30 novembre 2009

Anobii - Il tarlo della lettura, finalmente in libreria

E' uscito finalmente, giorno 26 Novembre, aNobii - Il tarlo della lettura, il metalibro che raccoglie le cinque recensioni più votate ai cento libri più popolari, più altre cento 'bonus track' su libri meno conosciuti. Seicento recensioni, trecentotrentatrè recensori, duecento libri: questi i numeri, queste le premesse. A cura di Barbara Sgarzi, con prefazione di Luca Sofri e disegni di Chiara Rapaccini.
Il titolo del libro fa riferimento, naturalmente, all'Anobium Punctatum, il tarlo della carta, e un simpatico gioco di parole ci riporta a quel che è effettivamente il contenuto del libro: perché i tarli siamo noi. Noi che 'divoriamo' letteralmente i libri, noi che li amiamo visceralmente e ne consigliamo la lettura al mondo intero, e sempre noi che, dopo aver sentito i cori di Osanna!, li leggiamo e poi li demoliamo pezzo per pezzo cercando di impedire che altri poveri sventurati compiano il nostro stesso errore. Condannati senza appello, innalzati al pantheon delle Divinità Libresche o rigettati nel mare dell'anonimato, finalmente sono disponibili su supporto cartaceo recensioni veramente senza peli sulla lingua.
Le recensioni sono classificate in base alla loro forma e al loro contenuto: Senza pietà, perché a volte certi libri sono proprio indifendibili; Il diritto di non finire, perché Pennac è maestro e ci insegna che la lettura è una gioia, non un'imposizione; Dove l'ho letto, sicché non importa solo il 'cosa', ma anche il 'come'; Semplicemente mi è piaciuto, perché quando ti piace ti piace, insomma; ma anche Questo film l’ho già letto, Passaparola, Anche no, Divorati, Letto e riletto, Massimi sistemi.
Ciascuna recensione è seguita da una piccola playlist tratta dai libri preferiti nella libreria dell'autore (non mi scollerò mai più di dosso quel Via col vento in prima posizione), e, in alcuni casi, da un asterisco che imita un link ipertestuale, e rimanda alla recensione di uno di questi, tra i meno conosciuti.
Dulcis in fundo (letteralmente), il libro si chiude con quattro piccole sezioni che raccolgono delle 'perle' tratte dalle recensioni presenti: gli Ipse Dixit, Il dono della sintesi, Il sapore dei libri e Diamo i numeri. Da Siddharta a L'autunno del patriarca, passando per Calvino, la Rowling, Stephenie Meyer, Benni, Pennac, Faletti, Dan Brown, Orwell, insomma, per tutti quei libri che, sottovalutati o sopravvalutati, classici o supreme manifestazioni del trash, hanno sicuramente qualcosa in comune: sono chiacchierati.

Il libro ha già fatto parlare di sé su aNobii. C'è chi attende con trepidazione di averlo tra le mani, chi promette autografi agli amici godendosi le sue due paginette di gloria, chi si chiede quanto del ricavato andrà effettivamente ad Emergency, chi rosica un pochino, chi critica i criteri di scelta o chi, semplicemente, è contrario all'operazione. Io spero semplicemente che non resti nella cerchia dei lettori anobiiani (che lo compreranno, se non l'hanno già fatto, anche e soprattutto per poter leggere il proprio nome o quello dei conoscenti tra le pagine), ma che circoli anche tra chi è appassionato di lettura, perché tutti possano sapere che c'è chi parla sul serio senza peli sulla lingua e, perché no, perché possa fornire qualche spunto di lettura.

Una cosa è certa: l'ho posizionato nel posto d'onore della libreria, per poter dire a parenti e amici in visita che, almeno in qualche paginetta, per una volta sulla carta ci sono stata anch'io.
Cosa che, purtroppo, non potrò dire della presentazione, che si terrà il 3 dicembre alle ore 18:30 presso la Biblioteca Sormani (Sala del Grechetto) di Via Francesco Sforza 7 a Milano.



aNobii - Il tarlo della lettura
AAVV - Curato da Barbara Sgarzi
2009, 463 pagine, rilegato.
18,00 € - Rizzoli

Come Dio comanda - Niccolò Ammaniti

Anno 2006, su una pianura fangosa percorsa dal Forgese nei pressi di Varrano, in un abbozzo di casa a due piani delimitata da campi e colline, abitano Rino e Cristiano Zena, circondati da piatti sporchi lasciati nel lavello unto, da cartoni di pizza con resti di cibo sparsi sul pavimento e lattine di birra gettate qua e là.
L’anima della baracca è l’amore tormentato da violenze e incomprensioni tra il padre e il figlio, uniti da un rapporto pieno di conflitti, nel quale però non manca il sostenersi a vicenda. Compagni di sventure dei due sono il povero pazzo Corrado Rumitz, alias Quattro Formaggi tormentato dai tic dopo uno spiacevole incidente con i cavi dell’alta tensione e Danilo Aprea, alcolista tormentato dalla morte della figlioletta Laura e dall’abbandono della moglie Teresa. I quattro amici vivono un’esistenza difficile e pungente, fatta di notti a bere, rientri a casa ubriachi, andare a caccia di sesso nei Pub più malfamati, lottando ogni giorno con le unghie per il rispetto. Le loro vite cambieranno per sempre e in questo caso, non è solo un modo di dire: una notte decidono di tentare il colpo al Bancomat di Varrano, stanchi della miseria che non permette loro di arrivare alla fine del mese. Quella notte, che sarà maledetta non solo per loro, li trascinerà in quattro destini differenti, crudeli ma allo stesso tempo fatalmente intrecciati anche alla vita di altre persone, tutto per caso o semplicemente, come Quattro Formaggi dice, perché così Dio comanda.

Recensione

Il profondo nordest mostra il lato oscuro del modello produttivo che traina il sistema Italia. Schiacciati tra quartieri residenziali e centri commerciali gli emarginati, i tre balordi Danilo, Quattroformaggi e Rino, più Cristiano, il figlio adolescente di quest'ultimo, sono costretti ad accontentarsi degli spazi residuali di periferia e conducono una vita al limite della miseria, sugli ultimi gradini della scala sociale, senza prospettive di riscatto.
Vivono insieme perché si sostengono a vicenda: Cristiano e Rino sono talmente soli che l'uno senza l'altro sarebbero del tutto persi in una società che, ad andare bene, neppure si accorgerebbe della loro sbalestrata esistenza. Padre e figlio, abbandonati dalla figura femminile e da ogni possibile elemento di affettività (già nell'incipit: il padre ubriaco impone al figlio, come prova di coraggio, di uscire in pigiama, in piena notte, sulla neve, per sparare a un cane il cui abbaiare lo disturba), sono uniti come risposta all'esclusione dal resto della comunità civile.

Rino, disoccupato, tatuato e nazistoide, è il capo di altri due balordi e insieme a loro progetta un furto a un bancomat in stile "i soliti ignoti". Danilo è un operaio diventato alcolista dopo la morte della figlioletta soffocata da una cintura di sicurezza difettosa e l'abbandono della moglie. Quattro Formaggi è un demente che trova in Rino, conosciuto in un collegio/orfanotrofio, la sola persona che non lo tratta da minorato qual è, ma anche lui, a forza di ingoiare rospi, sviluppa un lato della personalità oscuro e belluino, sublimato nella carnalità di Ramona, una pornoattrice che visita i suoi sogni e le sue fantasie. Cristiano prima ancora di finire le scuole medie ha già capito di essere considerato uno scarto di produzione - nel sistema industriale friulano - e che nessuno, dagli insegnanti ai compagni di classe, si aspetta nulla da lui e la reazione è quella del rifiuto preventivo, per evitare di subire delusioni. Non ha nulla: né un cellulare, né uno scooter, né soldi, al contrario dei suoi coetanei, e questo, unito all'assenza di una famiglia, fa di lui un ribelle violento sull'esempio del padre, adorato e temuto.

Neppure la situazione di Fabiana, una delle ragazze più popolari della scuola di Cristiano, è serena, nonostante la sua bellezza adolescenziale in stile "reginetta del liceo", la famiglia benestante con villetta e giardino, dei genitori "normali" ma distanti: si sente incompresa e invidia alla sua migliore amica e compagna di giochi Esmeralda un rapporto più diretto con la madre. Ma anche Esmeralda non fa che cercare lo scontro con la figura materna: entrambe sono vittime di uno scontro generazionale, ma in modo diverso. Esmeralda è infelice per ribellione, Fabiana per disattenzione da parte di un nucleo famigliare che sembra invece solidamente "normale".
Ultimo comprimario è l'assistente sociale Fabio Trecca, che incrocia in vari punti la storia perché segue per conto del comune la vita di Cristiano e Rino. Arrivato a Varrano da Roma vincendo un concorso pubblico non ha alcuna vocazione per il suo mestiere: semplicemente è l'unica via di fuga dalle sue delusioni esistenziali e sentimentali, ma non riesce a liberarlo da rimorsi e sensi di colpa.

Tutto questo grumo di squallore e disgrazia viene descritto da Ammaniti in modo esemplare: i suoi luoghi, le sue ambientazioni, i particolari sono vividi al punto di risultare a volte fastidiosi. L'incastro delle vicende, la tentata rapina dei quattro balordi che finisce in tragedia, la morte di Fabiana, il futuro già segnato di Cristiano, il tradimento di Fabio vengono presentati come filoni paralleli in una sorta di visione cinematografica.

Lo stile, simile a quello di "America oggi" e "American beauty", si manifesta in una narrazione continua con punti di vista differenti e riesce a creare una omogeneità descrittiva molto forte, capace di evocare in modo convincente patine vissute e atmosfere realistiche. Al punto che i personaggi rimangono in qualche modo invischiati in questo rincorrersi di immagini icastiche e finiscono trascinati via, come i loro destini, dalla piena del fiume Forgese, da cui emerge, malamente infagottato, il cadavere di Fabiana. Non riescono a raggiungere la superficie e a diventare persone. Così anche il dolore che pervade ogni fibra della narrazione resta in superficie e non incide la carne fino in fondo. Con un senso di incompiutezza e di malessere che sembra lasciare il racconto, in qualche modo, incompleto.

