18 novembre 2013

Listopia: I milleuno libri da leggere almeno una volta nella vita (#501 - 520)

Quante volte ci siamo imbattuti in una di queste liste? La stessa BBC ne aveva stilata una da cento libri (piuttosto faziosa, se volete la mia opinione). Scopo di queste liste, è noto, non è permettere al lettore di scoprire nuovi libri e nuovi autori, bensì distruggere ogni sua pretesa di letterato facendolo sentire oltremodo ignorante per il gran numero di volumi che, a fine lista, scopre di non aver non solo mai letto, ma nemmeno sentito nominare. Noi vi proponiamo questa, pubblicata in volume, che già da diversi anni circola più minacciosamente della videocassetta di The Ring (o di Pootie Tang - questa è pessima, se la capite vergognatevi) distruggendo l'autostima di ogni lettore che credeva di aver letto tutti o la maggior parte dei cosiddetti libri da leggere prima di morire. La lista in questione ha i suoi difetti. Intanto è stata stilata approssimativamente nel 2005, per cui la sezione 2000 risulta incompleta; inoltre mette in lista solo narrativa, ed è eccessivamente sbilanciata su romanzi pubblicati nel corso del 1900, glissando decisamente su quelli pre-Ottocento. Continuiamo con un'altra carrellata di venti romanzi: nel corso degli articoli vedremo quali sono stati pubblicati in Italia e quali risultano ancora inediti.



501. Le perizie – William Gaddis (1955)

Uno dei grandi romanzi dell'età contemporanea che segue una folla di personaggi, certificando la difficoltà di essere se stessi in una realtà in cui il plagio tende a essere la regola dell'esistere.


502. Ragazzi di vita – Pier Paolo Pasolini (1955)

«Era una caldissima giornata di luglio. Il Riccetto che doveva farsi la prima comunione e la cresima, s'era alzato già alle cinque; ma mentre scendeva giù per via Donna Olimpia coi calzoni lunghi grigi e la camicetta bianca, piuttosto che un comunicando o un soldato di Gesù pareva un pischello quando se ne va acchittato pei lungoteveri a rimorchiare.»
Il Riccetto, il Caciotta, il Lenzetta, il Begalone, Alduccio e altri sono giovanissimi sottoproletari romani. Sciamano dalle borgate della Roma anni Cinquanta verso il centro, in un itinerario picaresco fatto di eventi comici, tragici, grotteschi. Alternano una violenza gratuita a una generosità patetica: Riccetto salva una rondine che stava per annegare ma non potrà far nulla dinanzi al piccolo Genesio trascinato via dalla corrente dell'Aniene; Agnolo e Oberdan assistono Marcello agonizzante, rimasto travolto dal crollo della sua scuola. La Roma monumentale e quella della speculazione edilizia è lo spazio contraddittorio in cui avviene questa sorta di rito iniziatico di una giornata dei «ragazzi di vita».


503. Bonjour tristesse – Françoise Sagan (1954)

Doveva essere un'estate speciale per la giovane Cécile, quell'anno in Costa Azzurra, in quella splendida villa bianca affacciata sul Mediterraneo, in compagnia del padre e di Elsa, la sua nuova amante. Un'estate davvero indimenticabile, se non fosse stato per l'arrivo di Anne, un'amica della madre di Cécile, morta quindici anni prima. Raffinata, colta, elegante, di una bellezza impenetrabile, la nuova arrivata conquista subito il padre di Cécile che in pochi giorni decide d'interrompere la sua relazione con Elsa e di sposare Anne. L'ammirazione nei suoi confronti non impedisce a Cécile, tuttavia, di vedere in Anne una rivale, una minaccia per la propria libertà, al punto da mettere in scena, grazie alla complicità di Elsa e dell'amico Cyril, un gioco sottile e lucidamente orchestrato per dividere i due amanti. Un piano perfetto, ma con esiti del tutto inattesi e ben più drammatici e devastanti di quanto Cécile avesse mai potuto prevedere. Introduzione di Valeria Parrella.


