2 ottobre 2016

La guardia, il poeta e l'investigatore - Jung-myung Lee

Nel 1944 la Corea è sotto l’occupazione giapponese, e nella prigione di Fukuoka non si permette ai detenuti coreani di usare la propria lingua. Un uomo, una guardia carceraria, viene trovato brutalmente assassinato, e un giovane collega dall’animo sensibile e letterario viene incaricato di condurre l’indagine e trovare il colpevole. La vittima era temuta e odiata per la sua brutalità, ma quando l’improvvisato investigatore avvia la sua inchiesta interrogando custodi e detenuti, ricostruendo poco a poco i movimenti degli ultimi mesi, un diverso e sorprendente scenario si impone alla sua attenzione. Dall’inchiesta sull’uomo emerge il passato di un povero analfabeta orfano dei genitori, il faticoso riscatto attraverso il lavoro, la carriera nella prigione, la scoperta di una passione inaspettata, il ruolo di «censore» con l’incarico di controllare la corrispondenza in entrata e in uscita dal carcere. E soprattutto il legame con un detenuto particolare, un famoso poeta coreano, autore di scritti sovversivi. E proprio attorno al poeta ruota l’intera vicenda: nel corso dei suoi interrogatori il giovane si trova a parlare sempre di più con il prigioniero e, come prima di lui la guardia assassinata, a immergersi in un dialogo fatto di letteratura, d’arte, di libertà. Si scopre a desiderare la bellezza dei suoi versi clandestini, a subire il potere eccitante e al tempo stesso rasserenante della parola poetica.
Calibrando suspense e ricostruzione storica, dolore e dolcezza, il romanzo dipinge un universo di contrasti: le condizioni dei detenuti obbligati ad abolire il proprio nome, la costante violenza fisica e psicologica alla quale sono sottomessi, il raggio di luce dei poemi del poeta realmente esistito Yun Dong-ju le cui parole diventano merce di contrabbando, balsamo di speranza, sfida provocatoria e coraggiosa alla crudeltà degli esseri umani.

Recensione

«La vita può non avere una ragione precisa ma la morte esige chiarezza, una ragione certa, non come prova di sé, ma a beneficio dei sopravvissuti».


Bestseller in patria, La guardia, il poeta e l'investigatore di Jung-myung Lee è arrivato anche in Italia all'inizio del 2016 per i tipi Sellerio. Ispirato alla vita del giovane poeta coreano -realmente esistito- Yun Dong-ju, arrestato a soli ventisei anni come potenziale sovversivo e deceduto nella prigione di Fukuoka pochi mesi prima della resa del Giappone, il romanzo affronta dal punto di vista del carnefice il difficile tema dell'occupazione coreana da parte dei giapponesi.

L'investigatore del titolo è anche il protagonista del romanzo: Yuichi Watanabe, adesso detenuto nella stessa prigione di Fukuoka in cui lavorava come guardia carceraria, è tenuto a rispondere dei maltrattamenti inflitti ai prigionieri durante la guerra. Pur avendo atteso con ansia la fine del conflitto per poter tornare ai libri polverosi della libreria dell'usato che gestiva con la madre, Watanabe non esita ad ammettere di aver anche lui amministrato brutalmente la giustizia giapponese e di aver chiuso gli occhi innanzi alle iniquità commesse e alla morte di innocenti. In seguito al crudele omicidio di Sugiyama Dozan (la guardia), Watanabe si ritrova suo malgrado a ripercorrere gli ultimi mesi di vita del collega, noto per il sadismo con cui si accaniva sui prigionieri, in special modo su quelli coreani. L'indagine, che ben presto si affianca al lavoro di censore degli scritti di proprietà dei detenuti e della posta in entrata e in uscita, precedentemente svolto da Sugiyama, rivela verità sorprendenti: tra gli effetti personali di Sugiyama, Watanabe rinviene una poesia, che a sua volta lo conduce fino a Yun Dong-ju (il poeta), incarcerato per attività sovversive - a cavallo tra la Prima e la Seconda guerra mondiale, quando la Corea fu annessa al Giappone inizialmente come protettorato e in seguito come vera e propria colonia, scrivere poesie in coreano era sufficiente per guadagnarsi tale capo d'imputazione. Ma quale può essere il legame tra una guardia così brutale, reduce di guerra e per di più quasi analfabeta, e un poeta coreano?

Chi cerchi in questo libro la brutalità della Storia rimarrà probabilmente deluso. A illuminare ogni passaggio più cruento è l'amore per la letteratura, la bellezza nascosta nei luoghi più crudeli e la sensibilità insita nelle persone più insospettabili. La prosa di Jung-myung Lee è semplice ed elegiaca, e non riesce a restituire (o non vuole) le immagini più crude e realistiche del contesto carcerario in tempo di guerra. Il sangue, la violenza, lo sporco e la malattia, pur accennati, vengono messi in ombra da un verso di Shakespeare, da una melodia nostalgica suonata da un'infermiera su un vecchio pianoforte, da un aquilone che leggero si leva dal cortile del carcere.
Watanabe, che non nasconde di aver obbedito ciecamente anche agli ordini più crudeli, è una voce pura, innamorata della letteratura, affamata di bellezza. Quella stessa bellezza che rivela la vera natura del tremendo Sugiyama, come testimoniano le parole di Yun Don-ju durante i molti interrogatori a cui Watanabe lo sottopone: non solo bruto e rude carceriere, ma anima in pena lacerata dal rimorso e dal rimpianto, rivivificata dal potere salvifico delle parole e dell'immaginazione.

Un'opera delicata per chi saprà apprezzarla, molto lontana dal realismo estremo - talvolta eccessivo - di un romanzo come La strada stretta verso il profondo nord di Richard Flanagan, che analogamente fa luce su un altro momento buio della storia giapponese durante la seconda guerra mondiale.

Giudizio:

+3stelle+

Dettagli del libro

  • Titolo: La guardia, il poeta e l'investigatore
  • Titolo originale: 별을 스치는 바람
  • Autore: Jung-myung Lee
  • Traduttore: Benedetta Merlini
  • Editore: Sellerio
  • Data di Pubblicazione: 2016
  • Collana: Il contesto
  • ISBN-13: 9788838933486
  • Pagine: 400
  • Formato - Prezzo: Brossura, sovraccoperta - 16.00 Euro

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