Dettagli del libro

  • Titolo: Come Dio comanda
  • Autore: Niccolò Ammaniti
  • Editore: Mondadori
  • Data di Pubblicazione: 2006
  • Collana: Scrittori italiani e stranieri
  • ISBN-13: 9788804502791
  • Pagine: 495
  • Formato - Prezzo: Brossura - Euro 19,00

La pioggia prima che cada - Jonathan Coe

La Zia Rosamond non è più. È morta nella sua casa nello Shropshire, dove viveva sola, dopo l'abbandono di Rebecca e la morte di Ruth, la pittrice che è stata la sua ultima compagna. A trovare il cadavere è stato il suo medico. Aveva settantatré anni ed era malata di cuore, ma non aveva mai voluto farsi fare un bypass. Quando è morta, stava ascoltando un disco - canti dell'Auvergne - e aveva un microfono in mano. Sul tavolo c'era un album di fotografie. Evidentemente, la povera Rosamond stava guardando delle foto e registrando delle cassette. Non solo. Stava anche bevendo del buon whisky, ma... Accidenti, e quel flacone vuoto di Diazepam? Non sarà stato per caso un suicidio? La sorpresa viene dal testamento. Zia Rosamond ha diviso il suo patrimonio in tre parti: un terzo a Gill, la sua nipote preferita; un terzo a David, il fratello di Gill; e un terzo a Imogen. Gill e David fanno un po' fatica a capire chi sia questa Imogen, perché prima sembra loro di non conoscerla, poi ricordano di averla vista solo una volta nel 1983, alla festa per il cinquantesimo compleanno di Rosamond. Imogen era quella deliziosa bimba bionda venuta con gli altri a festeggiare la padrona di casa. Sembrava che avesse qualcosa di strano. Sì, era cieca. Occorre dunque ritrovare Imogen per informarla della fortuna che le è toccata. Ma per quanti sforzi si facciano, Imogen non si trova. E allora non resta - come indicato dalla stessa Rosamond in un biglietto - che ascoltare le cassette incise dalla donna...

Recensione

L'anziana Rosamond è morta nella sua solitaria abitazione nello Shropshire, dopo un'intensa vita di ricordi.
Terminato il funerale, Gill, mettendo a posto la casa della zia, s'imbatte in alcune cassette presumibilmente registrate dall'anziana donna poco prima di morire, e che costituiscono parte del lascito destinato alla misteriosa Imogen, nominata da Rosamond nel suo testamento.
Gill ricorda di aver conosciuto la piccola Imogen (ora trentenne) al cinquantesimo compleanno della zia, una graziosissima bimbetta purtroppo cieca, e si industria per ritrovarla, ma gli sforzi congiunti suoi e delle figlie non producono risultati. Scoraggiata, decide, insieme alle ragazze, di ascoltare le cassette.
La voce di zia Rosamond, di un'anziana signora ormai alle soglie della morte, risuona nella stanza: la donna vuole lasciare a quelle cassette le sue memorie perché Imogen possa conoscere le sue vere origini, quindi, dopo aver scelto venti fotografie che riassumono ogni fase della sua vita, cerca al meglio di descriverle perché anche una bambina cieca possa vederle con gli occhi della mente.
Tutto inizia così, da una foto in bianco e nero che ritrae la piccola Rosamond sul vialetto di casa...

Capitolo dopo capitolo, la straordinaria e commovente storia di una vita tragica, segnata dall'impossibilità di spezzare un vincolo di violenza e d'indifferenza che si tramanda da madre a figlia, e a cui Rosamond tenta di porre rimedio senza mai riuscirvi.

La scrittura di Coe è diretta, espressiva, evocativa: la sua penna descrive con vividezza impressionante venti fotografie, che sono il simbolo, il segno, di venti epoche diverse. Con estremo tatto sfiora argomenti delicati quali l'omosessualità femminile, l'incomunicabilità familiare, gli squilibri psichici, ricamando una storia che appare velata da pioggia nostalgica.

Un romanzo in pieno stile inglese, che discretamente comunica al lettore un mesto senso di ineluttabile tragicità, la quale diviene via via più palpabile con il proseguire della storia, fino al giungere dell'inevitabile conclusione.

Giudizio:

+4stelle+

Dettagli del libro

  • Titolo: La pioggia prima che cada
  • Titolo originale: The Rain Before It Falls
  • Autore: Jonathan Coe
  • Traduttore: Vezzoli D.
  • Editore: Feltrinelli
  • Data di Pubblicazione: 2009
  • Collana: Universale Economica
  • ISBN-13: 9788807721076
  • Pagine: 222
  • Formato - Prezzo: Tascabile - Euro 7,50

27 novembre 2009

Full of life - John Fante

"È la storia di un uomo e di sua moglie, di come diventano genitori di un bellissimo bambino": questa - per usare le parole di Fante in una lettera alla madre - l'idea portante di "Full of life". Ma, come in tutti i romanzi del grande narratore americano, è molto difficile riassumere le invenzioni, l'ironia, le meraviglie della sua scrittura: si può solo goderne il divertimento e la forza che la ispirano. Pubblicato nel 1952 e qualche anno dopo adattato per il cinema (con tanto di nomination all'Oscar per la migliore sceneggiatura), è il libro più comico e autobiografico scritto da John Fante, il suo ultimo romanzo prima del lungo silenzio durato oltre venticinque anni. E dunque ecco John e sua moglie Joyce alle prese con l'arrivo del loro primo figlio, l'improvviso attacco di una schiera di voraci termiti alla loro casa di Los Angeles, il soccorso di papà Nick, il "più grande muratore della California", e ancora una serie interminabile di piccole disavventure e litigate, tra lacrime, sorrisi, crisi mistiche e formidabili bevute di vino. Introduzione di Paolo Giordano.

Recensione

Lo stesso autore dichiarò di non essere contento di questo libro perché scritto per soldi. Mi vien da dire che se tutti i libri scritti per soldi fossero così belli, il mondo sarebbe sicuramente un posto migliore.

Raccontando in prima persona (caso unico nella sua discontinua produzione, Fante sceglie di usare il proprio nome invece di un alter-ego) del periodo di gestazione della moglie Joyce, Fante riesce a catturare in maniera umoristicamente perfetta quel senso di frustrazione, inutilità e solitudine che prova il maschio in quei nove mesi di attesa.

Usando gli ingredienti tipici della sua narrazione (il padre testardo e devoto delle tradizioni abruzzesi, il rapporto di amore-odio con la religione cattolica, l'orgoglio alternato al disprezzo per le sue origini italiane), l'autore rende il romanzo una perla di strabordante comicità amara. Nonostante ciò, e nonostante i premi ricevuti, non è il capolavoro di Fante.

Full of life non ha né la profondità né quel pizzico di sano cinismo che contraddistingue gli altri lavori dell'autore di origini italiane. In definitiva, un libro che mi sento di consigliare a scatola chiusa. Apparentemente leggero, riesce a trattare un tema potenzialmente drammatico con una serie di idee, comiche e non, che lo rendono una lettura piacevole e stimolante.

Attenzione: il romanzo narra della gestazione dal punto di vista di lui e spesso lei viene descritta come un qualcosa di incomprensibile. Ergo, è più facile per un uomo empatizzare col protagonista mentre le donne potrebbero non trovare il libro così entusiasmante.

Dettagli del libro

  • Titolo: Full of life
  • Titolo originale: Full of life
  • Autore: John Fante
  • Traduttore: Osti Alessandra
  • Editore: Einaudi
  • Data di Pubblicazione: 2009
  • Collana: Stile libero
  • ISBN-13: 978880617421
  • Pagine: XIX - 177
  • Formato - Prezzo: Brossura - Euro 12,00

26 novembre 2009

Tsugumi - Banana Yoshimoto

E' la storia di due ragazze, Maria (che narra in prima persona) e Tsugumi. A diciannove anni Maria lascia il piccolo paese sul mare per trasferirsi a Tokyo e iscriversi all'università. Anni dopo, decide di tornare al paese per le vacanze, dove ritrova Tsugumi, l'eroina del romanzo, bellissima e dispotica ragazza. Tutti tentano di essere indulgenti con lei, sperando di renderle migliore la vita che le resta. Infatti le è stata diagnosticata dalla nascita una malattia incurabile. Terminate le vacanze, Maria sta per tornare a Tokyo ma le condizioni di Tsugumi peggiorano e pare non ci sia più niente da fare. All'ultimo momento Tsugumi si salva, sentendosi vicina alla morte però aveva scritto a Maria una lettera-testamento e con questa si chiude il romanzo.

Recensione

Indubbiamente, la Yoshimoto ha scritto di meglio.
Le trame non sono mai state il suo forte, ma non importa: le parole soavi e gradevoli con cui, come ho già scritto nel commento a L’ultima amante di Hachiko, riesce a descrivere avvenimenti soprannaturali, o al contrario, del tutto banali, relegano in secondo piano gli avvenimenti stessi. I suoi libri possono svolgersi nell’arco di pochi giorni o di diversi anni, ma difficilmente leggiamo una sola parola fuori posto: mai troppe, mai troppo poche. E questo, già, non è da tutti.

