22 novembre 2012

Diario di lettura di Sakura: Incarceron. La prigione vivente

Incarceron è una prigione avveneristica e invisibile, dove i discendenti dei prigionieri originari vivono in un mondo oscuro scosso da rivalità e violenze. È un incrocio di inquietanti tecnologie, un edificio vivente, un Grande Fratello vendicativo e sempre in guardia, corredato di camere di tortura, sotterranei e passaggi segreti. In questo luogo un giovane prigioniero, Finn, ha delle visioni della sua vita precedente e non riesce a convincersi di essere nato e cresciuto lì. Nel mondo esterno Claudia, figlia del direttore di Incarceron, è intrappolata in un altro tipo di prigione, un universo tecnologico ma costruito con meticolosa cura affinché appaia come un'epoca antica­ dove la attende un matrimonio combinato con un ricco playboy che lei odia. Ma arriverà un momento in cui Claudia e Finn, contemporaneamente, troveranno un oggetto, una chiave di cristallo, attraverso la quale potranno parlarsi. E allora sarà solo questione di tempo prima che i due mondi, finora separati dagli spessi muri di Incarceron, entrino in contatto.

Recensione

Precisazione: questo è un diario di lettura, che non vuole costituirsi recensione vera e propria. Conterrà modi di dire più coloriti rispetto a una normale recensione, volti a far ridere restituendo le emozioni suscitate in chi ha letto il romanzo. Non si intende assolutamente arrecare offesa né danno all’autrice, alla casa editrice che lo ha pubblicato, ai lettori che lo hanno apprezzato.


Nella mia carriera di (dis)onorata lettrice, fortunatamente mi è capitato per le mani un numero tutto sommato accettabile di ciofeche. Alcune (come Twilight) mi sono toccate per caso, altre (come i seguiti di Twilight) me le sono andate a cercare con gusto sadomasochista. In ogni caso, tra tali ciofeche quelle del tutto illeggibili sono una percentuale minima.

Ormai agli sgoccioli di questo duemiladodici, pensavo di aver raschiato il fondo annuale con Inheritance di Cristopher Paolini, e invece no, perché dovevo ancora leggere Incarceron di Catherine Fisher.

Quando un libro sfonda, nasce la moda: il thriller storico a sfondo religioso in seguito al successo del Codice da Vinci, i romanzi di vampiri e i paranormal romance dopo il successo di Twilight, il giallo nordico dopo la notorietà raggiunta dalla trilogia Millennium, il romanzo erotico in seguito al successo di Cinquanta sfumature. I dati di gradimento e di vendita di Hunger Games hanno dato il via alla moda del romanzo distopico (dispotico secondo alcune acculturate blogger) riadattato a un pubblico giovane, ed è qui che si colloca Incarceron.

Nata la moda, le case editrici si fiondano a seguire la scia appena nata, pubblicando a casaccio romanzi dello stesso genere. Ed ecco di nuovo Incarceron, un libro così malscritto da raschiare veramente il fondo del barile. Se Matched aveva un suo messaggio di fondo e risultava tutto sommato ben scritto, il romanzo di Catherine Fisher è quasi incommentabile già a partire dal primo capitolo: l’ubriaco narratore (onnisciente? Interno? Ma forse l’autrice non conosce nemmeno il significato questi due termini eppure non troppo tecnici) saltella qua e là privo di bussola senza sapere ove risiedere, con un punto di vista che cambia ogni tre righe. Il lessico è povero, il frasario semplice fino all’osso, i dialoghi improbabili e/o di una banalità sconcertante, le descrizioni così approssimative e maldestre che figurarsi questi due mondi agli antipodi (gli infernali interni di Incarceron e l'esterno fintamente demodè) è pressoché impossibile. A tutto ciò aggiungete una traduttrice che non sa usare la punteggiatura (oltre a refusi vari, ma quelli dovrebbe essere un correttore di bozze - evidentemente in ferie - a sistemarli) e che a questo punto mi fa domandare quanta parte abbia avuto nell'illeggibilità di questo romanzo. Giusto per fare un esempio, a pagina 286 un personaggio esclama "Dio!". Ma in Incarceron non esistono divinità, tantomeno quella cristiana. Autrice o traduttrice?

