21 settembre 2011

Primavera in Borgogna - Luca Terenzoni

Francesco è un quarantenne che si è appena lasciato, a un passo dalle nozze. Una mattina di primavera, mentre passeggiando a San Gimignano cerca di riafferrare il senso della sua vita, incontra un signore francese con il quale entra subito in sintonia e che gli propone di lavorare per lui, presso la sua azienda vinicola in Borgogna. Quella per la Francia è una passione che Francesco ha sempre coltivato. Si trova quindi di fronte alla possibilità di realizzare veramente il sogno di una vita. Così lascia il suo lavoro e si trasferisce pieno di entusiasmo. Le sue aspettative sono subito appagate: il posto è splendido, la collega Ludivine affascinante, il lavoro interessante. Fino a quando, oltre i colori pastello di quel paesaggio così tipicamente francese, non cominceranno a emergere i segni di un passato inquietante che riguarda sia il suo datore di lavoro, sia la bella Ludivine, della quale si sta ormai innamorando. Una prova decisiva per Francesco che, in un crescendo di colpi di scena, riuscirà a portare luce nel passato della donna e nel suo presente.

Recensione

La trama in quarta di copertina sembra interessante: lo spunto è il classico "relazione finita - nuova vita - nuovo amore", con un pizzico di giallo a rendere le cose più intriganti. A uno sguardo più ravvicinato, ci si ritrova però a fare i conti con un'ingenuità surreale e disarmante.

Francesco un bel giorno decide di andare a San Gimignano a meditare sulla propria vita e in particolare sulla delusione d'amore che si sta ancora lasciando alle spalle; qui entra in una rivendita di vini, dove per caso attacca bottone con un cliente. Si scopre che questi gestisce una vigna, un domain, in Borgogna (qui mi sorge un dubbio: possibile che un enocultore faccia acquisti in una rivendita piuttosto che in una cantina?): Francesco attacca subito bottone e viene pure invitato a pranzo. E, ciliegina sulla torta, monsieur Robin ha bisogno di una persona che ricopra una certa posizione nella gestione del suo domain e Francesco è decisamente l'ideale - dopo un pranzo e quattro chiacchiere in allegria, senza la minima ombra di referenze.

Il palco traballa, ma proseguiamo: dopo aver detto addio all'amore e proclamandosi paladino dei single, il primo giorno di lavoro Francesco si scopre immediatamente attratto dalla collega, che tra l'altro sembra essere anche l'unica altra impiegata in un'azienda di tutto rispetto. Le stesse coincidenze a tavolino si ritrovano lungo tutto l'evolversi della trama, con soluzioni ancora una volta spiazzanti come l'amico poliziotto e il ricovero in clinica "volontario" ma "non può ricevere visite".

A livello di invenzione, tutto sommato, si sarebbe potuto fare un po' meglio, ma non è questo il difetto maggiore. Uno dei capolavori della letteratura nostrana narra di un matrimonio ostacolato da un signorotto di provincia - per forza c'è dell'altro, in un buon romanzo.

La lingua, per esempio: che da un italiano doc mi aspetto sia eccellente. Al di là dei refusi di ordinaria amministrazione, si trovano anacoluti, virgole messe un po' a caso, estrema povertà lessicale (disse-chiese-rispose), una profusione di punti esclamativi a chiudere praticamente ogni discorso diretto.

Ultimo ma non ultimo, lo stile: esiste una differenza abissale tra il "raccontare" e il "narrare", tra il "dire" e il "mostrare". Una descrizione di quello che un personaggio fa, pensa o dice non basta a rendere avvincente una storia; discorsi indiretti e lunghe riflessioni interrotti saltuariamente da dialoghi miseri e ben lontani da quello che sarebbero nel mondo reale non aiutano la scorrevolezza della lettura.

Francesco, nonostante tutto lo spazio che l'autore gli dedica, nonostante il suo vissuto di dolore, non trova la consistenza che merita, rimanendo fredda marionetta che risponde meccanicamente all'evolversi della vicenda. Robin potrebbe far da contrappeso come antagonista, ma anche lui resta caratterizzato a livello epidermico. Così anche Ludivine e madame Robin, algida e scostante la prima, personaggio allo stadio larvale la seconda.

