28 maggio 2010

Neve - Maxence Fermine

Il breve romanzo, ambientato in Giappone, racconta la storia di Yuko, diciassettenne ribelle, che lascia la famiglia per diventare poeta. Ma la sua poesia, dedicata interamente alla neve, è troppo bianca, e per imparare a darle colore Yuko deve seguire gli insegnamenti del vecchio poeta Saseki, ormai divenuto cieco. Soseki, attraverso il racconto della sua passione per Neve, una ragazza bellissima venuta dall'Europa e scomparsa mentre cercava di attraversare un precipizio sospesa su una fune, insegna a Yuko la forza e la potenza dell'amore. E con questo insegnamento Yuko diverrà non solo un grande poeta ma un essere umano capace di amore.

Recensione

Neve è la perfetta dimostrazione di come combinando l’esterofilia con robuste dosi di filosofia new age e un pizzico di poesia si riesca a costruire un bestseller tradotto in numerose lingue e che può vantare accanite schiere di fanatici ammiratori (al momento in cui scrivo, circa millecinquecento aNobiiani italiani l’hanno letto e almeno uno di loro l’ha usato come bomboniera di nozze -sic!).

Neve è la delicata storia di un poeta giapponese, tale Yuko, che decide di non seguire la vocazione religiosa che il padre –monaco- desidererebbe per lui, e di assecondare invece la propria vena poetica: Yuko possiede infatti un’innata sensibilità per la neve, che lo spinge spesso a isolarsi in montagna per comporre haiku (un genere di poesia breve tipico del Giappone del XVII secolo, costituito da tre versi rispettivamente composti da cinque, sette, cinque sillabe) che abbiano come soggetto proprio il candido elemento naturale.
La visita di un dignitario dell’Imperatore che sostiene che le sue poesie manchino di colore lo convince a recarsi da un maestro, un ex samurai un tempo poeta di corte, per sottoporsi a un addestramento che gli consenta di maturare e di diventare lui stesso poeta di corte. Seguiranno un viaggio in mezzo alle Alpi giapponesi, l’incontro con il corpo di una splendida fanciulla occidentale intrappolato nel ghiaccio, la sua formazione al servizio del saggio Soseki -la cui storia sarà lungamente narrata da un servitore- che gli insegnerà qual è la cosa veramente importante.

Lascio scoprire a voi l’originale morale di questo libretto di cento (minuscole) pagine scarse. Anzi, no. Ve la riporto qui, tanto l'autore non lascia nemmeno spazio alla fantasia del lettore per arrivarci da solo e gliela spiattella senza ritegno:

Ci sono due specie di persone.
Ci sono quelli che vivono, giocano e muoiono.
E ci sono quelli che si tengono in equilibrio sul crinale della vita.
Ci sono gli attori.
E ci sono i funamboli.

Sono dell’opinione che tentare d’imitare la filosofia di società millenarie per trarne insegnamenti d’applicare alla mentalità odierna e porsi dunque come moderni hippies che predicano letterariamente lo zen, l’età dell’acquario, una pagana comunione con la natura e altre simili filosofie che sono rispettabilissime finché rimangono nel loro contesto, sia piuttosto ridicolo.
Maxence Fermine è solo uno degli ultimi pronipoti di un genere di letteratura pretenziosa che fa capo a Hesse, seguito a ruota da personaggi come Coelho, Bach, Baricco (ma non sempre), i quali guarda caso, almeno a giudicare dalle vendite, sono sempre al top nella classifica di gradimento degli italiani. Fermine è dotato di un innegabile talento espressivo, che sciupa con metafore o descrizioni di una banalità imbarazzante, unite a una storia praticamente inesistente e infarcita di quel didascalismo che mi fa sempre venir voglia di scrivere all’autore per chiedergli di restituirmi personalmente i soldi. I temi sono sempre quelli: la libertà individuale, l’importanza di seguire i propri sogni anche rinunciando a una sicurezza di vita, la bellezza della natura e, poiché come si sa è un argomento che tira sempre fin dalla notte in cui i primi due ominidi scoprirono che era possibile copulare, vi inserisce anche qualche riferimento sessuale crudemente descritto in un paio di righe:

Si addormentò, con in mano il sesso eretto, come un peperoncino rosso.
Questi ultimi mi hanno ricordato certi poco spirituali amplessi coelhiani per la loro stonatura nel contesto poetico e quasi mistico.

Banale dalla prima all’ultima riga, qualcosa di questo libretto costoso e fumoso (senza arrosto, siatene consapevoli) vale la pena di leggerlo: gli haiku. Non quelli di Fermine, ma quelli posti a inizio di ogni capitolo, scritti da veri poeti giapponesi passati alla storia per aver saputo trarre poesia in tre versi da eventi od oggetti apparentemente privi di significato del mondo che li circondava. Ma, a questo punto, acquistate direttamente i libri di haiku.

Vi lascio con uno degli haiku che ho composto io stessa in onore di Neve:

[Inverno]
Giù nel camino
quest'inutili fogli
bruciano lenti.

Giudizio:

+1stella+

Dettagli del libro

  • Titolo: Neve
  • Titolo originale: Neige
  • Autore: Maxence Fermine
  • Traduttore: Perroni S. C.
  • Editore: Bompiani
  • Data di Pubblicazione: 2008
  • Collana: AsSaggi
  • ISBN-13: 9788845242618
  • Pagine: 133
  • Formato - Prezzo: Brossura - Euro 12,00

2 Commenti a “Neve - Maxence Fermine”

  • 29 maggio 2010 alle ore 11:24
    Anonimo says:

    Non sono molto convinta. A me questo libro è piaciuto e io di filosofia-letteratura giapponese me ne intendo abbastanza. Tra tutti i tentativi occidentali di creare un romanzo "orientale" penso che questo sia il più riuscito.
    Il punto è che molti probabilmente lo troveranno grazioso solo perchè è "esotico", non capendo niente di tutto il resto.
    La trama inesistente non è una cosa rara nella letteratura giapponese. Certo, c'è chi riesce meglio e chi peggio... D'altronde gli haiku stessi sono privi di qualsiasi "trama", sono solo sensazioni sparse.
    Per non parlare dei primi haiku, quelli pre-Basho... se letti, farebbero capire molte cose, soprattutto sul lato "cose sconcertanti che stonano".

  • 29 maggio 2010 alle ore 13:51
    sakura87 says:

    Guarda, a me la letteratura giapponese classica (e anche moderna, contando Murakami) piace molto. E' la letteratura nippofila occidentale che mi irrita (o quella finto sciamanico di Coelho, ma non è di lui che stiamo parlando), e Neve ne ha costituito la riprova.
    Ho letto numerosi libri meravigliosi senza chissà che trama portante: in Neve, invece, questo aspetto si somma agli altri per costituire un libro perfettamente inutile.

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