30 luglio 2010

Nessun dove - Neil Gaiman

Richard è un giovane uomo d'affari, per un atto di generosità si trova catapultato lontano da una vita tranquilla e gettato in un universo che è al tempo stesso stranamente familiare e incredibilmente bizzarro. Qui incontra una ragazza di nome Porta e le persone che vogliono ucciderla. Poi un angelo che vive in un salone illuminato dalle candele, e un signore che abita sui tetti. Dovrà attraversare un ponte nella notte sulla via di Knighdbridge, dove vive il Popolo delle Fogne; c'è la Bestia nel labirinto, e si scoprono pericoli e piaceri che superano la fantasia più sfrenata. Richard troverà uno strano desiderio che lo attende.

Recensione

Neil Gaiman lo preferisco più come sceneggiatore di fumetti piuttosto che come romanziere. Credo che le sue parole siano molto più d'impatto se accompagnate dai disegni di un artista, nel caso dell'opera in questione il bravissimo Glenn Fabry. Questo è l'unico limite, a mio avviso, della sua prosa. Poi è una questione di gusti, ma alla fine personalmente ho preferito, anche se di poco, il fumetto al romanzo, tenendo conto che in Italia non è mai uscita la serie tv e su quella ancora non mi posso esprimere.

Non lasciatevi spaventare però da questa premessa: "Nessun dove" è un fantasy di rara bellezza. La storia è il viaggio di Richrad Mayhew, un pinco pallino qualunque, nel fantastico sottosuolo della Londra odierna, chiamato Londra di sotto. Il suo scopo è riavere la sua normale vita di grigio impiegato, sconvolta dall'arrivo della misteriosa Porta, la quale sta fuggendo da due temibili scagnozzi che le hanno ucciso la famiglia per un oscuro motivo.

La storia è un continuo susseguirsi di eventi e colpi di scena da brividi. Tra location parallele alla vera Londra abitate dai personaggi da cui prendono il nome (esempio la fermata della metropolitana denominata Blackfriars nella Londra di sotto è abitata veramente da dei frati vestiti di nero oppure quando si dice attenti allo spazio vuoto, a Londra di sotto bisogna fare realmente attenzione alla spazio vuoto), baronati e marchesi gentiluomini, assassini vittoriani e combattimenti all'arma bianca, Neil Gaiman fa sfoggio della sua fantastica inventiva e cattura il lettore in un mondo pericoloso e affascinante al tempo stesso. Alla fine del libro se ne vorrebbe leggere ancora e questo, personalmente, mi è capitato ogni volta che ho letto qualcosa di questo autore, sia libro sia fumetto.

In conclusione, "Nessun dove" è un bellissimo romanzo che porta una sana ventata di aria fresca in un universo stantio come quello del fantasy. Magari ai puristi del genere potrebbe non piacere, ma il giudizio dei puristi solitamente non importa a nessuno.

Giudizio:

+4stelle+

Dettagli del libro

  • Titolo: Nessun dove
  • Titolo originale: Neverwhere
  • Autore: Neil Gaiman
  • Traduttore: Elisa Villa
  • Editore: Fanucci
  • Data di Pubblicazione: 2002
  • Collana: Tascabili Immaginario Fanucci
  • ISBN-13: 9788834707357
  • Pagine: 320
  • Formato - Prezzo: Brossura - Euro 8,50

29 luglio 2010

Un nome da torero - Luis Sepúlveda

In una Berlino ormai liberata dal Muro, un ex guerrigliero cileno è incaricato da una compagnia di assicurazioni di ritrovare un’antica collezione di monete d’oro sottratta al legittimo proprietario durante la seconda guerra mondiale, dalla Gestapo, e poi di nuovo rubata e nascosta da due soldati tedeschi nel luogo in cui sognavano la libertà: la Terra del Fuoco. Juan Belmonte, questo il nome del guerrigliero, proprio come il famoso matador sivigliano, accetta la proposta, soprattutto per amore di una donna lasciata in Cile. Ma in quella ricerca Belmonte non sarà solo: un ex ufficiale dei servizi segreti della Germania Est è stato a sua volta ingaggiato per recuperare il «tesoro». Chi dei due arriverà per primo alla Collezione della Mezzaluna Errante? Un’avventurosa, insolita, drammatica caccia al tesoro, una corsa mozzafiato sullo sfondo di una splendida Terra del Fuoco autunnale: una terra nella quale tutti fuggono da qualcosa o da qualcuno, dove il passato si confonde e dove tutto può accadere perché Dio guarda sempre da un’altra parte.

Recensione

(ATTENZIONE: potrebbe contenere anticipazioni sulla trama)

Durante gli anni della seconda guerra mondiale due guardie carcerarie tedesche sognavano di poter ricominciare una nuova vita nell'"ultimo angolo promettente del pianeta", la Terra del Fuoco. Per pagarsi il viaggio decisero di rubare un tesoro: una collezione di monete d'oro che si trovava nelle mani dei nazisti. Solo una delle due guardie riesce però a raggiungere la meta e passerà la vita ad attendere l'arrivo dell'amico senza mai toccare il tesoro.
Cinquanta anni dopo altri due uomini vengono incaricati di ritrovare il bottino: Frank Galinsky ex militare della Germania Est ormai disoccupato e disposto a tutto pur di ritrovare un suo posto nel mondo e Juan Belmonte, ex guerrigliero cileno esiliato in Germania.
Il tesoro è costituito dalla "Collezione della Mezzaluna Errante", cento monete coniate nel 1369 dal sultano di Fez per onorare la memoria del suo amico lo sceicco Ibn Battuta e destinate ad essere seppellite lungo le migliaia di chilometri che Ibn Battuta aveva percorso. La volontà del sultano non era mai stata esaudita però a causa della rapacità umana e così per secoli le monete avevano continuato a cambiare di mano. Per Franz e Ulrich, la collezione aveva rappresentato la possibilità di liberarsi dell'odiata divisa e ricominciare a vivere in un posto in cui "nessuno ti chiede mai niente del passato" e dove "Dio guarda sempre da un'altra parte". Per Galinsky si tratta di dimostrare di non essere solo un inutile rottame inservibile, si tratta di ritornare alla vita attiva, di smettere di vegetare. Tutti loro troveranno invece la morte quando si troveranno ad un passo dall'oro.
A Juan Belmonte, l'uomo con il nome del torero ammirato e ricordato da Hemingway in "Morte nel pomeriggio", questa ricerca offre l'occasione di tornare in patria e l'opportunità di poter finalmente occuparsi di Veronica, la sua compagna desaparecida e poi riapparsa in una discarica, isolata ed esiliata, a sua volta, in un mondo di silenzio e di apatia. La ricerca delle monete lo porta a Santiago, lo porta a fare i conti con ciò che ha lasciato, ciò che ha fuggito per anni, lo porta in un paese "che non è più il paese che ha lasciato quando è partito". "Siamo in democrazia e siamo tutti felici e contenti" lo avverte l'agente dell'Interpol che gli esamina il passaporto.

Ma su quali basi si è costruita questa democrazia? Se lo chiede Juan Belmonte, se lo chiede Luis Sepúlveda ed esorta i suoi lettori a chiederselo. Per costruire questa democrazia si è dovuto dimenticare l'esistenza di migliaia di persone che da un giorno all'altro sono sparite per non riapparire mai più o per riapparire svuotate della propria anima, come nel caso della Veronica del romanzo. Più volte Juan Belmonte si definisce un uomo che sa perdere e, alla fine del colloquio con l'agente dell'Interpol riconosce che è quest'ultimo il vincitore, che ancora una volta ha perso: "ci hanno vinto alla grande, con olimpico disprezzo, senza nemmeno lasciarci la consolazione di credere che avevamo perduto lottando per la migliore delle cause". Juan Belmonte è dunque un uomo che sa perdere e che ha perso ma non è un vinto perché nonostante tutto non ha rinunciato alla vita: "iniziai ad attraversare la strada, chiedendomi, Veronica, amore mio, chiedendomi perché abbiamo tanta paura di guardare in faccia la vita noi che abbiamo visto le auree scintille della morte". E in questa frase finale si stempera tutta l'amarezza che aveva percorso il romanzo e rinasce la speranza che, in fondo, non c'è da temere la vita, basta solo "guardarla in faccia".

Giudizio:

+4stelle+

Dettagli del libro

  • Titolo: Un nome da torero
  • Titolo originale: Nombre de torero
  • Autore: Luis Sepúlveda
  • Traduttore: Ilide Carmignani
  • Editore: TEA
  • Data di Pubblicazione: 2002
  • Collana: Narrativa generale
  • ISBN-13: 9788850200801
  • Pagine: 174
  • Formato - Prezzo: Brossura - Euro 7,50

Le due città - Charles Dickens

Romanzo storico a forti tinte, Le due città narra le vicende private di un gruppo di persone coinvolte nel vortice degli eventi della Rivoluzione francese e del successivo periodo del Terrore.
Sebbene l'ambientazione, tra Londra e Parigi - le due città del titolo - differisca notevolmente dall'Inghilterra vittoriana, cui il romanziere ha quasi sempre attinto per i suoi lavori, quest'opera contiene tutti i classici temi dickensiani: dalla povertà alla nobiltà di spirito, dal sacrificio alla redenzione.
Considerato dall'autore stesso uno dei suoi più riusciti esiti narrativi, Le due città è un testo che appassiona il lettore sin dalla prima pagina per il suo mescolare verità storica e finzione, ricerca erudita e capacità di rappresentazione delle sofferenze umane.

Recensione

Un classico, anche se non tra i più conosciuti, del romanzo inglese dell'Ottocento dall'autore impegnato per eccellenza nel genere a metà tra sociale e storico, racconta la storia di due famiglie, Manette ed Evremonde, separate dal ceto di provenienza, e riunite dal destino nel turbine sanguinario della Rivoluzione Francese. Per i lettori della metà dell'Ottocento leggere del Terrore giacobino non doveva essere poi tanto diverso da quanto non lo sia per noi leggere un racconto della 2a Guerra Mondiale.
L'orrore per gli eccessi di Mme Guillotine - e per gli isolani compatrioti di Dickens anche le paure legate alla minaccia bonapartista - non era ancora del tutto scemato e la consapevolezza che essi erano il frutto velenoso di un ancien regime ingiusto e oppressivo, tanto quanto duro a morire stentava ancora a mettere radici. In questo scenario il significato 'sociale' del romanzo dickensiano si pone accanto, sia pure con le sue fortissime diversità, ai successivi sviluppi del naturalismo letterario francese.

