30 novembre 2010

Intervista a Alan Zamboni, autore di "L'ultimo quadro di Van Gogh"

L'autore

Alan Zamboni nasce a Brescia; comincia a scrivere canzoni negli Anni ’90. Il suo lavoro di cantautore si è concretizzato nel 2001 con la pubblicazione del disco Jirandolita Gupil seguito, nel 2006, da Mise en abyme. Collabora come scrittore di testi con diversi musicisti. Nel 2002 è tra i 10 finalisti del Premio Nazionale di Musica d’autore del Comune di Sermide. Nello stesso anno le sue liriche Poesia, La sedia a dondolo e Scatola di numeri vengono inserite nell’antologia del Premio Internazionale di Poesia Age Bassi. Ha vinto il secondo premio al concorso internazionale di narrativa Guido Gozzano; con il brano Occhi, i miei i tuoi ha ricevuto una menzione speciale al XVIII Premio internazionale di poesia Nosside. Per Infinito edizioni ha pubblicato Grecia, solo ritorno (2008) e L'ultimo quadro di van Gogh (2010).



Il libro

Luglio 1891, Auvers-sur-Oise. Un misterioso personaggio prende alloggio presso la locanda Ravoux, dove un anno prima è morto Vincent Van Gogh. Da subito dimostra un insolito interesse sugli ultimi istanti di vita del pittore. Chi è quest'uomo? Cosa sta cercando con tanta ostinazione?






L'intervista



1. La ringrazio di aver accettato di scambiare quattro chiacchiere con me, ma soprattutto di avermi dato la possibilità di conoscere il suo lavoro.

Grazie a voi per avermi dato questa opportunità!


2. Van Gogh è un artista che non lascia indifferenti: qual è il suo legame con lui?

Molto semplicemente mi piacciono i suoi quadri e le sue lettere. Questa passione mi ha poi spinto a sviluppare una ricerca biografica approfondita da cui è nata l’idea del libro e i testi del disco.


3. Nelle "Precisazioni" scrive che i dubbi sulla morte dell'artista sono stati ripresi da considerazioni altrui e che nulla è frutto della fantasia, eccetto Adeline: a chi ne volesse sapere di più cosa consiglierebbe di leggere?

C’è una letteratura vastissima su van Gogh e, come spesso succede in questi casi, vi sono molte discordanze ma soprattutto diverse informazioni totalmente infondate. Chi fosse interessato a un lavoro di ricerca vero e proprio non può prescindere dai libri di Jan Hulsker che è stato forse il più grande esperto dell'opera e la vita di Vincent. Ma anche in Italia abbiamo uno studioso tra i più attenti e preparati a livello internazionale che ha pubblicato dei libri molto interessanti, si tratta di Antonio De Robertis.


4. L'Io narrante non ha un volto né un nome: a cosa è dovuta questa scelta?

Il narratore non conosce Vincent personalmente ma lo può apprezzare dalle sue tele, esattamente come noi oggi. Inoltre è l’unico personaggio di quelli citati nel racconto frutto esclusivamente della fantasia e quindi non realmente esistito. È trascinato nella vicenda quasi senza rendersene conto e si trova in una situazione del tutto inaspettata...che poi è quello che mi auguro succeda al lettore del libro. Per questo non ha nome, perché può essere chiunque.


5. La passione che il protagonista nutre nei confronti di Van Gogh è intensa, pur non conoscendolo di persona e non potendolo definire un fan: perché ha deciso di non fargli mai incontrare Vincent?

Prima di tutto perché, come dicevo, volevo che il protagonista avesse lo stesso rapporto con Vincent che può avere ciascuno di noi oggi, ossia lo conoscesse solo attraverso le sue opere; e poi perché volevo che Vincent non comparisse direttamente come personaggio. In tutto il libro van Gogh è un protagonista assente che comunica, trasferisce e trasporta emozioni e sensazioni esclusivamente con la forza della sua arte. Non avrei saputo gestirlo come “personaggio”. Lo spazio per le sue parole e per le sue lettere è lasciato tutto nel disco.


6. Ancora nelle "Precisazioni" scrive che si sente dispensato dallo spiegare il suo lavoro, eppure in questo caso lo fa: la trovo una scelta insolita per un racconto che in quanto opera di fantasia può permettersi rimandi alla realtà come anche licenze poetiche.

