Anthony Green è uno studioso dei misteri delle Antiche Civiltà. Dopo una serie di conferenze di successo, viene ingaggiato dal British Museum per registrare dei documentari su alcuni reperti esposti nelle sale del museo londinese. Un incontro con una enigmatica donna e un'escalation di strane coincidenze, lo portano a partecipare a una spedizione assieme ai suoi amici in uno dei luoghi più inesplorati del pianeta, la Valle della Morte nella Yakutia, alla ricerca di avanzati artefatti tecnologici che, secondo le tradizioni locali, sarebbero stati creati nell'antichità da una dinastia di esseri altamente progrediti. Una straordinaria occasione per far luce sui racconti per secoli tramandati tra i popoli della taiga siberiana che si tramuta ben presto in una pericolosa avventura dagli imprevedibili risvolti. I guai per Anthony Green e amici aumentano sempre di più a mano a mano che si avvicinano a comprendere il segreto celato dietro la donna che li ha coinvolti nei frenetici eventi ad alta tensione. Si troveranno infatti, oltre a dover lottare per le proprie vite, a misurarsi con inquietanti rivelazioni in grado di far vacillare le loro stesse certezze sul mondo che li circonda.

Recensione

Olgius – Viaggio verso l’ignoto è un romanzo originale dalle tinte camaleontiche, motivo per il quale non è semplice collocarlo all'interno di un unico genere - si tratta infatti di un romanzo-contenitore che tratta degli argomenti più disparati. Con una grande abilità di scrittura e con maestria, il bravissimo autore, Antonio Pra, spazia tra temi vari come la storia, lo sciamanesimo, la scienza, l’archeologia, la chimica, la fisica quantistica, l’enogastronomia, la musica ed il cinema.

La storia non solo è avvincente – il filone della spedizione in terre desolate e sperdute nel cuore della Yakutia alla ricerca di artefatti misteriosi, gli Olgius, si intreccia con il desiderio di avventura e con la curiosità dei personaggi protagonisti – ma è soprattutto solida grazie alle preziosissime digressioni che l’autore ci regala per raccontare ciò che attribuisce una veridicità sempre più nitida al romanzo: dati scientifici reali, argomentazioni di ampio respiro su fatti storici e su spedizioni archeologiche o su studi e ricerche realmente avvenute.

Raccontare verità scientifiche nel modo più semplice possibile caricando il testo di suspence e rafforzando la base narrativa con elementi veri, reali e verificabili non è semplice, eppure Antonio Pra riesce nell’impresa – giunonica a detta mia – con la sua naturalezza e con il suo stile di scrittura fluido e coinvolgente, trasformando un romanzo di avventura in uno strumento di divulgazione scientifica e archeologica.

La storia degli Olgius, le spedizioni scientifiche che si sono susseguite in quegli impervi territori, i misteri di tecnologie antiche all'avanguardia e sconosciute alla scienza moderna, fungono da combustibile ad una vicenda che parte lentamente – comprensibile vista la necessità di presentare i personaggi principali e dare un primo sguardo al contesto d’ambientazione – ma che prende il via dopo un paio di capitoli senza fermarsi, incalzando il lettore fino all'ultima pagina.

Non possiamo non dedicare un piccolo spazio alla significativa sfumatura personale che l’autore inserisce nel suo romanzo: i personaggi principali – come Mick, Frank ad esempio – sono reali, sono amici veri dell’autore trasposti nella vicenda e questo, conferisce un ulteriore punto a favore della credibilità e veridicità del testo anche se, è come sfondare una porta già aperta. Qui sta la bravura, raccontare il vero attraverso una storia inventata ma sfruttando personaggi reali.

L'unico appunto che mi sento di fare è su Anthony Green, il protagonista della storia – già dal suo soprannome Gil, da Gilgamesh, capiamo immediatamente con chi abbiamo a che fare – ben venga che sia un appassionato di arte, di storia, di scienza, di cinema, di musica, di delizie enogastronomiche e quant'altro ma la sua incontenibile cultura, a tratti si trasforma in saccenza da tuttologo. Il problema non sono le sue innumerevoli passioni ma il fatto che voglia rappresentarsi come un esperto in ogni campo, il che lo trasforma in un personaggio completamente diverso dalla sua natura. Va bene raccontare attraverso il sapere di Gil tutti gli aneddoti storici e gli esiti delle scoperte scientifiche, ma perché non sfruttare magari anche la voce degli altri personaggi per poter parlare di musica, di storia e di tutto il resto? Concentrare tutto sulla persona del protagonista fa sì che questo ne risenta, un peccato contando che in realtà Gil è un personaggio forte, astuto, determinato, ostinato, intelligente e coraggioso. A suo favore c’è un forte ingegno ed un’inventiva fuori dal comune, con Gil non ci si annoia mai, questo è certo! È piacevole sentirlo conversare e raccontare ed è pieno di qualità, è un protagonista brillante che fa brillare anche ciò che lo circonda.