Dickens condanna l'ignobiltà di una casta che aveva perso, in Francia, il diritto a rivendicare il ruolo di guida morale e civile della nazione e insieme anche la crudeltà scaturita dall'opposizione a quei soprusi. La saga degli Evremonde, schiatta di nobili francesi oppressori della plebe, il cui discendente, che aveva rifiutato l'eredità in nome della propria coscienza morale, si trova a pagare incolpevole le ingiustizie dei padri, sembra solo confermare che lo spargimento di sangue invoca altro sangue in espiazione.

Le due città evocano, nel parallelismo - anche se con esiti diversi - delle vicende giudiziarie di Darnay/Evremonde a Londra e Parigi, una sorta di dualismo tra l'equilibrio del sistema anglosassone e l'estremismo dei Lumi francesi. Una simile contrapposizione si trova, anche nella somiglianza fisica che per due volte assume un significato salvifico -e doppiamente salvifico, quando serve anche come riscatto delle proprie nefandezze - nel duo Darnay/Carton. Uniti e divisi dall'amore per la stessa donna i due finiscono per formare quasi un unico personaggio dalle molteplici sfaccettature.

Il racconto non ha un protagonista principale: tutti i suoi personaggi fanno parte di una storia corale, la cui composizione arriva alla fine attraverso un sacrificio scelto e perciò atto a redimere. Nella semplicità borghese della storia - i personaggi coinvolti sono un medico, un funzionario di banca, un'istitutore, un vinaio - si agita sotto traccia il tema delle colpe dei padri che ricadono sui figli e della rottura, per mezzo appunto di un sacrificio quasi eroico, della catena della colpa. Emergono, ed è forse uno dei primi casi in letteratura, le folle come protagoniste: la massa umana, che assalta la Bastiglia, prigione simbolo dell'oppressione feudale, dove era stato imprigionato attraverso le famigerate lèttres de cachet - in pratica dei mandati d'arresto in bianco - anche il vecchio Manette, si identifica fisicamente nel quartiere di Saint Antoine.

Il delirio della folla assetata di sangue trova le sue furie in Mme Defarges e la sua amica, ribattezzatasi Vendetta, sinistramente intente a lavorare a maglia inflessibili liste di proscrizione; il suo giustiziere nel boia Samson; il suo circo nelle carrette che portano i condannati al patibolo sotto gli occhi di spettatori pronti a contare la razione quotidiana di teste mozzate con appetito insaziabile.

Sembra dominare su tutto lo svolgimento del racconto un destino beffardo, per cui lo stesso Manette si trasforma in accusatore dell'amato genero ma il lieto fine è, inevitabilmente, garantito dalla fede in sorta di provvidenza che non può - su questo il lettore non ha dubbi né tanto meno suspence - lasciar soffrire ingiustamente, o meglio senza criterio, degli esseri umani che si sono comportati secondo giustezza. Mancano le 'tinte forti', onestamente, e di sicuro la narrazione risente dell'essere modulata per la pubblicazione a puntate in appendice. Così come lo stile rischia di apparire, almeno secondo il gusto moderno, sovraccarico di pathos: troppo spazio lasciato alla cornice storica ridondante di dettagli a scapito, in genere, dei singoli personaggi, che paiono non del tutto cesellati.
Ma privilegiare il lato descrittivo rispetto all'introspezione è uno dei tratti salienti della narrativa di Dickens.

Giudizio:

+3stelle+

Dettagli del libro

  • Titolo: Le due città
  • Titolo originale: A Tale of two Cities
  • Autore: Charles Dickens
  • Traduttore: Silvio Spaventa Filippi
  • Editore: Newton Compton
  • Data di Pubblicazione: 2008
  • ISBN-13: 9788854110977
  • Pagine: 252
  • Formato - Prezzo: Brossura - 6,00 Euro

28 luglio 2010

Notizie sul giocatore Rubaŝov - Carl-Johan Vallgren

Articolo di Sakura

San Pietroburgo, 31 dicembre 1899. Nella sua camera in affitto il giovane Rubasov riceve una visita da lui spesso sollecitata: quella del Demonio, pronto a fargli sottoscrivere il classico contratto per la cessione dell'anima. Però l'unico desiderio di Rubasov, giocatore incallito, è fare una partita a carte con il signore delle tenebre. Il brivido del rischio sarà la sua ricompensa. Lui perde e il Diavolo se ne va, ma l'alba del nuovo secolo ha in serbo una sorpresa per l'ancora confuso protagonista: il foglio firmato la sera precedente si rivela indistruttibile. Ha inizio così una serie di eventi che portano Rubasov all'apice del successo e poi, inevitabilmente, in rovina... ma senza poter morire.

Recensione

Si staglia a metà tra la quarta e la quinta stella, forse non proprio meritatamente, ma vedrò di andare con ordine.

E’ uno dei libri più avvincenti che mi siano capitati tra le mani negli ultimi tempi: c’è quello spruzzo di soprannaturale che tanto mi attira, il patto col diavolo con tanto di partita a poker che ha sancito definitivamente la mia decisione di acquistarlo, una passeggiata tra i disastri più efferati del secolo breve, incontri casuali con le figure più ambigue della storia: Rasputin, il mio vecchio concittadino Cagliostro, Paracelso, …
Dalla Russia borghese del millenovecento alle trincee tedesche della Prima Guerra Mondiale, dal partito nazista agli scontri tra cattolici e protestanti in Inghilterra, passando per circhi, sedute spiritiche, trasmissioni televisive, alchimisti, ghetti e rovine, un misterioso narratore segue le mosse di Nikolaj Rubaŝov, che dopo aver scommesso l’anima con un altrettanto misterioso ospite in una notte di fine secolo, invece di essere spedito nell’emblematico inferno, si è visto donare un’indesiderata quanto terribile immortalità, poco letterariamente accompagnata dalla decadenza fisica e mentale di chi fosse realmente giunto alla veneranda età di centoquarant’anni.
Ma nell’ultima notte del millennio, dopo cent’anni di tristi peregrinazioni alla ricerca del suo ‘beneficiante’, forse potrebbe essergli concessa una rivincita…

Il punto di forza di questo libro è l’impersonalità. Che è anche il suo punto debole: un punto di vista in prima persona sarebbe stato molto più coinvolgente – m’immaginavo già puntuali flussi di pensieri sulle angosce di chi è condannato a una solitaria immortalità-, ma anche tedioso se portato avanti per quattrocento pagine. Il titolo, invece, doveva mettere in guardia: Notizie sul giocatore Rubaŝov, appunto; non un diario, ma una cronaca dei suoi avvistamenti nel corso del secolo, a volte solo accennati, ma altre volte argomentati per uno o due capitoli. Ecco perché quel voto immeritato: la parte centrale è spesso un po’ sterile, a volte confusa; questo perchè Vallgren ha il vizietto di presentare i personaggi in scena facendoli intuire annotando un loro caratteristico particolare, senza però nominarli; e sta al lettore comprendere di chi si stia parlando.

I due capitoli finali, però, sono piccole perle che mi hanno spinta a rivalutare il libro, per cui purtroppo il lettore perde interesse a causa della sterilità della parte centrale.

Va da sé che ne consiglio assolutamente la lettura. Non aspettatevi puntuali descrizioni o lunghe digressioni, però.
Per terminare, mi chiedo perché Vallgren sia praticamente sconosciuto, nonostante abbia vinto un prestigioso premio per la sua prima opera, Storia di un amore straordinario, e perché Notizie sul giocatore Rubaŝov lo sia ancor più.
Misteri dell’editoria. Sta a noi lettori scavare in mezzo al letamaio di bestseller per trovare questi poveri desaparecidos.

Giudizio:

+4stelle+ (e mezzo)

Dettagli del libro

  • Titolo: Notizie sul giocatore Rubasov
  • Titolo originale: Dokument rorande spelaren Rubashov
  • Autore: Carl-John Vallgren
  • Traduttore: C. Giorgietti Cima
  • Editore: TEA
  • Data di Pubblicazione: 2008
  • Collana: Teadue
  • ISBN-13: 9788850216123
  • Pagine: 369
  • Formato - Prezzo: Brossura - 8,60 Euro

27 luglio 2010

Il paradiso degli orchi - Daniel Pennac

Un eroe, Malaussène, che come lavoro fa il "capro espiatorio". Una famiglia disneyana, senza mamme e babbi, con fratellini geniali, sorelle sensitive, una "zia" maschio protettrice di vecchietti, ladri e travestiti brasiliani, una "zia" femmina super-sexy, ritratto irresistibile del giornalismo alla "Actuel", una misteriosa guardia notturna serba, un cane epilettico. Questa esilarante banda di personaggi indaga su una serie di oscuri attentati, sull'orrore nascosto nel Tempio del benessere, un Grande Magazzino dove scoppiano bombe tra i giocattoli e un Babbo Natale assassino aspetta la prossima vittima. Un'altalena tra divertimento e suspence, tra una Parigi da "Misteri" di Sue e una Parigi post-moderna dove proliferano i piccoli e grandi "orchi" che qualcuno crede estinti. Degli orchi si può ridere o si può tremare. Uno scrittore d'invenzione, un talento fuori delle scuole come Pennac, non ha certo paura di affrontarli con l'arma che lui stesso così definisce nel libro: "l'umorismo, irriducibile espressione dell'etica".

Recensione

Questo romanzo credo sfugga alle categorie prefissate, o, meglio, gliene si possono assegnare tante quanti sono i suoi lettori.

Lo potrei definire ‘giallo’, perché in fin dei conti, anche se inizialmente lo sembra ben poco, si delinea ben presto un mistero che ha alla base un crimine e che al termine del romanzo trova una sua soluzione. Ma definire questo libro di Pennac ‘giallo’ significherebbe svilirlo, perché giocoforza si metterebbero sotto silenzio molti altri elementi.
L’ambientazione ha del fantastico. Non un fantastico canonico, con fatine, elfi e orchi (i titoli traggono in inganno, ma forse nemmeno tanto), ma un fantasy alla Stefano Benni, che però più che possedere elementi pienamente fantastici procura al lettore una sensazione di incredulità. Non ci sono fate, è vero, ma pensare a unacasa piena di ragazzi e bambini figli di padri diversi e della stessa madre assente che continua a scodellarne di nuovi con il compagno di turno, come minimo ha dell’inverosimile.
Soprattutto se Malaussène, il figlio maggiore, fa di professione il capro espiatorio (ossia, dietro retribuzione si fa maltrattare dal responsabile dell’ufficio reclami davanti ai clienti insoddisfatti, che puntualmente impietositi ritirano il reclamo), Clara fotografa le terribili realtà di cui ha paura, Thérèse è appassionata di occulto, astrologia e cartomanzia, Jérémy è un piccolo teppista, Piccolo non ha un nome e disegna scene non esattamente alla portata di un bambino dell’asilo, il lurido cane Julius ha un che di comicamente fumettesco.
Soprattutto se Malaussène inventa storie straordinarie, che spesso interrompono la narrazione.
Soprattutto se, attorno a questa strana famiglia, gravitano personaggi altrettanto strambi, come il vecchio e gaio Théo, con i suoi amici viados e le sue collezioni di abiti da far invidia a Ken, il vecchio ex militare serbo Stojil, guardia notturna dei grandi magazzini con una spiccata passione per gli scacchi e per raccontare sempre la stessa storia, o la zia Julia, che zia non è né tantomeno vecchia (non si chiama nemmeno Julia), anzi, è una giornalista decisamente piacente e disinibita.