Questa prima prova di Luca Terenzoni si rivela fin da subito acerba in ogni suo aspetto, mostrando grandi debolezze e nessun punto di forza: oltre a quanto già scritto, aggiungo che la storia d'amore è tutt'altro che coinvolgente, che il risvolto giallo non trova lo spazio che merita, venendo risolto fin troppo sbrigativamente, che di Francia, Borgogna e vino l'autore dà solo una pallida immagine che sbiadisce giusto nel tempo di voltare l'ultima pagina.

Giudizio:

+1stella+

Dettagli del libro

  • Titolo: Primavera in Borgogna
  • Autore: Luca Terenzoni
  • Editore: Albatros
  • Data di Pubblicazione: 2010
  • Collana: Nuove voci
  • ISBN-13: 9788856721942
  • Pagine: 155
  • Formato - Prezzo: brossura - 14,50 euro

7 Commenti a “Primavera in Borgogna - Luca Terenzoni”

  • 21 settembre 2011 alle ore 11:34

    Accidenti, che disastro! :-))

    www.primaverainborgogna.blogspot.com

  • 21 settembre 2011 alle ore 20:55

    Mammamia poveretto, bocciato senza appello insomma?

  • 21 settembre 2011 alle ore 21:19

    Ringrazio Pythia per il tempo che ha dedicato alla lettura di "Primavera in Borgogna" e accetto di buon grado la sua recensione perché esprime giustamente il suo parere personale, altrimenti non avrebbe avuto alcun senso inviarle il libro in lettura. :-)
    Fortunatamente per me, però, le altre recensioni pubblicate sul mio blog sono tutt'altro che negative! :-)))

    www.primaverainborgognablogspot.com

  • 22 settembre 2011 alle ore 10:25
    Pythia says:

    Caro Luca, sono io a ringraziare te per il sorriso con cui scrivi, non è cosa da poco!
    Ho letto le recensioni del tuo romanzo e le differenze con la mia sono così abissali da farmi chiedere se avevo in mano il libro giusto!
    Di recente sono stata accusata di essere eccessivamente severa: cerco sempre di essere il più obiettiva possibile e di basarmi su dati di fatto più che su impressioni e gusti personali. Spesso mi capita di confrontare le mie recensioni con altre presenti nel web, mi piace considerare anche altri punti di vista e trovare spunti di riflessione sul romanzo o su ciò che ne penso io stessa. Se mi limitassi a leggere e recensire, credo crescerei ben poco.
    Nel caso di "Primavera in Borgogna", non ho trovato nelle altre recensioni che ho letto degli spunti di "illuminazione" che mi permettessero di valutare il romanzo in modo diverso, dettagli che mi potessero essere sfuggiti o caratteristiche che non avevo considerato: per certi aspetti, mi sono trovata in totale disaccordo con le altre critiche.
    Si dice che il mondo è bello perché è vario: meno male, dico io!
    Ti faccio un sincero in bocca al lupo per i tuoi lavori futuri: mi auguro che le mie parole vengano intese non come una stroncatura, ma come una critica costruttiva che, chissà, possa esserti in qualche modo utile.

  • 22 settembre 2011 alle ore 11:55

    Carissima Pythia,
    prima di tutto ti ringrazio per avermi scritto pubblicamente sulle pagine del vostro blog.
    Sono infatti molto felice di potermi confrontare direttamente con te in modo costruttivo.
    A mio avviso il motivo per cui una persona decide di proporre in lettura un libro alla redazione di un blog, che si occupa di recensire romanzi, non dovrebbe essere solamente quello di "pretendere" a ogni costo una recensione positiva.
    A me interessa conoscere anche i vari punti di vista dei potenziali lettori, per cercare di riflettere su quanto da me scritto e ovviamente, se possibile, migliorare.
    Le diverse recensioni positive ricevute da "Primavera in Borgogna" sono state per me, e lo sono tuttora, un incoraggiamento ad andare avanti; ma sono altresì consapevole del fatto che non si può accontentare tutti, anche perché sono al mio romanzo di esordio...
    Nel caso della tua recensione mi sono trovato evidentemente di fronte a una persona molto preparata, che ha fatto un'approfondita analisi del testo; questo è innegabile.
    La cosa che più mi ha fatto riflettere della tua rencesione, però, è che non ti sia rimasto nulla delle descrizioni dei paesaggi della Borgogna.
    Diverse persone hanno letto e recensito il libro e ognuna di esse, pur avendo evidenziato quelli che a loro giudizio sono i difetti di "Primavera in Borgogna", hanno particolarmente apprezzato le mie descrizioni dei paesaggi, prima della Toscana e poi della Borgogna.
    A ogni modo, se riuscissi a portare a termine e pubblicare anche la storia a cui sto lavorando, vorrei fartela leggere... sapendo già quello che mi aspetta!:-))
    Sappi che farò comunque tesoro dei tuoi "consigli" ( almeno di quelli da me condivisi :-)) ).
    Ti auguro buon lavoro e, ovviamente, buone letture! Sempre!

