20 settembre 2011

Intervista a Fabrizio Corselli, autore di "Drak'Kast. Storie di draghi"

L'autore

Fabrizio Corselli è uno scrittore di poesia epico-mitologica e un saggista italiano. Nato a Palermo nel 1973, vive e lavora come educatore a Settimo Milanese. Proprio nell’ambito didattico cura il progetto Calypsos, volto all’intensificazione del linguaggio nel disabile attraverso la poesia. È redattore della rivista nazionale InArte, dove si occupa della rubrica Mythos. Diverse le pubblicazioni su riviste e cataloghi del settore: ha collaborato con il Salone Internazionale di Parigi, con il Museo Beleyevo di Mosca e con Mediabrera (Milano); è stato segnalato sul sito della Treccani per la positiva riscrittura dei classici greci in relazione all’epica sportiva antica e collabora con l’associazione internazionale di cultura ellenica Mondogreco, per la quale ha recensito la celebre mostra La Forza del Bello di Mantova e quella sul Canova presso il Palazzo Reale di Milano.
Il suo sito.



Il libro

Quello di Drak'kast è un mondo rischioso, selvaggio, dominato da profondi e oscuri misteri che aspettano solo di essere riportati alla luce. Un mondo in cui ognuno è costretto a sfidare la stirpe dei draghi e la sua egemonia, aprendosi un varco nel fuoco con il crudele acciaio nel pugno o andando incontro alla morte. In questa era, meglio conosciuta come Primordium Draconis, esiste però anche chi ha scelto di non combattere i draghi: gli Hadragnir, incantatori disposti a sposare la loro causa per preservare l'equilibrio tra le razze. È qui che entra in gioco il personaggio di Elkodyas, il leggendario drago mutato in un elfo cantore, unico eroe tanto audace da sfidare le insidie e i pericoli celati nella Foresta di Smeraldo alla scoperta di quei segreti che per troppo tempo sono rimasti confinati in essa. Avventura, melodia e incanto. Drak'kast è tutto questo. Da tempo niente era più così epico.

L'intervista



1. Ciao, Fabrizio, e grazie di essere qui con noi. Prima di arrivare a Drak'Kast volevo affrontare un discorso più ampio, che tocca tutti noi appassionati: il fantasy. Come lo concepisci, che opinione hai del modo in cui si è trasformato nell'ultimo decennio, quali sono a tuo parere i romanzi da cui nessun autore o lettore può prescindere.

Prima di tutto, mi ripeterò nuovamente, come ho già fatto in un'altra intervista, riguardo al fantasy, ma rende meglio la mia idea del genere: “È un retaggio infantile quello di voler raccontare storie fantastiche, fatte di draghi e cavalieri, che però nel tempo è cresciuto e si è sviluppato lambendo i confini della mitopoiesi. Il fantastico è immancabilmente legato a una esigenza della mente umana altresì a una sua capacità che spesso viene messa da parte o quasi dimenticata (a discapito del discutibile “vissuto”), anche dagli scrittori più autorevoli, ossia l’Immaginazione. Il potere dell’immaginare è infinito, un potere tale da costruire nuovi mondi, da controllare il tempo e metamorfosare la propria esistenza in una proiezione di se stessi, in un alter ego che vive all’interno d’una realtà testuale. Il libro come dimensione parallela.”. “La capacità di saper tessere trame, di intelligere secondo schemi fuori della logica formale, di approfondire personaggi all’interno di un sistema narrativo, di operare crossover fra tipologie diverse di personaggi e mondi. Il fantasy non è solo letteratura d’evasione ma un nuovo modo di interpretare la realtà, seppur in un sistema traslato, trasfigurato come lo è l’atto che è sotteso all’attività artistica”.
Il fantasy è necessario, anche come intrattenimento, la mente non è fatta per assorbire della realtà, nuda e cruda, tutto quanto, ha bisogno di staccare, di evadere, di trovare il proprio luogo di quiete, il proprio choros apemon, un “luogo sicuro” dove le leggi del reale non esistono più e il peso della società si affievolisce fino a divenire un dimentico ricordo.
Per ciò che riguarda il suo sviluppo, ha avuto i suoi alti e bassi, momenti apicali e vertiginose discese a causa di un'esterofilia sempre più imperante, tuttora presente, e di un esagerato marketing nei confronti dei cosiddetti "bambini prodigio" che nel tempo ha dequalificato pienamente il prodotto letterario fantasy. Adesso, invece sto assistendo a un fervore straordinario, tantissimi autori italiani di fantasy, e anche di buona qualità. Forse, le case editrici stanno iniziando a essere più responsabili e attente ai propri prodotti in fase di selezione.
Gli autori dai quali non si può prescindere, di sicuro, Tolkien, Howard, ed Ende. Annovero inoltre George R. R. Martin, Le Guin e Gemmell. Ve ne sono comunque tanti altri.