In questo panorama scientificamente realistico ma degno di un fumetto, nei grandi magazzini in cui Malaussène lavora iniziano ad esplodere poco fantastiche bombe nei posti più disparati e nei momenti meno opportuni, ma sempre quando il povero protagonista è nelle vicinanze. Le bombe provocano morti molto poco fumettesche (che decisamente portano il romanzo un po’ più su nella scala del target), il che, naturalmente, convince gli inquirenti a sospettare del capro espiatorio di turno. Ed ecco quello che è il filo portante del romanzo, ma che passa quasi in secondo piano rivestito com'è dai comici siparietti dei personaggi.

Voler descrivere qualcos’altro della trama sarebbe una follia bella e buona: in un sarabanda di eventi rocamboleschi che rivelano una straordinaria creatività da parte dell’autore (supportata dalla brevità dei capitoli e dall’incisione dei periodi) si muove un ampio cast di personaggi inverosimili e divertenti. Il tono favolistico e scanzonato non deve però trarre in inganno, perché a volte il romanzo scivola in note amare che ne intensificano ulteriormente il valore, rendendolo adatto a diverse fasce di pubblico. Riesco dunque a capire perché la saga di Malaussène sia così amata in tutto il mondo, persino qui in Italia, e perché la scrittura di Pennac venga spesso associata a quella di Benni, che però, oltre a scivolare molto più nell’irreale, è permeato di una nota satirico-politica quasi del tutto assente nei romanzi dell’autore francese.


Il paradiso degli orchi è solo il primo romanzo dell'amatissima saga di Pennac; segue l'elenco dei libri di cui si compone, tutti pubblicati dalla Feltrinelli:

  • Il paradiso degli orchi
  • La fata Carabina
  • La prosivendola
  • Signor Malaussène
  • Ultime notizie dalla famiglia
  • La passione secondo Thérèse

Giudizio:

+4stelle+

Dettagli del libro

  • Titolo: Il paradiso degli orchi
  • Titolo originale: Au bonheur des ogres
  • Autore: Daniel Pennac
  • Traduttore: Mélaouah Y.
  • Editore: Feltrinelli
  • Data di Pubblicazione: 2002
  • Collana: Universale Economica
  • ISBN-13: 9788807812101
  • Pagine: 206
  • Formato - Prezzo: Brossura - 7,50 Euro

25 luglio 2010

Il segreto di Luca - Ignazio Silone

Luca Sabatini, il protagonista di questo romanzo di Ignazio Silone, ritorna al paese natale dopo molti anni di prigione scontati ingiustamente e senza difendersi. L'intero paese, benché ora sia noto il vero colpevole del delitto, non gli perdona tuttavia quel presunto "peccato" che è stato foriero di rovina per tutti. Luca è un uomo mite, sopporta la solitudine sorretto dal segreto ricordo di un amore impossibile. Negli stessi giorni, che sono quelli ricchi di fermento dell'ultimo dopoguerra, torna dall'esilio Andrea Cipriani, antifascista e capo partigiano. Questi trascura i doveri della carriera politica per cercare di comprendere, attraverso un'ostinata e difficile inchiesta, le ragioni dell'ingiustizia che ha straziato la vita di Luca. Sarà una ricerca aspra e faticosa, contro omertà irriducibili. Il segreto di Luca è un romanzo morale di grande intensità, il punto più alto dell'opera di Ignazio Silone.

Recensione

Il segreto di Luca è un libricino non troppo voluminoso che racchiude una sintesi mirabile del pensiero e dell'arte narrativa di Ignazio Silone. Etichettato come giallo, come romanzo d'amore, è in realtà tutto questo e molto altro ancora: in poche pagine si condensano le principali paure, aspirazioni, desideri, grettezze dell'uomo.

Il romanzo ruota intorno all'ingiustizia del processo di Luca che, pur essendo innocente, sarà condannato all'ergastolo perché rifiuta di difendersi e svelare il suo alibi. Tutti, ci viene detto, sapevano dell'innocenza del protagonista, nonostante ciò nessuno aveva mosso un dito per difenderlo e anche ora che Luca è tornato a casa è più solo ed emarginato che mai. Egli è uno di quei "cafoni" di animo nobile che tanto furono cari a Silone e che occuparono sempre un posto d'onore nella sua vita privata e nella sua produzione letteraria, è un uomo profondamente buono che riesce a trovare la felicità in un semplice abbraccio, nel ricordo di uno sguardo muto, nel primo bicchiere di vino bevuto all'uscita dal carcere e ci insegna che: "La felicità esiste solo sotto forma di attimi".

Luca è un "puro di cuore" e più volte la sua triste sorte viene paragonata a quella del Cristo, primo eclatante caso di innocente condannato ingiustamente. Come Gesù, sopporta il suo destino in modo rassegnato, al momento della condanna prega sottovoce per i suoi aguzzini, trascorre i decenni di prigionia confortato dal ricordo di un sorriso, ritorna al paese natale privo di risentimento, non è affatto amareggiato ma pronto ad accogliere nel suo cuore l'antica amicizia per don Serafino e il nuovo affetto per il piccolo Toni. Nell'immaginazione dell'Andrea ancora ragazzino le due figure, quella del galeotto e quella del Cristo, vengono più volte accostate e messe a confronto. Andrea Cipriani è un ex maestro, ex rivoluzionario e ora uomo politico atipico perché non cerca di accaparrarsi voti. A lui "interessano le persone" afferma, è un "umanitario dice di lui il sindaco schernendolo e, in quanto tale "un imbecille completo" aggiunge il segretario. Fin da bambino, grazie al legame particolare che lo unisce a Teresa, madre di Luca, ha capito che al mondo esistono ingiustizie che non possono essere sanate perché vanno al di là della volontà del singolo, per questo motivo egli nutre una fiducia limitata nella possibilità di una giustizia perfetta ma è fortemente animato dall'amore indiscusso per la verità. Questo è ciò che lo differenzia dai suoi compaesani: sa di far male a molti, allo stesso Luca, con la sua ricerca ma non può fermarsi, non ci sta a chiudere gli occhi e rifiutare di capire.

In definitiva possiamo dire che questo romanzo, costruito come un giallo, è davvero una storia d'amore: dell'amore di Luca per Ortensia, dell'amore di don Serafino per i suoi amici e la sua comunità, dell'amore di Andrea per la verità.

Giudizio:

+5stelle+

Dettagli del libro

  • Titolo: Il segreto di Luca
  • Autore: Ignazio Silone
  • Editore: Mondadori
  • Data di Pubblicazione: 2001
  • Collana: Oscar Classici Moderni
  • ISBN-13: 9788804492481
  • Pagine: 204
  • Formato - Prezzo: Brossura - Euro 8,00

23 luglio 2010

Il club Dumas - Arturo Pérez-Reverte

Lucas Corso, mercenario bibliofilo al soldo dei più esigenti collezionisti d’Europa, è abituato a indagare sui libri antichi come un detective sulle tracce di ùn crimine. Questa volta, però, la sua fama viene messa a dura prova da due incarichi delicati quanto insoliti: verificare l’autenticità di un capitolo manoscritto dei Tre moschettieri e decifrare l’enigma nascosto in un testo rarissimo, il Libro delle Nove Porte del Regno delle Ombre, una sorta di manuale per invocare il diavolo, che il Santo Uffizio mise al rogo insieme al suo autore nel 1667. Le nove incisioni contenute nel volume sono l’unico indizio di un lungo viaggio che conduce Corsb dai vicoli di Toledo al Quartiere latino di Parigi, fra archivi, polverose librerie antiquarie e raffinate biblioteche private. Il mistero si tinge di sangue mentre la ricerca si addentra nei sentieri impervi dell’occulto, accompagnata da sospette streghe e apparizioni angeliche, seduzioni pericolose, incontri inaspettati e bizzarre incarnazioni dei personaggi letterari di Dumas. Due indagini si intrecciano in un allucinato gioco di specchi che sfida l’intelletto e l’immaginazione.

Recensione

La vita è retta dal caso e ben poco viene a collimare, ma quando troviamo lo stesso schema in letteratura ci sentiamo presi un po’ in giro.

Lucas Corso è un mercenario bibliofilo senza scrupoli: compra e vende con metodi poco ortodossi, indaga sulla storia dei libri, giudica vecchi incunaboli, si prostituisce al migliore offerente eseguendo per lui il lavoro sporco, e non esitando ad affidare ad altri quello ancor più sporco. Corso è privo di emozioni, quando non strettamente attinenti alla sfera dei libri antichi, e bravo a fingere come il migliore dei manipolatori; ha un unico amico –se di amicizia si può parlare-, il libraio dongiovanni Flavio La Ponte (italiano, inutile chiederlo: pare che i nostri uomini all’estero abbiano questa fama), nessuna compagna, nessun legame.
La storia, narrata da un personaggio interno onnisciente -Boris Balkan- inizia prima che Corso compaia in scena, e precisamente con la morte per impiccagione (suicidio od omicidio, difficile stabilirlo) di Enrique Taillefer, influente collezionista di libri antichi. Poco prima di morire, il riccone commissiona a Flavio La Ponte la vendita di un capitolo manoscritto dei Tre moschettieri, “Il vino d’Angiò”, ed è qui che Corso viene incaricato delle indagini dall’amico Flavio. Questo, tuttavia, non è l’unico filo conduttore del romanzo: poco dopo, Corso viene convocato da Varo Borja, collezionista senza scrupoli di libri sul diavolo, che lo ingaggia per provare l’autenticità del suo Le nove porte del regno delle ombre, volume in latino stampato nel XVII secolo e di cui esistono solo tre copie certificate. Aristide Torchia, lo stampatore, fu bruciato dall’Inquisizione insieme alle sue opere per aver dichiarato di essere stato ispirato dal Diavolo in persona. In fondo al volume, nove incisioni che richiamano i Tarocchi e la simbologia esoterica.
Tocca a Corso recarsi a Lisbona ad esaminare il volume della collezione Fargas –appartenente a un nobile in disgrazia- e poi a Parigi per giudicare quello della vedova Ungern, appassionata anch’essa del Diavolo e scrittrice di libri esoterici. Sulle sue tracce, tuttavia, c’è un misterioso figuro dai baffi neri con la faccia sfigurata da una cicatrice, che Corso soprannomina prontamente Rochefort per la sua somiglianza fisica con il mortale nemico di D’Artagnan. E sembra che il feuilleton di Dumas prenda vita, quando anche Milady fa la sua comparsa nella persona di Liana Lausauca, la vedova Taillefer, intenzionata a riprendersi “Il vino d’Angiò” a ogni costo.

