24 ottobre 2012

Intervista a Stefano Pastor, autore de "Il giocattolaio"

L'autore

Stefano Pastor è nato a Ventimiglia nel 1958. Dal 2011 si è trasferito a Cento, in provincia di Ferrara. Appassionato di scrittura fin da giovane, ha potuto dedicarsi a questa passione solo dal 2008, dopo vent’anni passati nel commercio di musica e film.
Il primo successo l’ha ottenuto vincendo il Premio Letterario Città di Ventimiglia col romanzo "Holiday", pubblicato dall’Editrice Zona col titolo di RITORNO A VENTIMIGLIA nel maggio 2010. Ha continuato a partecipare a concorsi, vincendo il Premio Le Fenici indetto da Montag col thriller "L'intervista", pubblicato nel novembre 2010. Il romanzo "L'illusione" è risultato tra i vincitori del Torneo IoScrittore 2011, indetto dal gruppo Gems, ed è stato appena pubblicato da Fazi col titolo "Il giocattolaio".
I suoi racconti hanno partecipato a parecchi concorsi mensili indetti dalla XII Edizioni: USAM-Una Storia Al Mese, vinto tre volte con i racconti Lupastro, Bambole e Un’Altra Vita, e Minuti Contati, altrettante volte con Funerale, Mulo e Specchio.



I libri

Di Stefano Pastor, La Stamberga ha recensito diversi romanzi: rimandiamo alla scheda di ciascuno per maggiori dettagli.



L'intervista



Buongiorno Stefano, grazie della tua disponibilità. È un piacere scambiare quattro chiacchiere con te, dopo averti conosciuto attraverso i tuoi romanzi.

Buongiorno a voi, anche per me è un piacere conoscervi. È parecchio che sono un vostro fedele lettore e ho sempre trovato molto interessanti gli articoli e le recensioni.


Cominciamo in ordine cronologico: sul tuo sito racconti che la scrittura è un sogno che hai cominciato a trasformare in realtà solo di recente, dal 2008. Cosa ti ha permesso di farlo?

La passione è antica, fin da quando ero un ragazzo, ma sono sempre stato convinto di non essere all’altezza di trasferire le mie storie su carta. Alle soglie dei cinquant’anni, per casualità, ho concluso un’attività che avevo portato avanti per vent’anni e mi sono trovato con parecchio tempo libero. Ho deciso di provare a scrivere, senza alcuna velleità di pubblicazione, solo per piacere personale. L’ho trovato più facile del previsto, in un mese ho scritto il mio primo libro, poi ne ho subito iniziato un altro. È stato un anno molto prolifico, in cui scrivevo di getto, senza correggere né revisionare, e in cui ho finalmente dato vita alle mie storie.


E cosa ti ha spinto a cercare la pubblicazione? È stata una tua esclusiva decisione o qualcun altro ti ha incoraggiato a farlo?

Per più di un anno ho scritto solo per divertimento, poi un’amica che aveva letto i miei libri ha insistito perché facessi concorsi e mandassi i miei manoscritti agli editori. Devo dire che l’ho fatto senza molta convinzione, non mi sentivo per niente pronto. Invece nel giro di pochi mesi ho vinto il mio primo concorso, con relativa pubblicazione, e poco dopo un altro ancora. Sono pure arrivato finalista in un paio di concorsi nazionali. Questo mi ha stupito, perché ero convinto che la mia scrittura semplice e scarna non fosse adatta a una pubblicazione, e mi ha portato a rivalutare libri che avevo sempre considerato impubblicabili. Tali vittorie sono state uno sprone a revisionare quanto avevo scritto fino ad allora e imparare le basi dell’editing, per migliorarmi ancora di più.


Hai collaborato con diverse case editrici: com'è il tuo rapporto con gli editori? Hai avuto contatti con il mondo dell'editoria a pagamento? Se sì, qual è la tua opinione a riguardo?