Ho apprezzato moltissimo il testo, traspare una grande dedizione e una grande passione per la scrittura, una chicca per amatori sono le citazioni che fanno da incipit ad ogni capitolo: Freud, Andrè Gide, John Muir, Marco Aurelio, Aristotele, Mark Twain sono solo alcuni dei prestigiosi nomi a cui Antonio Pra fa riferimento. Un romanzo nel romanzo, e va da sè che è proprio la cura per questi piccoli dettagli che impreziosiscono il testo al punto tale da renderlo unico e di alto livello. Non è solo la storia in sè insomma, c'è altro, molto altro.

Un altro punto a favore dell’autore è lo spazio narrativo riservato alla descrizione degli ambienti e dei paesaggi. Leggendo Olgius è come se il lettore facesse un vero e proprio viaggio sorvolando la bella Londra, la fredda e misteriosa Russia e l’intrigante Svizzera. Una cura minuziosa dei dettagli – sia per gli spazi che per gli eventi narrati – è in grado di trasportare il lettore proprio lì, nel qui ed ora della storia al fianco di Gil e della bella Isabel – la donna nonché studiosa che tanto incuriosisce Gil – assieme all’ispettore Hill o l’abile proprietario della galleria d’arte, Mr Kimmel.

Il mistero degli Olgius – strutture antiche dalla tecnologia avanzata – si intreccia con la natura a sua volta misteriosa di una popolazione antica dalle origini semi-regali, le cui scelte del passato e perché no, anche del presente, potrebbero mettere in discussione tutte le nostre certezze. Non mancherà nella trama la presenza di un complotto ai danni dei nostri eroi ordito da un gruppo di malintenzionati votati ad asservire la scienza per scopi tutt’altro che nobili.

Che dire, tra le emozioni più estreme procedendo nella lettura di Olgius, il lettore si imbatte in un plot che funziona e che convince e che invita sempre di più a proseguire con la lettura, pagina a dopo pagina, per scoprire cosa succede.

Il romanzo è un’occasione per scoprire non solo una storia che vince ma soprattutto per confrontarsi con mondi ed universi tematici che magari la maggior parte di noi non conosce; è uno spunto di riflessione valido sulle civiltà passate e su quanto abbiamo da imparare ancora e da scoprire sul loro conto. Un’avventura che conquista e che merita veramente di raggiungere ottimi risultati in primis per l’immenso e accurato lavoro di ricerca fatto da Antonio Pra - con il quale mi complimento moltissimo - che riesce a toccare quanti più punti tematici possibili al meglio e soprattutto, come si evince dalla lettura, per il credo professato dalle pagine del romanzo. L’autore sicuramente crede molto in quello che scrive e traspare tutta la sua passione. Non è facile infatti riuscire a scrivere ad un livello così alto di argomenti così complessi rendendoli allo stesso tempo interessanti ed in tinta con un romanzo narrativo.
Cinque stelle per Olgius e tanti complimenti ancora all’autore che con la sua penna abile e sapiente dà voce e vita alle sue passioni.

Giudizio:

+5stelle+

Dettagli del libro

  • Titolo: Olgius - viaggio verso l'ignoto
  • Autore: Antonio Pra
  • Editore: Runa Editrice
  • Data di Pubblicazione: Giugno 2018
  • ISBN-13:9788897674665
  • Pagine: 445 pagine
  • Formato - Prezzo:Brossura - 16,00 Euro

2 marzo 2019

Gabbie - Luana Troncanetti

Cinque donne in gabbia in altrettanti racconti brevi, soltanto un paio fra le recluse scopriranno il sollievo della liberazione. Miriam è paralizzata in un matrimonio che non le regala più brividi, soffoca nel terrore di invecchiare. Giorgia è incarcerata in un corpo che odia, combattere con la mano stretta a quella di sua sorella la libererà. Adalet, la sua catena è stata mentire per amore sghembo, il suo rimpianto un atto di vigliaccheria che non riesce a perdonarsi. Eva, madre bambina compressa in doveri insostenibili e infine Nunzia, reclusa dal pregiudizio. Murata viva in una scura terra che non perdona, costretta a un atto di giustizia sommaria.  