L’intreccio, dunque, è già notevolmente complicato: Corso intuisce una connessione tra Dumas e le Nove Porte, e inizia a indagare in quella direzione. Il cardinale Richelieu, infatti, sembrava non essere esattamente estraneo al mondo esoterico. Ulteriori omicidi, inoltre, rischiano di coinvolgere il mercenario nella storia del libro del Diavolo più di quanto non gli aggradi. I personaggi, i luoghi e gli eventi dei Tre Moschettieri sembrano essersi materializzati nella realtà. Lo studio delle incisioni dei tre esemplari delle Nove Porte rivela risultati inaspettati. A complicare il tutto, una strana ragazza dai capelli biondi e corti sembra incrociare troppo spesso la strada di Corso, presentandosi con il nome di Irene Adler, la donna che beffò Sherlock Holmes in uno dei racconti di Conan Doyle. Arturo Pérez-Reverte non si accontenta di intrecciare tutti i fili della narrazione in uno: ed ecco che il finale del libro non è scontato, nemmeno per chi ha visto il film.

Per farla breve, è apprezzabile il tentativo di Pérez-Reverte di tentare un intreccio così macchinoso e contorto: l’autore, però, non ha tenuto conto del fatto che, quando si carica in questo modo il lettore di aspettative, qualunque sia la risoluzione prescelta quasi certamente non risulterà soddisfacente. ll club Dumas resta in bilico tra il thriller e il gotico, senza sbilanciarsi con troppa convinzione verso quest’ultimo nonostante lo promettesse fin dalle prime pagine, e accelerando inutilmente la narrazione nel finale.

Molto accurato, invece, lo stile dell’autore: superiore a molti suoi connazionali contemporanei, mi viene da suggerire malignamente che il romanzo non abbia venduto quanto L’ombra del vento perché troppo ostico per il lettore medio da spiaggia. Il paragone con quel romanzo in particolare risulta spontaneo, essendo in sostanza entrambi gialli che si muovono nel mondo dei libri. Al contrario di quella di Zafòn, asettica ed elementare, la prosa di Pérez-Reverte è ricca e i periodi sono ragionevolmente lunghi: indugia molto sulla terminologia specifica che riguarda manoscritti e incunaboli. Per di più, il romanzo è accompagnato dalle incisioni delle Nove Porte (di tutti e tre gli esemplari del libro) e dalle tabelle compilate dal protagonista durante i suoi studi sul campo.

Consigliato agli amanti dei thriller, agli appassionati del genere gotico, a chi apprezza Dumas (abbondano i riferimenti alla sua vita e alle sue opere), o semplicemente a chi adora i libri sui libri.

Giudizio:

+4stelle+

Dettagli del libro

  • Titolo: Il Club Dumas
  • Titolo originale: El club Dumas
  • Autore: Arturo Pérez-Reverte
  • Traduttore: Ilide Carmignani
  • Editore: Il Saggiatore Tascabili
  • Data di Pubblicazione: 2009
  • Collana: Narrativa
  • ISBN-13: 9788856501483
  • Pagine: 382
  • Formato - Prezzo: Brossura - 9,50 Euro

21 luglio 2010

La vita davanti a sé - Romain Gary

La vita di un bambino dall'età indefinita, che vive con una ex prostituta nei sobborghi parigini.
Il racconto delle sue giornate trascorse alla ricerca di una nuova famiglia, ma con il pensiero alla signora che l'ha cresciuto ormai vecchia e malata. E' la storia di un grande amore e un affresco su una realtà popolata da povera gente di gran cuore.
Con un linguaggio semplice ed efficace l'autore riesce a trasportarci dentro la mente di un bambino, a percepire i suoi dolori, le sue delusioni ma soprattutto i suoi sentimenti.

Recensione

E' un piccolo libro, questo di Romain Gary, ma che riesce ad affrontare temi fondamentali della vita di un essere umano con la semplicità disarmante del punto di vista di un bambino.

Mohammed, detto Momo, vive nella periferia di Parigi insieme all'unica persona che si è mai occupata di lui, una vecchia ex prostituta che tira avanti tenendo a pensione i figli delle sue più giovani colleghe ancora in attività. Tutta la vicenda è narrata in prima persona dal bambino, la cui unica paura è quella di perdere il suo amore: Madame Rose, ormai vecchia e malata. Il legame tra i due rappresenta la loro ancora di salvezza all'interno di una società che non si occupa "degli ultimi", che spedisce i vecchi in ospedale e i bambini senza famiglia in orfanotrofio.

Questa "strana coppia" è circondata da una serie di personaggi dalla vita disgraziata, ma ancora in grado di aiutarsi a vicenda come in una vera famiglia: un travestito, Madame Lola, che si occupa del sostentamento economico e dell'igiene personale di Madame Roe; un nero del Camerun, il signor Waloumba, mangiafuoco e spazzino di professione che insieme a dei suoi connazionali tentano con riti e magie di risvegliare la vecchia signora dai suoi continui letarghi; il signor Hamil, un vecchio venditore di tappeti ormai cieco, dispensatore di consigli e perle di antica saggezza. Ma la vera sorpresa di questo libro sono le amare e ahimè vere, riflessioni del bambino sulla vita, sulla morte, sull'amore. Una su tutte:

"[...] io alla vita non voglio mica leccargli il culo per essere felice. Io alla vita non voglio mica darle il belletto, io ci caco sopra. Noi due non abbiamo niente da spartire."

Giudizio:

+4stelle+

Dettagli del libro

  • Titolo: La vita davanti a sé
  • Titolo originale: La vie devant soi
  • Autore: Romain Gary
  • Traduttore: G. Bogliolo
  • Editore: Neri Pozza
  • Data di Pubblicazione: 2005
  • Collana: Biblioteca Neri Pozza
  • ISBN-13: 9788854500341
  • Pagine: 214
  • Formato - Prezzo: Brossura - Euro 11,50

19 luglio 2010

Dal libro al (tele)film: Le cronache del ghiaccio e del fuoco - Continua il casting

Come già accennato in un articolo ormai vetusto, la HBO nel 2011 trasmetterà la prima serie televisiva delle Cronache del ghiaccio e del fuoco di G.R.R. Martin.
L'emittente, al termine di un episodio di True Blood, ha recentemente mandato in onda il primo trailer:



Frattanto, l'autore sul suo Not a Blog continua a rilasciare indiscrezioni sul cast. Alcuni volti che hanno lavorato all'episodio pilota sono stati sostituiti.


Attualmente questo è il cast reclutato fino ad oggi:

Personaggi regolari in ordine alfabetico:

Mark Addy nel ruolo di Re Robert Baratheon
Alfie Allen nel ruolo di Theon Greyjoy
Sean Bean nel ruolo di Eddard “Ned” Stark
Emilia Clarke nel ruolo di Daenerys Targaryen [la Clarke sostituirà la precedente Tamkin Merchant]
James Cosmo nel ruolo di Jeor Mormont
Nikolaj Coster-Waldau nel ruolo di Ser Jamie Lannister
Peter Dinklage nel ruolo di Tyrion Lannister
Michelle Fairley nel ruolo Catelyn Stark [sostituirà la precedente Jennifer Ehle]
Aidan Gillen nel ruolo di Ditocorto
Jack Gleeson nel ruolo di Joffrey Baratheon
Iain Glen nel ruolo di Ser Jorah Mormont
Kit Harington nel ruolo di Jon Snow
Lena Headey nel ruolo di Cersei Lannister
Isaac Hempstead-Wright nel ruolo di Bran Stark
Harry Lloyd nel ruolo di Viserys Targaryen
Richard Madden nel ruolo di Rob Stark
Rory McCann nel ruolo di Sandor Clegane (il Mastino)
Sophie Turner nel ruolo di Sansa Stark
Maisie Williams nel ruolo di Arya Stark

Featured cast in ordine alfabetico:

John Bradley nel ruolo di Samwell Tarly
Ron Donachie nel ruolo di Ser Rodrik Cassel
Jerome Flynn nel ruolo di Bronn
Conleth Hill nel ruolo di Varys
Jason Momoa nel ruolo di Khal Drogo
Donald Sumpter nel ruolo di Maestro Luwin

Guest cast in ordine alfabetico:

Josef Altin nel ruolo di Pyp
Gethin Anthony nel ruolo di Renly Baratheon
Ciaran Bermingham nel ruolo di Mord
Esme Bianco nel ruolo di Ros
Susan Brown nel ruolo di Septa Mordane
Dominic Carter nel ruolo di Janos Slynt
Antonia Christophers nel ruolo di Mhaegen
Kate Dickie nel ruolo di Lysa Arryn
Roy Dotrice nel ruolo del Gran Maestro Pycelle
Emun Elliott nel ruolo di Marillion
Lino Facioli nel ruolo di Robin Arryn
Jefferson Hall nel ruolo di Ser Hugh della Valle
Derek Halligan nel ruolo di Alliser Thorne
Rhodri Hosking nel ruolo di Mycah
Margaret John nel ruolo della Vecchia Nan
Finn Jones nel ruolo di Ser Loras Tyrell
Dermot Keaney nel ruolo di Gared
Francis Magee nel ruolo di Yoren
Joseph Mawle nel ruolo di Benjen Stark
Brendan McCormack nel ruolo di Ser Vardis Egan
Ian McElhinney nel ruolo di Ser Barristan Selmy
Luke McEwan nel ruolo di Rast
Kristian Nairn nel ruolo di Hodor
Rob Ostlere nel ruolo di Ser Waymar Royce (in sostituzione di Jamie Campbell Bower)
Eugene Simon nel ruolo di Lancel Lannister
Jamie Sives nel ruolo di Jory Cassel
John Standing nel ruolo di Jon Arryn
Conan Stevens nel ruolo di Gregor “La montagna che cavalca” Clegane
Natalia Tena nel ruolo di Osha
Peter Vaughan nel ruolo del Maestro Aemon Targaryen
Miltos Yeromelou nel ruolo di Syrio Forel

Tutti i fan si aspettano ghiaccio e fiamme da questa serie televisiva.
Aspettiamo e speriamo... Asoiaf is coming!