Tsugumi è una ragazza viziata e prepotente, ma opporre un carattere insopportabile al mondo è l’unico modo che conosce per manifestare la sua voglia di vivere: la ragazza, infatti, è di salute cagionevole, sempre sull’orlo di una febbre che potrebbe portarsela via.
Maria, l’io narrante, al contrario, è una ragazza dolce e tranquilla, che finalmente ha coronato il sogno di una famiglia felice, poiché il padre è riuscito a uscire da un difficile divorzio e ha potuto sposare sua madre; il matrimonio, però, l’ha costretta ad andare via dal quieto paesino di mare dove ha sempre abitato nella pensione gestita dalla zia, madre di Tsugumi e di Yoko. L’odore della salsedine è ciò che principalmente le manca della sua vecchia vita, ma una telefonata di Tsugumi la riporterà per un’ultima volta negli amati luoghi dell’infanzia. Qui, Maria, Tsugumi, Yoko e Kyoichi trascorreranno l’ultima estate della loro adolescenza.
Non ci è dato sapere se i protagonisti vivranno felici e contenti, poiché il libro si chiude con una lettera che Tsugumi, convinta di essere in punto di morte, aveva spedito alla cugina Maria. Quel che possiamo presupporre, invece, è che Maria probabilmente non vedrà più Tokyo con gli stessi occhi.

Sempre impeccabile lo stile della Yoshimoto, il modo in cui delicatamente tratteggia i personaggi e pittura i loro sentimenti, quella capacità che ha di farti sentire il profumo dei luoghi che dipinge: l’odore del gelato, del legno vecchio delle pensioni, il profumo dei piatti tipici, la salsedine, la sabbia tiepida che scricchiola sotto le piante dei piedi…

Il voto relativamente basso assegnato a questo libro sta tutto nella mia sensibilità personale: certi libri ti rimangono dentro, altri no. E non sta a te stabilire quali.

Giudizio:

+3stelle+

Dettagli del libro

  • Titolo: Tsugumi
  • Titolo originale: Tsugumi
  • Autore: Banana Yoshimoto
  • Traduttore: Gerevini A.G.
  • Editore: Feltrinelli
  • Data di Pubblicazione: 2002
  • Collana: Universale Economica
  • ISBN-13: 9788807812941
  • Pagine: 160
  • Formato - Prezzo: Tascabile - 7,00 Euro

25 novembre 2009

Rosencrantz e Guilderstein sono morti - Tom Stoppard

Rosencrantz e Guildenstern, due giovani amici del principe di Danimarca Amleto, viaggiano a cavallo verso il castello di Elsinore, dove il nuovo re Claudio, zio e patrigno del principe, li ha fatti chiamare d'urgenza. I due giovani ignorano il motivo della convocazione, ma i loro animi sono turbati ed essi parlano di morte mentre attraversano un bosco dagli alberi scheletriti, dove incontrano una compagnia di attori girovaghi, il cui capocomico, uomo colto e beffardo, offre loro un saggio delle varie capacità dei suoi compagni. Al castello Rosencrantz e Guildenstern sono accolti affabilmente dal re, che ordina loro di interrogare Amleto per scoprire qual'è l'affanno segreto che lo tormenta.

Recensione

Commedia dell'assurdo in cui due personaggi minori dell'Amleto di Shakespeare, Rosencrantz e Guilderstein appunto, assurgono al ruolo di protagonisti in un'opera che è contemporaneamente commedia e dramma esistenzialista.

La storia prende il via con Rosencrantz e Guilderstein in viaggio verso la corte di Danimarca, impegnati in una partita di "testa o croce" che sembra non avere inizio né fine. Da quanto tempo giocano? Perché sono in viaggio? Chi li ha convocati e perché non hanno ricordo di chi erano prima dell'incontro con il messaggero del re che ha dato via a tutto? Stoppard gioca con la sovrapposizione tra vita "reale" e vita sul palcoscenico; è chi sta sul palco l'attore che segue un copione prestabilito oppure è quella la vita vera? In questo senso si inserisce il personaggio dell'Attore, figura che si muove liberamente davanti e dietro le quinte, reale sul palco, una maschera nella vita vera. E' proprio l'Attore che sembra avere le idee più chiare sul proprio ruolo e tenta di dare delle indicazione ai due protagonisti che, dal canto loro, non riescono neppure a stabilire chi di loro sia effettivamente Rosencrantz e chi Guilderstein.

Questo tipo di interrogativi innesca una serie di conversazioni tra i due che si risolvono ben presto in esilaranti corto circuiti, giochi di parole che si mordono la coda nell'insensatezza dell'essere.

Certo per apprezzarlo appieno andrebbe visto recitato; soprattutto nelle parti più comiche la semplice lettura non ha il "ritmo" giusto anche se l'effetto umoristico si avverte in ogni caso.

Nell'introduzione a questa edizione Tom Stoppard specifica che il suo intento era quello di scrivere un'opera esclusivamente comica, per questo rappresentazioni che puntavano all'esaltazione degli aspetti filosofici della commedia si sono rivelate dei fallimenti. Sarà, ma a me è sembrato impossibile non rimanere con un senso di angoscia, come di "vuoto" di fronte alle domande senza risposta di Guilderstein e al panico che esse suscitavano in Rosencrantz.

Dettagli del libro

  • Titolo: Rosencrantz e Guilderstein sono morti
  • Titolo originale: Rosencrantz e Guilderstein Are Dead
  • Autore: Tom Stoppard
  • Traduttore: L. Cuttitta
  • Editore: Sellerio
  • Data di Pubblicazione: 1998
  • Collana: Teatro
  • ISBN-13: 9788838912986
  • Pagine: 158
  • Formato - Prezzo: Brossura - Euro 9,30

21 novembre 2009

Romanzi in tre righe - Félix Fénéon

La formula Fénéon secondo il suo inventore: una riga per l'ambiente, una per la cronaca più o meno nera, una per l'epilogo a sorpresa. Leggere per credere.





Recensione

Un piccolo libro innocuo che sinceramente, al contrario di aspettative molto forti (romanzi in tre righe!), non incanta. Fénéon è asciutto, veloce, al massimo arguto. Ma poteva stupire, date appunto le premesse. Molto più intrigante, invece, il breve saggio finale di Matteo Codignola che ci accompagna alla scoperta del personaggio Fénéon: impiegato ministeriale ma anche anarchico, critico d'arte e direttore di riviste, influente intellettuale e pure gran manipolatore (in senso letterario, artistico) della realtà e della sua stessa biografia, scarna e sfuggente come questi brevi scritti. Un personaggio difficile da definire. Uno soltanto sembra esserci riuscito: Alfred Jarry, che lo definì "celui qui silence". Con buona pace delle grancasse.

Dettagli del libro

  • Titolo: Romanzi in tre righe
  • Titolo originale: Nouvelles en trois lignes
  • Autore: Félix Fénéon
  • Traduttore: Codignola M.
  • Editore: Adelphi
  • Data di Pubblicazione: 2009
  • Collana: Biblioteca Minima
  • ISBN-13: 9788845924286
  • Pagine: 58
  • Formato - Prezzo: Brossura - Euro 5.50

Inchiesta sul Cristianesimo - Corrado Augias e Remo Cacitti

Che cosa è accaduto dopo la morte di Gesù e com'è nata la religione che da lui ha preso il nome? Fino a che punto gli storici, esaminando fatti e testi e prescindendo da ogni considerazione di fede, possono ricostruire gli avvenimenti che hanno trasformato quel profeta umiliato, ucciso su un patibolo romano, nel fondatore di una delle più grandi religioni? Gesù non ha mai detto di voler fondare una Chiesa che portasse il suo nome, né di dover morire per sanare con il suo sangue il peccato di Adamo ed Eva, ristabilendo l'alleanza tra Dio e gli uomini. Non ha mai detto di essere nato da una vergine che lo aveva concepito per intervento di un dio. Da dove viene allora tutto il complesso apparato di norme, cariche, vestimenti, liturgie, formule, che caratterizza la Chiesa che a lui si richiama? Corrado Augias si confronta e dialoga sulla storia del cristianesimo delle origini con lo studioso Remo Cacitti. Una complessa avventura umana che ha il suo punto di svolta nella figura dell'imperatore Costantino, il primo a trasformare il cristianesimo in uno strumento di potere, opera che sarà poi completata, al termine del IV secolo, da un altro imperatore, Teodosio, che lo renderà religione imperiale. Grazie a questa documentata ricostruzione si giunge a comprendere perché la fede cristiana, che inizialmente era soltanto una corrente minoritaria del giudaismo, sia riuscita a sopravvivere per oltre venti secoli e a imporsi come una delle religioni più diffuse sull'intero pianeta.

Recensione

"Presto o tardi la storia delle religioni si insegnerà nelle scuole secondarie, accanto alla storia, alla filosofia, alle scienze. Non vi si insegneranno né la fede né lo scetticismo, ma fatti certi; vi si insegnerà soprattutto agli scolari a riflettere sopra così gravi questioni, e a concedere a esse tutta l’attenzione, dirò meglio tutto il rispetto che meritano. Invece di dire "io credo", oppure "non credo", essi potranno dire in un certo modo "io so""
(di Salomon Reinach, tratto da La cultura contemporanea, di Salvatore Minnocchi)

Parlare di religione è sempre un po' come camminare in un campo minato: al primo passo falso si rischia di farsi esplodere sulla mina delle polemiche. Quindi non è facile recensire un libro che sovverte molte delle credenze che ci vengono insegnate fin da piccini sulla religione cristiana. Comunque, a mio parere, Inchiesta sul Cristianesimo può essere definito come una sorta di corso di storia della religione "for dummies". Il libro è un saggio sottoforma di intervista fatta da Corrado Augias a Remo Cacitti, docente di letteratura e storia cristiana antica all’Università Statale di Milano.

L'obiettivo dichiarato, e a mio avviso riuscito, era quello di dare alle grandi masse una ricostruzione quanto più storicamente attinente e quanto più possibilmente comprensibile della nascita della religione cristiana, togliendo, o cercando di togliere, tutta quella sfera che riguarda il sovrannaturale o l'atto di fede. Non essendo io uno storico e non conoscendo molte delle fonti che lo studioso ha chiamato in causa, e quindi non sapendo se si sia trattato di interpretazioni personali dei fatti narrati nei documenti presi in esame, sono rimasto spesso basito davanti alla sicurezza delle affermazioni riportate nell'intervista, soprattutto per la profonda diversità di queste con le stesse che il catechismo cattolico ha insegnato ed insegna ancora. Comunque, tutto ciò che vi è scritto è accuratamente documentato nella bibliografia, per chi volesse fare un approfondimento della materia.

