26 settembre 2013

L'amore graffia il mondo - Ugo Riccarelli

È come se portasse il destino nel nome, Signorina: suo padre, capostazione in un piccolo paese di provincia, l'ha chiamata così ispirandosi al soprannome di una locomotiva di straordinaria eleganza. E creare eleganza, grazia, bellezza è il suo talento. Un giorno dal treno sbuca un omino con gli occhi a mandorla e, con pochi semplici gesti, crea un vestitino di carta per la sua bambola. L'omino scompare, ma le lascia un dono, un dono che lei scoprirà di possedere solo quando una sarta assisterà a una delle sue creazioni. Potrebbe essere l'atto di nascita di una grande stilista, ma ci sono il fascismo, la povertà e gli scontri in famiglia, le responsabilità, i divieti e poi la guerra... e Signorina poco a poco rinuncia a parti di se stessa, a desideri e aspirazioni, soffocando anche la propria femminilità, con una generosità istintiva e assoluta. E quando infine anche lei, quasi all'improvviso, si scopre donna e conosce l'amore, il sogno dura comunque troppo poco, sopraffatto da nuovi doveri e nuove fatiche, e dalla prova più difficile: un figlio nato troppo presto e nato malato, costretto a "succhiare aria" intorno a sé come un ciclista in salita. Nonostante i binari della ferrovia siano ormai lontani e la giovinezza lasci il posto a una maturità venata di nostalgia, ancora una volta Signorina sfodera il suo coraggio e la sua determinazione al bene e lotta per far nascere suo figlio una seconda volta, forte e capace di respirare da solo.

Recensione

«La casa dei ferrovieri se ne stava piantata in mezzo a un fascio di binari, neanche fosse un capostazione. Aveva un unico grande portone e una sfilata di finestre bianche che a Delmo ricordavano una dentiera. L'ultima a destra era della sua camera da letto e quella mattina era l'unica spalancata, un buco nero che la faceva sembrare un dente mancante, o una carie appena visibile per lo spessore di una nebbia infame, densa come l'orzata che adesso inondava tutta la stazione impedendo quasi di vedere la torcia del Passi mentre segnalava lo scambio.»

Con questo romanzo, Riccarelli si è aggiudicato - postumo, dal momento che è scomparso a luglio - uno dei più prestigiosi riconoscimenti italiani dell'anno, il Premio Campiello 2013.

La prosa matura dell'autore, volta a restituire uno spaccato non solo culturale ma anche linguistico del Centro Italia degli anni '20-'30, si colloca innegabilmente al di sopra della media nazionale, ma il banale ricorso a una storia che dal pittoresco vira al lacrimoso dequalifica a mio parere l'opera, che si attesta sul livello medio.

La prima parte del romanzo è senz'altro la più convincente, permeata com'è dal respiro malinconico dell'autore: a essere narrata è la storia di Signorina, bambina e poi adulta cresciuta al fischio delle locomotive, personaggio d'altri tempi in un'Italia d'altri tempi. Signorina, che proprio d'una locomotiva prende il nome, nasce da Delmo, capostazione di un minuscolo paese del Centro Italia, e dalla Maria, sua seconda moglie e madre di tre dei suoi figli. L'incontro in stazione con un «omino secco con [...] dei baffetti appena accennati e due occhi stretti a mandorla» la mette sulla strada di quella che diverrà la professione della sua vita: il gentile orientale, cui offre la sua bambola in un gesto di infantile amicizia, gliela restituisce abbellita da uno splendido vestitino di carta.
Ritirata dalla scuola troppo presto dal padre che ritiene che saper leggere e far di conto sia già abbastanza per una donna, Signorina riesce a rimediare alle ristrettezze economiche della famiglia lavorando nella sartoria della signora Mei. Il fischio delle locomotive diviene ben presto il fischio delle bombe. La guerra ha lasciato i suoi solchi sul paese e sulla fanciullezza di Signorina, che infine da ragazzina è diventata donna, e com'è giusto che sia familiari e amici la spronano a metter su famiglia. Senza troppo guardarsi intorno, la sua scelta cade su Beppe, giovanotto del Nord sceso a trovare i parenti dopo sette anni di prigionia in Africa. Beppe non è certo una bellezza, e per di più è goffo e imbranato, ma la ama teneramente, e dopo un lungo fidanzamento Signorina si trasferisce a Torino con il nuovo marito.