Recensione

Luana Troncanetti è probabilmente la migliore fra le scrittrici emergenti che mi sia capitato di recensire. Ha infatti la capacità di riuscire a far partecipe il lettore dei sentimenti che caratterizzano i suoi personaggi.
Gabbie è una raccolta di racconti in cui i protagonisti si dibattono nelle loro ossessioni e paure, tanto da indurli a comportamenti anomali, sfocianti talvolta nel patologico. L’autrice riesce a far emergere tutte le contraddizioni che spesso sottintendono ai rapporti affettivi, per cui chi ama può respingere la persona amata perfino nel timore di condizionarla troppo e privarla di quelle esperienze che possono farla maturare.
Essendo i racconti di Gabbie tendenzialmente dei noir, in essi, oltre che una certa violenza, serpeggia anche una punta di mistero, per cui riesce difficile commentarli singolarmente senza rischiare di togliere l’effetto sorpresa. Inizialmente si può rimanere perplessi nell’inquadrare i personaggi perché l’autrice è volutamente criptica e solo alla fine del racconto lascia comprendere l’effettivo ruolo di ognuno di essi.
Protagoniste dei racconti sono le donne nei loro diversi ruoli di madri, figlie, mogli e amanti. Gli uomini non sono sempre presenti, e, quando lo sono come in Off, svolgono il ruolo di “cattivi” volendo imporsi a tutti costi.
Di tutti i racconti della raccolta a mio avviso il più coinvolgente è Adalet e su questo mi permetto di spendere qualche parola in più senza peraltro indugiare troppo. In esso si contrappongono tre generazioni di donne e non è la prima volta che l’autrice si sofferma sull’amore familiare con tutte le sfaccettature che esso presenta, dalla paura di chi da amore temendo di essere troppo possessivo, a chi l’amore lo riceve temendo di venirne troppo condizionato. L’animo umano è complesso e provare a dare una spiegazione a certi comportamenti apparentemente irrazionali è difficile, tuttavia Luana Troncanetti riesce come pochi scrittori a dare il giusto significato ad azioni e sentimenti, cosicché la storia risulta così coinvolgente da riuscire ad essere catartica.
Ritengo che Luana Troncanetti sia una scrittrice decisamente valida ma difficilmente i racconti da soli potrebbero darle la notorietà che meriterebbe. La invito, pertanto, ad affrontare la stesura di un romanzo altrettanto coinvolgente di Silenzio ma, possibilmente, con un respiro ancora più ampio, con personaggi che si staccano dalle pagine come è capace di descriverli lei, mettendo a nudo il loro animo in modo tale che quando si finisca la sua lettura non si possa non rimpiangere di averlo già terminato.

Giudizio:

+4stelle+

Dettagli del libro

  • Titolo: Gabbie
  • Autore: Luana Troncanetti
  • Editore: autopubblicato
  • Data di Pubblicazione: 2019
  • ASIN: B07n31367T
  • Pagine: 37
  • Formato - Prezzo: Kindle - Euro 0,99

18 febbraio 2019

Il libro degli esseri a malapena immaginabili - Caspar Henderson

Da tempi molto lontani i bestiari autentici e quelli immaginari concorrono in parti quasi uguali al disegno della zoologia così come la conosciamo, o crediamo di conoscerla. Si sono a lungo specchiati, imitati a vicenda, guardati a seconda dei casi con rispetto e con sospetto, i due generi: finché qui, per la prima volta, non si ritrovano fusi in qualcosa di nuovo. Sì, Caspar Henderson è andato a trovare dove nemmeno li si cercherebbe – nelle profondità degli oceani, negli angoli più inospitali di deserti roventi – intere famiglie di viventi di cui tutto ignoravamo, a cominciare dall’aspetto; oppure ha raccontato particolarità di animali tanto vicini a noi da risultarci, ormai, quasi invisibili. E li ha messi tutti insieme, pesci zebra e delfini, axolotl e balene, con l’amichevole partecipazione di Sapiens, in questo diario di un naturalista capriccioso che è anche qualcosa di più – il manuale delle strane regole con cui possiamo ogni volta ricominciare, a sorpresa, il gioco molto antico di reale e fantastico.