504. Stiller – Max Frisch (1954)

Un tale Mr. White, cittadino americano, viene fermato alla frontiera svizzera, identificato come lo scultore Stiller, ricercato dalla polizia, e incarcerato. I destini di un uomo in apparenza insignificante e di un artista di successo, forse coinvolto nello spionaggio internazionale, si incrociano. E poco a poco, nel buio del carcere, qualcosa di Stiller, instancabile ricercatore di novità e di verità, entra in Mr. White, prepotentemente, fino a costruire un'identità e una storia.




505. Self Condemned – Wyndham Lewis (1954)

Self Condemned, originally published in 1954, tells the story of Professor René Harding and his wife, Essie, as they find themselves in Momaco, a fictionalized version of Toronto, following René's resignation as an academic in London, England. Reduced to a position at the second-rate University of Momaco, René and Essie suffer through a bleak and oppressive isolation in a dreary and alien city.
The novel, a devastating, disturbing satire of life in wartime Canada, explores the difficulty individuals face as they struggle to adapt to new surroundings while preserving their sense of wholeness, as well as the bond that develops between people during a shared experience of isolation. Hailed by T.S. Eliot as "the greatest prose writer of my generation," Lewis wrote Self Condemned after he lost his vision in 1951.


506. Histoire d'O – Pauline Réage (1954)

La scandalosa discesa della giovane e bella O nei gironi della perversione ha stregato e diviso milioni di lettori. Un vero classico insuperato della letteratura erotica, presentato in una edizione impreziosita dai contributi di Alberto Moravia e Jean Paulhan.


507. Il disprezzo – Alberto Moravia (1954)

Se l'amore coniugale è il sofferto resoconto di una fedeltà impossibile, "il disprezzo" muove invece da una condizione apparentemente positiva, da una fedeltà matrimoniale quale è prevista dalle moderne istituzione borghesi.







508. Il signore delle mosche – William Golding (1954)

Un aereo cade su un'isola deserta mentre è in corso un conflitto planetario. Sopravvivono solo alcuni ragazzi che si mettono subito all'opera per riorganizzarsi senza l'aiuto ed il controllo degli adulti. Sembra il prologo ideale per un romanzo d'avventura che celebri il pragmatismo e il senso della democrazia britannici. Qualcosa invece comincia a non funzionare come dovrebbe, emergono paure irrazionali e comportamenti asociali, da cui si sviluppa una vicenda che metterà a nudo gli aspetti più selvaggi e repressi della natura umana. [La nostra recensione]


509. Sotto la rete - Iris Murdoch (1954)

A trent'anni e qualcosa, Jake Donaghue sbarca il lunario traducendo cattivi romanzi e scrivendo cose sue il meno possibile. Ha talento, ma è pigro: al lavoro preferisce la contemplazione sognante, coltiva con cura la fama di squattrinato e teme l'intimità ancor più della solitudine.
Quando Madge, la quasi fidanzata stanza dei suoi tentennamenti, lo scarica per un allibratore, Jake si ritrova in mezzo a una strada. Insieme a Finn, suo fedele e taciturno scudiero, si mette alla ricerca di un tetto e di qualche sterlina. Ma la Londra colorata e febbrile degli anni Cinquanta è un fiume di incontri e possibilità e lo risucchia con la forza di un vortice. Nel giro di pochi giorni, Jake riscopre l'amore per Anna – bella e misteriosa cantante la cui voce trafigge il cuore con "il fruscio dei gusci di castagne" – ricuce i rapporti con Hugo, l'amico filosofo precedentemente tradito e abbandonato, e finisce invischiato nell'intrigo sentimental-cinematografico ordito dalla sorella di Anna, l'attrice Sadie. Soprattutto, trova in Mister Mars, un vecchio cane ex star della tivù, da lui rocambolescamente rapito, un prezioso alleato nella battaglia per la conquista di una vita più autentica.
Piccolo capolavoro di ritmo, intelligenza, invenzione narrativa e verve stilistica, Sotto la rete è il primo romanzo di Iris Murdoch. Che qui presta a Jake Donaghue, suo alter-ego maschile, la propria tensione morale e il proprio sguardo, assieme ironico e appassionato, su un'epoca vissuta con bruciante intensità.


