7 maggio 2009

Retrospettiva generi: Il racconto

Se siamo fortunati, tanto come scrittori che come lettori, finiremo l'ultimo paio di righe di un racconto e resteremo poi seduti un momento o due in silenzio. Idealmente, ci metteremo a riflettere su quello che abbiamo appena scritto o letto; magari i nostri cuori e i nostri intelletti avranno fatto un passo o due in avanti rispetto a dove eravamo prima. La temperatura del nostro corpo sarà salita, o scesa, di un grado. Poi, dopo aver ripreso a respirare normalmente, ci ricomporremo, tanto come scrittori che come lettori, ci alzeremo e, "creature di sangue caldo e nervi", come dice un personaggio di Cechov, passeremo alla nostra prossima occupazione: la Vita. Sempre la vita."

Eccomi qui a parlarvi un po' di questo sconosciuto, ovvero: il racconto.
Il racconto, in quanto espressione letteraria, ha origini antichissime, basti pensare alle tante "novelle medievali", ma soprattutto al Decameron di Boccaccio, che - come dice il nome - si svolge nell'arco di dieci giorni. 100 novelle per dieci giorni. Niente male. Il parallelo che viene spontaneo è quello con The Canterbury Tales di Geoffrey Chaucer, nient'altro che storie narrate da un gruppo di pellegrini.
Correndo lungo gli anni, il racconto ha avuto rappresentanti di massimo livello, basti citare per tutti Edgar Allan Poe, Anton Cechov, Guy De Maupassant, Ernest Hemingway.
In Italia questa forma letteraria ha avuto rappresentanti di tutto rispetto, da Verga a Pirandello, da Calvino a Moravia.
Ai giorni nostri, però, nel nostro paese la cultura del racconto non è ben coltivata, mentre altri paesi - quali Stati Uniti ed Inghilterra - danno alle antologie di racconti molto più spazio.
Quali possono essere - alla fine - i pregi del racconto? Perché apprezzarlo, perché conoscerlo?
La prima cosa che viene in mente è - ovviamente - il dono della sintesi. La capacità di dire molto con poche parole.
Quello che mi piace dei racconti è la loro anima "estrema". Un racconto, o ti piace o non ti piace, o ti prende o non ti prende. Non è diluito, non può sperare di recuperare nel gioco delle pagine, è lì, breve, conciso. Non fatevi ingannare dal concetto di "brevità"; in molti possono pensare che a scrivere dieci pagine sono buoni tutti, ma scriverne 300 è un'altra cosa. E invece no. Sebbene io sia una grande lettrice di romanzi, ai racconti non posso resistere. Perchè la loro immediatezza, la loro profondità, è spesso maggiore, più nitida, meglio espressa.
Il pregio delle antologie di racconti è - a mio parere - il fatto che, pur seguendo un filo comune, possono spaziare tra molte vite, molte emozioni, molti personaggi. Offrono diverse prospettive, diverse angolazioni, e se l'autore è abbastanza bravo non avremo la sensazione di leggere sempre la solita storia, piuttosto avremo l'idea di un concetto di base che ci viene mostrato in tutte le sue sfumature, dalle più luminose alle più buie. Raymond Carver, per citare uno dei maestri, è quasi irritante nella sua bravura: ti fa affacciare su vite ordinarie, ti racconta in cinque righe tutta un'esistenza, mette in gioco quell'imprevisto, quella piccola increspatura, e in questo modo rappresenta in modo perfetto qual grande spettacolo che è - semplicemente - la vita. Friedrich Durrenmatt ha scritto uno splendido racconto, dal titolo Natale, che conta esattamente 11 righe. E ha una forza incredibile.
Ci sono autori che si sono cimentati nelle raccolte di racconti pur avendo scritto romanzi straordinari, e autori che invece - per tutta una vita - hanno scelto di esprimersi attraverso il racconto.
Alla fine, tutti però hanno riflettuto sulla potenza di questa forma di scrittura, e sulla bravura necessaria per "dire ciò che si vuole in cinque parole, anzi tre, meglio due".
Lungi da me pensare che il racconto possa soppiantare il romanzo, ma mi piacerebbe - in verità - che ci fosse almeno una sorta di equilibrio, che al racconto venisse riconosciuto il giusto valore.
Negli ultimi tempi, per me, è diventato un piacere leggere antologie di racconti. Ho scoperto autori validissimi, uno su tutti Charles D'Ambrosio, che credo rimarrà una delle penne più dotate che abbia mai incontrato nella mia vita di lettrice.
Per concludere, lascio un piccolo elenco di suggerimenti letterari; di certo mancherà qualcosa, ma mi baserò su ciò che ho letto e che più mi ha conquistata. Come sempre, buone letture!

"Lei crede che ogni storia debba avere un principio e una fine? Anticamente un racconto aveva solo due modi per finire: passate tutte le prove, l'eroe e l'eroina si sposavano oppure morivano. Il senso ultimo a cui rimandano tutti i racconti ha due facce: la continuità della vita, l'inevitabilità della morte".
(Italo Calvino)
  • Cattedrale (Raymond Carver)
  • 49 racconti (Ernest Hemingway)
  • Tutti i racconti neri, fantastici e crudeli (Guy De Maupassant)
  • Le cosmicomiche (Italo Calvino)
  • Il sogno di mia madre (Alice Munro)
  • Il museo dei pesci morti, Il suo vero nome (Charles D'Ambrosio)
  • Non parliamo la stessa lingua (Todd Hasak-Lowy)
  • Il nuotatore (John Cheever)
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