  • 23 settembre 2011 alle ore 14:09
    Pythia says:

    Caro Luca, sono andata a riguardarmi i passaggi relativi alle descrizioni: ho una buona memoria, ma è possibile che qualcosa scappi. Ora non posso che confermare quanto ho scritto.
    Ti faccio qualche esempio: quando descrivi il panorama toscano che si gode da San Gimignano, parli di "magnifico panorama", di "dolci colline assolate", di "bagno di verde e sole". Sono caratteristiche un po' tropo generiche per essere riferite a un luogo in particolare. Ancora, quando Francesco arriva in Borgogna, ritorni più volte sul giallo della colza, con un volo pindarico che arriva fino alla lavanda provenzale, ma non fornisci dettagli che caratterizzino quella precisa regione. Poi parli di case del "colore tipico della pietra della Borgogna", ma non dici che colore è, di una "residenza che Francesco aveva già visto in molti film francesi", senza citarne nemmeno uno che possa fornire un riferimento, nomini lo "stile inglese" e "neoclassico", ma non sono *descrizioni*. Mi fermo qui, anche se potrei proseguire ancora.
    Prendo un altro spunto, la strada della Borgogna "continuo susseguirsi di salite e di discese": me le ricordo bene, perché ho avuto la fortuna di fare un viaggio in quelle zone, come mi ricordo il giallo dei girasoli. Ai piedi della salita sembrava di trovarsi davanti un muro, come quando sei sulle montagne russe e il trenino si arrampica sulla prima rampa, la più ripida, per poi catapultarsi nella sua corsa. E all'improvviso ti ritrovi sulla cima: vedi la strada davanti a te che si snoda come un serpente azteco, una gobba dietro l'altra; vedi i campi assolati che sembrano non avere fine; vedi alberi che si innalzano dai prati, i cui rami hanno delle strane sfere di rovi: la guida ti dice che è vischio, e subito pensi a un druido e ai suoi amici Galli.
    Questa è la mia descrizione di quel paesaggio, quello che mi è venuto in mente con i termini "Borgogna" e "salite e discese": ma qualcuno che non c'è mai stato cosa vede?
    Questo è quello che intendo, quando parlo di "pallida immagine".

    Sarò lieta di leggere il tuo prossimo lavoro e mi fa davvero piacere la tua intenzione di sottopormelo nonostante la mia pignoleria (qualcuno mi chiama pestifera :-P )
    A presto!

  • 23 settembre 2011 alle ore 15:32

    Ciao Pythia,
    anch'io ho visitato i luoghi del romanzo e quanto da me descritto è ciò che i miei occhi hanno visto; le sensazioni che ho provato.
    Indubbiamente per te il risultato è stato insufficiente, perché molto probabilmente ti aspetteresti di più dalla descrizione di un paesaggio e su questo non ho nulla da eccepire.
    Sulla base di quello che mi è stato riferito da coloro che hanno letto e recensito "Primavera in Borgogna", sembra invece che con le mie descrizioni io sia riuscito a dare loro la sensazione di trovarsi proprio in quei luoghi.
    Mi verrebbe quindi da pensare che "Primavera in Borgogna" sia stato valutato da lettori meno "esigenti" di te.
    Dimenticavo poi di aggiungere che il mio libro ha anche ricevuto un riconoscimento nell'ambito di 2 concorsi letterari e quindi questo mi farebbe sperare che almeno "qualcosa di buono" io sia riuscito a scriverlo". :-))
    A ogni modo, quanto da te riportato nel tuo ultimo commento rappresenta per me un'ulteriore occasione per riflettere; meglio di così.... :-)

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