510. Messaggero d'amore – L.P. Hartley (1953)

Pubblicato nel 1953, “Messaggero d’amore”, capolavoro di Leslie P. Hartley, è lo struggente canto del cigno del romanzo romantico. Racconta la torrida estate d’inizio secolo del giovane Leo Colston che, ospite di una villa di campagna inglese, funge da messaggero dei romantici biglietti che Marian Maudsley, la figlia maggiore dei suoi ospiti, si scambia col fattore Ted Burgess. Testimone attivo di quell’amore impossibile, Leo, ormai uomo attempato, torna nei luoghi di quell’estate e ripercorre quella vicenda, messaggero ancora una volta dell’impossibilità di amare. Trasposto per il cinema nel 1970 da Joseph Losey, e interpretato da Julie Christie e Alan Bates, il film vinse la Palma d’oro al festival di Cannes. Memorabile è la frase iniziale del libro: “Il passato è una terra straniera. Le cose accadono in maniera differente, laggiù”.


511. Il lungo addio – Raymond Chandler (1953)

Quando Philip Marlowe, l'investigatore privato ideale di Raymond Chandler, vede per la prima volta Terry Lennox ubriaco in una Rolls Royce fuori serie di fronte alla terrazza del Dancers non sa ancora quale influenza avrà sul suo destino. Lo sorregge tra le sue braccia, comunque, dopo che la donna che lo accompagnava ha tagliato la corda con la Rolls, accennando a un appuntamento irrecusabile, e cerca di tenerlo su in tutte le maniere, non solo fisicamente. Così si lega a Terry in una tormentosa successione di eventi pericolosi. L'amicizia virile, movimento classico del romanzo di avventura, è qui celebrata quasi oltre ogni limite. Il lungo addio è forse il più tragico e il piu bello dei romanzi di Chandler. Nell'amicizia virile come nell'amore bisogna essere in due, ma la quota di amicizia o d'amore non è mai uguale.


512. L'Innominabile – Samuel Beckett (1953)

[Pubblicato da Mondadori nel 1970 e ormai fuori catalogo, L'innominabile è il terzo e ultimo episodio della trilogia composta dai romanzi Molloy e Malone muore. L'opera consiste interamente nel monologo di un personaggio (innominabile) che rivendica di essere il creatore delle storie degli altri due romanzi della trilogia e delle opere Murphy, Mercier e Camier e Watt.]





513. Watt – Samuel Beckett (1953)

Watt è il terzo romanzo di Samuel Beckett (dopo Dream of Fair to Middling Women e Murphy), nonché l'ultimo scritto in inglese. Vi si narra la storia di un uomo di mezza età e di «cultura universitaria» che va a servire nella casa di un certo signor Knott (attenzione alle omofonie dell'onomastica beckettiana: Watt si pronuncia come what e Knott come not, se non nought, zero). Al suo arrivo il servo che svolge mansioni al piano terra si trasferisce al primo piano (dove ci si occupa direttamente del signor Knott); quello del primo piano se ne va. E di questo andare e venire si nutrirà il «destino» di Watt. Il romanzo è dunque il resoconto di questo strano «servizio» così simile alla vita: si viene, si cerca di capire il perché e dove si è venuti, si ha la sensazione di raggiungere una qualche meta, poi si va via. Le vicende semplici ed esemplari di Watt nella casa del signor Knott (una casa verosimilmente costruita e arredata dai costruttori e dagli arredatori di Kafka) vengono però narrate da Beckett con un umorismo acre che ha pochi eguali nella storia della letteratura (forse solo il comico sadismo di Sterne può essere chiamato in soccorso). Watt, è stato notato, si comporta con l'inconoscibile casa del signor Knott (e con il mutevole, silenzioso, intangibile signor Knott) come un positivista logico che, con le sue brave griglie di pensiero, sbatte il muso contro la mutevolezza dell'essere. Ma la sua paradossale volontà logocentrica, nella generale assenza di motivazioni per ogni accadimento, per ogni scelta apparente, per ogni attimo di vita, si trasformerà ben presto in un'autentica «cognizione del dolore».
Scritto durante la guerra, in un paesino delle Alpi dove Beckett si era rifugiato per sfuggire alla Gestapo, Watt è un romanzo straordinario nel quale, senza che la guerra venga mai nominata, si delinea lucidamente non solo il fallimento del grande mito estetico joyciano di dare voce al «chaosmos», ma anche e soprattutto il lascito di sfiducia nelle «ragioni della ragione», che quella stessa guerra consegnò a tutti i sopravvissuti.
Per il testo di cerniera fra la ricchezza linguistica del primo Beckett e il delirio verbale scarnificato del Beckett successivo, era necessario realizzare una traduzione che mantenesse la felice compresenza (non più ripetuta dallo scrittore) di questa doppia tonalità. Duro compito affrontato con singolari capacità empatiche da Gabriele Frasca, che oltretutto riesce funambolicamente a recuperare i momenti di comicità più intraducibile dell'originale.