A livello di scrittura, il linguaggio forbito e settoriale, nonostante le frequenti spiegazioni, rende la lettura di non facile fruibilità per l'avventore medio, che in più deve avere una mentalità libera da rigidi preconcetti se vuole arrivare alla bibliografia finale, pena l'accantonamento precoce per sovraccarico di informazioni destabilizzanti.

In conclusione, Inchiesta sul Cristianesimo è un libro che ha fatto e farà discutere per l'oggetto di cui parla e soprattutto per come questo viene trattato (come si dice: scherza con i fanti ma lascia stare i santi), ma che ha l'indubbio pregio di far conoscere ad un vasto pubblico fatti e punti oscuri della storia della religione cristiana. La citazione messa all'inizio della recensione è la dimostrazione migliore dello spirito del libro-intervista.

Dettagli del libro

  • Titolo: Inchiesta sul Cristianesimo - Come si costruisce una religione
  • Autore: Corrado Augias e Remo Cacitti
  • Editore: Mondadori
  • Data di Pubblicazione: 2009
  • Collana: I miti
  • ISBN-13: 9771123835367
  • Pagine: 367
  • Formato - Prezzo: Brossura - Euro 6,00

18 novembre 2009

Omicidio a Road Hill House - Kate Summerscale

Una notte d'estate del 1860. In un'elegante casa georgiana del Wiltshire tutti dormono. All'una il cane abbaia. Il mattino l'orribile scoperta, la culla del più piccolo dei sette figli, Saville Kent, è vuota. Un brivido percorre tutta la casa e inizia una disperata ricerca, si valuta la possibilità di un sequestro, si interrogano i domestici. Nel salone una finestra è aperta: è l'unica pista. Poche ore dopo, il cadavere del bambino viene trovato sgozzato in giardino. Tutti i membri della famiglia Kent sono sospettati e l'assassino è certamente fra loro. L'ispettore di Scotland Yard Jack Whicher viene mandato sul posto a indagare. È il primo a usare metodi di indagine che poi diventeranno famosi, anche grazie a scrittori come Wilkie Collins, Charles Dickens, o Arthur Conan Doyle che si ispireranno alla sua figura reale per i loro personaggi immaginari. Il caso occupa per anni le prime pagine dei quotidiani, tutta l'Inghilterra segue il delitto, ne è affascinata e terrorizzata. Nessuno accetterà le conclusioni di Mr. Whicher, che solo in un secondo tempo si riveleranno esatte. Kate Summerscale ricostruisce l'intera vicenda servendosi di documenti e fonti giornalistiche dell'epoca, con una forte capacità di padroneggiare le tecniche del racconto giallo.

Recensione

L'edizione in lingua originale in mio possesso ha una copertina accattivante e riporta in quarta di copertina commenti intriganti che promettono suspance, mistero e pure un po' di terrore. Risultato: una grossa delusione e tanta noia. Partiamo dal principio che avevo voglia di leggere un bel giallo, qualcosa con una trama ben costruita, in stile classico con poche morbosità e un bel mistero da dipanare seguendo gli indizi. Invece mi sono ritrovata in mano una sorta di saggio un po' sconclusionato che, a partire da un omicidio realmente accaduto, disserta su una serie di argomenti imprecisati, che spaziano dalla nascita della figura del detective nelle forze di polizia inglesi all'influenza di queste figure nella letteratura, dall'impatto sociale dei crimini violenti ai lati oscuri e le morbosità della società vittoriana, dal rapporto tra stampa e pubblico al ruolo delle differenze sociali nella valutazione di un criminale.

Il pretesto da cui si parte è l'omicidio del piccolo Saville Kent, tre anni, figlio di un ispettore terriero del governo e quindi membro di quella borghesia che era il cuore della società inglese di metà Ottocento. Un mistero in apparenza irrisolvibile, in cui tutti i membri della famiglia Kent sono potenziali sospetti, e che genera immediatamente scalpore per la giovane età della vittima e la crudeltà del gesto. Poiché gli esponenti della polizia locale non vengono a capo di nulla viene convocato da Londra un detective di Scotlad Yard, Mr Whicher. Costui arriva sulla scena del crimine ammantato da quella fama di infallibile segugio dotato di capacità deduttive fuori dal comune che allora rivestiva le nuove figure dei detective. Questi nuovi membri delle forze dell'ordine erano infatti stati introdotti solo da pochi anni nel corpo di polizia londinese appunto come figure specializzate nella raccolta degli indizi e nelle indagini. Dopo alcune perplessità, alcuni clamorosi successi avevano portato i detective al centro dell'attenzione dei media e di conseguenza dell'opinione pubblica. Anche grandi romanzieri come Charles Dickens o Wilkie Collins non poterono fare a meno di subire il fascino di questi personaggi, esaltati in numerose corrispondenze private e presi a modello per alcuni loro romanzi.
Mr Whicher è uno dei detective più noti nel momento in cui viene chiamato a risolvere il mistero di Road Hill House; tuttavia il caso si dimostra più difficile del previsto e Whicher fa l'errore di impuntarsi sulla colpevolezza di una delle figlie maggiori di Mr Kent, senza avere abbastanza prove. Come accade spesso in questi casi, la stampa che fino a pochi giorni prima l'aveva incensato ora inaugura una campagna di pesanti critiche, mettendo in dubbio non solo le sue capacità di detective ma anche la sua buona fede. La questione delle differenze sociali tra i poliziotti (provenienti solitamente dalla classe proletaria) e la famiglia della vittima, totalmente ignorata finché Whicher godeva del favore della stampa, diventa ora preponderante. Può un personaggio di bassa estrazione sociale violare l'intimità di una rispettabile famiglia vittoriana con domande personali e indiscrete e richieste che suonano come violazioni? Le sue accuse non saranno solo motivate da un odio verso chi è più ricco?

La risoluzione del mistero passa quindi ben presto in secondo piano per far posto all'analisi della figura del detective, della società vittoriana e della nascita del romanzo giallo. Ora, posto che si tratta di argomenti molto interessanti, innanzitutto non era questo lo scopo dell'opera, almeno stando a quanto dichiarato in copertina, e in ogni caso gli argomenti sono trattati in modo poco organico, si salta di palo in frasca senza criterio e con un'infinità di ripetizioni. Il metodo della Summerscale è quello di sostenere ogni argomento infilando una serie infinita di citazioni tratte da romanzi o articoli pubblicati sui giornali dell'epoca. Se questo da un lato rende onore alla sua abilità di ricercatrice, dall'altro impedisce di lodarne lo stile freddo e disarticolato. Ci sono interi paragrafi in cui sembra di leggere una sequenza di "copia-incolla". Con questo stesso criterio si dipana la soluzione del mistero, che in realtà non si dipana affatto: si riportano i dati anagrafici dei personaggi, la sequenza delle azioni di polizia e investigatori così come sono emerse dalle inchieste giudiziarie, qualche cronaca tratta dai giornali dell'epoca.
Il lettore non viene appassionato al mistero, non gli vengono forniti indizi, si osserva tutto dall'esterno: una sequenza di azioni sterili fatte da personaggi sterili e piatti. Uno stile insomma che apprezzerei eventualmente in un articolo di cronaca, dove troppo spesso si indugia in inutili particolari macabri o in facili pietismi, ma non in un romanzo che deve coinvolgere il lettore.

Riconosco che molta della mia insoddisfazione verso questo libro nasce dal fatto che, come ho detto, avevo voglia di un bel giallo classico e non di una sorta di tesi di laurea sulla criminologia in epoca vittoriana, per di più presentata in modo così confusionario.

Dettagli del libro

  • Titolo: Omicidio a Road Hill House
  • Titolo originale: The Suspicions of Mr. Whicher or The Murder at the Road Hill House
  • Autore: Kate Summerscale
  • Traduttore: Luigi Civalleri
  • Editore: Einaudi
  • Data di Pubblicazione: 2008
  • Collana: Supercoralli
  • ISBN-13: 9788806193614
  • Pagine: 364
  • Formato - Prezzo: Rilegato - Euro 19,50

14 novembre 2009

Real World - Natsuo Kirino

In un affollato quartiere residenziale di Tokyo quattro studentesse trascorrono un’estate caldissima e soffocante preparandosi ad affrontare gli esami per il college. Sono molto diverse tra loro: Toshi è affidabile e sicura, Yuzan riservata e malinconica, Terauchi ha un grande talento per gli studi, Kirarin occulta dietro la sua dolcezza un’attrazione morbosa per i comportamenti più estremi.
Un rumore inconsueto che proviene da un appartamento stravolge improvvisamente il loro destino: il vicino di casa, un liceale che le quattro amiche chiamano il Vermiciattolo, ha ucciso la madre ed è scappato con la bici e il cellulare di una di loro. In fuga dalla polizia, il giovane assassino inizia a contemplare affascinato il proprio volto riprodotto in innumerevoli fotografie e servizi televisivi, assapora l’improvvisa visibilità mediatica, il racconto della sua vita riscritto da giornalisti e reporter, e asseconda l’ossessiva curiosità collettiva intorno alle ragioni che lo hanno spinto a uccidere. Il pigro distacco del giovane si trasforma progressivamente in una consapevolezza crudele: insensibile alle conseguenze del suo crimine, vuole che le ragazze scrivano per lui un manifesto filosofico che giustifichi ed esalti la lucida follia delle sue azioni…
Immerse in una vita di chat, messaggi sul telefonino e Reality TV, le quattro adolescenti scoprono un mondo scabroso e brutale, in cui la propria esperienza e le proprie inclinazioni diventano fonte di tensioni e minacce. Una realtà popolata di bambini e ragazzi in attesa di una guida, di un esempio, di un salvatore che li riscatti dalla noia invincibile di un sistema incapace di comprendere la loro diversità, la radicale distanza che li separa dai genitori e dalle generazioni che li precedono. E il loro profeta può essere chiunque, anche un assassino. Basta che sia capace di ribellarsi, in nome di tutti loro.