Non mi è mai capitato di dover pagare per essere pubblicato. Sono stato anche attento nella scelta degli editori, infatti ho collezionato soltanto due proposte di pubblicazione a pagamento, che ho rifiutato. Una mi è giunta addirittura da un editore che consideravo importante e stimavo molto. Negli ultimi due anni sono stato in contatto con vari editori, in alcuni casi il rapporto si è concluso con la pubblicazione e da loro non ho avuto più notizie, in altri casi si è evoluto in modo continuativo. Con Carlo Santi della Ciesse ho pubblicato quattro libri e ho curato un’antologia, con Stefania Lovati della 0111 oltre che pubblicare tre libri mi sono pure occupato di valutazioni ed editing. Maurizio Cometto, il mio editor per Il Foglio Letterario, mi ha sempre sostenuto e incoraggiato. Non posso che ringraziarli tutti quanti. Come non posso che ringraziare Elido Fazi, l’editor Christian Soddu e tutto lo staff della casa editrice Fazi per la loro gentilezza e la cura che hanno messo nella pubblicazione de “Il Giocattolaio”.


Sei un autore molto prolifico, tra romanzi e racconti conto diciassette pubblicazioni: complimenti! Ti dedichi alla scrittura a tempo pieno?

Da quattro anni scrivo in modo continuativo e sono effettivamente molto prolifico. Ho scritto molti più libri di quanti sia riuscito a pubblicarne, a un ritmo medio di uno al mese. Giacché ancora oggi scrivo per solo piacere personale non mi pongo il problema se la quantità possa essere a discapito della qualità. Col tempo e l’esercizio anche il mio stile è migliorato e adesso riesco a essere editor di me stesso.


"Il giocattolaio" ha vinto il Torneo IoScrittore 2011, indetto dal gruppo Gems: tra le opere proposte, ne sono state selezionate alcune per la pubblicazione elettronica, mentre il primo classificato, in questo caso il tuo lavoro, si è aggiudicato la pubblicazione cartacea. Come ti poni nei confronti del formato elettronico? Nel senso più materiale, sei un feticista del libro cartaceo o apprezzi anche l'immaterialità del virtuale? Da un punto di vista, invece, più generale credi che un romanzo acquisti un valore diverso per il fatto di essere reperibile nei negozi? Che questo sia una sorta di lasciapassare per una maggiore visibilità rispetto a quelle opere che, pur meritevoli, sono reperibili sono online?

Benché io legga esclusivamente in formato digitale, un pizzico di feticismo per la carta stampata mi rimane. Per me un libro non è un libro se non lo posso vedere in libreria. Quindi plauso all’ebook, ma solo se accompagnato dal più classico formato cartaceo. Sono dell’idea che nel nostro paese un autore non riesca a imporsi se non è reperibile anche il libreria. Il virtuale è molto comodo ma ha un pubblico ancora troppo ristretto.


Una curiosità: "Il giocattolaio" è presentato da Fazi come opera prima, ma sappiamo non essere così: come ti/ci spieghi questa scelta?

La scelta non è stata mia, è ovvio, anche se da un lato puramente tecnico è la sacrosanta verità. “Il Giocattolaio” è il mio primo libro, quello con cui esordisco. Da nessuna parte c’è scritto che sia il mio primo libro “pubblicato”, perché è il mio primo libro “scritto”. Infatti la sua stesura risale al settembre 2008, ed è quindi antecedente a tutti i libri pubblicati finora. A voler essere precisi non è neanche il primo libro che ho scritto, bensì il primo che ho considerato pubblicabile, resta comunque il mio libro “di esordio”. A parte questa spiegazione che potremmo chiamare “tecnica” (e pure un po’ discutibile), immagino che la scelta dell’editore Fazi sia stata motivata dalla necessità di lanciare un autore che erano davvero in pochi a conoscere.
Vorrei anche aggiungere che le mie pubblicazioni non hanno seguito l’ordine cronologico in cui i libri sono stati scritti, ma sono state quanto mai casuali. Quindi non è facile tracciare una mappa evolutiva del mio stile e delle mie opere.


