7 dicembre 2011

Moby Dick - Herman Melville

Moby Dick (Moby-Dick; or, The Whale) è un romanzo pubblicato nel 1851 dallo scrittore americano Herman Melville. La trama del libro si può riassumere assai brevemente come il viaggio della baleniera Pequod, comandata dal capitano Achab, a caccia di capodogli e balene, e in particolare della enorme balena bianca (in realtà un capodoglio) che dà il titolo al romanzo. Tuttavia in Moby Dick c'è molto di più: le scene di caccia alla balena sono intervallate dalle riflessioni scientifiche, religiose, filosofiche e artistiche del protagonista Ismaele, alter ego dello scrittore, rendendo il viaggio un'allegoria e al tempo stesso un'epopea epica.

Recensione

Che Moby Dick sia molto più di un libro d'avventura è evidente sin dalle prime due parole dell'incipit: 'Chiamatemi Ismaele' è l'atto con cui il protagonista si autonomina, e lo fa con un nome che proviene dalla tradizione biblica.

Senza voler affrontare una recensione vera e propria per questo romanzo storico, che ha ricevuto sin dalla sua pubblicazione nel 1851 una serie ininterrotta di studi, interpretazioni e analisi testuali e letterarie, vorremmo solo appuntare l'attenzione su alcuni aspetti che rendono questa narrazione, epica e drammatica insieme, una specie di anomalia, o quanto meno un'espressione eccentrica della fantasia dell'autore: con la sua pubblicazione lo scrittore nordamericano si distacca dalle precedenti opere, narrativa di viaggi nei mari del Sud, e perde anche gran parte del suo successo di pubblico.
Per contro, proprio Moby Dick è l'opera di Melville ritenuta più importante e universalmente considerata un capolavoro della letteratura mondiale.

In effetti la caccia solitaria alla balena bianca - e solitaria lo è davvero questa caccia, perché, nonostante la presenza di una ciurma numerosa, la sfida si riduce a un duello mortale con due protagonisti, il capitano e Moby Dick -, intrapresa dal capitano Achab con una cerimonia sul Pequod, la sua baleniera, che ricorda riti tribali e sacrifici iniziatici, si distacca dai cliché della narrativa d'avventura genere feuilleton per diventare l'incarnazione di un'ossessione personale, una vera e propria monomania, come più volte sottolinea il narratore.
In questa ricerca, modellata sul topos mitologico della 'caccia sacra', che ha come luogo l'infinito dell'Oceano, tutto diventa metafora di qualcosa d'altro.

Una lunga parte del racconto è precedente all'imbarco e ricorda, oltre all'arrivo di Ismaele a Nantucket, dove si imbarcherà sul Pequod, anche la conoscenza con il polinesiano Queequeg, uno degli arponieri della spedizione. I presagi sono il leit motiv di questa sezione: durante una predica tra le pareti fredde e spoglie - come possiamo immaginarle nella tradizione puritana del New Jersey - viene citato il racconto biblico di Giona, il profeta che, per aver disobbedito al volere divino di predicare contro le perversioni di Ninive, finisce per tre giorni nel ventre di un pesce gigante, raffigurato nell'iconografia sacra come una balena.

Nel testo, che vede una serie di divagazioni laterali su vari temi legati al whale-hunting, dalla classificazione dei cetacei alle tecniche di estrazione dell'olio (lo 'spermaceti') alle scene di vita quotidiana su una baleniera, i riferimenti a un sottotesto per così dire 'biblico' - nel senso che attraverso i riferimenti sacri si crea una lettura traslata della narrazione - sono continui e appartengono alla trasfigurazione del capodoglio e di Moby Dick in particolare nell'immagine del mitico Leviatano, mostro marino ereditato forse dalla mitologia babilonese che incarna la potenza divina della natura.