Ogni cosa è illuminata - Jonathan Safran Foer

Jonathan, un giovane ebreo statunitense, si reca in Ucraina alla ricerca di Augustine, la donna che salvò la vita a suo nonno durante le deportazioni naziste. Armato di una fotografia che ritrae suo nonno e Augustine, Jonathan inizia così la sua ricerca della città fantasma di Trachimbrod, lo shtetl dove suo nonno viveva all'epoca, distrutto dai nazisti durante la guerra e perciò scomparso dalle mappe. Nel suo viaggio è accompagnato da una guida locale, Aleksandr (Alex), con il quale stringerà presto amicizia, e dallo strambo nonno di Alex, che dichiara continuamente di essere cieco (ma in realtà ci vede benissimo), e quindi si fa condurre dal proprio cagnolino, Sammy Davis Junior Junior.

Recensione

The only thing more painful than being an active forgetter is to be an inert rememberer.

E' veramente difficile scrivere un commento, così come è difficile definire questo libro. Mi vengono in mente parole come onirico, surreale, straziante, incredibilmente divertente.
Ci ho riflettuto diversi giorni ma non sono riuscita a decidere da che parte iniziare, come comunicare cos'è stato questo libro per me.

C'è Alex che ha vent'anni, vive in Ucraina e sogna di andarsene in America a far fortuna. Ed è essenzialmente uno squinternato, come squinternato è il suo inglese, per grande sfortuna di Jonathan, il giovane americano che prende Alex come interprete durante il suo viaggio sulle tracce della donna che cinquant'anni prima aiutò il nonno a fuggire dai nazisti. I dialoghi fra i due giovani, che provengono da realtà opposte, sono contemporaneamente esilaranti fino allo stremo ed estremamente malinconici. In poche battute rispecchiano in modo perfetto due animi molto affini.
Poi c'è il nonno di Alex, che si finge cieco e fa l'autista ma in realtà è solo imprigionato dai propri ricordi, impantanato in una malinconia e in una serie di sensi di colpa impossibili da eliminare. Essendo un finto cieco, il nonno ha un cane guida che non guida da nessuna parte ma è estremamente interessato a intrattenere rapporti carnali con lo sciagurato turista.
Tutti e quattro si mettono in viaggio attraverso un'Ucraina fredda e dura, alla ricerca di un paese che nessuno può o vuole ricordare. Le tracce di Trachimbrod sono perse nel tempo, ciò che rimane sono pezzi di vita custoditi in centinaia di scatole da una donna troppo ferita per poter pronunciare il proprio nome. Per Jonathan questa ricerca diviene la ricerca della propria memoria e della propria identità, e se la realtà è scarsa di informazioni, egli provvede a colmare le lacune ricostruendo la storia della propria famiglia come se fosse un lunghissimo sogno, carico di simbolismi.

Il racconto si svolge quindi alternando il resoconto di Alex del viaggio nell'Ucraina contemporanea con gli episodi del passato della famiglia Foer. Lo stile di Foer colpisce sia per l'assurdo inglese "ucrainizzato" messo in bocca ad Alex, sia per lo stile onirico ed evocativo degli aneddoti di Jonathan. Proprio questi ultimi hanno fatto gridare alternativamente "al genio" e "alla bufala", per alcune soluzioni narrative e grafiche abbastanza originali utilizzate. Onestamente non ho abbastanza competenza per dire se si tratta delle invenzioni di un furbetto che gioca a fare il genietto o se si tratti veramente di colpi di genio, posso dire che io non le ho trovate né forzate né fastidiose, così come non ho trovato noiosi o fuori posto questi allucinati viaggio nel passato e nella cultura Yddish, con le sue idiosincrasie e aperte contraddizioni.

Giudizio:

+4stelle+

Dettagli del libro

  • Titolo: Ogni cosa è illuminata
  • Titolo originale: Everything is Illuminated
  • Autore: Jonathan Safran Foer
  • Traduttore: Massimo Bocchiola
  • Editore: Guanda
  • Data di Pubblicazione: 2004
  • Collana: Le Fenici tascabili
  • ISBN-13: 9788882466664
  • Pagine: 327
  • Formato - Prezzo: Brossura - Euro 9,50

18 luglio 2010

Morty l'apprendista - Terry Pratchett

Mortimer, detto Morty, non ha le idee chiarissime su quel che vuol fare da grande. Almeno fin quando non diventa l'apprendista di un insolito maestro: la Morte, proprio quella con la falce, in persona. Una volta appurato, con notevole sollievo, di non dover essere necessariamente morto per poter svolgere il lavoro, Morty si appassiona alla nuova materia, anche se ben presto scoprirà che essere apprendista della Morte non è poi così romantico e affascinante come sembrava. Pericoli e sfide terribili lo attendono, forse troppo grandi anche per lui, il predestinato.

Recensione

Morty è un ragazzo apparentemente non troppo sveglio e sicuramente non troppo prestante, cresciuto in un villaggio di contadini. Nessuno riesce a trovare un mestiere per lui, e il tentativo del padre di metterlo in piazza perché qualcuno lo scelga come apprendista fallisce miseramente, almeno finché non inizia a rintoccare la mezzanotte.
A quel punto nel villaggio irrompe a cavallo uno strano figuro scheletrico, che tutti si ostinano a visualizzare come un uomo fin troppo normale, e designa Morty come suo apprendista: Morte, infatti, ha deciso di prendersi un piccolo aiutante. La maggior preoccupazione di Morty sembra quella di assumere le caratteristiche fisiche del suo maestro, ma Morte lo tranquillizza a riguardo. Il ragazzo decide allora di seguirlo: quante altre persone hanno avuto la possibilità di diventare apprendisti di Morte?
La vita nella strana dimensione in cui Morte abita scorre tranquillamente, se non fosse che il tristo mietitore continua ad ammiccare curiosamente al fatto che tutto ciò che possiede un giorno apparterrà alla sua figlioletta adottiva Ysabell. Le allusioni sono accompagnate da maliziosi occhiolini –per quanto possa occhieggiare uno scheletro senza palpebre- e allegre sgomitate, ma Morty continua a non cogliere.
Presto viene il momento di seguire le orme del maestro: Morty dovrà tagliare il legame tra corpo e anima di un’anziana strega, di un monaco col vizio di reincarnarsi continuamente, e di un’avvenente principessa quindicenne già incontrata durante un giro dimostrativo culminato con la morte del padre regnante. Peccato che, con quest’ultima, Morty sbagli il colpo e uccida involontariamente l’assassino che avrebbe consegnato il trono nelle mani del malvagio zio della ragazza. E peccato che il regno del malvagio zio sarebbe stato seguito da anni di abbondanza e prosperità. Peccato, inoltre, che il Mondo non abbia accettato la non-morte di Keli, che si ritroverà ignorata da tutti. Peccato, soprattutto, che il paradosso rischi di degenerare in catastrofe, e Morty, dal momento che il maestro ha deciso di prendersi una vacanza, dovrà risolvere il pasticcio da solo.

La sensazione che provavo nel terminare i libri precedenti (Il colore della magia, La luce fantastica, L’arte della magia, Il tristo mietitore) era di evidente insoddisfazione: l’idea di base di ognuno di quei romanzi è geniale, esilarante, e, traduzione permettendo, la prosa di Pratchett è demenziale, divertente senza mai essere volgare, gremita di quel british humour che caratterizza i suoi romanzi.

Il problema evidente di Pratchett, nei quattro esempi che ho citato, è quello di mettere al fuoco così tanta carne che finisce per carbonizzarsi tutta: la narrazione è spezzettata e confusionaria, i personaggi sono troppi e spesso non vengono nominati dando per scontato che il solo riferimento a determinate caratteristiche fisiche li renda immediatamente riconoscibili al lettore, e i singoli intrecci che conducono ad un unico finale sono eccessivi. Di fatto, poi, il finale del romanzo è sempre affrettato e, anche quello, così confusionario che spesso chiede di essere riletto.

Il talento di Pratchett, lasciando ovviamente da parte l’humour e la prosa semplice e gioiosa, è la caratterizzazione dei personaggi: e in Morty l’apprendista (titolo originale: Mort) l’autore ne dà un’ottima dimostrazione. L’ampio spazio dato al comico e dignitoso Morte -il personaggio migliore dell’intero Mondo Disco-, la concentrazione sull’unico punto di vista di Morty e sulle sue vicende, per una volta lasciando da parte intrecci e sottointrecci confusionari, nonché il suo non scadere in trovate eccessivamente originali (non dimenticherò mai la generazione spontanea di mondi-centri commerciali in un romanzo che poteva sfiorare l’eccezionale se si fosse concentrato solo sul licenziamento di Morte –mi riferisco a Il tristo mietitore) ne fanno al momento il miglior romanzo di Pratchett in cui mi sia imbattuta.
Nota: il libro è del tutto autoconclusivo, ma appartiene al sottociclo di Morte.


Sottociclo di Morte:
  • Morty l'apprendista, 1991 (Mort)
  • Il tristo mietitore, 2008 (Reaper Man)
  • All'anima della musica!, 2013 (Soul Music)
  • Hogfather, inedito in Italia
  • Thief of Time, inedito in Italia
  • Giudizio:

    +4stelle+

    Dettagli del libro

    • Titolo: Morty l'apprendista
    • Titolo originale: Mort
    • Autore: Terry Pratchett
    • Traduttore: Zabini A.
    • Editore: Tea
    • Data di Pubblicazione: 2009
    • Collana: Teadue
    • ISBN-13: 9788850212330
    • Pagine: 249
    • Formato - Prezzo: Brossura - Euro 8,60

    16 luglio 2010

    Un colpo di fortuna - Kate Atkinson

    Edinburgo, epoca contemporanea. Un'altra indagine per il detective Jackson Brodie che questa volta si trova, suo malgrado, a dover affrontare un traffico di esseri umani dai paesi dell'est. Edimburgo, mese d'agosto, periodo del Fringe Festival. La città è gremita di attori, musicisti, cantanti e turisti. Improvvisamente, il tamponamento tra due auto proprio nel cuore della città, nei pressi di Chamber street, dove i teatri e i caffè devono fare i doppi turni, si trasforma nel palcoscenico di una serie di vicende umane. Verranno infatti coinvolti un attore comico ormai agli sgoccioli della propria carriera, un'ignara cameriera proveniente dall'est, una ragazza russa impegnata in una professione poco limpida e una poliziotta madre di un adolescente ribelle e vagamente cleptomane. Tutto ciò coinvolgerà, suo malgrado e proprio nel bel mezzo di una pseudo-vacanza, anche l'ex poliziotto e ora detective privato Jackson Brodie. Brodie, infatti, si trova già alle prese con la sua quasi fidanzata Julie che non ne vuole sapere di accasarsi con lui per continuare a perseguire il suo sogno di poter fare l'attrice di teatro, nonostante gli anni e le occasioni le abbiano più volte mostrato una direzione diversa. Ma, all'improvviso, tutto cambierà per i personaggi del libro: durante una gita fuori città su un isolotto raggiungibile a piedi durante la bassa marea, il detective farà una scoperta sconvolgente che lo butterà al centro di una serie di situazioni misteriose ed appassionanti.