Recensione

Il libro degli esseri a malapena immaginabili è un volume di circa 550 pagine estremamente ben curato per immagini e grafica. Dato che è piacevole dal punto di vista estetico e interessante quanto al contenuto, viene segnalato come possibile regalo per coloro che apprezzano le opere impegnate nella salvaguardia della natura. In particolare la sua lettura è stata caldeggiata da Servegnini che dice di averne regalato diverse copie agli amici in occasione del natale.
Il libro degli animali a malapena immaginabili tratta delle caratteristiche di ventisette animali, uomo compreso, a cui si aggiungono molti riferimenti ad altri esseri, per la maggior parte marini e poco conosciuti. Naturalmente l’insieme è ben lontano da quello descritto dalla Rowling con gli “Animali fantastici”, anche se risulta curioso il fatto che talvolta creature ritenute poco evolute, e spesso di dimensioni molto contenute, mostrino organi di senso molto più complessi e validi rispetto a quelli umani con cui vengono raffrontati.
L’autore, Caspar Henderson, divulgatore scientifico, è dotato di fine umorismo per cui i suoi saggi,  oltre che interessanti e scorrevoli, risultano anche a tratti divertenti. Henderson non si limita a descrivere un particolare bestiario, ma lo arricchisce di varie nozioni, anche linguistiche, come nel caso del plancton.

 “Plancton” deriva da una parola greca che significa “errabondo”. È un termine piuttosto generico con cui si indica qualunque organismo vivente che per lo più si lascia trascinare dalle correnti. (Il termine speculare, raramente usato, per indicare gli organismi che nuotano attivamente è invece “necton”).

Il fitoplancton, invece, il cui nome deriva dal fatto che riceve nutrimento tramite la luce del sole, non può scendere sotto i duecento metri di profondità, dove i raggi luminosi non riescono a penetrare. Oltre ad essere la base della catena alimentare dell'eco sistema marino (come la prateria che nutre gli erbivori che a loro volta nutrono i carnivori), concorre alla produzione dell’ossigeno di cui anche noi animali terrestri necessitiamo. Pur essendo costituito da esseri microscopici, il fitoplancton ha una biomassa maggiore di quella di tutti gli animali marini messi insieme.
Henderson non si limita a meravigliare il lettore con la descrizione di creature tanto lontane dai nostri standard di normalità, ma descrive anche peculiarità poco conosciute di animali ben noti come l'uomo e le balene. Per quanto non cada mai nel patetico, il capitolo che descrive la caccia spropositata che è stata fatta ai cetacei nei secoli -e che continua anche adesso- è decisamente impressionante.
Ciò premesso, anche se il saggio non può certo essere letto di un fiato, è peraltro scorrevole ed è arricchito di considerazioni interessanti e talvolta umoristiche che lo rendono decisamente piacevole.

Giudizio:

+4stelle+

Dettagli del libro

  • Titolo: Il libro degli esseri a malapena immaginabili
  • Titolo originale: The Book of Barely Imagined Beings
  • Autore: Caspar Henderson
  • Traduttore: Massimo Bocchiola
  • Editore: Adelphi
  • Data di Pubblicazione: 2018
  • Collana: collana
  • ISBN-13: 9788845933219
  • Pagine: 543
  • Formato - Prezzo: Brossura - Euro 34,00

8 febbraio 2019

Notre Dame de Paris - Victor Hugo

Sullo sfondo di una Parigi medievale, sinistra e tumultuante - la cattedrale di Notre-Dame è il vero palcoscenico di tutta la storia - la bella zingara Esmeralda è contesa tra il deforme campanaro Quasimodo, il malvagio arcidiacono Frollo, anima nera del romanzo, il poeta pazzo Gringoire e il nobile capitano Phoebus. Protagonista aggiunto la folla, per la prima volta al centro di un libro che mette in scena i sentimenti piú contrastati ed estremi in cui si intrecciano dramma ed epopea e in cui si confrontano il male e il bene, il bello e l'orrido e i dolorosi interrogativi dell'autore, i suoi turbamenti profondi.

Recensione

Quando pensiamo a Notre Dame de Paris, vuoi per la risonanza del cartone animato Disney, vuoi per il mondo dei musical, la prima immagine che si accende nella nostra mente è quella della bella Esmeralda e di un gruppo di accattoni meglio noti come La Corte dei Miracoli.
Ebbene non c’è niente di più erroneo di limitare la storia del Maestro, Victor Hugo, alla vicenda della zingara, del suo seguito gitano e dell’amore per il tenebroso ed affascinante Phoebus.