Veniamo ai tuoi romanzi: le tue storie ruotano, per lo più, attorno a ragazzi e adolescenti - emblematico è "La correzione", che ha come protagonista una vera e propria squadra di calcio famigliare. D'altra parte, gli adulti hanno un ruolo quasi marginale e sono sicuramente i personaggi più "anormali" e insoliti. Le situazioni che descrivi sono spesso incentrate su un disagio molto forte e convergono in sviluppi o epiloghi paradossali, eppure credibilissimi. È solo frutto della tua fantasia o hai avuto modo di conoscere da vicino situazioni simili?  C'è un motivo per cui hai queste preferenze?

Tutto ciò che scrivo è opera di fantasia, i miei personaggi sono tutti inventati. Non mi ispiro alla realtà, o almeno mi capita molto raramente. Le mie influenze sono letterarie e cinematografiche, anche se cerco di essere originale il più possibile. Tento sempre di non essere ovvio, perché è la cosa che detesto di più nei libri. Se non riescono a sorprendermi e fin dalla prima pagina si capisce già come andrà a finire, subito cessa il piacere della lettura.
Non ho scritto solo libri con bambini o ragazzi, anche se devo ammettere che in ogni mio libro c’è qualche personaggio molto giovane. Diciamo che è stata una casualità piuttosto che una scelta. Mi sono trovato a scrivere un libro (non ancora pubblicato) che aveva come protagonista un dodicenne, e lì mi sono accorto di essere riuscito a renderlo davvero bene. Non solo, i giovani, con la loro curiosità e irruenza, si prestavano molto bene in situazioni insolite in cui un adulto non sarebbe stato credibile. Da quel momento è venuto spontaneo avere giovani protagonisti e costruire storie su di loro.


Le tue storie sono ambientate in quartieri di periferia: tu vivi a Ferrara e difficilmente riesco a immaginarmi luoghi del genere in quella zona. Prendi ispirazione da posti che hai visto dal vero o sono solo un'astrazione di tutti i quartieri di periferia in cui ci si può imbattere?

In genere i miei libri non sono ambientati in una città ben precisa. Inizialmente la mia idea era di ambientarli in una città “immaginaria” di nome Ardesia (un po’ come ha fatto Stephen King con Derry), ma l’ho usata solo in un paio di occasioni e poi ho lasciato perdere. È una scelta voluta quella di non dare una locazione precisa alla storia, in modo che chiunque possa immaginare che si parli della sua città. Da un lato quest’anonimato può essere spiazzante per chi legge, ma considero restrittiva un’ambientazione più definita.


Alcune commistioni di ambienti, come il mondo della fiaba con quello dell'horror, il mondo della natura e degli animali visti da una prospettiva insolita e spesso paradossale, sembrano avere un'ispirazione caratteristica: di cosa si è nutrito il tuo immaginario così dark? Pensiamo a Stephen King, ma anche a certi fumetti visionari a tema fantastico/paura. Hai preso degli spunti da fonti del genere?

Il mio immaginario è molto vasto, perché per molti anni ho divorato libri e film. Si è costruito a poco a poco, partendo dai film di Hitchcock e Dario Argento, dall’universo di Lovecraft, fino a raggiungere gli autori del fantastico degli anni ’80. Dean Koontz è stato per molti anni il mio autore preferito, e insieme a lui Dan Simmons, Robert McCammon e Anne Rice. Il mio rapporto col Re è controverso. Ho letto la sua intera produzione ma non sempre mi è piaciuto. Il suo “It” è comunque una pietra miliare che mi ha sicuramente influenzato. A tutti questi aggiungo due miniere di fantasia, come le fiabe e la mitologia, fonti inesauribili di spunti letterari.


Grazie del tempo che ci hai concesso - e di quello che ci regali con i tuoi romanzi. Buona (e prolifica) continuazione!


Articolo a cura delle Penne della Stamberga

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