    Recensione

    Kate Atkinson è una grandissima scrittrice, sia di noir che di storie di vita. Il suo talento nel descrivere l'animo umano è insuperabile e la nitidezza con cui descrive i personaggi li rende reali e quasi fisicamente presenti durante la lettura.

    Ho letto quasi tutte le opere di questa autrice e attendo con impazienza l'uscita del suo prossimo libro.

    Un colpo di fortuna è una lettura piacevole e avvincente, molto originale sia nella stesura della trama, piuttosto complessa, che nella molteplicità dei suoi personaggi. Direi che questo libro ha più chiavi di lettura: il noir, l'introspezione, lo stile ironico, la minuziosa descrizione di Edimburgo, la capitale della Scozia. Kate Atkinson sa catturare i suoi lettori, li sa trasportare nella storia, li sa intrattenere, divertire, far riflettere e partecipare.

    Consiglio Un colpo di fortuna a tutti i lettori di noir che amano anche lo stile ironico, la descrizione introspettiva e la complessità dei personaggi.

    Dettagli del libro

    • Titolo: Un colpo di fortuna
    • Titolo originale: A good turn
    • Autore: Kate Atkinson
    • Traduttore: A. Arduini
    • Editore: Einaudi
    • Data di Pubblicazione: 2009
    • Collana: I coralli
    • ISBN-13: 9788806188740
    • Pagine: 421
    • Formato - Prezzo: Brossura - Euro 19,00

    Intervista a D.F. Lycas, autore di "Lunaris"

    L'autore


    D.F. Lycas è nato ad Asti nel febbraio 1973. Vittima di una irrequieta propensione all'immaginario, sceglie studi prettamente informatici, affascinato dalle possibilità che computer e nuovi media possono offrire ai naviganti del fantastico. Ha pubblicato racconti, vinto concorsi, partecipato alla sceneggiatura di fumetti. Attualmente lavora nel settore delle nuove tecnologie ma è stato anche fotografo e per un breve periodo giornalista.





    Il libro


    Lika non è soltanto un essere umano. Non lo è più dal giorno in cui, durante un casuale incontro amoroso, ha stretto un inconsapevole patto di fratellanza col mondo dei lupi mannari. Ora Lika è vittima di un morbo dal quale pare impossibile guarire. Si ritrova a dover gestire un altro se stesso, un alter-ego imponente e micidiale che durante le notti di Luna agisce privo di ogni controllo. A nulla vale il tentativo di fuggire in esilio volontario per salvarsi da se stesso. Un destino beffardo muta la posizione di Lika da predatore a preda, mettendo in pericolo non soltanto la sua vita ma anche quella dei suoi strampalati amici. Sullo sfondo di una metropoli grigia e indefinibile, fra rivelazioni assolutamente inedite del mondo dei licantropi e affini, si dipana la storia di un'involontaria creatura notturna obbligata a compiere una definitiva scelta di vita. E di morte. "Torno alla finestra. Apro le tende e mi rimetto a guardare. Fuori. La gente da lontano. Da lontano sono tutti così belli. Da vicino, invece, c'è il rischio di scoprirli anche buoni."



    L'intervista


    1. Nel tuo blog si trovano argomenti e situazioni simili a quelle che racconti nei tuoi romanzi: chi è nato prima, nella tua testa, Lycas o Lika?

    Il blog è nato contemporaneamente a Lika, quindi è normale che fra le sue pagine il riflesso del licantropo sia preponderante. Tuttavia è stato Lycas ad aver visto la luce per primo. Con questo pseudonimo ho firmato anche altri lavori tra cui la sceneggiatura di un fumetto dark, morto però dopo il numero zero (sigh). A proposito, ti rivelo una curiosità: Lycas non ha nulla a che vedere con i licantropi, anche se la radice del nome potrebbe far pensare il contrario. In realtà lo scelsi dopo aver scoperto le poesie di Pierre Louÿs, dove compare un pastore di nome Lykas (l'originale è con la k) che fa girare la testa alle poetesse della cerchia di Saffo. Insomma, prima è arrivato il pastore, poi il lupo.


    2. Arrivare a veder pubblicata la propria opera è senza dubbio una grande soddisfazione: quello che avviene dopo è però un altro paio di maniche. Come ti sembra che il tuo primo romanzo sia stato accolto? Ed eventualmente c'è qualcosa che avresti voluto fare o che fosse fatto in maniera diversa?

    Del primo Lunaris ho avuto un riscontro decisamente positivo. In generale è piaciuto. Certo qualche critica è venuta fuori, ma sarebbe stato anomalo il contrario. Tra l’altro, quando sono costruite in maniera intelligente, le critiche sono una manna per gli autori che vogliono crescere.
    L’unico rimpianto che ho è di aver portato Lunaris in giro solo un paio di volte. Poche presentazioni insomma, e i bambini che stanno sempre chiusi in casa crescono più lentamente degli altri.


    3. Ogni scrittore ha i suoi modelli: quali sono i tuoi? Quali libri ti hanno ispirato di più, contribuendo alla tua formazione come scrittore?

    Premetto che in quanto lettore amo spaziare fra autori e generi molto differenti fra loro. Certo non posso nascondere di essere cresciuto in compagnia di Anne Rice o di aver fagocitato Gaiman in quasi tutte le salse, in qualche modo il segno devono averlo lasciato su di me. Tuttavia sono stati libri come Pulp di Bukowsky o Chiedi alla Polvere di John Fante ad avermi fornito le suggestioni più intense. Inoltre ho una passione segreta per Emily Dickinson.


    4. Ultimamente sono tornati alla ribalta i vampiri e tu stesso sei un fan di Anne Rice: perché hai preferito invece rivolgerti al mondo dei licantropi? Cosa ti affascina di queste creature?

    Del licantropo amo l’estrema libertà d’azione che gli consente la sua duplice natura. La bestia non ha remore, non ha tabù, non riconosce i limiti imposti dalla società umana perché semplicemente non ne fa parte. In un certo senso il licantropo rappresenta il riscatto della natura sull’uomo moderno. L’essere umano che diventa animale, suo malgrado: mi piace. Riguardo ai vampiri, direi che ormai è già stato scritto (quasi) tutto quello che si poteva. Per questo ho preferito lasciarli da parte, anche se continuo ad amarli molto.


    5. Dei tuoi romanzi mi hanno colpito in modo particolare le metafore che usi: lo definiresti un dono naturale, istintivo, o dietro c'è un buon lavorio di sinapsi?

    Oddio, non saprei, con questa domanda mi cogli un po’ alla sprovvista. Diciamo che le metafore fanno parte del mio modo di scrivere, anche se per evitare di scadere nell'ovvio le sinapsi bisogna usarle per forza.


    6. Nel primo Lunaris hai usato la prima persona, mentre nel secondo salti dalla testa di Lika a quella di Luce, alternando capitoli in terza persona: cosa ti ha portato a questa scelta?

    Nel secondo Lunaris è stata l’esigenza narrativa a spingermi verso un punto di vista meno uniforme. Inoltre non volevo annoiarmi, così come non volevo annoiare il lettore incatenandolo di nuovo solo agli occhi (e ai pensieri) di un licantropo. E poi Luce meritava più spazio, no?


    7. Scrivere crea un rapporto particolare con i personaggi delle proprie opere, ci si immerge in essi condividendone pensieri, desideri, reazioni: come ci si sente nella testa di Lika? E in quella di Luce?

    Mentirei se dicessi che nella testa di Lika si sta bene. Egli subisce la mutazione nella sua controparte bestiale ogni sacrosanto plenilunio, ne è consapevole, e quindi ha paura di se stesso. Lika è un personaggio tormentato. È posseduto da passioni e timori estranei a un essere umano, ma assolutamente reali per lui. Nonostante questo però, scrivere di lui, vivendo in questo modo le gesta di un licantropo, rimane comunque una sensazione galvanizzante. Anche Luce ha una testolina ben scombinata, soprattutto nel secondo Lunaris dove deve affrontare un cambiamento irreversibile. Di lei però mi godo la sua delicatezza appoggiata sull’acciaio di una forza fuori dal comune.


    8. In Lunaris l'ambientazione principale è una città che chiami "la Bolla": qual e’ il tuo legame con essa? Ha qualcosa in comune con la tua città di origine?

    La Bolla non è la mia città di origine, ma potrebbe esserlo perché ha le caratteristiche tipiche di ogni piccola città del Nord. Nella Bolla c'è tanto traffico, poca vita notturna, troppo provincialismo. Inoltre la Bolla è quel che suggerisce il suo stesso nome, un involucro che tende a isolare e a nascondere. Forse anche per questa ragione Lika decide di andarsene. Un pesciolino rosso che di colpo scopre di avere un futuro da squalo non può resistere a lungo dentro un acquario torbido.


    9. Nella stanza di Luce, in “Licantropi alla Porta”, compare una marmotta di peluche, un po' insolita - di solito noi ragazze preferiamo gli orsetti. Dove l'hai pescata? Ma soprattutto, dalle tue parti se ne trovano di peluche? Nella mia zona trovi solo quelle che fischiano, per averne una di carina sono andata fino in Alta Badia...

    In effetti non ho mai visto una marmotta di peluche, lo ammetto. E non credo che dalle mie parti ci siano negozi con tale articolo in magazzino. La marmotta di "Licantropi alla Porta" è solo un omaggio al film “Il grande Lebowsky”. Se non lo hai visto te lo consiglio caldamente. La scena della marmotta (che non è una marmotta) è molto divertente.


    10. Qual è il tuo rapporto con i lettori? Al di là dei contatti via blog o twitter, hai altre occasioni di incontro? Di solito è più facile gestire i rapporti virtuali, come se lo schermo di un pc ci facesse da scudo: come affronti invece i contatti vis-à-vis?

    Ti rispondo sinceramente: fino ad oggi non mi sono capitate molte occasioni per conoscere di persona i lettori di Lunaris. Quando è successo però il ritorno è stato più che piacevole. Si crea un legame invisibile fra chi racconta la storia e chi la legge. Incontrarsi è un modo per rafforzare questo legame, e in futuro spero di poter dedicare un po’ più di tempo a questo genere di esperienze.


