25 dicembre 2013

Angolotesti: "Natale a Regalpetra" di Leonardo Sciascia

Dopo tanto tempo, in occasione delle feste natalizie, torna un nuovo appuntamento dell'ormai sporadica rubrica Angolotesti. Due anni fa, in occasione delle feste natalizie, vi avevo proposto L'abete di Hans Christian Andersen. Oggi parliamo invece del più breve e prosaico Natale a Regalpetra, racconto autobiografico di Leonardo Sciascia inserito nella raccolta Le parrocchie di Regalpetra. Pubblicata da Laterza nel 1956, l'opera si articola attorno al capitolo "Cronache scolastiche" e vuole restituire storie di vita di un qualunque paese siciliano (Regalpetra è un nome fittizio per indicare Racalmuto, il paese natale di Sciascia). Nutrendosi del periodo in cui Sciascia insegnò in una scuola elementare, il nucleo principale del libro denuncia le arretrate condizioni del sistema scolastico siciliano e il contesto talvolta degradato in cui nascono e crescono i bambini, spesso costretti a frequentare la scuola al mattino e a lavorare nel pomeriggio per contribuire al sostentamento familiare. Il racconto che segue restituisce un quadro natalizio ben poco pittoresco e buonista.



Natale a Regalpetra

   - Il vento porta via le orecchie - dice il bidello.

   Dalle vetrate vedo gli alberi piegati come nello slancio di una corsa.

   I ragazzi battono i piedi, si soffiano sulle mani cariche di geloni.

   L’aula ha quattro grandi vetrate: damascate di gelo, tintinnano per il vento come le sonagliere di un mulo

   Come al solito, in una paginetta di diario, i ragazzi mi raccontano come hanno passato il giorno di Natale: tutti hanno giuocato a carte, a scopa, sette e mezzo e ti-vitti (ti ho visto: un gioco che non consente la minima distrazione); sono andati alla messa di mezzanotte, hanno mangiato il cappone e sono andati al cinematografo.

   Qualcuno afferma di aver studiato dall’alba, dopo la messa, fino a mezzogiorno; ma è menzogna evidente.

   In complesso tutti hanno fatto le stesse cose; ma qualcuno le racconta con aria di antica cronaca: "La notte di Natale l’ho passata alle carte, poi andai alla Matrice che era piena di gente e tutta luminaria, e alle ore sei fu la nascita di Gesù".

   Alcuni hanno scritto, senza consapevole amarezza, amarissime cose: "Nel giorno di Natale ho giocato alle carte e ho vinto quattrocento lire e con questo denaro prima di tutto compravo i quaderni e la penna e con quelli che restano sono andato al cinema e ho pagato il biglietto a mio padre per non spendere i suoi denari e lui lì dentro mi ha comprato sei caramelle e gazosa".

   Il ragazzo si è sentito felice, ha fatto da amico a suo padre pagandogli il biglietto del cinema… Ha fatto un buon Natale. Ma il suo Natale io l’avrei voluto diverso, più spensierato.

   "La mattina del Santo Natale - scrive un altro – mia madre mi ha fatto trovare l’acqua calda per lavarmi tutto".

   La giornata di festa non gli ha portato nient’altro di così bello. Dopo che si è lavato e asciugato e vestito, è uscito con suo padre "per fare la spesa". Poi ha mangiato il riso col brodo e il cappone.

"E così ho passato il Santo Natale".



Leonardo Sciascia nacque l'8 gennaio 1921 a Racalmuto (Agrigento), primogenito di un impiegato nelle miniere di zolfo e di una casalinga. Nel 1935 la sua famiglia si trasferì ad Agrigento, dove iniziò a frequentare l'Istituto Magistrale IX Maggio e dove lo scrittore Vitaliano Brancati, suo professore, lo iniziò alla letteratura. Nel 1941 conseguì il diploma magistrale e lavorò al Consorzio Agrario di Racalmuto, dove poté venire a contatto con la realtà contadina. Tre anni dopo sposò la maestra elementare Maria Andronico, da cui ebbe due figlie.
La sua attività letteraria iniziò nel 1950 con la pubblicazione delle Favole della dittatura, subito apprezzate da Pasolini, cui seguì la raccolta di poesie La Sicilia, il saggio Pirandello e il pirandellismo (con cui vinse il Premio Pirandello nel 1953), e numerose collaborazioni con riviste antologiche dedicate alla letteratura e agli studi etnologici.
Nel frattempo, parallelamente alla sua attività di scrittore, aveva iniziato a insegnare nella stessa scuola elementare della moglie. Queste sue esperienze confluirono nella raccolta autobiografica Le parrocchie di Regalpietra (1956).
Nell'anno scolastico 1957-58, Sciascia fu assegnato al Ministero dell'Istruzione a Roma. Di questo periodo sono i tre racconti in seguito pubblicati nella raccolta Gli zii di Sicilia. Tornato a Caltanissetta, impiegato nel Patronato Scolastico, ebbe inizio il periodo d'oro dell'autore, quello dei romanzi polizieschi ambientati in Sicilia, in cui denunciava le connivenze tra mafia e potere e la capillare diffusione della mentalità mafiosa: Il giorno della civetta (1961), A ciascuno il suo (1966), Il contesto (1971), Todo modo (1974), Una storia semplice (1984). Tali romanzi ottennero un notevole successo di pubblico, tanto che si considera Sciascia il fautore di una nuova stagione del giallo italiano contemporaneo. Tra le altre opere ricordiamo Il consiglio d'Egitto (1963), la commedia Morte dell'onorevole (1965), il saggio Morte dell'inquisitore (1967).
Trasferitosi a Palermo nel 1967, Sciascia iniziò a collaborare per il Corriere della Sera, dove si distinse per i suoi articoli contro la mafia scagliandosi anche contro i magistrati che si erano macchiati di carrierismo, tra cui Borsellino. Nel 1970 decise di andare in pensione, dopo aver pubblicato la raccola di saggi La corda pazza, senza mai smettere di scrivere. Nel 1975 si presentò alle elezioni comunali come indipendente nelle liste del Partito Comunista Italiano, riportando un'ottima vittoria, ma appena due anni dopo gli estremismi del Partito lo convinsero ad abbandonare la carica di consigliere e a candidarsi piuttosto al Parlamento europeo e alla Camera con i Radicali, venendo eletto per entrambe le posizioni. Di questo periodo sono le opere L'affaire Moro (1978), Candido ovvero un sogno fatto in Sicilia (1979), più diversi saggi di letteratura e cultura siciliana. Nel frattempo gli venne diagnosticato un tumore al midollo osseo, che lo costrinse a numerosi viaggi a Milano: nonostante ciò, Sciascia continuò a scrivere (Porte aperte, 1987; Il cavaliere e la morte, 1988). Il suo ultimo romanzo, Una storia semplice, venne pubblicato esattamente il giorno della sua morte, il 20 novembre 1989.

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