Recensione

Che cos'è il real world? Me lo sono chiesto non appena voltata l'ultima pagina di questo libro. Se ci si limita a valutare la trama si tratta di una storia di gioventù allo sbando, nemmeno troppo originale. Di una critica alla società che non è in grado di supportare questi giovani dando loro ciò di cui hanno davvero bisogno, e, in particolare, di un feroce atto d'accusa alla società giapponese, che soffoca ogni minimo anelito di individualità in nome di un carrierismo portato all'eccesso, che inizia praticamente dalle scuole elementari. Dalla scuola che frequenti si capisce che cosa diventerai in futuro: una scuola pubblica poco prestigiosa, un liceo nel quale possono entrare tutti preclude allo studente le future possibilità di lavoro. E così questi ragazzi non possono permettersi di essere giovani nel vero senso della parola, perché le loro vite sono scandite da continue prove: esami di ammissione, doposcuola, medie tenute sotto stretto controllo, genitori che ti scaricano addosso le loro aspettative frustrate. "Ho studiato fino a sputare sangue e sono riuscita ad alzare la mia media di ben dieci punti", dice la motivatrice del doposcuola a Toshi, che tace ma si chiede: "Sei scema? E chi te lo fa fare?"

Quel che mi piace della narrativa giapponese è lo sguardo acuto, che va oltre l'apparenza delle cose e ne coglie il significato profondo. Così, dietro alla storia del Vermiciattolo e delle quattro amiche c'è il problema della definizione di sé e della propria identità. Forse è quello il real world? La vera essenza, il "sé" nudo e crudo, privo delle finzioni con le quali proteggiamo i nostri segreti più intimi, quelli che non vogliamo mostrare a nessuno, quelli che non vogliamo ammettere con noi stessi?
E come ci si rapporta con le persone che stanno al di fuori del nostro real world? Sono "reali" anch'esse? O sono come i personaggi di un cinema al contrario, ci guardano dallo schermo di celluloide mentre proiettiamo a loro uso e consumo un'immagine falsa? E, in questo caso, siamo moralmente responsabili se le feriamo, le uccidiamo, le facciamo uscire dal real world? Sono come comparse di un videogioco sparatutto, che vengono abbattute senza pietà e senza remore nella corsa alla meta, quale che sia?

L'azione brutale del Vermiciattolo - che in una torrida mattina d'estate uccide la madre - incrina e finisce per distruggere il mondo delle quattro ragazze. Questo mondo adolescenziale, quasi da shojo manga, è tutto tranne che reale. La loro amicizia, per quanto sincera e sentita, è affetta dai segreti, come una mela sana all'apparenza e che nasconde i vermi dietro una buccia lucida, e finirà per esserne divorata. Toshi che si nasconde dietro l'identità di Hori Ninna; Terauchi, la più intelligente, che si finge stupida per non essere ferita; Yuzan, che lotta per nascondere la sua identità sessuale e nello stesso tempo è incapace di non manifestarla; e Kirarin dalla doppia faccia: tutte loro, una dopo l'altra, saranno costrette a buttare giù la maschera e a fare i conti con se stesse. Il risultato sarà tragico, ma porterà a una nuova accettazione di sé e del proprio essere.

Questo è il secondo libro della Kirino che leggo (il primo è stato l'assai più corposo Le quattro casalinghe di Tokyo) e mi è piaciuto davvero molto. L'autrice usa il punto di vista dei personaggi, uno per capitolo, in modo da svelare al lettore il real world di ogni personaggio pur mantenendolo nella più stretta riservatezza. Lo stile della Kirino è molto secco, crudo e nello stesso tempo elegante. La storia va avanti spedita, man mano che ci si addentra nei meandri della psicologia dei cinque protagonisti. E alla fine ti porta a chiederti: "Ma qual è il mio real world?"

Dettagli del libro

  • Titolo: Real World
  • Titolo originale: Riaru Warudo
  • Autore: Kirino Natsuo
  • Traduttore: Gianluca Coci
  • Editore: Neri Pozza
  • Data di Pubblicazione: 2009
  • Collana: Bloom
  • ISBN-13: 9788854503533
  • Pagine: 256
  • Formato - Prezzo: Brossura - 15.50 Euro

12 novembre 2009

La casa degli spiriti - Isabel Allende

L'amore, la magia, il mistero, i sogni si intrecciano alle violenze e agli orrori della guerra cilena che portò alla ascesa di Pinochet in questo splendido romanzo di Isabel Allende. Alle "Tre Marie", splendida tenuta di proprietà di Esteban Trueba, si intrecciano le passioni dei diversi protagonisti: Clara, la moglie del proprietario, trascorre una vita avvolta nei ricordi; Fèrula, sorella di Esteban, dedica la sua vita agli altri; Blanca è innamorata di un servo del padre, Pedro, che avrà parte nella guerriglia della rivoluzione; Alba, la nipote, dovrà invece affrontare la dittatura mentre Esteban scoprirà, proprio a causa dei tragici eventi politici del suo paese, di amare innanzitutto la sua famiglia.

Recensione

Comincia così: Barrabás arrivò in famiglia per via mare...

Cinque, sei, dieci stellette.
La casa degli spiriti è uno di quei libri che ti scavano dentro solchi come aratri, che ti ustionano come il calore delle abbronzate terre sudamericane, che ti fucilano con le armi delle loro rivoluzioni, che ti accolgono tra le gambe come le loro donne passionali. E’ quel libro per cui, per quante parole possa scrivere, resteranno comunque insufficienti e inadeguate.

Nivea, Clara, Blanca, Alba: un mosaico di donne improbabili, una scia luminosa che folgora le pagine
Clara la chiaroveggente, con la sua lunga chioma boccolosa, fin da bambina sempre in contatto con gli spiriti, in grado di suonare Chopin al pianoforte senza premere i tasti, di sollevare il tavolino a tre gambe del salotto, di prevedere il futuro nei momenti più impensati. Lei, così assente, sempre china sui quaderni in cui scrive la sua vita con la sua graziosa calligrafia, eppure il vero pilastro della famiglia. Clara, che predisse la morte di sua sorella; Clara, che ritrovò la testa perduta della madre; Clara, il cui spirito continua a vagare nella casa dell’angolo e a proteggere i suoi affetti. E’ la sua figura angelica che, dall’inizio fino alla fine del libro, anche in seguito alla sua morte, continua a conquistare la scena e a imporsi, sempre contrapposta al marito Esteban, che rappresenta il suo perfetto opposto: il bianco e il nero, la spiritualità e la fisicità, la bontà e l’egoismo. Esteban, come Clara, sfonda la pagina, s’imprime a fondo con la sua caratterizzazione superba e la sua forte personalità, con il suo amore maldestro e cieco verso la sua famiglia, verso sua moglie: entrambi restano i protagonisti assoluti, nonostante attorno a loro si affastellino frotte di personaggi, alcuni appena accennati, altri presenti a lungo, ma tutti memorabili: Nivea e Severo, gli spensierati capostipiti della famiglia; Rosa la bella, la sorella di Clara, una vera e propria sirena dai capelli verdi; la Nana, l’affettuosa e apparentemente immortale bambinaia che ha cresciuto decine di figli non suoi; Barrabás, lo strano animale che Clara ha adottato; lo zio Marcos, i cui diari terranno unite tre generazioni di donne; Férula, la triste e affezionatissima sorella di Esteban; Tránsito Soto, la bella e ambiziosa prostituta; Blanca, la figlia, appassionata nel suo amore per il rivoluzionario Pedro Terzo; Jaime e Nicolás, gli altri due figli, l’uno dedito solo alla cura dei poveri e l’altro erede diretto delle stravaganze dello zio Marcos; Esteban García, il nipote illegittimo, roso dall’invidia; Alba, la nipote cui predissero fortuna fin dalla nascita e che invece patì le violenze degli stravolgimenti politici.

Queste sono solo alcune delle decine di figure che recitano su questo palcoscenico argentino squassato dall’arrivo della modernità, tra vecchi valori e nuovi, magia e scienza, fascismo e marxismo, amore e odio, lacrime e risa, e ogni sentimento immaginabile dall’animo umano che avvolge la storia di una famiglia, il destino di un paese.

Giudizio:

+5stelle+

Dettagli del libro

  • Titolo: La casa degli spiriti
  • Titolo originale: La casa de los espìritus
  • Autore: Isabel Allende
  • Traduttore: Morino A. / Pilota S.
  • Editore: Feltrinelli
  • Data di Pubblicazione: 2003
  • Collana: Universale Economica
  • ISBN-13: 9788807810008
  • Pagine: 368
  • Formato - Prezzo: Tascabile - Euro 8,00

Non buttiamoci giù - Nick Hornby

Su un altissimo grattacielo londinese, la notte di San Silvestro, mentre imperversano botti e festeggiamenti, un presentatore televisivo in crisi matrimoniale e professionale decide di suicidarsi buttandosi giù dall'ultimo piano. Ma al momento decisivo si accorge di non essere da solo su quel grattacielo: c'è vicino a lui una donna disperata, senza lavoro e senza marito, alle prese con un figlio autistico. Anche lei sta per buttarsi giù. Ma spuntano anche una ragazzina di 15 anni, sedotta e poi lasciata da un ragazzo, e un musicista americano fallito, ora cameriere in una pizzeria, pure lui abbandonato dalla ragazza. Anche loro vogliono suicidarsi. Forse sono un po' troppi...