2. L'esterofilia, credo, è in parte d'obbligo dal momento che nella letteratura italiana (al contrario di quella statunitense, tedesca, inglese e persino francese) manca una tradizione di letteratura fantastica. Mentre altrove per buona parte dell'Ottocento hanno imperversato i romanzi imperniati sul sovrannaturale, il nostro massimo dello strappo alla realtà è stato Pinocchio. Credi che potrebbe essere questo uno dei motivi per cui il lettore è portato a reputare lo scrittore di fantasy italiano un 'imitatore' dei più solidi autori stranieri, cosa che spesso spinge l'esordiente ad assumere uno pseudonimo? E che lo stesso motivo abbia forgiato l'idea purtroppo comune che il fantasy sia un genere adatto solo ai ragazzi?

E' vero che non abbiamo una tradizione come quella estera, ma abbiamo un bacino di elementi fantasy straordinari, che affiorano nel mito e nelle tradizioni popolari. Di ciò non abbiamo fatto uso nel tempo, forse per stessa sfiducia o disinteresse dell'autore. Il problema è che l'esterofilia persiste ancora, e non come altro verso cui guardare, ma quasi esso stesso ne divenisse un elemento discriminatorio in termini di qualità; e qui, il fatto che alcuni autori italiani sono costretti a firmare il libro con uno pseudonimo. Fino all'altro giorno ho visto su un forum scrivere "se è italiano non lo compro"; discorso a priori. Il problema non è tanto dell'imitatore, quanto dell'irresponsabilità dello "scrittore" nel diretto momento genetico. L'Italia ha insegnato che, oramai, tutti ci possono provare; ci credo che poi, anche per pochezza intellettuale, quello mediocre, più di copiare altro non sappia fare. Il fantasy prima era relegato nei recessi della classe Z, poi per rilanciarlo è rimasto questo alone di "letteratura per ragazzi", ma ciò ha anche una sua spiegazione perversa. Il fantasy è un genere legato all'immaginazione e come tale, secondo molti, ha pochi appigli con la realtà, non rientrando in quei libri che invero parlano di amore, ideali e concetti più alti, ben saldi all'esperienza e alla vita odierna; come se il fantasy non lo fosse, solo che impiega maggiormente la fase di trasfigurazione artistica, e perciò dando l'illusione di un suo distacco da ciò che ci circonda. Secondo me, questa è anche una condotta irresponsabile che il marketing ha portato avanti nel tempo. Con molti poeti ho ancora problemi a relazionarmi, convinti che il fantasy non sia nemmeno paragonabile alla poesia dell'amore, della natura, del vissuto. Ecco una brutta parola "vissuto", sotto la quale sono stati commessi i peggiori "crimini" letterari.


3. Dal momento che hai parlato di poesia, ho idea che anche quella non stia vivendo un momento esattamente felice, anzi: se almeno il fantasy viene arginato e prodotto pensando a un pubblico ben definito (quello degli appassionati, spesso di giovane età e comunemente visti non come lettori ma come nerd interessati solo ai contenuti fantastici e non alla loro resa formale), per la poesia, come ho scritto anche nella recensione, non c'è mercato perché tutti ne scrivono e pochissimi ne leggono. Che riscontro ha ottenuto presso il pubblico questa tua scelta non canonica rispetto al panorama fantasy odierno, scelta che peraltro richiede maggior impegno da parte del lettore perché la poesia è meno accessibile della prosa?