514. Lucky Jim – Kingsley Amis (1953)

Jim Dixon è un giovane studioso di letteratura inglese medievale in un'oscura università delle Midlands. La Seconda guerra mondiale è finita da poco, il vecchio ordine si è sgretolato e quello nuovo non è ancora sorto dalle macerie del conflitto. Jim cerca il proprio spazio nel mondo, convinto che "sono infiniti i modi in cui le cose belle sono più belle di quelle brutte" e che lo studio e l'amore possano, forse, regalargli una vita diversa.




515. La scimmia sulla schiena – William Burroughs (1953)

Di origine ed educazione altoborghese, nevrotico, tossico–mane e tossicologo, accusato di uxoricidio, di uso e spaccio di droghe, William Burroughs, capostipite della beat generation, si differenzia dagli altri scrittori dediti agli stupefacenti per la fredda, impassibile obiettività scientifica con cui descrive e sperimenta su se stesso gli effetti delle varie droghe, dalla morfina allo yagè, che favorisce i fenomeni telepatici.La scimmia sulla schiena riflette queste esperienze con un linguaggio di crudele precisione e colloca il suo autore, anarchico e "immoralista", nel grande filone di denuncia e di protesta.


516. Le avventure di Augie March – Saul Bellow (1953)

Pubblicato nel 1953, "Le avventure di Augie March" rappresenta una delle vette della produzione romanzesca di Bellow, la sua prima opera importante: un romanzo di formazione dalla forte componente autobiografica, popolato da una miriade di personaggi pittoreschi colti nel loro incessante movimento, in cui rivivono echi della tipica narrazione americana, soprattutto il tema twainiano della fuga, delle peripezie e dell'iniziazione dell'eterno adolescente. Ambientato in una brulicante, indimenticabile Chicago degli anni venti, il racconto segue le avventure del giovane Augie, che costretto ai margini della società si ingegna a sopravvivere passando da un mestiere all'altro. Con la partenza per il Messico, spinto da un'amante che lo convince ad accompagnarla ad addestrare aquile, inizia la sua picaresca avventura nel mondo; un viaggio rivelatore, fatto di mille incontri inaspettati, in cui anche le vicende belliche diventano occasione per scoprire le verità più riposte dell'esistenza umana.


517. Gridalo forte – James Baldwin (1953)

In questo romanzo, Baldwin ci porta nella Harlem della sua adolescenza. Il suo stile narrativo, denso e ritmico, porta con sé una critica aspra del razzismo. Raccontando i contrasti di una famiglia attraverso due generazioni, dal sud rurale al ghetto del nord, "Gridalo forte" è il ritratto di persone catturate in una lotta drammatica e di una società in rapida trasformazione. Assente da tempo dal mercato italiano, vi ritorna ora in una nuova traduzione.