    11. Tra romanzi, blog e twitter ti si potrebbe definire un grafomane: cosa ti spinge a scrivere?

    C'è una linea sottile che separa lo scrivere per se stessi dallo scrivere per raccontare, anche se la matrice molte volte è la stessa. Ho sicuramente iniziato a scrivere per me stesso, e d’altronde chi non lo fa? Col tempo però la necessità di sfogarmi su un foglio bianco ha cambiato natura e consistenza. Hai presente la pietra filosofale? Ecco, quando scrivi per te stesso hai per le mani della materia grezza. Bisogna trovare la formula per trasmutare quel piombo in oro, lavorando e lavorando senza sosta. Se hai tanta passione e moltissima pazienza, prima o poi qualcosa di prezioso viene fuori.
    Per quanto riguarda il blog e twitter, personalmente li ritengo ottimi strumenti di comunicazione; siccome tra parlare e scrivere preferisco scrivere, nel mio caso adempiono perfettamente alla loro funzione.


    12. Hai già un terzo romanzo nel cassetto? (Dimmi di sì, ti prego!)

    Ebbene sì, il terzo e ultimo Lunaris è in cantiere già da un po’. Proprio su questo computer dal quale ti sto rispondendo, da qualche parte fra le cartelle dei lavori in corso c’è un documento elettronico il cui nome la dice lunga. Il file si chiama…(posso immaginare un ghigno lupesco dipingersi sul suo volto – n.d.r.)


    13. Quali sono i tuoi progetti futuri? (ovviamente devi mettere in lista una capatina in Veneto, per consentirmi di conoscerti di persona e farmi l'autografo su Licantropi alla Porta)

    Al momento sto lavorando a una storia dai toni più cupi e decisamente più sulfurei di Lunaris, senza licantropi ma con altre “cose” poco raccomandabili. Per ora però non voglio sbilanciarmi troppo. Per quanto riguarda la capatina in Veneto, sappi che la metto in lista molto volentieri. Amo Venezia, e ritornarci non può che farmi piacere. Ti posso prenotare come mia guida personale?


    Sarò ben lieta di farti da guida, Venezia è la mia seconda casa.

    Il battello del delirio - George R. R. Martin

    Fiume Mississippi, 1857. Il ghiaccio di un gelido inverno ha appena distrutto la flotta commerciale del capitano Abner Marsh. Privo di assicurazione, il vecchio armatore si ritrova solo, in bancarotta, disperato. Ma ecco che, inaspettatamente, un bizzarro straniero di nome Joshua York si offre di rilevare la metà della sua compagnia di navigazione in rovina, mettendo sul piatto una cifra spropositata. Ma non è tutto. York intende investire il proprio denaro nella costruzione del battello più lussuoso, più bello e soprattutto più veloce che abbia mai solcato le torbide acque del Mississippi, e per di più ne offre il comando al capitano Marsh. L'unica condizione posta da York è semplice: gli ordini da lui impartiti saranno pochi, ma per quanto strani o assurdi possano sembrare, ogni qual volta verranno emanati, Marsh dovrà assicurarsi che essi vengano eseguiti alla lettera, senza fare domande. E così il nuovo gioiello del fiume, battezzato Fevre Dream, inizia il suo viaggio. Tuttavia, man mano che il battello discende il tortuoso corso del Mississippi, Marsh prende a insospettirsi sempre più. Perché il misterioso York si fa vedere soltanto di notte? Come mai lui e i suoi amici si dissetano ogni sera col disgustoso vino nerastro della sua riserva privata? Quando la verità sarà finalmente rivelata, il capitano dovrà scegliere da che parte stare...

    Recensione

    Mi spiace dirlo, trattandosi di George Martin –che nelle Cronache del ghiaccio e del fuoco aveva dato mostra di saper attanagliare il lettore, senza scampo, in una spirale di eventi rocamboleschi-, ma questo non è un romanzo eccezionale. Possiede senza dubbio diversi spunti non sempre egregiamente colti, e naturalmente alcuni pregi, ma certamente non è un libro che preme per essere terminato prontamente.

    Ma andiamo per gradi: partiamo dalle etichette, croce e delizia di ogni commentatore e di ogni acquirente. Il genere solitamente assegnato per questo romanzo è quello horror, ma, mi spiace deludere, le atmosfere horror scarseggiano alquanto, almeno fino al finale del libro. Lo considererei più un thriller con elementi dark-fantasy, se non fosse che manca anche della sequela di azioni mozzafiato su cui solitamente un buon thriller può contare.

    Cosa resta, dunque? Non chiedetemelo, perché non so darvi una risposta. E’ un libro sui vampiri, ambientato letteralmente sul corso del Mississippi nella seconda metà dell’Ottocento, in pieno scontro tra schiavisti e abolizionisti. L’ambientazione non è casuale, perché Martin coglie la palla al balzo e istituisce un continuo parallelismo tra la lotta millenaria tra la razza vampirica (sebbene questo termine venga prontamente smentito nel corso del libro) e quella umana, e il confronto tra razza bianca e razza nera.

    Abner Marsh, orribile capitano con poca fortuna in affari, riceve in un momento di difficoltà finanziarie un’offerta difficile da rifiutare: Joshua York, uomo d’affari facoltoso, affascinante e di bell’aspetto, gli offre di rilevare metà della sua povera azienda con un contratto incredibilmente vantaggioso, e la promessa di costruire il battello più veloce e lussuoso che abbia mai navigato sul Mississippi. Il capitano Marsh accetta per vanità: il suo sogno è sempre stato quello di superare il battello Eclipse in velocità. D’altro canto, le condizioni poste da York sono poche e chiare: pretende discrezione e obbedienza cieca e senza domande ai suoi più assurdi ordini. Les jeux sont faits, insomma, e presto il battello Fevre Dream prende vita.
    Abner sarà anche brutto come la fame, ma non si può dire che gli manchino acume e fegato: presto si rende conto che il suo socio in affari ha qualcosa da nascondere, e anche dopo essere stato messo al corrente della sua vera natura risolve di restargli amico. Il suo aiuto sarà prezioso a Joshua, che in verità ha trovato un modo per liberare la sua razza dalla Sete Rossa, che la rende fin troppo simile agli animali, e vuole condividerlo; la cosa non sembra mandare in visibilio altri esponenti più antichi e superbi di lui.

    La trama è interessante, e profonde sono le digressioni morali su quale sia l’effettiva differenza tra il nutrimento che i vampiri traggono dagli esseri umani e la sottomissione dei neri alla razza bianca. Tuttavia, come dicevo, il ritmo è tutto fuorché serrato: il tempo narrativo è ora troppo dilatato, ora troppo ristretto, trascorrono ore in troppe pagine e anni in poche righe, e sono rari i capitoli del romanzo che inducono il lettore a continuare a leggere col fiato sospeso.

    Martin rivela tuttavia il suo talento nella caratterizzazione dei personaggi, che bucano il foglio già non appena vengono presentati in poche righe: Abner, lo scaltro capitano; Yoshua, il corretto e pacato vampiro; Julian, perché il vampiro dandy e assatanato proprio non poteva mancare; Billy il Verme, il suo bestiale mastino che desidera l’immortalità. Altro punto forte: i dialoghi interessanti e significativi, mai gettati lì per diluire la narrazione; e apprezzabile anche la precisione di Martin nel descrivere e nominare le parti e i meccanismi dei battelli. La prosa, poi –inutile dirlo- è come sempre perfetta nel coniugare sintesi descrittiva e capacità di evocare luoghi e personaggi. Inoltre, l’epilogo è quasi commovente.

    Per concludere: è un romanzo che, tutto sommato, merita di essere letto (già solo per l’accuratezza con cui è scritto), purché si tenga bene in mente che i picchi d’eccellenza sono rari.

    Nota sull'edizione: la carta è sottile, e personalmente ho sempre apprezzato il biancore abbacinante (mi rende la lettura più agevole). La rilegatura sembra abbastanza robusta.
    Qualcosa mi ha fatto storcere il naso, però: il numeri spesso sono scritti in cifre invece che in lettere, nei dialoghi, nelle descrizioni. E' la nuova frontiera del postmodernismo? Sono io, lettrice antiquata, a essere rimasta indietro se le ritengo un'eresia?

    Giudizio:

    +3stelle+ (e mezzo)

    Dettagli del libro

    • Titolo: Il battello del delirio
    • Titolo originale: Fevre Dream
    • Autore: George R. R. Martin
    • Traduttore: De Crescenzo S.
    • Editore: Gargoyle
    • Data di Pubblicazione: 2010
    • ISBN-13: 9788889541425
    • Pagine: 393
    • Formato - Prezzo: Rilegato, sovraccoperta - Euro 18,00

    15 luglio 2010

    Consigli del blog: cosa leggere sotto l'ombrellone - Estate 2010

    Cari lettori, è ormai tempo di vacanze (per chi se le può permettere) e di mare (chi lo ama), e anche quest'anno facciamo fioccare i consigli di lettura per chi vuole godersi qualche libro sotto l'ombrellone, sul treno, in crociera, in un romantico chalet di montagna dopo aver mandato a quel paese il partner, o semplicemente in poltrona sotto il condizionatore (piacevole, economico, comodo!).


    Sary è la prima che si cimenta nel proporvi qualche bella lettura. La ragazza delle arance di Jostein Gaardner: da leggere sulla spiaggia, disturbati solo dal rumore del mare... non è solo una splendida storia d'amore, ma anche una riflessione sull'universo e sul nostro ruolo su questa terra. E' un romanzo fresco e commovente, che vi trascinerà per le strade di Oslo senza mai annoiarvi, lasciandovi in bocca il sapore dell'estate e dentro al cuore una gran voglia di vivere; It di Stephen King: dato che in agosto si legge di più, perché finalmente arrivano le tanto sognate vacanze, il suo consiglio è di buttarsi su questo romanzo del Re del brivido, senza lasciarvi scoraggiare dalla mole, perché It è tutto, meno che un mattone. E' la storia di un gruppo di ragazzini che in una cittadina americana si ritrova ad affrontare una creatura mostruosa. E' la storia di un'amicizia profonda che verrà rinsaldata quando cinquant'anni dopo IT ricomparirà in quella stessa cittadina e i ragazzini, ormai divenuti adulti, sceglieranno di tornare a combatterlo, affrontando le loro paure e quello che non può apparire altro che un incubo...; e ancora un consiglio più impegnato, Memorie di una ragazza perbene è la prima parte dell'autobiografia di Simone De Beauvoir, un'opera splendida, da leggere con attenzione, il ritratto di un'epoca e di una società, ma soprattutto quello di una grande Donna. Da leggere per scoprire e per ritrovare se stesse.


