7 ottobre 2014

L'inconfondibile tristezza della torta al limone - Aimee Bender

Alla vigilia del suo nono compleanno, la timida Rose Edelstein scopre improvvisamente di avere uno strano dono: ogni volta che mangia qualcosa, il sapore che sente è quello delle emozioni provate da chi l'ha preparato, mentre lo preparava. I dolci della pasticceria dietro casa hanno un retrogusto di rabbia, il cibo della mensa scolastica sa di noia e frustrazione; ma il peggio è che le torte preparate da sua madre, una donna allegra ed energica, acquistano prima un terrificante sapore di angoscia e disperazione, e poi di senso di colpa. Rose si troverà così costretta a confrontarsi con la vita segreta della sua famiglia apparentemente normale, e con il passare degli anni scoprirà che anche il padre e il fratello - e forse, in fondo, ciascuno di noi - hanno doni misteriosi con cui affrontare il mondo. Mescolando il realismo psicologico e la fiaba, la scrittura sensuale di Aimeé Bender torna a regalarci una storia appassionante sulle sfide che ogni giorno ci pone il rapporto con le persone che amiamo.

Recensione

L'inconfondibile tristezza della torta al limone è stato, forse un po' troppo generosamente, inserito nel filone del realismo magico. Premesso che il romanzo ha poco a che vedere con i più illustri esempi del genere, come García Márquez, a lettura terminata mi ha lasciato la stessa sensazione delle opere di Isabel Allende, altra esponente del genere con la quale ho un rapporto conflittuale, ovvero che nonostante una buona idea di partenza il risultato finale sia un po' un pasticciaccio. Se uno degli scopi del realismo magico è quello di utilizzare gli aspetti irreali della trama per mettere in luce, criticare o analizzare un determinato aspetto della realtà, inserire un paio di personaggi con una qualche strana abilità per poi lasciarli di fatto affogare nel loro brodo, avulsi dal contesto generale degli eventi, genera un'opera incompleta e in qualche modo insoddisfacente.
In questo romanzo Aimee Bender mette molta carne al fuoco ma lascia quasi ogni cosa incompleta, risucchiata da quell'enorme buco nero che è la tristezza menzionata nel titolo e che permea la vita della protagonista, Rosie, oppressa da questo suo talento inspiegabile che minaccia di soffocarne ogni anelito vitale.

All'età di nove anni Rosie scopre di poter riconoscere in ogni cibo che assaggia i sentimenti di chi l'ha preparato, e lo scopre nel peggiore dei modi: avvertendo la profonda insoddisfazione della madre nella torta di compleanno che le ha appena preparato. Ovviamente si tratta di una scoperta sconvolgente per una ragazzina così giovane e comprensibilmente Rosie tenta di sfuggirle buttandosi a capofitto alla ricerca di cibi che non le trasmettano emozioni tanto negative. La conseguenza di questo gesto, tuttavia, è che l'idea più intrigante del racconto viene uccisa sul nascere: la bambina è talmente sopraffatta dall'infelicità della madre che decide di rifiutare totalmente il proprio dono, lasciandolo quasi totalmente inesplorato fino alle pagine finali del libro. Prendendo questa strada Rosie di fatto blocca il proprio sviluppo psicologico per anni, vivendo come un automa gli anni che vanno dall'infanzia alla giovinezza e riscuotendosi dal proprio torpore solo al superamento dei vent'anni.
Purtroppo lo sguardo dell'autrice segue la protagonista solo durante questo arco di tempo, durante il quale il suo personaggio non ha alcun tipo di evoluzione, essendo così sconvolto dai sentimenti materni che la sua vita ne rimane totalmente annichilita: per tutta l'adolescenza, infatti, Rosie non ha amici, non ha alcun tipo di interesse o passione e attraversa il liceo come uno spettro senza alcun progetto per la sua vita futura e avvilendo se stessa con una relazione casuale con un ragazzo verso il quale non prova nulla pur coltivando una cotta per il migliore amico del fratello, il quale a sua volta forse la ricambia e forse no, ma alla fine sposa comunque un'altra.

Peggio ancora, nessuno in famiglia sembra interessato a scuotere la ragazza da questo torpore, né la madre troppo presa da se stessa, né il padre emotivamente immaturo, né il fratello socialmente "incapace". Ognuno di loro sembra infatti accettare la sua letargia esistenziale come un dato di fatto, fino a che non è lei stessa a decidere che è arrivato il momento di crescere. Poiché la figura di Rosie rimane sempre uguale a se stessa nel corso del romanzo, nulla resta da esplorare nel suo personaggio se non questa penetrante malinconia che non compensa però la mancanza di spessore psicologico.
L'autrice potrebbe analizzare la sua strana e disfunzionale famiglia ma anche questa diventa un'occasione perduta: la madre è una donna infelice che non sa come dare senso alla propria esistenza fino a che non si imbarca in una relazione extra-coniugale che risolve tutti i suoi problemi. Il padre, poi, è il personaggio più irritante del libro: si mantiene ai margini fino quasi alla fine, quando di punto in bianco scopriamo che avrebbe potuto aiutare la figlia con la sua "invalidità" ma semplicemente la cosa non gli andava molto. La rivelazione è tanto inaspettata quanto ininfluente dato che Rosie non ha alcun tipo di reazione alla notizia e il padre non avverte alcuna particolare necessità di scusarsi o giustificarsi.
Rimane infine Joseph, il fratello maggiore, il quale fin dall'infanzia dimostra serie difficoltà a relazionarsi col prossimo, un disagio che nessun altro membro della famiglia ritiene utile approfondire, lasciando il lettore a sospettare che anche il ragazzo possa in qualche modo soffrire di un problema simile a quello della sorella (ironicamente, l'ipersensibile ma egocentrica Rosie non è mai sfiorata da questo pensiero). Alla fine, egli troverà una soluzione ai suoi tormenti perfettamente in linea con l'atteggiamento che tutta la sua famiglia esibisce nei confronti della vita e che lascia gli increduli lettori totalmente insoddisfatti.

E' appunto l'insoddisfazione il sentimento principale generato da questo romanzo, che racchiude in sé tutte le potenzialità per diventare un capolavoro, a partire dallo stile onirico, delicato e sensuale della Bender che, ancora una volta, ricorda il linguaggio della Allende. Tuttavia, troppo a mio parere viene lasciato inesplorato, tanto che in fin dei conti l'elemento magico non aggiunge molto al racconto, riuscendo solo a comunicare l'immensa tristezza che domina l'esistenza della protagonista e della sua famiglia, un malessere che contamina ogni cosa ma del quale ognuno dei protagonisti, tranne forse il povero Joseph, rimane inconsapevole per l'intera durata del romanzo.

Giudizio:

+3stelle+

Dettagli del libro

  • Titolo: L'inconfondibile tristezza della torta al limone
  • Titolo originale: The Particular Sadness of a Lemon Cake
  • Autore: Aimee Bender
  • Traduttore: Damiano Abeni, Moira Egan
  • Editore: Minimum Fax
  • Data di Pubblicazione: 2011
  • Collana: I sotterranei
  • ISBN-13: 9788875213626
  • Pagine: 332
  • Formato - Prezzo: Copertina morbida - 16,50 Euro

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