28 giugno 2012

Intervista a Clelia Farris, autrice di "La giustizia di Iside"

L'autrice

Clelia Farris è nata a Cagliari nel 1967, dove si è laureata in psicologia con una tesi di epistemologia. Nel 2004 ha vinto il premio letterario Fantascienza.com con l’acclamato romanzo Rupes Recta, giunto alla seconda ristampa. Ha pubblicato diversi racconti su Fantasy Magazine e Robot e nel 2009 ha ottenuto con il presente romanzo un nuovo prestigioso riconoscimento vincendo la prima edizione del Premio Odissea con Nessun uomo è mio fratello. Con La pesatura dell'anima ha vinto il premio Kipple.



Il libro

In un Egitto sospeso tra culto dei morti, religione isiaca, trasformazioni genetiche di vegetali e animali, e una rivoluzione, politica ed ecologica, si innestano le vicende dei Sette, una squadra di poliziotti che, grazie a un accordo con i Giudici dei Morti, può scambiare l'anima di un assassino con l'anima della vittima, e ottenere che quest'ultima resusciti. Ma perché questo avvenga, occorre che tutti i componenti della squadra si riuniscano nel serdab.
Menes, uno dei Sette, è ucciso in un bagno pubblico dismesso. Il capitano che comanda la squadra chiama Naïma a sostituirlo.
Naïma è un Occhio di Horo, un detective che si occupa di delitti comuni. Per obbedire al superiore, è costretta ad abbandonare la caccia a un assassino che uccide dissanguando le sue vittime, e ne tumula il corpo in modo insolito: una piramide di fogli bianchi, un violoncello, una lastra di cristallo.
Nel corso delle indagini, i Sette si troveranno ad affrontare il Mare-di-Sotto, una regione sotterranea popolata da creature mostruose, originate da dissennati accoppiamenti pre-rivoluzione tra geni di pesci, di alghe e di esseri umani. E scopriranno che non tutti i resuscitati sono felici di essere ritornati in vita.
Naïma infine riuscirà a risolvere i suoi casi e a scoprire chi ha ucciso Menes, ma il prezzo da pagare sarà alto.



L'intervista



1. Il tuo è uno dei nomi della “nuova fantascienza italiana”. Con all’attivo quattro romanzi in questo genere narrativo, in che misura ti senti (o non ti senti) parte di un “movimento”? In quanto scrittrice come reputi l’attuale panorama della fantascienza italiana?

Sono sarda,  i sardi non si sentono mai parte di qualcosa e io non faccio eccezione. Come lettrice seguo la fantascienza italiana, come scrittrice non mi  immergo  nella corrente, anche perché l’orientamento attuale prescrive storie ambientate in Italia, e io non lo faccio, propone scenari neo-cyberpunk, e io tratto l’informatica come un aspetto marginale del futuro. Questo non significa che non apprezzi gli autori italiani. Abbiamo una creatività differente, che muove da modelli diversi. 


2. Com’è nata la passione per la fantascienza? Oltre a essere una scrittrice di fantascienza, sei anche un’appassionata lettrice di fantascienza? Quali sono, se ci sono, i tuoi modelli e le tue letture fondamentali in questo campo?

Penso che sia la fantascienza ad avere passione per me. Sono stata scelta. I modelli sono gli scrittori classici. Da bambina apprezzavo i racconti di Asimov, da adulta credo che l’Autore per eccellenza sia Lem, pur con alcune cadute in libri noiosissimi e intellettuali. Devo dire che, di recente, ho riletto Ursula Le Guin e mi sono accorta di essere stata  influenzata dalla sua scrittura più di quanto non credessi.


3. Fantascienza o meno, è certo che i tuoi due romanzi pubblicati per la Kipple, La pesatura dell’anima e il recente La giustizia di Iside con la loro singolare ambientazione in un Egitto ucronico sfuggono a qualunque definizione forzata; com’è nata la scelta di questa ambientazione?

Grazie, sfuggire alle etichette mi viene spontaneo. Qualcuno mi ha detto che questo costituisce anche il mio handicap: gli esseri umani, in genere, prediligono il noto e il già visto, travestiti da novità. Be’, non ci posso fare niente. Volevo un’ambientazione mediterranea, e mi piacciono i luoghi caldi e desertici. L’antico Egitto, col suo culto dei morti, era perfetto per ricamarci sopra qualcosa di nuovo. Uno scenario presente nell’immaginario collettivo, ma trasformato dalla mia fantasia.