Senza dubbio da apprezzare il fatto che la protagonista non figuri come un'eroina femminista ante litteram: Signorina non sfida le convenzioni del tempo rifiutando lo stereotipo figlia-moglie-madre e vivendo del suo lavoro, si sottopone anzi docilmente alla potestà del padre prima e del marito poi - quest'ultima, in verità, più fittizia che reale - operando scelte conformi al suo sesso e alla sua epoca. Il titolo del romanzo, d'altronde, è indicativo: L'amore graffia il mondo. Tutte le scelte personali della protagonista saranno dettate dall'amore docile (per la famiglia, per il marito, per il figlio), non dalla passione, e la straordinaria abilità sartoriale di Signorina sarà sempre e solo dapprima scappatoia di emergenza per superare le difficoltà economiche e poi sfogo privato, puro capriccio, ma mai affermazione personale o professionale. Da figlia rispettosa a moglie devota su cui pesa il dovere di supportare l'attività del marito incapace, Signorina tira fuori i denti solo quando Ivo, il loro primo figlio, nasce prematuramente con problemi respiratori.
E' quest'ultima parte del romanzo che perde le tinte nero di seppia del bozzetto di tempi andati: da questo momento in poi, la narrazione si concentra esclusivamente sulla malattia di Ivo e sul disperato amore materno di Signorina, che tenta di trattenere con le unghie il respiro del bambino che gli fugge dal petto.

Un romanzo onesto, questo L'amore graffia il mondo, una rievocazione malinconica di valori che non sono più, primo tra tutti quel senso della famiglia che in Signorina viene prima di ogni altra cosa e che si traduce inesorabilmente in rinuncia e sacrificio. Parte come un'affresco di larghe vedute, un tripudio di personaggi e scene caratteristici dell'Italia a cavallo tra le due guerre, e purtroppo va restringendo sempre più il raggio fino a divenire banale e lacrimosa vicenda privata, in cui si avverte una certa stanchezza e ripetitività nella narrazione. Un buon romanzo, in ogni caso, il cui problema principale è che non lascia alcun segno.

Giudizio:

+3stelle+

Dettagli del libro

  • Titolo: L'amore graffia il mondo
  • Autore: Ugo Riccarelli
  • Editore: Mondadori
  • Data di Pubblicazione: 2012
  • Collana: Scrittori italiani e stranieri
  • ISBN-13: 9788804616276
  • Pagine: 219
  • Formato - Prezzo: Rilegato, sovraccoperta - 19,00 Euro

3 Commenti a “L'amore graffia il mondo - Ugo Riccarelli”

  • 26 settembre 2013 alle ore 18:18
    Ossimoro says:

    Concordo pienamente con questa recensione: l'ho letto perché incuriosita dalla videorecensione di Luisa85 su youtube (che lo e anche perché tanti anni fa avevo adorato "Il dolore perfetto". Questo invece mi ha lasciata delusissima e persino convinta di essere stata io in errore e a non sentire nessun messaggio, nessun palpito di comunicazione provenire da questo libro. Ora so di non essere la sola!

  • 28 settembre 2013 alle ore 14:11
    sakura87 says:

    Purtroppo, ultimamente, tutti i miei tentativi con la narrativa italiana contemporanea non vanno a buon fine. Non so, c'è questa tendenza al tragico (malattie, aborti) a tutti i costi che mi fa storcere il naso. Finché "L'amore graffia il mondo" era la storia di Signorina inserita nel suo contesto storico il libro mi piaceva parecchio, poi è il romanzo diventato "Signorina e la malattia di suo figlio" e mi è caduto dal cuore.

  • 15 giugno 2014 alle ore 14:16
    Solsido says:

    A me invece è piaciuto molto proprio nella descrizione dell'angoscia di Signorina alle prese con la malattia del figlio.
    Riccarelli ha una sensibilità quasi femminile nell'analisi del sentimento materno della protagonista.Ha toccato delle corde a me familiari,anche se i miei figli stanno benissimo.Poi si sa che Riccarelli aveva un dramma personale e probabilmente l'eco della sua vicenda raggiungeva ogni suo scritto.

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