13 luglio 2014

Peccati d'estate - Anat Einhar

Quattro storie in una città arroventata dal sole. I personaggi, come marionette mosse da fili immaginari, non possono sottrarsi al proprio destino; ognuno di loro reciterà la propria parte fino alle estreme conseguenze: chi quella della vittima, chi quella del carnefice. Accomunati dal calore di un’estate impietosa, che sembra risvegliare istinti e pulsioni violente, non troveranno sostegno nel prossimo né la forza interiore di respingere il peccato che li incalza.
Un professore di liceo scopre che i suoi studenti sono cresciuti e inizia ad averne paura. Un immigrato russo pulisce la casa di una celebre poetessa che lo accusa ripetutamente di furti mai commessi. Una bambina è costretta a portare un busto per curare la scoliosi e cerca aiuto in un misterioso vicino di casa. Una donna che non riesce a rimanere incinta stringe un patto sconsiderato con il cameriere di un bar sull’orlo del fallimento. Con una grande ricchezza di linguaggio, la capacità di mantenere sempre alta la tensione e la potenza di un immaginario vivido e di uno sguardo critico e arguto sulla società contemporanea, Anat Einhar tesse una trama avvincente e piena di significato che fa della sua opera prima una vera rivelazione nel panorama della letteratura israeliana.

Recensione

Peccati d'estate, opera prima di Anat Einhar, colpisce immediatamente per l'alto livello qualitativo della sua scrittura, per la capacità di scavare nel quotidiano. Una scrittura metamorfica, che riscrive la realtà in quattro distinti racconti che compongono il libro, diversi per personaggi, tematiche, estensione, ognuno significativo a modo suo.
Una delle tematiche che più caratterizzano la narrativa ebraica contemporanea è la difficile convivenza tra individui in uno spazio ristretto, che talvolta rinuncia pure allo scenario urbano per imprigionare i personaggi nelle quattro mura domestiche. Si avverte sin da subito in questo libro una precisa connotazione della dimensione spaziale, a cominciare dal primo racconto, con protagonista il professore Tzvi: in seguito alla morte dell'amato cane, lo spazio domestico diventa luogo di elaborazione del lutto e di conflitto familiare, mentre lo spazio aperto delle strade urbane si trasfigura in luogo idealizzato e perso per sempre. Tzvi ci prova, ad andare per strada da solo, ma senza il suo cane non è la stessa cosa, scopre un luogo diverso, che non è più suo. Si percepisce così la tragicità di un evento che ormai sembra cosa scontata, un attentato capace di fare sparire le persone, sì, ma anche di trasfigurare i luoghi, incrinare irremediabilmente la quotidianità.
Lo spazio chiuso ricorre negli altri racconti, come prigione e pure come palcoscenico in cui confinare i protagonisti e costringerli a recitare i propri ruoli. Come l'immigrato russo che cura la casa di una celebre e anonima poetessa (l'illustre Dalia Rabikovitch, ha svelato la casa editrice Giuntina), costretto al confronto con se stesso e con la donna che forse è straniera, e forse no. Così è anche per il terzo racconto, che ha per protagonista una bambina costretta a indossare un busto per la scoliosi. La sua vicenda si dipana in una serie di luoghi chiusi e soffocanti: la scuola, la piscina, la casa, come se fossero prigioni nelle prigioni. E di nuovo si affaccia il confronto con il diverso, il misterioso vicino e le sue donne tatuate sulle spalle.
Indubbia è la cura del profilo psicologico dei protagonisti, ritratti ricchissimi e vivi, e interessanti sono anche i personaggi secondari, forse anche più peculiari dei primi, più misteriosi (dal vicino tatuato alla poetessa, dal ragazzo del bar dell'ultimo racconto alla studentessa di Tzvi).
Notevole è l'apparato stilistico. Una scrittura bellissima, fortemente sensoriale, capace di lasciare forti impressioni sul lettore, mentre ci sono passi interi da sottolineare ed evidenziare. L'autrice è anche illustratrice, e probabilmente molto della sua esperienza con l'arte visiva è passata nella sua scrittura.
Un'opera prima meritatamente premiata, che si fa leggere con piacere e in poco tempo, dalla carica riflessiva che non si esaurisce voltata l'ultima pagina.

Giudizio:

+4stelle+

Dettagli del libro

  • Titolo: Peccati d'estate
  • Titolo originale: Torfim Shel Kayitz
  • Autore: Anat Einhar
  • Traduttore: Cecilia Biondi e Yair Haendler
  • Editore: La Giuntina
  • Data di Pubblicazione: 2014
  • Collana: Israeliana
  • ISBN-13: 9788880575474
  • Pagine: 224
  • Formato - Prezzo: Brossura - 15,00 Euro 
 

4 Commenti a “Peccati d'estate - Anat Einhar”

  • 14 luglio 2014 alle ore 09:48
    Anonimo says:

    è una mia impressione o la copertina unita al titolo ammiccano in modo fuorviante a un certo tipo di storie?

  • 14 luglio 2014 alle ore 10:08
    sakura87 says:

    In effetti anch'io, senza leggere la scheda del libro, guardando titolo e copertina avevo dato per scontato che si trattasse di storie a tematica lgbt. Se (come sembra) così non è, strana scelta.

  • 14 luglio 2014 alle ore 14:41
    Tancredi says:

    A parte che, mi permetto gioiosamente di notare, dire "ammiccano in modo fuorviante a un certo tipo di storie?" lo fa sembrare qualcosa di brutto e sconcio... Anch'io mi sono fatto qualche domanda, e mi sono lasciato influenzare dalla copertina. Ma basta leggere la sinossi per capire che non c'è spazio per amori ghei e via dicendo.
    Perché questa copertina non lo so, capisco le logiche di marketing, ma... boh.
    Il titolo credo sia originale (o almeno, l'edizione inglese è chiamata "Summer predators", quindi l'estate c'è, il resto non saprei). Mah!

  • 15 luglio 2014 alle ore 07:41
    sakura87 says:

    Per curiosità ho twittato alla Giuntina. La foto l'ha fatta la stessa autrice e si riferisce al primo racconto, non hanno pensato che l'accostamento potesse suggerire tematiche lgbt.

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