Recensione

Scoprii questo libro a lezione di traduzione inglese all'università e, spinto dalla curiosità di leggere qualcosa di Hornby e dal prezzo abbordabile, lo comprai. Causa esami e altri vari ed eventuali motivi, per lungo tempo rimase a prendere la polvere in un angolo dello scaffale, insieme agli altri libri in attesa di lettura. Poi, poco tempo fa, quando finalmente mi decisi, cominciai a leggerlo. Intrigante l'idea di partenza, buono lo svolgimento. Scritto tutto in prima persona, la storia si dipana tutta attraverso gli occhi e i pensieri dei quattro protagonisti che più diversi tra loro non sarebbero potuti essere, sia per modo di ragionare, sia nel linguaggio, sia nel modo in cui le loro vite arrivano a quel punto di congiunzione comune che è l'inizio del romanzo.

Gli unici legami che li uniscono sono quegli stessi sentimenti che li hanno portati prima ad un passo dal baratro e poi a tenere duro (ogni volta per un po') nonostante i fallimenti delle loro vite. La forza del romanzo non è insita tanto nella trama, deboluccia (eufemismo), ma risiede nei pensieri e nelle riflessioni che i protagonisti elaborano nelle loro situazioni al limite della sopportazione umana. L'autore poi tratta i temi della morte, della disabilità di un figlio (Maureen), della scomparsa di una sorella (Jess), del fallimento dei sogni (JJ) e anche della pedofilia (Martin) con una leggerezza "da strada" che non è mai superficialità. I suoi personaggi, infine, grazie anche ad un linguaggio che se ne infischia di qualunque regola grammaticale o sintattica, non risultano stereotipati e spesso, nonostante facciano di tutto per farsi odiare, ci si immedesima in loro.

Per finire, secondo me, una nota di merito spetta al traduttore italiano. Non so come questo romanzo sia in inglese, non avendolo letto, ma credo che il linguaggio di Hornby sia al limite del comprensibile per i non anglofili. Dev'essere stato uno sforzo davvero notevole cercare di localizzarlo in italiano, assumendosi anche la responsabilità di prendere decisioni controverse.

In definitiva un libro divertente e al tempo stesso profondo e malinconico, da consigliare a chi non si lascia ingannare dalle apparenze di un linguaggio colorito (eufemismo) o di una trama praticamente inesistente.

Dettagli del libro

  • Titolo: Non buttiamoci giù
  • Titolo originale: A Long Way Down
  • Autore: Nick Hornby
  • Traduttore: M. Bocchiola
  • Editore: Guanda
  • Data di Pubblicazione: 2007
  • Collana: Le Fenici Tascabili
  • ISBN-13: 9788806187316
  • Pagine: 293
  • Prezzo: 12,00 Euro

11 novembre 2009

Vedi di non morire - Josh Bazell

Grazie a Peter Brown, ex killer entrato in un programma di protezione governativo, la mafia fa il suo ingresso tra le corsie di un famigerato ospedale di Manhattan. Quando Peter va come ogni mattina al lavoro in ospedale, non sa che la Grande Mietitrice lo aspetta, sotto le vesti di un paziente moribondo che è un suo vecchio conoscente di mafia. Se il paziente muore, il passato di Peter tornerà a galla. E questo non può accadere. Perché Peter è anche Pietro Brwna detto Orso, ex affiliato (ma per bontà d'animo) alla famiglia Locano. In questi anni in ospedale Peter è diventato il medico-eroe che abbiamo sempre sognato: cinico iconoclasta dal cuore d'oro che infrange ogni regola pur di salvare una vita... La sua lotta all'ultimo sangue con la Grande Mietitrice sta per cominciare, e diventa tutt'uno col desiderio irresistibile di saldare una volta per tutte i conti con la famiglia Locano.

Recensione

Meglio non lamentarsi con i medici per cure e diagnosi errate, o almeno meglio non farlo se non ci si è sincerati che il medico incriminato non sia un ex mafioso ora pentito dell’FBI! Le vostre rimostranze cadrebbero inascoltate e inoltre potreste ritrovarvi conciati peggio di prima, con occhi neri e varie ossa rotte...
Una simile eventualità vi sembra inverosimile?
Se leggerete Vedi di non morire di Josh Bazell, ci troverete iperboli ed esagerazioni a non finire, degne di un incidente frontale tra Pulp Fiction e Un medico in famiglia... Il protagonista deve districarsi tra la sua copertura, la sua seconda occasione, la sua nuova vita da medico e la minaccia improvvisa che tutto questo finisca: un mafioso ricoverato per una pericolosa operazione allo stomaco lo ha riconosciuto e, temendo ritorsioni, lo ricatta. Se crepa i suoi tirapiedi lo sputtaneranno col grande capo. Ergo, lo condanneranno a morte.

Il libro parte da qui e va avanti lungo due strade parallele: il presente, con il "nostro" che si barcamena tra diagnosi, giri di corsia e sviluppi mafiosi, e il passato, che ci spiega perché uno che ha prestato il giuramento di Ippocrate sia entrato a far parte di una potente "famigghia".

Questo libro l'ho letto in estate, sotto l'ombrellone, e quindi, anche se sono fuori tempo massimo, mi sento di consigliarlo come fantastica lettura estiva. Magari natalizia... Perché, se sono convinta della bontà di tal lettura in veste vacanziera ne sono meno convinta in senso assoluto. I giudizi positivi in terra di origine si sono sprecati:

«Il dottor Josh Bazell ha scritto il romanzo più spassoso e strabiliante del 2009... sagace ed estremamente divertente, è un film di Tarantino girato con la supervisione di Scorsese». [New York Daily News]
«Vedi di non morire è un libro fico e raggelante. Una lettura feroce». [Don Winslow]
«Vedi di non morire è uno sparo. Implacabile come una pallottola, il romanzo di Josh Bazell mi ha steso con un colpo!» [Michael Connelly]
Tutte cose belle, per carità, ma che mi lasciano un dubbio: che Vedi di non morire sia più una bella sceneggiatura che un bel libro.
I capitoli sono abbastanza brevi e si leggono anche se hai un figlio a cui badare o un arrosto da girare.
Lo stile è scoppiettante e non noioso.
Le note a margine ironiche e divertenti.
Le situazioni iperboliche e molto pulp. Pulp. Per l'appunto pulp.
Sono stati scomodati Tarantino e Chuck Palahniuk, Pulp Fiction e Fight Club e forse il limite del libro è proprio questo: sa proprio di già visto, già fatto e già sentito. Grazie tante.
Se Tarantino fosse laureato in medicina e avesse fatto l'internato in un ospedale forse avrebbe scritto questo libro invece che dirigere Pulp Fiction, ma non è andata così.

In parole povere Bazell mi ha fatto l'effetto di un imitatore molto bravo, ma lettore avvisato lettore salvato: dopotutto le copie d'autore piacciono a molti, no?

Dettagli del libro

  • Titolo: Vedi di non morire
  • Titolo originale: Beat the Reaper
  • Autore: Josh Bazell
  • Traduttore: Luca Conti
  • Editore: Einaudi
  • Data di Pubblicazione: 2009
  • Collana: Stile libero Big
  • ISBN-13: 9788806195588
  • Pagine: 314
  • Formato - Prezzo: Brossura - 18,50 Euro

10 novembre 2009

La milleduesima notte - Joseph Roth

Un'avventura erotica dello scià di Persia nella Vienna asburgica.
Un romanzo dove l'autore torna a essere la pura voce senza nome della favola e muove i suoi personaggi in una spietata partita a scacchi di cui nessuno di essi può essere consapevole e che segnerà, per tutti, la rovina.
Intatta, alla fine, rimane solo una collana di perle attorno a cui tutta la storia aveva occultamente ruotato.




Recensione

Uno degli ultimi romanzi dello scrittore e giornalista austriaco, La milleduesima notte, appare quasi in bilico tra la dimensione del testamento spirituale e la profezia apocalittica sui destini e l'eredità di un mondo, l'Austria dell'ormai ex Impero Asburgico, che nel 1939, anno di uscita del libro, sta per essere inghiottito da un baratro ancora più profondo del precedente, la follia nazista dell'Anschluss e della seconda guerra mondiale.

Il racconto è ambientato nel 1857, in un momento in cui la potenza e lo splendore dell'Impero Austro-ungarico, per quanto contestati in vari modi e luoghi, parevano ancora lontani dalla china che avrebbe portato, tra le fiamme e le macerie della Grande Guerra, alla dissoluzione degli Imperi Centrali.
Il protagonista, il barone von Taittinger, è un vacuo seduttore di popolane, privo di qualsiasi profondità esistenziale, interessato solo alla sua vita di militare. Si disinteressa del suo patrimonio e scialacqua senza rendersene neppure conto le proprie finanze, mentre la tenuta agraria da cui dipende il suo benessere va in rovina, tra contadini infedeli e amministratori predoni: è un personaggio che preannuncia e raccoglie la stolidità del Bloom di Joyce e insieme l'inettitudine dello Zeno di Svevo.
La stessa crisi intima e radicale si ritrova incarnata, come simbolo della dimensione femminile, in Mizzi Schinagl, apatica e imbambolata bellezza che pare passare nelle vicende della vita come attraverso una fitta nebbia, in uno stato quasi di trance da oppiacei: dopo aver avuto un figlio illegittimo dal barone e aver trovato una certa stabilità economica entra in un bordello, dal quale verrà prelevata per soddisfare i capricci dello scià, che la ricompensa con una favolosa collana di perle. La ricchezza raggiunta attraverso uno stratagemma furbesco ha tuttavia vita breve: la sventata Mizzi si fa truffare da un seduttore squattrinato, che le addossa la responsabilità di un traffico di falsi merletti di Bruxelles e la manda in prigione dopo un processo sensazionale.