4. Uno dei pregi di questi due romanzi è sicuramente la cura del dettaglio e dell’ambientazione. In che modo ti sei documentata nell’elaborazione dello scenario? Di quali strumenti ti sei servita? E in che misura ha contribuito alla redazione dei due romanzi?

Ho cercato testi sull’antico Egitto, ce ne sono in grande quantità, per mia fortuna: traduzioni e analisi di papiri del museo di Torino, lavori sulla mitologia, sul complesso viaggio notturno di Rā e sulla vita quotidiana del popolo. H o trovato perfino un breve dizionario che traduce alcuni geroglifici. E ho scoperto che la storia del faraone che sposa la propria sorella è falsa; l’analisi recente dei papiri ha evidenziato che i termini “sorella” e “fratello” erano usati in modo affettuoso verso persone a cui si era legati da un sentimento forte, senza implicare una effettiva parentela di sangue. Curiosamente, internet l’ho usato poco; giusto per orientarmi nella ricerca bibliografica, ho ritenuto che i libri fossero più autorevoli.
Naturalmente lo studio storico mi è servito per aiutare la fantasia, non volevo riprodurre l’antico Egitto, volevo solo ispirarmi.


5. La protagonista, Naïma, può vantare un interessante e ben curato profilo psicologico. Sicuramente molto si deve alle tecniche di scrittura, ma quanto è frutto delle esperienze di vita? Ti rivedi in Naïma, o magari lentamente avete finito con il convergere?

Dal punto di vista del carattere sono più vicina a Sadou. Le somiglianze tra me e Naïma sono davvero poche, a parte forse una certa simpatia per il rum. In lei, fin da giovane, c’è un’inquietudine esistenziale che la fa sentire fuori posto nel mondo, una caratteristica positiva, perché può condurre a modificare la realtà in cui si vive, rifiutando di accettare in modo passivo lo stato delle cose. Naima si è scontrata con il potere e questo ha mandato in cortocircuito la sua energia, facendola precipitare  in uno stato di “sospensione emotiva”, di raffreddamento interiore, che è molto simile a ciò che vivono i Sette; tuttavia proprio l’esperienza del serdab le darà lo choc benefico che le consentirà di “resuscitare”.


6. Un particolare che mi ha colpito molto è la riappacificazione tra la tecnologia artificiale e la vita biologica; al di là delle necessità narrative, che vogliono una tecnologia “antica” e naturale, credi sia possibile andare incontro a simili forme di sviluppo sostenibile?

Da quel che leggo, mi pare che la ricerca si stia avviando verso una forma di tecno- biologia; batteri che distruggono la plastica, piante che purificano l’acqua e batterie vegetali appartengono già al nostro mondo, il punto è l ’economia, così com’è strutturata oggi, ci consentirà il passaggio a questa tecnologia? Purtroppo la convenienza di pochi viene prima della razionalità dell’approccio ecologico allo sviluppo mondiale. Per esempio, il fatto che si continui a produrre carta dalla cellulosa degli alberi, quando il tempo ci ha provato che dal lino (tanto per restare nelle Due Terre) si ottiene una carta più duratura e resistente, è uno dei segni della potenza dell’economia.


7. Una curiosità che non posso tacere: mi ha sorpreso scoprire che La giustizia di Iside non è il seguito de La pesatura dell’anima, quanto piuttosto una variazione sul tema. Cosa ti ha spinto verso questa scelta? Certo l’ambientazione delle Due Terre permette nuove storie: vi farai ritorno in futuro?

È stata una scelta inevitabile. Non potevo fare un seguito, non potevo neppure scrivere un antefatto, perché prima di ciò che accade nella Pesatura dell’anima, Naïma non faceva parte dei Sette, quindi mi sarei persa uno dei personaggi cardine. La musica mi è venuta in soccorso, come sempre. Mi sono detta: visto che vuoi suonare la stessa melodia, perché non farci delle variazioni? Improvvisa e vedi cosa ti riesce.
È vero, si potrebbero ambientare nuove storie nelle Due Terre, anche storie in cui i Sette rivestono un aspetto marginale, ma al momento sono concentrata su altre cose. Però mai dire mai…


8. Ancora sulle Due Terre: ho adorato, nonostante qualche difficoltà, il dialetto di Dendera. Che tipo di lavoro linguistico c’è dietro?