L’opera di Hugo si articola in ben 11 libri, suddivisi a loro volta in altrettanti capitoli, più di 500 pagine dedicate alla narrazione di un dramma, una tragicomica delirante e viscerale vicenda fatta di morti, amori proibiti, metamorfosi ed espiazione. Procediamo con ordine.
Partendo dai personaggi, è doveroso dedicare una digressione sulla possibilità di distinguerli in due tipologie: il primo gruppo è quello che chiamerei dei personaggi dinamici – coloro che compiono tra le pagine una vera e propria mutazione, una maturazione ed un cambiamento – il secondo è quello invece dei personaggi statici – coloro che nonostante il cambiamento della narrazione e dello sviluppo inaspettato della stessa, non mutano la loro natura rimanendo sempre uguali a se stessi.
Oltre a questa prima suddivisione – che potremmo definire verticale e diacronica, ossia attraversata dallo sviluppo temporale – ne segue un’altra, orizzontale questa volta e sincronica: personaggi primari, dinamici e necessari, personaggi secondari, statici e marginali.

Analizzando le due prime porzioni della suddivisione ci troviamo perciò davanti ai personaggi dinamici, primari e necessari, tra i quali troviamo assolutamente Claude Frollo, Quasimodo ed Esmeralda.

Claude Frollo, meglio conosciuto come il prete di Notre Dame, si colloca rapidamente tra le fila dei buoni sin dai primi capitoli a lui dedicati, la perdita dei genitori, l’infanzia difficile votata alla responsabilità per il fratellino minore Jean, l’amore per le arti e le scienze ed infine l’adozione del povero Quasi-modo fanno sì che il lettore sia mosso a tenerezza nei suoi confronti e legga nelle sue gesta la storia di un personaggio votato alla bontà e all’altruismo. Nel corso della narrazione però qualcosa cambia e lentamente il prete si spoglia delle limitazioni imposte dalla sua posizione sacerdotale, di quelle catene metaforiche da cui si sente stritolato, dando libero sfogo ai suoi sentimenti: è l’amore per Esmeralda, dapprima negato e represso mascherato da odio per i gitani che alla fine sfocia in un sentimento malato, nell’ossessione e nel possesso fisico della ragazza. È facile perciò capire come la sanità mentale del prete vacilli di capitolo in capitolo, lentamente Frollo diviene folle, pazzo d’amore per quella zingarella che lo rifiuta, lo detesta e lo ripudia fino alla morte. L’uomo misurato, di arti e di scienze crolla definitivamente ai piedi di Notre Dame, stroncato dalla potenza di quei sentimenti contrastanti. O mi ami o muori, le fatidiche parole che racchiudono l’aut aut davanti al quale il prete mette a dura prova la giovane Esmeralda. Il riso sardonico e brutale davanti alla tremenda scena della Piazza lo consacra alla morte certa che sopraggiunge ad un decesso già attuato interiormente da tempo.

Quasimodo, il campanaro di Notre Dame, entra in scena invece dalla parte sbagliata militando dapprima tra i cattivi. La sua ostilità verso gli uomini e la sua bestialità incondizionata fanno di lui un personaggio da limbo: è lo stesso Hugo che ce lo racconta come un uomo-animale mosso da una cattiveria primordiale verso i suoi simili. In poche pagine però la verità viene rapidamente fuori e si comprende con estrema facilità che lo stato d’animo di Quasimodo – perfetta immagine di una immanenza trascendente fermamente ancorata al suo microcosmo, il microuniverso della chiesa – è dovuto al ripudio che la razza umana ha sempre mostrato nei suoi confronti. Orbo, zoppo, muto e gobbo si scopre in realtà essere di una bontà e di una delicatezza che cozzano con le sue rigide e spigolose esteriorità, il suo animo gentile e timido, nonché poetico, lo rendono amabile al lettore – pensiamo ai lunghi discorsi fatti alle statue del campanile o alle sue campane. La sua bestialità però non tarda ad esplodere nelle situazioni di pericolo, specialmente nei momenti in cui la minaccia è rivolta alla sua bella Esmeralda. Anche lui, in un modo completamente diverso rispetto al prete, è innamorato della ragazza ma mentre il primo è animato dal desiderio e dall’ossessione di possesso, Quasimodo ha un profondo rispetto misto ad un timore pudico nei suoi confronti. La ammira e la venera da lontano, come uno spettatore silenzioso mentre Frollo la affronta vis a vis minacciandola e gridandole in faccia il suo “amore” senza mezze misure. È incredibile notare come Frollo ed Esmeralda siano gli unici amori della vita del campanaro, due antipodi che paradossalmente saranno la motivazione della fine anche del povero gobbo stesso.