La balena bianca diventa in qualche modo simbolo delle forze che non si lasciano sottomettere dalla volontà umana, dell'irrazionale e del caos primordiale, del sentimento di matrice romantica che si prova dinanzi all'infinito, incomprensibile e ingovernabile: è il sublime, che Achab odia ma dal quale non può fare a meno di essere attratto, anche a costo della propria sanità mentale e della vita, sua e del suo equipaggio.

Il destino di Achab è adombrato in qualche modo anche nel personaggio biblico da cui prende il nome: il re d'Israele in aperto scontro con i profeti del Dio unico, come il capitano monolitico rifiuta di ascoltare qualsiasi consiglio da parte dei suoi ufficiali, va contro la volontà divina ed è per questo condannato a una morte infame sul campo di battaglia.

Un parallelismo simile riguarda anche la figura del narratore, Ismaele, che nel racconto del Vecchio Testamento è il figlio illegittimo di Abramo, scacciato dal padre insieme alla madre Agar e costretto a una vita solitaria di peregrinazioni e vagabondaggi nel deserto d'Arabia.

Ciò che rende blasfema la caccia del capitano Achab è il suo essere il simbolo di una sfida: non insegue Moby Dick tanto perché gli ha strappato una gamba rendendolo storpio, quanto perché lanciando il suo arpione - che ha voluto consacrare nel momento della forgiatura bagnandolo nel sangue degli arponieri polinesiani - contro la balena bianca scaglia la sua bestemmia tracotante contro l'intangibile e inavvicinabile mistero divino fatto carne nella manifestazione della natura.

E il suo atto è reso ancora più grave dal fatto che viene compiuto in nome e per conto dell'umanità intera, come atto di ribellione luciferina: all'inizio della navigazione, in una scena di baldoria collettiva, i marinai si scatenano in una giga dividendosi per nazionalità e nell'equipaggio ogni parte del mondo conosciuto sembra essere rappresentata.
La danza sacrilega richiama alla mente il giubilo del popolo di Israele che, dopo la fuga dall'Egitto, si concede alle danze idolàtre intorno al vitello d'oro: in questo caso è d'oro il lingotto che Achab promette come ricompensa per il primo della ciurma che avvisti lo sbuffo della balena bianca.

Inevitabilmente l'atto di superbia voluto da Achab termina nell'annichilimento della volontà umana di fronte alla potenza divina, che prende le sembianze del leviatano-Moby Dick: il gorgo che inghiotte nell'abisso insieme al capitano anche la nave e l'equipaggio costituisce l'immagine rovesciata verso il basso della torre di Babele, altro esempio di presunzione dell'orgoglio umano che porta con sè la necessità della punizione.

Solo nel finale si trova una scintilla di speranza: Ismaele, che, come abbiamo detto, impersona l'uomo nel suo vagare errabondo attraverso l'esperienza mondana, viene salvato da un vascello chiamato 'Rachele', come la moglie di Giacobbe che nell'Antico Testamento era la moglie preferita di Giacobbe e un simbolo universale di mitezza.

Giudizio:

+5stelle+

Dettagli del libro

  • Titolo: Moby Dick
  • Titolo originale: Moby Dick, or: the Whale
  • Autore: Herman Melville
  • Traduttore: Nemi D'Agostino
  • Editore: Garzanti
  • Data di Pubblicazione: 1966 (2008)
  • Collana: I Grandi Libri
  • ISBN-13: 9788811360056
  • Pagine: 512
  • Formato - Prezzo: Brossura - Euro 8,50

2 Commenti a “Moby Dick - Herman Melville”

  • 14 dicembre 2011 alle ore 00:36
    Anonimo says:

    Un capolavoro, senza mezzi termini.
    Tutto il romanzo pare quasi una lunga introduzione e preparazione al punto apicale della narrazione, ovvero la caccia finale che vede finalmente contrapporsi Ahab e la sua bianca nemesi.

  • 16 dicembre 2011 alle ore 20:28
    polyfilo says:

    già... e soprattutto molto diverso dal libro di avventure che immaginavo da quel che ne avevo sentito dire o letto!

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