Mi sono concentrata più sul suono delle parole che non sul significato, volevo che il lettore ne intuisse il senso senza aver bisogno di un dizionario. Un po’ quello che succede quando si tenta di spiegare qualcosa a uno straniero, mischiando e storpiando parole della nostra e della sua lingua.
Io non sono uno che sale in bigoncia, ecco. Sfriso e mestico le parole in modo scozzonato,mi zurla assai ciarmare i pinchi e spaginare la loro grammatica.
Ops, Sirah non ha resistito a dire la sua. Quando ha iniziato a parlare in questa buffa maniera l’ho assecondato. Nella Giustizia di Iside, così come nella Pesatura dell’anima, visto che uso molti termini insoliti (ma non più di quelli inglesi che si trovano nella nostra lingua), ho sentito l’esigenza di mettere un glossario. Mi dispiace che abbia trovato difficoltà col dialetto, però non me la sono sentita di includere una traduzione anche per quello, gli avrebbe tolto fascino.


9. Tema centrale dei due romanzi è la riflessione sulle forme di giustizia, a partire dalla pena di morte, ne vuoi parlare?

La morte violenta appare sempre ingiusta ma anche lo scambio delle anime, l’anima dell’assassino in cambio di quella della sua vittima, poggia su una morte violenta e tutta questa violenza non ripristina lo stato delle cose. La Rivoluzione è convinta di aver trovato la giustizia perfetta ma la verità è che per le vittime non c’è mai vera giustizia. E i Ritornati ne sono la prova.


10. Domanda di rito: cos’è per te la scrittura? Quando hai cominciato a scrivere, e soprattutto, quando hai pensato di cercare la pubblicazione?

Più che scrittrice mi sento narratrice, e scrivere mi consente di raccontare le storie che mi piacciono. Nel 2000, forse perché ero annoiata e insoddisfatta di tante cose, ho scritto il primo romanzo, Quasar. Era un ibrido, poteva passare sia per una storia di fantascienza che per un fantasy (un po’ particolare, come fantasy, ma c’erano degli elementi di magia) e ho provato a mandarlo alle case editrici che pubblicavano questi generi, senza alcun risultato. Nel 2003 ho scritto Rupes Recta e l’ho mandato al concorso di Fantascienza.com.


11. Con quattro romanzi pubblicati puoi già vantare tre premi vinti: in che misura i riconoscimenti ottenuti hanno modificato, se l’hanno fatto, il tuo rapporto con la scrittura e la pubblicazione?

I premi mi hanno permesso di essere pubblicata, ma essere pubblicata non mi dà alcuna certezza di poterlo essere ancora in futuro. Questo è lo stato della fantascienza in Italia. Purtroppo l’editoria italiana attuale è pronta ad accettare qualunque idea o immaginario provenienti dall’estero, sottovalutando la produzione locale. Credo però che sia solo una situazione momentanea, gli scrittori italiani di fantascienza hanno i toni, le idee e lo stile giusto per imporsi al pari degli stranieri.


12. Cosa puoi dirci della tua esperienza editoriale?

Per mia fortuna ho pubblicato con due editori di cui non mi posso lamentare. Tuttavia si pubblicano davvero molti, forse troppi, libri in Italia ed è difficile emergere.


13. Internet oggi ha un ruolo sempre più grande nel mondo della scrittura e della lettura, amplificando la pubblicità e connettendo in maniera diretta scrittore e lettore. Qual è il tuo rapporto con il web?

Un rapporto da voyeur. Sbircio a destra e a manca, seguo alcuni siti con una certa assiduità, leggo recensioni, mi appunto qualche libro interessante, ma intervengo pochissimo, per non dire quasi mai.
Ritengo che internet possa essere davvero utile per la diffusione delle informazioni. Io stessa leggo recensioni di libri che non conosco e mi dico: ah, però, vedi, questo lo voglio proprio leggere.


14. Abbiamo quasi finito. Ultima domanda di rito: progetti per il futuro? Continuerai a spaziare nell’ampio genere della fantascienza, o magari tenterai con un altro genere?

La fantascienza a me dà una libertà di espressione che non trovo in altri generi, credo che sarebbe controproducente abbandonarla. E poi ci sono ancora molte contaminazioni da provare. Al momento sto tentando di scrivere qualcosa con venature horror.


15. Concludiamo l’intervista con una domanda aperta: lascia un messaggio ai nostri lettori, un consiglio, una raccomandazione…

Più che un consiglio, un suggerimento: lasciatevi stupire.

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