Veniamo ad Esmeralda, il terzo personaggio dinamico e necessario. La sua figura fa da collante all’intera storia, ne è causa ed effetto allo stesso tempo ed innesca tutta una serie di meccanismi che alimentano la vicenda. Esmeralda è il perno centrale che muove il romanzo e ahimè interpreta dapprima il ruolo della ragazza forte e sfrontata, pronta a tutto e senza paura ma l’incontro con il bel militare de Chatepeurs converte il suo essere in una timorosa, debole e titubante fanciulla. Ricordiamo che dalla sua, la bella zingara ha solo sedici anni ma è già donna, non ha avuto tempo per l’adolescenza dovendo badare a se stessa con un’infanzia difficile e una totale assenza di figure genitoriali a rassicurarla o aiutarla nella sua crescita, indirizzandola per la retta via; eppure nonostante questo, Esmeralda è cresciuta bene, sulla difensiva nei confronti del Mondo così da essere perennemente sul “chi va là”. Dopo l’amore malato di Frollo ecco una nuova forma di amore che con la sua irruenza porta a conseguenze negative: l’amore per Phoebus nuoce alla fanciulla rendendola sì vulnerabile ma anche prosciugandola della sua forza, la tortura e la forca infatti la trovano inerme, trasformata, spettro di ciò che era in principio. Solo nelle braccia della madre riuscirà a ritornare ad essere bambina vestendo i panni che la sua età e le sue esperienze non le hanno permesso di indossare, una situazione disperata ed un monologo a dir poco straziante e viscerale della madre ritrovata dalla bella zingarella, chiudono il capitolo lasciando il lettore senza fiato e con le lacrime agli occhi.

Analizzando invece le due porzioni della seconda parte troviamo quei personaggi secondari, statici e marginali che attraversano le pagine del romanzo dando un tocco di colore con le loro vicende, vediamo Pierre Gringoire il famoso autore di misteri oppure Jean Frollo, lo sventurato e disgraziato fratello di Claude dedito ai vizi e agli ozi e poi ancora la Corte dei Miracoli che con il suo impeto gioioso colma le strade della Città Vecchia rubacchiando qui e lì ai malcapitati delle vie. Tra i personaggi secondari, un po’ per gusto personale un po’ per esigenze di classificazione, collocherei anche il bel Phoebus – che di bello ha forse solo l’aspetto, con un animo corrotto e leggero come il suo. Il classico belloccio che fa girar la testa a tutte le signorine che ricadono ai suoi piedi, mi meraviglia dunque che tra le pretendenti ci sia finita anche la bella Esmeralda, così furba ma anche così fragile allo stesso tempo.

Quello che è importante sottolineare – ed è anche ciò che rende il Notre Dame de Paris così vero – è che non troviamo dei personaggi totalmente buoni o totalmente cattivi, come accade nella realtà delle cose i protagonisti delle vicende sono ibridi, mutevoli, lunatici, cangianti ed è proprio questo che li rende umani e reali.
Il romanzo è dotato di una forza sferzante che ha l’effetto di uno schiaffo in pieno viso, sconvolge e muove il lettore agli stati d’animo più estremi: gioia, ira, dolore, sofferenza.
Solo un Maestro come Hugo poteva costruire un’opera dall’impeto così forte, una costruzione colossale che segue dei livelli ben progettati.
Lo stile altamente descrittivo segue delle logiche molto particolari, immaginando una scena come un quadro: abbiamo la composizione e dunque gli elementi che ne fanno parte con una prima visione d’insieme, segue poi la singola descrizione di ognuno di essi attraverso un parlato fluido e consequenziale come se le parole si concatenassero tra loro non lasciando spazio a incertezze o dubbi.
Una perfezione esemplare che si coglie nella scelta delle espressioni, poetiche ed estremamente forti allo stesso tempo, quasi come se Hugo scrivesse una poesia in prosa. La magia della Parigi del 1400 rapisce il lettore e lo fa volare alto tra le torri e il campanile di Notre Dame, lo fa sognare e gli fa vivere una storia unica trasformandolo in spettatore sulla scena.

Giudizio:

+5stelle+

Dettagli del libro

  • Titolo: Notre Dame de Paris
  • Autore: Victor Hugo
  • Editore: Grazanti
  • Data di Pubblicazione: 1994
  • ISBN-13: 9788811585435
  • Pagine: 566
  • Formato - Prezzo: Brossura - 9,00 Euro






 

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