518. Casino Royale – Ian Fleming (1953)

Il 15 gennaio del 1952, quando si siede alla scrivania di Goldeneye, la sua villa in Giamaica, Ian Fleming non ha idea di cosa scriverà. Parte dal nome del suo personaggio, rubato a un allora celebre ornitologo, e dal ricordo di una partita a carte al Casino di Lisbona, nel 1941. Il primo James Bond nasce così, ed è un romanzo molto diverso da come forse lo stesso Fleming amava raccontarlo. Le scene sono poche, non più di quattro, i veri personaggi anche meno. James Bond impareremo a conoscerlo meglio, perché qui è ancora nei panni - eleganti, spiritosi, crudeli - di Ian Fleming. Ma l'abominevole Le Chiffre, e il suo occhio quasi bianco, non li dimenticheremo, come difficile sarà scordare la Bond Girl forse più letale, la sublime Vesper Lynd. Tutto dunque comincia da qui, dall'odore nauseante di un casinò alle tre del mattino. E la speranza è che duri il più a lungo possibile.


519. Il giudice e il suo boia – Friedrich Dürrenmatt (1953)

Friedrich Dürrenmatt, proprio agli esordi della sua attività letteraria, mentre si dichiarava consapevole degli schemi ripetitivi e immobili ai quali si richiama il romanzo giallo, ha costruito con "Il giudice e il suo boia" un congegno perfetto, che seduce il lettore fino all'ultimo, senza scoprire, neppure per vaghi accenni, l'identità del colpevole. Il protagonista è il vecchio ispettore Barlach, incaricato, insieme con il giovane agente Tschanz, di indagare sull'assassinio del tenente della polizia di Berna, Schmied. La scena si svolge intorno alla villa, nei pressi del lago di Bienne, di un avventuriero altolocato, Gastmann, che si vale di amicizie politiche influenti, tanto da indurre un consigliere nazionale e un giudice istruttore a sviare Barlach dai suoi propositi di giustizia. Fra Barlach e Gastmann esiste un legame antico, fin da quando Gastmann, a Istanbul, ha commesso un delitto sotto gli occhi di Barlach e lo ha sfidato a un duello che dura da tutta la vita. Ma l'ispettore, anche se vecchio e malato, prima di morire tesse con astuzia una rete che costringe un carnefice a eseguire una sentenza di morte che egli stesso ha decretato. Come suggerisce la norma in questi casi, si risparmiano al lettore i particolari per non interrompere il filo della suspense fino alla sorpresa finale.


520. Uomo invisibile – Ralph Ellison (1952)

L'iniziazione di un ragazzo nero nell'America dei bianchi. Una tematica sociale bruciante affrontata in uno stile letterario e altamente simbolico, tra Melville e Dostoevskij. Questo romanzo, pubblicato per la prima volta nel 1953 rappresenta la prima testimonianza del dramma dei neri d'America. L'invisibilità del suo protagonista è condizione subita da uno come tanti, umiliato, negato nella sua essenza di uomo. Eppure, essa esprime anche una sottile libertà, una potenzialità estrema, poiché all'anonimato, alla mancanza di definizione è connessa la scoperta "che gli uomini sono differenti e che tutta la vita è divisa e che soltanto nella divisione vi è vera salvezza". Tra i primi romanzi afroamericani a uscire dai canoni della letteratura di protesta o di impianto sociologico, "Uomo invisibile" tocca profondamente i punti nevralgici dell'ingiustizia sociale e della discriminazione razziale. Come sottolinea Luciano Gallino nella sua Prefazione, "per molti tratti, la vita reale di Obama, quale narrata nella sua autobiografia, appare riprodurre quella fittizia del protagonista; mentre l'opera letteraria costruita dal personaggio reale ritrova scansioni, scene, luoghi, passaggi traumatici da una comunità all'altra singolarmente affini a quelli del romanzo. Sono rari i romanzi di cui si possa dire che paiono aver intimamente influenzato sia la formazione morale e politica, sia il modo in cui la racconta, di un futuro presidente degli Stati Uniti, non a caso il primo nero".

1 Commenti:

  • 18 novembre 2013 alle ore 15:31
    Unknown says:

    "Le perizie" di Gaddis! favoloso: un libro dove ciascun personaggio è un falsario.

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