    Quanto a Sakura, che si adatta a proporre qualcosa di leggero sebbene lei d'estate legga quel che legge tutto l'anno, vi consiglia Memorie di una geisha di Arthur Golden, la storia di una splendida donna giapponese, romanzo che sebbene scritto da una prospettiva occidentale sfata diversi miti riguardo alla figura della geisha e pittura una storia straordinaria. E, visto che d'estate è tempo di thriller, vi offre un consiglio spassionato, un romanzo che molti conosceranno grazie al recente film e che è molto più onesto e vero di tutti i decantati Larsson: L'isola della paura di Dennis Lehane, da cui è stata tratta la pellicola Shutter Island. L'agente federale Teddy si reca su Shutter Island, su cui sorge un manicomio criminale, per ritrovare una prigioniera scomparsa: ma ecco che, invece, si ritroverà a indagare sulla parte più oscura di sé. L'ultimo consiglio, un po' più impegnativo a livello di forma piuttosto che di significato, è Domani nella battaglia pensa a me di Javier Marìas. Difficile descrivere la prosa di Marìas, che partendo da avvenimenti della quasi quotidianità si addentra in profondità nell'animo umano; predomina nei suoi romanzi, e particolarmente anche in questo, l'ossessione della morte, della sua compresenza con la vita, di ciò che resta dei morti nel pensiero dei vivi: Vìctor, il protagonista, prima di riuscire a concludere l'atto erotico con una donna da poco conosciuta, se la vede morire tra le braccia. Ed ecco che la morte improvvisa di Marta, così si chiamava la donna, lo spinge ad introdursi nella famiglia di lei per conoscerla. Il titolo è programmatico: si tratta di un verso ricorrente nel Riccardo III di Shakespeare, un monito dei fantasmi di coloro che il re ha ucciso.


    Polyfilo, quest'anno, propone quattro libri: due classici e due moderni.
    Per i classici consiglia Arcipelago Gulag di Solzenicyn, diario dal carcere siberiano dell'intellettuale russo dissidente, costretto alla prigionia dal regime comunista sovietico, uno spunto forte per la riflessione sul valore della libertà di espressione e la difesa della libertà contro il controllo esercitato dal potere politico, sperando - per unire sacro e profano - che l'ambientazione siberiana aiuti a sopportare la canicola; e a questo tomo ne affianca un altro, più vicino al tema estivo del viaggio e della peripezia, ma sempre legato per vicinanza geografica alla scoperta dell'oriente esotico, il Milione di Marco Polo, che offre serie di schizzi narrativi e descrittivi di rara bellezza, e ancora di attualità.
    Per i moderni, ma senza competizione o querelle che dir si voglia, Il caso Jane Eyre di Jasper Fforde, un'immersione totale nel genere fantasy, sottogenere per topi di biblioteca, una sorta di versione dei mondi paralleli per bibliofili impenitenti, sulle tracce dell'eroina del romanzo di Charlotte Bronte; e infine un immancabile oggetto da spiaggia: il giallone estivo, nelle vesti di un'indagine dell'ispettore Chen Cao, Visto per Shanghai dello scrittore sino-americano Qiu Xiaolong, incarnazione del travaglio nel passaggio dalla tradizione alla contemporaneità di una cultura millenaria, amante di trame che si sviluppano lentamente rispetto ai canoni rapidi dei thriller nostrani ma avvincono come le spire di un drago.


    Due sono invece i consigli di Morwen: Zia Mame di Patrick Dennis. Libro scritto e pubblicato per la prima volta negli anni Cinquanta, ha vissuto un nuovo splendore in Italia nel 2009 quando Adelphi lo ha ristampato. E' umoristico e irriverente e si presta bene come pausa rilassata tra letture più impegnative o, semplicemente, per staccare la spina e passare qualche ora di relax. Il secondo è Wicked di Gregory Maguire (Titolo italiano: Strega). Interessante prequel del Mago di Oz di Frank Baum: cosa succederebbe se potessimo sentire anche la campana della Perfida Strega dell'Ovest dopo aver sentito per un secolo solo la versione di Dorothy? Un romanzo praticamente ignorato in Italia, che invece in America ha riscosso un successo epocale, tanto da aver dato vita ad un replicatissimo musical che registra continui tutto esaurito a Brodway dal 2003. Molto interessante perché tenta in un tono favolistico che ricorda molto Harry Potter (anche se Wicked è più vecchio del maghetto di un paio d'anni) di parlare dell'origine del male e di come la storia sia in realtà sempre scritta dai vincitori. Il libro è, in realtà, il primo di una trilogia di cui il secondo e il terzo volume sono però inediti nel nostro paese.


    Valetta per quest'anno ha deciso di aderire alle politica secondo la quale d'estate bisogna leggere qualcosa di leggero e poco impegnativo. I libri che ha scelto hanno il pregio di essere molto intriganti e al tempo stesso spassosi. Il primo della lista è L'amuleto di Samarcanda, primo libro della Trilogia di Bartimeus di Jonathan Stroud, un fantasy che riprende il tema di magia e maghetti in modo originale, raccontando le avventure un demone tanto abile quanto permaloso strappato dalla tranquillità della propria dimensione per essere trascinato nella Londra contemporanea da un apprendista mago accecato da un forte desiderio di rivalsa. Il loro tentativo di rubare il prezioso amuleto di Samarcanda ad un potente mago è narrato in modo originale e incalzante, con l'aggiunta di una buona dose di ironia. Se il primo libro della trilogia vi piace, vi potete lanciare sugli altri due e Valetta è riuscita a darvi tre consigli in uno solo. Se invece il fantasy non fa per voi, suggerisce che vi facciate conquistare da quell'ubriacone di Barney, che ne La versione di Barney di Mordecai Richler offre un particolareggiato racconto della sua vita dissoluta in un fiume di parole al tempo stesso toccante e esilarante. Infine suggerisce un capostipite del genere gotico, Il Monaco di Mattew Lewis, un horror ante-litteram che narra la discesa agli inferi del monaco Ambrosio, campione e modello di virtù che accecato dalle proprie passioni mai veramente dominate sprofonda in una spirale di peccato e depravazione.


    Tre consigli anche da parte di Daniele: Che la festa cominci di Niccolò Ammaniti, una lettura facile, particolarmente adatta in spiaggia, mentre si aspetta che il sole abbronzi la pelle. Un mix di humour e splatter senza troppi fronzoli, in puro stile Ammaniti. E ancora: Amabili resti di Alice Sebold, drammone strappalacrime da leggere tutto d'un fiato sotto l'ombrellone. Scelto per chi vuole isolarsi per un po' dal clima vacanziero, lascerà un segno profondo negli animi particolarmente sensibili. Infine Il libro dell'ignoranza di John LLoyd & John Mitchinson: volete mettere la soddisfazione di fare bella figura e di sfoderare tutta la vostra sapienza nei classici discorsi da spiaggia tra amici? Più interessante delle parole crociate e del sudoku.


    Questi invece i consigli di Heleonor: Shantaram di Gregory David Roberts, IL LIBRO. Leggere Shantaram è come partire per un lungo viaggio, vedere la vera India lontana dal Taj Mahal, incontrare persone che non si dimenticheranno più, passare la notte in una cella della peggiore prigione indiana, vivere in uno slum di Mumbay, sentire storie meravigliose e lontane da noi anni luce...insomma: beato chi ancora lo deve leggere. Il secondo consiglio è Il petalo cremisi e il bianco di Michel Faber, stupenda storia ambientata nella Londra dell'800 tra bordelli, prostitute e "lord" della buona società. Un affresco puntuale e avvincente, la storia di Sugar conquista dalla prima all'ultima pagina. L'ultimo consiglio è un romanzo più breve rispetto ai precedenti, ma decisamente "pregno", ovvero Trilogia della città di K di Agotha Kristof, che ha l'immenso pregio di riuscire con poche parole a descrivere le tragedie della guerra e di una famiglia.


    Andiamo avanti con Livia; anche lei propone tre libri per la vostra estate: il primo è La soavissima discordia dell'amore di Stefania Bertola. Ironico, frizzante, paradossale, in perfetto stile Stefania Bertola, questo divertente romanzo è l'ideale per passare qualche ora piacevole e rilassata sotto l'ombrellone seguendo le (dis)avventure di un gruppo di ex compagni di liceo impegnati in una improbabile rappresentazione di teatro sperimentale il cui filo conduttore sono i sonetti di Shakespeare urlati a squarciagola. E ancora, La mamma del sole di Andrea Vitali. Anche Bellano è attanagliata dal caldo che incombe sul lago e al brigadiere Mannu questa calura insostenibile richiama alla mente un'immagine della sua infanzia in Sardegna: la mamma del sole, forza soprannaturale che induce a comportamenti inconsueti. Per di più strane cose accadono in quei giorni: possibile sia veramente colpa della mamma del sole, si chiede il maresciallo Maccadò? Alla fine sembra però esserci una spiegazione più... terrena. Vitali irresistibile come sempre. L'ultimo consiglio è Fiesta di Ernest Hemingway: c'è Parigi, c'è la Spagna con i suoi colori, i suoi spettacoli: le corride, la corsa dei tori, la fiesta di San Firmin a Pamplona, c'è un pò di tutto per viaggiare nel mondo di Hemingway anche restando a casa propria ma assaporando tutta la vivacità dell'estate spagnola.


    Pythia vi propone La mia famiglia e altri animali di Gerald Durrel, che racconta con occhi da bambino la vita su quell'isola speciale, con una famiglia davvero insolita, e ci mette tutto il suo amore e la curiosità per la natura, anche umana. Il suo secondo consiglio è Il decimo dono di Jane Johnson, romanzo d'avventura e amore, ambientato nell'Algeria di ieri e di oggi: una viaggio in terre magiche anche senza muoversi dal proprio salotto, per sognare le mille e una notte e respirare i profumi dell'harem. Infine vi consiglia Lo specchio nello specchio di Michael Ende, da lei letto tanti anni fa sulle spiaggie assolate della Puglia, che nei suoi ricordi vi è indissolubilmente legato: onirico, pazzesco, visionario. Crederete di aver chiuso il libro, ma non sarà così: e quando sognerete, vi chiederete se state ancora leggendo.


    E' la volta di Tancredi, che molto sinteticamente vi consiglia Orlando di Virginia Woolf: prosa evocativa e raffinata ed affascinanti atmosfere esotiche, è un classico che si adatta bene alla stagione estiva. Il suo secondo consiglio è Io non ho paura di Niccolò Ammaniti, un romanzo intenso come l'estate, forte, audace ed accecante. E infine, Il ragazzo Persiano di Mary Renault, un viaggio nel tempo e nello spazio, l'epico racconto, intenso e passionale, di un ragazzo che ha seguito il sogno di Alessandro Magno.




    Insomma, cari lettori, direi che ne avete anche per l'estate prossima: ci farebbe piacere se, a settembre, qualcuno di voi ci desse notizia di aver letto (e possibilmente apprezzato) parte dei nostri consigli.
    Non ci resta che augurarvi buona estate e buone letture!



    Lo staff del Ghetto
     

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