26 aprile 2017

Chiaro di Venere - Claudio Demurtas

Dall’atroce massacro nella piana delle Giare in Vietnam nel 1963, alla drammatica fine di Salvador Allende dieci anni più tardi a opera di Pinochet, si dipana il filo della storia di Federico, una matricola universitaria di nome e di fatto che, sullo sfondo del suo amore tormentato per Luisella, confessa tutte le sue défaillances sentimentali, politiche, sociali e religiose, ambientate in una Sardegna onirica, ma non per questo meno vera, che cela sotto nomi di fantasia paesaggi di Cagliari, Carbonia, Ilbono e della mitica Arbatax dalle rocce rosse. E questa matricola, disarmante e disarmata, cui non basta il papiro per affrancarsi dai luoghi comuni miserelli frutto per lo più di pertinace mancanza d’informazioni e di letture – all’inizio dell’anabasi la sua visione del mondo e delle cose era quasi tutta contenuta nelle cronache di calcio del "Corriere dello Sport" – capace però di critica e di autocritica, riuscirà spandendo sudore e sofferenza a trovare se stesso, il mondo e gli altri e la vita e l’amore attraverso vicende velate, a volte, da semplice ironia, a volte da umorismo o sberleffo amaro tout court, o camuffato talora da angoscia esistenziale vera e propria e maschera tragica. 

Recensione

Possiamo far rientrare Chiaro di Venere, opera selezionata per partecipare alla cinquantacinquesima edizione del Premio Campiello, fra i romanzi di formazione. Il protagonista della storia è, infatti, il giovane Federico Nemis, che iniziamo a conoscere quando è ancora uno studente delle scuole medie e di cui seguiamo le vicende fin oltre alla laurea, quando dovrà scegliere la professione che intenderà intraprendere.

La storia di Federico si snoda negli anni Sessanta, in un contesto sociale dove risultava più netta la contrapposizione, rispetto ai nostri giorni, fra la classe operaia e quella borghese. Federico fa parte di quest’ultima e nella sua ignoranza e ingenuità ritiene il comunismo culla di tutti i mali della società, perché questo è il messaggio che gli è stato inculcato nell’ambiente in cui vive, anche se la politica e i problemi sociali non sono ancora questioni da cui si senta investito. Ciò che gli interessa è l’altro sesso. Iniziano per lui, infatti le prime infatuazioni, e sorgono prepotenti i turbamenti sessuali che lo confondono, facendogli credere che ciò che prova verso le ragazze della sua età sia amore.
Federico è pieno di preconcetti, come quello che la donna debba lavorare in casa e arrivare all’altare illibata, mentre i comunisti, se anche non mangiano i bambini, sono altrettanto deprecabili.
Pur essendo alla ricerca dell’amore con la “a” maiuscola, Federico nel periodo universitario (si è iscritto alla facoltà di Giurisprudenza) ha diverse esperienze sessuali che non si interromperanno neanche quando si legherà a Luisella.

Luisella, che potrebbe diventare la donna della sua vita, è figlia di operai, ma quel che sconcerta maggiormente Federico sono le tendenze comuniste della sua famiglia verso cui lui assume un atteggiamento piuttosto snob. Le diverse opinioni politiche dei due giovani (anche se parlare di “interessi politici” nel caso di Federico è improprio, dato che la materia non compare fra le sue priorità) li allontanerebbe l’uno dall’altra se non ci fosse l’attrazione reciproca a tenerli uniti.

Vorrei poter dire che Federico inizia a prendere coscienza dei problemi della società e senta crescere gradualmente dentro di sé il bisogno di dare un significato alla propria esistenza. Ma a differenza di sant’Agostino, che per un lungo periodo aveva dovuto elaborare la propria conversione, il cambiamento di mentalità in Federico avviene quasi all’improvviso e la sua presa di coscienza è più simile alla folgorazione di san Paolo sulla via di Damasco.
E così, quasi da un momento all’altro, Federico abbraccia i principi caldeggiati dalla sinistra e, in questa sua presa di coscienza, è coadiuvato da don Marino, un prete contestatore. Federico si ritrova, pertanto, ad avere molti più punti di vista in comune con Luisella di quanto non ne avesse mai avuti inizialmente. È forse questo il motivo per cui, probabilmente, deciderà di dividere il futuro con lei, anche se si accorge di tenere veramente al suo amore solo quando, sciolto il loro rapporto, teme di poterla perdere, avendola vista insieme ad un altro uomo, a conferma di una certa immaturità dei suoi sentimenti.

Buona la caratterizzazione del protagonista che Demurtas descrive inizialmente come immaturo e fortemente condizionato dall’ambiente in cui vive, senza nessun vero interesse (neanche quello sportivo, nonostante Federico affermi di leggere il Corriere dello Sport), se non il desiderio verso l’altro sesso, e non risulta neanche particolarmente simpatico.
Volendo fare un appunto all’autore, si può rilevare che non viene adeguatamente spiegata l’evoluzione della coscienza sociale del protagonista. È chiaro, tuttavia, che ciascuno arriva alla maturità (ammesso che ci arrivi) a modo proprio, per cui non si può del tutto biasimare l’autore per le modalità con cui racconta l’evoluzione della mentalità di Federico. Molti lettori, specie di sesso maschile, potranno forse condividere alcune delle esperienze raccontate dal protagonista.
Chiaro di Venere è un romanzo caratterizzato da un linguaggio piuttosto personale e si segnala per una certa originalità. E' inoltre scorrevole ed accattivante, come lo sono in genere i buoni romanzi di formazione. Penso, pertanto, che abbia buone possibilità di ben piazzarsi al Premio Campiello, specie nella sezione Opera Prima.


Giudizio:

+4stelle+

Dettagli del libro

  • Titolo: Chiaro di Venere
  • Autore: Claudio Demurtas
  • Editore: Eventualmente
  • Data di Pubblicazione: 2017
  • Collana: Fiore di loto
  • ISBN-13: 9788898840412
  • Pagine: 192
  • Formato - Prezzo: Brossura - Euro 15,00

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