15 maggio 2009

Ultimo parallelo - Filippo Tuena

Il 17 gennaio 1912, dopo un viaggio di 750 miglia attraverso l'Antartide, Robert Scott raggiunge il Polo Sud insieme a quattro compagni, ma scopre che la spedizione norvegese di Amundsen lo ha preceduto di cinque settimane. Durante il viaggio di ritorno la squadra di Scott viene annientata dalle spaventose condizioni climatiche e i loro corpi verranno trovati, insieme ai diari e ad una macchina fotografica, soltanto dieci mesi dopo. Tuena, partendo da questi pochissimi dati, ripercorre quello spaventoso viaggio verso la fine del mondo e documenta così l'ultima grande esplorazione geografica terrestre.

Recensione

Questo libro è abbagliante della luce dell’Antartide, bianchissima e inclemente, crudele nella sua assenza di toni. E’ un libro senza sfumature, terribile, rigoroso e impietoso come solo le tragedie greche sanno essere. E delle tragedie greche ha anche il Coro, voce narrante che osserva e partecipa, pure nel suo essere ‘fuori’ dall’intrecciarsi vero del dramma.
In questo libro il Coro parla con una voce sola, ma ha lo stesso tremendo rigore dei Cori di Eschilo e la tragedia che racconta ha contorni universali. Parla di una spedizione fallita, destinata a fallire, piegata da un destino che ha i contorni del fato, crudele ed ingiusto. Ma parla anche di una spedizione fallita grazie a se stessa e forse soprattutto per il proprio essere fine a se stessa.

Scott insegue un sogno, il sogno di poter sognare, il sogno di sfidare e vincere gli elementi, il sogno di lasciare un’indelebile, imperitura traccia di sé. Incarna il finire di un’epoca, si è detto, il tramonto di ideali che non sarebbe più stato possibile ritrovare. Io non credo. Non credo sia questo che Scott ha inseguito in una terra senza perdono e nemmeno credo che sia questo che Tuena ha voluto raccontare. Credo invece all’emozione che esce da queste pagine, allo struggimento che le attraversa mentre raccontano di un cammino e di un destino già segnati. Credo allo strazio che gronda da queste pagine, al dolore che segue il passo di uomini che, se sono stati capaci di far sorgere dai ghiacci le divinità “…con il ritorno degli esploratori, ritornano le divinità. Esse appariranno quando appariranno gli uomini. Sorgeranno dai ghiacci quando gli uomini sorgeranno dal mare.”, hanno poi perso il senso del ritorno: “Ed è questa parola ritorno che lo turba perché improvvisamente si è sentito attratto in quella direzione mentale: ritornare da cosa, verso dove?”.

Tuena racconta di uomini che hanno ‘perso la strada’, che hanno dimenticato da dove e verso dove stiano andando. Andata e ritorno si sovrappongono, si confondono in un percorso circolare che parla della straziata ricerca di un senso e di una direzione, di un segno che indichi per sempre il punto di arrivo e accompagni il tragitto che a questo punto conduce.
Il quadro sarebbe di puro dolore, di assoluta devastazione, se non fosse per quel frammento mutuato da Tennyson che illumina di pacificata speranza la parte più straziata della narrazione:

“…noi siamo ciò che siamo; un’eguale tempra di eroici cuori,
fiaccata dal tempo e dal fato, ma forte nella volontà
per combattere, cercare, trovare e per non cedere.”
Ecco, per non cedere. A dispetto delle divinità avverse e del fato, a dispetto persino di noi stessi.

Dettagli del libro

  • Titolo: Ultimo parallelo
  • Autore: Filippo Tuena
  • Editore: Rizzoli
  • Data di Pubblicazione: 2007
  • ISBN-13: 9788817015813
  • Pagine: 352
  • Formato - Prezzo: Brossura - 18,00 Euro

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