L'atmosfera quasi onirica nella quale i due protagonisti, Mizzi e il barone, complementari e in qualche modo inestricabilmente legati, galleggiano come anime penosamente vagabonde è popolata da altri individui squallidi, come il redattore Lazik, il figlio illegittimo del barone, Xandl, la tenutaria del bordello, il commissario di polizia. Altrettanti relitti umani sbatacchiati da un destino ineluttabile sulle spiagge del Danubio, che si arrendono pavidi a un lento e doloroso declino, quasi come se quella certezza costituisse - nella sua dolorosa concretezza - un'ancora, un punto di riferimento: non provano neppure a opporsi al corso della storia, che li affonda senza rimorsi o ripensamenti.
Di loro non rimarrà che il miserabile, beffardo, ricordo nell'aneddoto della collana di perle offerta dallo scià di Persia in cambio di una notte d'amore: una cornice esotica e sognante, e allo stesso tempo ingannevole. La parabola discendente di Mizzi e del Barone trasforma la favola orientale delle mille e una notte in una curiosità da baraccone, svende la poesia riducendola allo stato degradante di una quotidianità fatta di odori da cucina, di panni umidi, di stanze fredde e mobili ammuffiti, dei deliri che spesso nelle malattie precedono la morte del paziente.
In questo caso una sorta di prefigurazione del declino del colosso asburgico, ancora inebriato dalle glorie di Radetzky e di Strauss. E una conferma della credenza superstiziosa che le perle - le uniche a sopravvivere al di fuori della dimensione illusoria - se regalate portano iella.

Dettagli del libro

  • Titolo: La milleduesima notte
  • Titolo originale: Die Geschichte der 1002. Nacht
  • Autore: Joseph Roth
  • Traduttore: Ugo Gimmelli
  • Editore: Adelphi
  • Data di Pubblicazione: 1991
  • Collana: Biblioteca Adelphi
  • ISBN-13: 9788845908354
  • Pagine: 235
  • Formato - Prezzo: Brossura - Euro 8,00

8 novembre 2009

Battle Royale - Koushun Takami

Repubblica della Grande Asia dell'Est, 1997. Ogni anno una classe di quindicenni viene scelta per partecipare al Programma; e questa volta è toccato alla terza B della Scuola media Shiroiwa. Convinti di recarsi in una gita d'istruzione, i quarantadue ragazzi salgono su un pullman, dove vengono narcotizzati. Quando si risvegliano, lo scenario è molto diverso: intrappolati su un'isola deserta, controllati tramite collari radio, i ragazzi vengono costretti a partecipare a un "gioco" il cui scopo è uccidersi a vicenda. Finché non ne rimanga uno solo...

Recensione di Sakura

Questo è quello che si chiama ‘fascismo vittorioso’. In quale altra parte del mondo si trova una cosa così ripugnante?

Siamo nella '''repubblica''' della Grande Asia. In realtà la res è tutto fuorché pubblica, dal momento che il paese è retto da un dittatore, l’Egemone. Per ovviare al problema della violenza giovanile, dilagante in uno stato che ha operato una violenta chiusura al mondo occidentale (principalmente a quello americano), l’esercito ha varato il Programma, una sorta di coscrizione rappresentativa obbligatoria. Ogni anno viene sorteggiata una classe di terza media, che viene sequestrata dall’esercito durante l’annuale gita scolastica, e condotta in un luogo segreto sgombrato dai civili; dall’inizio del Programma, gli studenti hanno tre giorni di tempo per eliminarsi tra loro finché non ne resti solo uno (il nome, Battle Royale, deriva da una competizione wrestling tutti-contro-tutti). Inoltre sono costantemente monitorati da collari-bomba che inevitabilmente esploderanno in caso di manomissione degli stessi, tentativo di fuga, ingresso nelle aree off limits che di ora in ora aumentano per ridurre i nascondigli degli studenti e costringerli allo scontro.

Con queste premesse, comprenderete che si tratta di un romanzo distopico, incentrato su una ripugnante dittatura che tenta di annullare idee e individualismi. Quarantadue ragazzi di quindici anni, ognuno con la sua indole, i suoi traumi, i suoi affetti, devono decidere di chi fidarsi e da chi fuggire, consapevoli che ogni minima scelta potrebbe condurre alla morte propria o di un amico. Chi deciderà di partecipare al gioco? Chi è così spaventato da risultare pericoloso? Chi ha in mente di studiare un piano per scappare? Chi merita di essere ucciso a sangue freddo prima che possa mettere in pericolo la vita di una persona cara? Con simili interrogativi, questi giovani hanno tre giorni di tempo per decidere da che parte stare e come agire, isolati da un paese sterile che accetta un simile progetto del governo e a cui vorrebbero, ma probabilmente non potranno, far ritorno.

Il romanzo scorre a un ritmo forsennato, mentre il numero dei partecipanti si riduce sempre più. E, con l'avanzare del gioco, si riducono anche le scelte che è possibile fare. Tra riflessioni sulla libertà individuale ed espressioni di amore per il proprio paese, sia pure ridotto a un segmento di materiale escretivo -che in un romanzo pur sempre giapponese non possono mancare-, Battle Royale rappresenta le difficoltà dei giovani nel sopravvivere a una società che li spinge verso la maturità.

Passando alle considerazioni stilistiche, sarò breve e lapidaria: la sintassi è decisamente scarna, direi quasi elementare. Ingenuità da fan fiction, come specificare che la ragazza che si è appena sporta dal suo sedile ha in mano dei biscotti color marrone avvolti in carta, si sprecano.

Non lo definirei un capolavoro della letteratura moderna, ma almeno si fa leggere in fretta. Fresco di stampa per la Oscar Mondadori, Battle Royale ha ispirato un libro e un manga (quest'ultimo fedelissimo, se si escludono un paio di scene riportate invece nel film) più vari seguiti, diventando un cult nel suo paese d'origine. Altresì ha riscosso numerose polemiche e censure, in Giappone come nel resto del mondo, per l'eccessiva violenza e per lo scomodo significato politico. Impossibile non rabbrividire all'idea di un gioco simile: almeno in questo, Koushun Takami è stato impeccabile.

Giudizio:

+4stelle+

Recensione di Daniele

Battle Royale è un'ucronìa distopica (siamo nel 1997, sotto il regime dittatoriale della Repubblica della Grande Asia dell'Est) con al centro un crudele gioco al massacro, chiamato il "programma", in cui i quarantadue partecipanti, tutti ragazzi di quindici anni appartenenti alla stessa classe, devono combattere l'uno contro l'altro per la sopravvivenza finale, mentre un sadico funzionario del governo controlla le loro azioni attraverso dei collari elettronici.

Shojo riprese a ridere e scosse la testa: "E' solo una cosa da pazzi. Ovviamente l'intero paese è pazzo, per questo, alla fine, si sente totalmente razionale."

Parlando dell'opera, si capisce facilmente come mai Quentin Tarantino sia un fan del libro. Battle Royale è, in sostanza, un pugno allo stomaco del lettore che lascia nel lettore sensazioni forti e contrastanti. In sintesi, o lo si odia o lo si ama. Lo si può odiare per il modo in cui è stato scritto da Takami, fatto di frasi scarne ed elementari che a volte non rendono il giusto pathos della situazione, oppure per come sovente la storia si sbrodola facendo perdere colpi all'atmosfera (quarantadue personaggi con ognuno una storia personale sono veramente tanti e più della metà di questi sono, eufemisticamente, marginali ai fini della trama principale), o ancora per l'incedere altalenante dell'opera, dovuto ad alcune situazioni forzate o fin troppo iperboliche (posso citare un inseguimento in auto come nemmeno nei film di James Bond). Oppure si può passare sopra a queste cose ed amarlo per l'ottima caratterizzazione dei personaggi principali, per la storia, originale e avvincente, per i diversi punti di vista toccati sul tema della libertà (libertà soffocata dall'angoscia del non potersi fidare del prossimo, libertà di una vita propria negata da un gioco insensato voluto da un regime dittatoriale sadico, ma anche la speranza di riavere una libertà al di fuori dell'orrore in cui si è capitati), o ancora per lo sfondo fanta-storico ben riuscito (la Repubblica della Grande Asia dell'Est governata da un regime che basa la sua forza sulla paura della popolazione).

In definitiva, Battle Royale è un libro che cattura il lettore in una spirale di violenza e angoscia e lo tiene incollato fino all'ultima pagina, nonostante i vistosi difetti, grazie ad una trama avvincente e ricca di colpi di scena. In più, appena finito il libro, consiglio di leggere anche il fumetto, che secondo me riesce a rendere ancora meglio le atmosfere claustrofobiche della trama ed aggiunge una profondità ai personaggi maggiore rispetto al libro.