Per ciò che riguarda la Poesia, di sicuro il problema è duplice. Uno, perché in Italia la Poesia non tira a livello editoriale, anche se la si pubblica, e abbiamo comunque ottimi autori. Soprattutto non abbiamo un lettore allenato e consapevole. Tendenzialmente in Italia va la narrativa, e la gente poi non ha il tempo per testi che presuppongono riflessione. La Poesia ha bisogno del suo tempo, deve essere sorseggiata poco a poco, gustata come lo si fa col vino. Il lettore di Poesia è un intenditore. Nel gustarla ne riscopre la fragranza, il retrogusto, il colore, ogni sua profonda caratteristica.
Secondo problema, forse il più grave, è la dequalificazione del prodotto letterario stesso operata da un eccesso di autori. In Italia siamo tutti poeti: assistiamo continuamente al bombardamento di rigurgiti versificatori che hanno il sapore di preghiere della sera o vere e proprie tautologie. Non che per la narrativa sia diverso, ma approcciarsi a un testo poetico, per questi signori, è più "facile", secondo la loro teoria bastano poche parole, una metafora, quasi sempre insulsa e banale, e uno stralcio di sentenza moralistica. Un romanzo richiede un dispendio maggiore e più testo, che poi sia coerente e ben scritto, questo è l'ultimo dei loro pensieri. Anche perché la maggior parte dei "poeti" ancora vola sulle ali della troppa libertà compositiva, laddove la tecnica viene sacrificata in nome della genuinità ispirativa, peraltro falsa. L'ispirazione sì è istintiva e naturale, ma nel momento in cui la si deve mettere in versi si cade immancabilmente sotto le leggi imperanti della forma. Come dico sempre, se dovessimo applicare questa teoria così libertina, allora il testo dovrebbe rimanere inespresso. Si diffidi di chi nega l'uso della tecnica a sostegno della presunta naturalezza compositiva; è vero che non è tutto ma serve. Come detto prima la Poesia è un testo nel testo, e fa uso della sua grande capacità di concentrazione testuale, ossia riesce a dire molto di più in poche parole rispetto a un testo prosastico. Questo perché la poesia è intelligibile, trascende la forma e si apre a una nuova dimensione polisemica fatta di molti significati. Il testo poetico è metamorfico ma non transitabile, cambia sembianze di volta in volta ma non è concesso soffermarsi sulle singole parole, cogliendo il nucleo significativo nella sua totalità.
Drak'kast ha avuto un buon riscontro, non solo a livello recensorio ma anche da parte dei lettori, molto attenti alla nuova forma poetica. Soprattutto perché ho deciso di edulcorare l'approccio stilistico, rendendolo più semplice ma mantenendone forte e profondo il senso epico (nel senso proprio di "narrazione" e di "solennità linguistica").


4. Per quanto riguarda Drak'Kast, sono venuti prima i contenuti oppure l'idea è nata già in forma di poema?

Per ciò che riguarda l'ambientazione che fa da sfondo al Drak'kast, già esisteva: il suo nome è Dragonbound. Un'ambientazione creata inizialmente per il gioco di ruolo, di cui sono un grande appassionato ed esperto, ed esattamente nel 2004. In seguito, ho espanso oltremodo la sua parte geografica, usi e costumi delle razze, e così via. Per ciò che riguarda invece il poema in sé, è nato tutto direttamente in versi. Diciamo che la particolarità sta nella sua genesi. Prendendo spunto dal progetto Calypsos, di cui sono il curatore in ambito educativo, e che ha come finalità quella dell'intensificazione del linguaggio del disabile attraverso la poesia e la narrazione orale, ho pensato di creare un percorso ideativo-immaginativo specifico. Come? Mettendo in sequenza dodici-quattordici tavole del mio illustratore preferito, Ciruelo Cabral, in modo da creare un preciso percorso tematico. Ecco com'è nata la struttura diegetica del poema.


5. Drak'Kast è il frammento autoconclusivo di un universo molto più ampio. Puoi parlarci del mondo che hai creato? Quali altre opere vi hai già ambientato, o hai in mente di ambientarvi?

Quello di Dragonbound è un mondo nato nel tentativo di avvicinare due razze che adoro, di farle convivere insieme: gli elfi e i draghi. Un mondo che, dopo tante guerre e dissidi, finalmente giunge a un suo coerente epilogo, almeno così era negli intenti dei suoi araldi. Un mondo comunque selvaggio, primitivo e nello stesso tempo affascinante, misterioso, denso di celati segreti che aspettano solo di essere riportati alla luce. Dragonbound è stato creato principalmente partendo dalle sue premesse generali ed esattamente dai pilastri concettuali: la relazione fra le razze dopo la guerra del Dyamar, il Concilio dei Draghi in vista di una loro futura pacificazione, l'uniformazione del linguaggio quale patto per suggellare questa nuova alleanza, in sostanza tutte le dirette conseguenze che scaturiscono da un siffatto evento. E ancora la magia unificata, la compatibilità delle tradizioni elfiche con quelle draconiche, le nuove razze; un esempio sono gli adrar, gli elfi-drago, le classi, per usare un termine rpgistico, le pietre Dracoban e le Aurokos, Le Pietre Guardiane, sulle quali si basa la nuova tecnologia dei draghi, e tantissimo materiale sviluppato.
All'interno di questo mondo già completo in se stesso, si è mosso Drak'kast, il quale sì è un frammento autoconclusivo ma fa oltremodo parte di una saga: il Drakkamal, la Saga dei Draghi eterni. Ogni libro approfondisce un drago in particolare.
Inoltre, sul sito ufficiale è possibile scaricare gratuitamente Dragon Tales: un progetto letterario che prevede una sorta di Atlante in continua espansione, aggiornato ciclicamente con nuove razze, città, luoghi che fanno parte del Dragonbound, oltre a contenerne già tutti i tratti essenziali (per esempio la trattazione generale degli hadragnir, o i profili dei singoli draghi che caratterizzano questa era). In questa maniera, il lettore può scoprire poco a poco i suoi misteri.
Per adesso vi ho solo ambientato avventure di gioco di ruolo per il sistema di Advanced Dungeons&Dragons 2a. Edizione. In futuro, quale elemento della Saga, vi sto ambientando il secondo libro.