Non mi era mai accaduto, finora, di trovarmi così spaesata da dover rileggere un intero capitolo per capirci qualcosa. Nemmeno con l'infernale Neuromante di Gibson, e vi assicuro che per me è stata una lettura faticosa quanto una maratona. E io sono fumatrice e amante dei dolci, non so se mi spiego.

Se le difficoltà nella lettura di Incarceron si fossero fermate al primo capitolo, avrei anche potuto soprassedere: avrei chiuso un occhio e proseguito senza troppi danni. Ma a un primo capitolo incomprensibile, con protagonista Finn - lo sfigato che si trova dentro -, segue la presentazione di un personaggio che è collage di così tanti cliché da non riuscire a elencarli tutti: Claudia - la fortunata che si trova fuori. Solo che Claudia non si sente fortunata: è ricca sfondata e promessa sposa di un libertino idiota, la futura suocera ha tutte le caratteristiche delle matrigne delle fiabe, suo padre (nientemeno che il guardiano di Incarceron) è molto severo e pretende di utilizzarla per fini politici. Claudia, comprenderete, non ci sta: lei non è come le sue coetanee principessine, va a cavallo, si arrampica sugli alberi, si mangia le unghie, sporca e strappa i ricchi abiti che affollano i suoi armadi, fa i dispetti alla servitù, escogita ogni modo di infrangere le regole. Una protagonista simpatica quanto un pezzo di popcorn incastrato tra i denti: va detto però che non è questo il problema principale del romanzo.

Al capitolo che presenta Claudia ne segue uno che consente di fare maggior luce su Finn. Se Claudia (anche se nel male) lascia il segno, Finn è uno di quei protagonisti né carne né pesce, quelli a cui tieni così poco che pensi già a pagina trenta che sarebbe divertente vederli morire in modo atroce e inaspettato. Giusto per movimentare la trama. Ma la Fisher certo non è quel tipo di scrittore, ergo ci tocca sciropparcelo fino alla fine.

Non tedierò voi con un riassunto di ciò che ha tediato me: vi basti sapere che la trama è così intricata che chiunque sia dotato di normale acume (e abbia prestato un minimo di attenzione alla storia, prova in realtà abbastanza ostica) capirà tutto l’inghippo del libro precisamente a pagina 142. Il resto della storia scivola via tra i tediosi preparativi del matrimonio combinato di Claudia e il tentativo di Finn di evadere da Incarceron, una prigione-mondo dotata di volontà propria. L'unico tenue pregio del romanzo è questo: l'idea (ma solo l'idea, attenzione, perché la resa è pessima) di un mondo perfettamente formato e chiuso contenuto in un'altra realtà, e il dubbio, instillato per poco, che la realtà sia solo un altro aspetto di Incarceron.

Non continuerò a sparare sulla Croce Rossa: Incarceron non è un libro pretenzioso che si spaccia per ciò che non è, è solo un brutto libro, sotto ogni aspetto, e non avrebbe meritato nemmeno l'autopubblicazione.

Neanche a dirlo, è una saga (ergo non è possibile commentarne il finale), attualmente composta da due volumi. Mi perplime anzichenò l'entusiasmo che ha suscitato nella rete. Osannato da blogger e riviste, e non solo in Italia. Ma la gente cosa è abituata a leggere?

Mi rispondo da sola: Cinquanta sfumature di grigio.

Giudizio:

+1stella+

Dettagli del libro

  • Titolo: Incarceron. La prigione vivente
  • Titolo originale: Incarceron
  • Autore: Catherine Fisher
  • Traduttore: Simona Pisauri
  • Editore: Fazi
  • Data di Pubblicazione: 2012
  • Collana: Lain
  • ISBN-13: 9788876251283
  • Pagine: 374
  • Formato - Prezzo: Rilegato, sovraccoperta - 14.90 Euro

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