3 maggio 2013

L'uccello che girava le viti del mondo - Haruki Murakami

Il protagonista è un giovane giapponese che ha appena lasciato volontariamente il lavoro in uno studio di avvocati. È felicemente sposato con una donna in carriera. Tutto ha inizio da due episodi insignificanti: il gatto di casa scompare e l'uomo riceve la telefonata anonima di una donna che con voce sensuale gli chiede un incontro. A partire da quel momento la sua vita, fino ad allora normalissima, inizia a subire una strana trasformazione. Intorno a lui compaiono personaggi sempre più strani, e la realtà - il reale - inizia a degradarsi in qualcosa di fantasmagorico.

Recensione

A fronte di un dilagante entusiasmo nei confronti di questo romanzo, devo confessare un misto di stupore e scetticismo, perché il gigante L'uccello che girava le viti del mondo mi pare il capolavoro mancato di un Murakami che cerca, ma non riesce, di spingersi verso una scrittura più matura e definita, a sintesi delle diverse esperienze dei romanzi precedenti.

Un capolavoro mancato. La dimensione del romanzo, i temi trattati, la finissima introspezione, morbosa e ossessiva, del protagonista assoluto lasciano intendere la precisa volontà di porre un macigno sulla sua produzione: pare essere il libro che tutti si aspettavano. Eppure, e chissà, forse proprio per questo, l'operazione non riesce completamente.

Perché capolavoro mancato? Perché storia, ambientazione e tematica sono trite e ritrite. Perché in ottocento pagine non succede assolutamente niente. Perché, in alcuni passi, ci si annoia anche.

Da buon romanzo di Murakami, la storia si fa leggere come un percorso di crescita, un viaggio interiore, del solito protagonista di Murakami: un uomo, trent'anni, grigio e anonimo, colto in una fase di totale stallo nella sua vita. Un copione già scritto, almeno nel dittico Nel segno della pecora - Dance dance dance, e con risultati pure migliori di questo. Se in quei romanzi l'autore è stato capace di infondere vitalità e dinamismo, costruendo un viaggio a tutto tondo, su più livelli, L'uccello che girava le viti del mondo colpisce e annienta per la sua stasi, la sua piattezza, immobilità. Ogni volta il protagonista ha l'occasione di andare via, fuggire, muoversi, e ogni volta declina l'offerta, immbolizzandosi sempre di più. E' voluto, è chiaro, tanto più se si pensa alla figura estremamente simbolica del pozzo, nel quale il protagonista si cala più volte, con tutta una serie di allegorie sulla catabasi, sulla discesa dentro di sé. Ma al di là del dinamismo narrativo e dei movimenti all'interno del romanzo, il problema è che davvero in ottocento pagine non accade nulla, al punto che la trama può esser ridotta in un paio di righe: il protagonista prima perde il gatto, poi gli scompare anche la moglie; nella sua ricerca si imbatte in una serie di personaggi stravaganti, ha una serie di sogni deliranti, infine ritrova la moglie, e con essa una verità che però risulta decisamente insoddisfacente. Fine.

Si può provare a dire che il grande merito di Murakami sia stato di aver dato vita a un profondo romanzo introspettivo: in effetti tirare avanti per ottocento pagine facendo a pezzi una mente umana non è poco. Ma anche sotto questo aspetto il romanzo risulta carente. Privo di una precisa identità, soprattutto. E ancora più fastidiose risultano le digressioni narrative che intaccano e sporcano questa altrimenti ininterrotta e morbosa introspezione: le lettere della giovane May, i racconti di guerra di un vecchio tenente, e storie di vite di altri personaggi ancora. Alcuni singolari e interessanti, il caso delle sorelle Malta e Creta; altri decisamente più noiosi, al punto che ho letteralmente sfogliato, più che letto, i capitoli sulla guerra in Manciuria.

Se poi si tenta il paragone con altri romanzi dell'autore, il giudizio risulta ancora meno positivo. La gestione del surreale, punto di forza di Murakami, qui si fa fiacca: anche nei romanzi più deliranti e confusi, si ha sempre la sensazione di una direzione, di un senso; e proprio un senso sembra mancare in questo romanzo, dove quel poco che accade sembra sfuggire a qualunque significato e motivazione. E alla fine, quel poco che viene chiarito (la sparizione della moglie, soprattutto) risulta pure troppo poco; una toppa peggiore del buco.

Grande scrittura, assolutamente sì. Introspezione finissima e magistrale, indubbiamente. Visionarietà, immancabile come nello stile di Murakami. Capolavoro? Proprio no.

Giudizio:

+4stelle+

Dettagli del libro

  • Titolo: L'uccello che girava le viti del mondo
  • Titolo originale: Nejimaki-dori kuronikuru
  • Autore: Haruki Murakami
  • Traduttore: A. Pastore
  • Editore: Einaudi
  • Data di Pubblicazione: 2007
  • Collana: Super ET
  • ISBN-13: 9788806188177
  • Pagine: 836
  • Formato - Prezzo: Brossura - 17,50 Euro

2 Commenti a “L'uccello che girava le viti del mondo - Haruki Murakami”

  • 14 agosto 2018 alle ore 06:24
    lucy says:

    sono assolutamente d'accordo

  • 31 agosto 2018 alle ore 12:32
    Diana says:

    Un romanzo che non finisce mai ed oltretutto non succede niente.

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