6. Nessun progetto in prosa da ambientare nello stesso universo di Drak'Kast, come la cornice che ha per protagonista il ranger Nuam?

No, purtroppo no. E dico "purtroppo" perché molti mi hanno chiesto di scrivere un romanzo o comunque narrativa. Perché non lo faccio? Semplice. Non so scriverlo. Lo ammetto. Sono stato considerato un ottimo descrizionista, che va bene in narrazione orale per il gioco di ruolo, ma non per un'opera letteraria. Il mio strumento artistico è il verso.
Essendo però le mie opere tematiche, è facile che usi prologhi o antefatti in prosa che precedono i versi.


7. Elkodyas, l'eroe cui è dedicato il componimento ascoltato da Nuam, è un drago metamorfosato in elfo cantore. Da cosa deriva questa scelta originale? Il personaggio può essere ricollegato al mito di Orfeo?

La scelta nasce dalla mia volontà di usare ambedue le forme, e in particolar modo una tipologia di personaggio previsto nell'ambientazione di Dragonbound, ossia il naùstarak, il drago metamorfosato. Elkodyas incarna il sapere degli elfi e dei draghi, il tutto perfuso da un profondo amore per la bellezza e la musica. Gli elfi hanno rafforzato, a fronte di ciò, la dimensione dell'incanto, potendo plasmare la materia e avere il controllo perfino sugli esseri viventi.
Elkodyas è stato modellato sul mito di Orfeo, assorbendone le caratteristiche principali e il senso ieratico che scaturisce dai Culti Eleusini. In più, Elkodyas conosce l'antica magia draconica e la forza mistica che in questo periodo ha raggiunto il linguaggio unificato del Teframar: le parole di potere si sono fuse con i versi. La poesia diviene il nuovo strumento col quale combattere i draghi malvagi, che attentano all'equilibrio fra le razze, e i nemici dei difensori dei draghi buoni. All’interno del Drak’kast è contenuta un’Appendice che spiega proprio la nuova poesia del Primordium Draconis.

8. E, meno in sintesi, come funziona il tipo di magia addomesticata dagli hadragnir?

Allora. Tutto nasce quando Eldavyr, il sommo bardo, accostato addirittura alla divinità del Suono (Enneukar), recupera gli Aulmadònviel, i Racconti Perduti: testi capaci di sortire gli effetti più disparati, alla loro semplice lettura. Da ciò, Eldavyr formò una vera e propria gilda di cantori, e ognuno fu il possessore di un Racconto (ben dieci in tutto). Nel tempo, questa forma così interattiva e seducente finì per divenire una fondamentale caratteristica degli incantatori di draghi, pur sempre bardi, ma specializzatisi nella manipolazione della sfera emotiva di un drago; un modo per riportare l'equilibrio fra le razze, in quanto effettivi araldi di questo mondo. Ahimè, però, in futuro, alcuni hadragnir abusarono di tale potere per sottomettere le creature draconiche e così disporre dei loro servigi; ma questa è un’altra storia. Tendenzialmente, tale incanto, che non va confuso con il Draknavas, ossia la sfera di magia draconica, è possibile grazie all'accesso al Draknamal, la memoria primitiva: una specie di memoria alveare condivisa da tutte le creature draconiche, in virtù della loro genìa, con la quale il cantore condivide incantesimi, portenti e conoscenza al pari di un drago. Soprattutto egli entra in contatto, seppur temporaneamente con gli spiriti di alcuni draghi, accrescendone l'impeto e la propria forza mentale. In termini pratici, maggiore ispirazione, estrema sensibilità empatica con la creatura che ha di fronte e così via; quasi riesce a plasmarne l'energia primitiva circostante. L'incantore di draghi fa del drago la sua zona di interazione specifica. Questo, meno in sintesi, ma pur sempre in linee generali. Comunque tutto questo background di fondo è sempre contenuto in Dragon Tales.