Giudizio:

+4stelle+

Dettagli del libro

  • Titolo: Battle Royale
  • Titolo originale: Battle Royale
  • Autore: Koushun Takami
  • Traduttore: Tito Faraci
  • Editore: Mondadori
  • Data di Pubblicazione: 2009
  • Collana: Piccola biblioteca oscar
  • ISBN-13: 9788804586876
  • Pagine: 663
  • Formato - Prezzo: Brossura - Euro 12,00

Repetita - Marilù Oliva

Bologna. Epoca contemporanea. Lorenzo Cerè è un uomo sulla trentina, lavora come operaio in una ditta e vive da solo. Le sue grandi passioni sono la Storia e la buona cucina. Vista dall'esterno, la sua vita appare tendenzialmente normale se non fosse per l'assoluta solitudine in cui trascorre le sue giornate e per una fobia alquanto bizzarra che lo costringe a camminare senza mai staccare gli occhi dall'asfalto dei marciapiedi. Le sue notti, invece, si svolgono in modo completamente diverso: Lorenzo passa da una discoteca all'altra in cerca di donne con cui soddisfare il suo appetito sessuale. Non si lega, non cerca una relazione, non si innamora mai. Nessuna ha mai lasciato un segno dentro di lui. Per Lorenzo le donne rappresentano solamente uno sfogo, ma non le desidera realmente. Egli si impegna a fondo per preservare il suo alone di irraggiungibilità che lo rende sempre uno sconosciuto anche agli occhi di chi lo incontra tutti i giorni. Per i colleghi di lavoro e per i vicini di casa egli è quasi un fantasma, un uomo incomprensibile, chiuso com'è nel suo mondo individuale. Eppure Lorenzo Cerè ha un segreto. Anzi, molti. Egli studia la Storia con una passione ed un'intensità pari alla distanza che cerca di tenere dalla propria storia personale. Meno grandiosa, meno complessa ma intrisa di un dolore e di una disperazione che sembrano incarnare la storia dell'umanità stessa. Dal giorno in cui è morto suo padre, la sua vita è stata un inferno muto, sordo, senza via d'uscita, senza speranze. Un inferno interiorizzato a viva forza e che ora, divenuto adulto, egli è determinato a restituire. Ed è così che egli inzia a riproporre la Storia, rivivendola nel presente, terrorizzando un'intera città nel suo tentativo personale di riportare una forma di ordine nelle cose. Per un po', tutto sembra svolgersi secondo i suoi piani se non fosse per l'inconveniente di una feroce emicrania che non gli dà tregua, spingendolo a cercare aiuto presso dei neurologi specializzati e sarà proprio questa sua ricerca di conforto, di comprensione e di accoglienza che cambierà per sempre il percorso del suo destino.

Recensione

Che cosa si nasconde negli anfratti della coscienza di ogni essere umano? Qual è il grado di solidità delle barriere da sempre presenti dentro di noi che ci contengono impedendoci di dare sfogo alla rabbia più cieca che spesso sfocia nel sadismo più feroce? Che cosa sono il bene e il male a livello emotivo? E come vengo impartiti? Si può considerare veramente malvagia una persona che fin dalla più tenera età è stata fatta oggetto di sevizie e crudeltà del tipo più infimo e subdolo? Chi protegge chi non può chiedere aiuto? Qual è il limite, la soglia del dolore per cui il "bene smette di esistere" ed ogni energia, pulsione e desiderio si trasformano in puro desiderio di vendetta? Che cosa c'è nel cuore di un assassino spietato?

Queste sono state le domande che mi sono posta prima e durante la lettura di Repetita. E devo ammettere che attraverso questo romanzo molte possibili risposte sono emerse con sorprendente lucidità. Questo libro è infatti una gemma del genere Noir. L'autrice, Marilù Oliva, è riuscita perfettamente ad integrare l'indagine psicologica, la storia individuale, l'evoluzione verso la violenza e l'inevitabile impossibilità di redenzione di un assassino. La scrittura è intensa, forte, a tratti umoristica, scorrevole e totalmente appassionante. I cenni storici e la chiarezza dei riferimenti all'indagine psicologica arricchiscono ulteriormente il romanzo.

In ogni pagina ho trovato spunti di riflessione e fatti nuovi molto interessanti da apprendere. Ogni capitolo è stato un regalo: poter essere condotta nei meandri della mente di un serial killer senza però dover affrontare spiegazioni tecniche o troppo scientifiche. I dialoghi tra il protagonista e la sua dottoressa, che disperatamente tenta l'impossibile per aiutarlo. Le riflessioni private di un uomo che ha dovuto sopportare sofferenze indicibili e che racconta al lettore, come se fosse il suo confidente, la sua storia personale rendendolo totalmente partecipe. Sembra infatti di ascoltare in prima persona il protagonista. Sembra di poterlo seguire nei suoi ragionamenti, nei suoi riferimenti alla Storia e si vorrebbe quasi interagire con lui, parlargli. Essergli di conforto durante i tratti più duri della sua infanzia, dimenticando temporaneamente ciò che è diventato una volta adulto. Si fa quasi fatica a mantenere le distanze da Lorenzo Cerè, ricordarsi che è comunque un assassino. Il bello di Repetita è infatti il punto di vista umano e privo di giudizi sul passato e l'inevitabile presente di Lorenzo. Naturalmente rileggerò questo romanzo altre volte perché sono certa che troverò altri spunti e altre chiavi di lettura che mi regaleranno emozioni e mi faranno comprendere qualche cosa di più riguardo a ciò che si cela nelle profondità dell'animo umano.

Dettagli del libro

  • Titolo: Repetita
  • Autore: Marilù Oliva
  • Editore: Perdisa POP
  • Data di Pubblicazione: 2009
  • ISBN-13: 9788883724725
  • Pagine: 176
  • Formato - Prezzo: Brossura - 14,00

5 novembre 2009

La versione di Barney - Mordecai Richler

La vita allegramente dissipata e profondamente scorretta di Barney Panofsky, personaggio fuori misura, indifferente a tutto ciò che ottunde la vita. Una delle storie più divertenti che siano mai state raccontate.







Recensione

Sono sempre stato, e rimango, una spaventosa testa di cazzo, un uomo cattivo, che gode nel vedere quelli migliori di lui trascinati nella polvere.
Questo è l'autoritratto che Barney Panofsky fa di se stesso. Un autoritratto impietoso e anche un po' ingeneroso. Barney non è così male, anzi. Certo è uno un po' fuori dalle righe (a voler usare un eufemismo), un ubriacone patentato con uno straordinario talento nel mandare in vacca tutto ciò che di buono gli capita nella vita, un sessantasettenne livoroso, in perenne fuga da se stesso e con un passato fatto di velleità artistiche coltivate nella Parigi culla d'intellettuali del dopoguerra e amaramente in contrasto con il presente che gli ha portato l'agiatezza economica tramite prima il contrabbando e poi la produzione di sceneggiati televisivi di quart'ordine.
Ma dietro questa insicurezza rancorosa, questa ostentata indifferenza verso il prossimo, condita con un esibito cinismo, c'è un uomo pieno di vita, generoso, capace di profondi affetti e sinceri sentimenti, oltre che di un senso dell'umorismo unico.

Questa mole di contraddizioni ci viene riversata addosso in un fiume di parole che dura quasi cinquecento pagine, apparentemente scandite da una precisa sequenza temporale data dalla suddivisione del romanzo in tre parti, una per ognuna delle tre signore Panofsky, e che si rivela in realtà un flusso di coscienza che ignora qualsiasi regola di sequenzialità e risulta all'inizio spiazzante. Questo perché Barney non è un narratore rigoroso: l'Alzheimer incipiente scava crudelmente buchi nella sua memoria, la quale, dal canto suo, funziona per libera associazione di idee; così basta una parola o un nome per suggerire il ricordo di un avvenimento totalmente lontano nel tempo e nei protagonisti rispetto a ciò che fino a due righe prima Barney ci stava raccontando. Del resto, questa è appunto, la sua versione: egli si frappone fra l'autore e il lettore con l'intento di portare chiarezza su alcuni episodi ambigui della sua vita e finendo col mettere in piedi un racconto che disattende in continuazione le aspettative del lettore, il quale fino all'ultimo si domanda fino a che punto credere ad uno che esplicitamente si definisce un contaballe.

Lo scopo dichiarato di questo girotondo di storie e personaggi è quello di discolparsi dall'infamante accusa di aver ucciso il suo migliore amico Boogie, ma raccontare i tragici eventi di poche ore non è cosa facile per un uomo dalla vita così piena: ci sono tante cose da spiegare, tanti personaggi che richiedono di dire la propria, c'è la Seconda Signora Panofsky con la sua incontrollabile logorrea verbale, c'è quell'inferno di donna di Clara, pazza e geniale, il vecchio Izzy con i suoi aneddoti sconci e le sue sbronze, quella carogna di Terry McIver e il suo imperdonabile successo come romanziere, e soprattutto c'è Miriam ("Miriam, mia dolce Miriam"), amatissima terza moglie, angelo custode e infinito rimpianto del nostro. E così Barney divaga, tergiversa, si perde fra passato e presente in un susseguirsi di digressioni esilaranti che mostrano un uomo impegnato a fare il bastian contrario di professione mentre ogni cosa attorno a lui sfugge al suo controllo e il destino si diverte a portare a conclusioni paradossali ogni sua azione, dimostrando un senso dell'umorismo all'altezza di quello del nostro caustico protagonista.
Barney cova molti rancori, che sono poi il motore della narrazione; Miriam che lo conosce bene lo definisce addirittura un "collezionista di rancori", ma alla fine il suo astio si concentra soprattutto su se stesso e sulla sua apparente mediocrità ("Io detesto quasi tutti quelli che conosco, ma nessuno quanto il molto disonorevole Barney Panofsky").

Tuttavia credo che questo libro sia molto di più delle confessioni di un ebreo rabbioso, i temi trattati sono molteplici così come molteplici sono i toni e le sfumature della narrazione: c'è la malinconia di un uomo che ha vissuto davvero e a cui ora la malattia sta portando via i ricordi e la dignità, c'è la memoria di una generazione che va perdendosi nel tempo, c'è la storia del Canada e delle difficoltà della sua multiculturalità, c'è la cultura yiddish con le sue contraddizioni, c'è l'antisemitismo nelle sue mille espressioni e soprattutto ci sono i sentimenti più puri, l'amore per i figli e per la moglie, il senso della famiglia. Un libro per cui non basta una sola lettura anche perché, arrivati in fondo, non si può non sentire la mancanza di Barney Parnofsky.
Ah, dimenticavo: alla fine, tra mille divagazioni, il giallo della morte di Boogie si risolve, basta aspettare l'ultimissimo capoverso dell'ultimissima pagina. Geniale.

Dettagli del libro

  • Titolo: La versione di Barney
  • Titolo originale: Barney's Version
  • Autore: Mordecai Richler
  • Traduttore: Matteo Codignola
  • Editore: Adelphi
  • Data di Pubblicazione: 200
  • Collana: Gli Adelphi
  • ISBN-13: 9788845919824
  • Pagine: 484
  • Formato - Prezzo: Brossura - Euro 12,00
 

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