9. Quali sono gli elementi più marcatamente ispirati all'epica ellenica e quali all'epica nordica?

Su quella ellenica è basata l'intera concettualità di Elkodyas, e non è un segreto. Il Cantore dei Draghi è stato modellato, sì figurativamente, sull'immagine di Hobsyllwin di Ciruelo Cabral, ma a livello concettuale segue in maniera precisa il Cantore di Tracia, Orfeo. Sviluppa quell'incanto che era tipico delle Sirene, del potere dell'oralità che finanche ha decretato la vittoria di Apollo su Marsia. La costruzione dell'apathe, di quell'illusione che ritrova il proprio paradiso iperboreo nel teatro. I greci chiamavano questa illusione, e quindi la parola stessa in quanto sua creatrice, goeteia, "magia", incantesimo". Perfino alcuni termini richiamano le radici greche, come lo è il Canto di Enduenor, il Drago della Luna (la base è enduein, presente nel nome di Endimione).
L'epica nordica è stata soprattutto assorbita e filtrata attraverso un approccio più strutturale, seguendo più la tradizione scaldica, e di conseguenza la poesia allitterativa, e oltremodo la sua disposizione in strofe. In più, l'uso di alcune kenningar (particolarissime metafore, detto in maniera molto spiccciola).
In termini più generici, anche la presenza di elfi, nani e altre creature mistiche attingono alla sorgente nordica e a quella celtica.


10. E adesso passiamo alla tua esperienza editoriale: com'è stata, e che consigli offriresti agli aspiranti scrittori di fantasy?

La mia esperienza editoriale non è molto fitta, soprattutto perché non ho avuto velleità particolari per la pubblicazione. Ho sempre portato avanti un progetto di diffusione culturale attraverso il formato elettronico (PDF), che adoro tantissimo, soprattutto per la sua simbiosi con la grafica e le immagini. Questo perché ho passato molto del mio tempo con pittori e artisti presso gallerie d'arte e mostre. Grazie a questa esperienza ho sviluppato successivamente una migliore capacità di analisi e soprattutto il senso della figurazione, l'uso del colore poetico al pari d'un pennello e la relazione fra la scultura e la poesia.
Nel 2001 ho pubblicato con Edizioni Laboratorio Giovanile il libro di poesie sui miti greci I Giardini di Orfeo, e poi a seguire pubblicazioni su riviste del settore. Questo perché mi sono occupato nel tempo di Saggistica (sulla poesia), e lo faccio tuttora.
Ecco, diciamo che non sono uno di quelli che manda manoscritti, forse anche per indolenza.
Agli aspiranti scrittori suggerisco, prima di tutto, di non essere troppo appassionati nei confronti della propria opera, ossia di non considerarla a priori come un prodotto unico nel suo genere e già pre confezionato; questo per evitare possibili dissapori con gli editor, o comunque con chi andrà a valutare il testo. Umiltà soprattutto. Secondo, poi, valutare esattamente le case editrici in base al proprio prodotto, e non inviare testi a caso, scoprendo poi che quella casa non tratta il vostro genere. Spreco di tempo ed energie. Precise strategie.
Per ultimo, questo a livello formativo, seguire e partecipare a diversi forum, selezionati, esprimendo il proprio pensiero e la propria visione sulla Poesia, strutturando un sano confronto con gli altri. Soprattutto ci si deve far conoscere per il proprio pensiero, prima, e poi per la propria opera. Ci sono "poeti" che non sanno nemmeno cosa sia un verso.
E per concludere, studiare, impossessandosi d’un bagaglio tecnico-stilistico, in modo da farlo proprio.


11. Per concludere: progetti futuri?

Intanto portare avanti la presentazione di Drak'ast presso le diverse librerie italiane, e organizzare degli incontri con l'autore presso le Scuole Medie. Giorno 8 Ottobre presenterò presso la Libreria Lupo Rosso di Paola Boni, a Padova. Secondo poi, dedicarmi alla stesura del secondo libro della Saga dei Draghi Eterni; questo sarà davvero particolare e potente a livello strutturale.
In più, il prossimo anno curerò presso la Rivista nazionale "In Arte- Multiversi", una rubrica sulla Poesia (a Dicembre concludo la rubrica Mythos che curo già da due anni).


Grazie mille per il tempo che ci hai dedicato, Fabrizio, e buona fortuna con i tuoi progetti!

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