Quando si realizza un romanzo storico, specialmente in casi in cui si inseriscono vicende e personaggi che sono già stati trattati migliaia di volte in altre pubblicazioni, può essere che si senta la necessità di mettere alcuni puntini sulle “i”. Ho letto decine di lavori su van Gogh e molti infarciti di errori grossolani; io ho fatto un’opera di fantasia da una parte ma dall’altra ho voluto corredarla di un supporto più scientifico per tutti coloro che, una volta letto il libro nutrono delle curiosità in merito da soddisfare; e la prima curiosità può essere: cosa è vero? Cosa è falso? Ci tenevo a precisare che il ruolo di Adeline è totalmente inventato da me, a scanso di equivoci. Ad ogni modo nelle “Precisazioni” scrivo “...una volta scritto un racconto e sviluppata un’idea, mi sento assolutamente dispensato dal commentarla o, peggio ancora, spiegarla.” Non sto quindi parlando degli aspetti legati alla biografia, ai quadri o a determinate parole utilizzate nel racconto che, per chiarezza, ho voluto spiegare, ma parlo dell’idea alla base del racconto, riguardo a quella ovviamente non dico nulla.


7. Le vicende che affronta nel racconto, per la loro complessità, potrebbero trovare una giusta dimensione anche in un romanzo, senza rischiare la ridondanza o la banalità: perché ha preferito condensarle in poche pagine? È una scelta legata al suo modo di scrivere o invece è la storia che lo ha richiesto?

Non mi pongo mai un problema di lunghezza quando scrivo, quello emerge in un secondo momento di fronte al tipo di pubblicazione da fare. Quindi semplicemente scrivo, riscrivo, rileggo, modifico e poi arriva un giorno in cui mi sembra che il mio lavoro abbia il giusto equilibrio e suoni come voglio io. A quel punto si vede quante pagine sono. Scrivere con l’idea di raggiungere una certa lunghezza e, peggio ancora, allungare o stringere un racconto a posteriori per compiacere un editore non appartiene al mio metodo di lavoro e la mia casa editrice è sempre stata molto rispettosa di questo dimostrando di essere attenta alla qualità del prodotto prima che alla sua “spendibilità”. Fino a ora non ho comunque mai scritto racconti molti più lunghi di questo, quindi può essere che questa sia una dimensione che implicitamente mi appartiene.


8. Quando un dipinto o il lavoro di un artista mi piace in modo particolare è perché sento che sta toccando una parte di me, come due pezzi di un puzzle che si incastrano: cosa dell'opera di Vincent la colpisce maggiormente? In che cosa si sente affine a lui, o viceversa cosa la turba?

Mi colpisce l’umiltà e il grande lavoro fatto sempre con obiettivi ben precisi. L’approccio di Vincent all’arte è un insegnamento importantissimo. Mi colpisce la sua capacità autocritica unita alla perseveranza e alla convinzione di aver intrapreso la strada giusta...la sua strada giusta. Quindi cerco di imparare da questo atteggiamento e di costruirlo su di me più che cercare affinità. Della sua opera nulla mi turba, direi che quasi tutta mi colpisce e mi emoziona. Vincent toglie le parole.


9. Cantautore e scrittore: quali sono gli autori che sente vicini e a cui si ispira?

Preciso che leggo poco e ascolto poca musica. Nelle scelte mi lascio spesso condizionare da amici di cui ammiro il gusto e le passioni. Sono stati loro nel corso degli anni a consigliarmi di leggere autori o a regalarmi dischi che mi hanno per certi aspetti formato. Amo le bande balcaniche, la musica d’autore, in particolare quella francese e ascolto spesso Tom Waits. In campo letterario ultimamente sto leggendo Saramago, prima ho letto libri di Fante, Bukowski, Céline. Mi piacciono molto Dostoevskij e Marquez. Non leggo quasi mai autori contemporanei. Penso che tutto quello che ho letto e ascoltato abbia contribuito a creare un mio gusto, un mio stile ma sono convinto che esiste anche qualcos’altro che lo ha ancor più determinato. Non so cosa sia di preciso ma di sicuro passa attraverso quello che ho vissuto al di là di libri e dischi. Qualcosa che appartiene a un mondo dove nessuno scrive, nessuno legge e c’è silenzio. Da lì, solo da lì può passare l’ispirazione.


10. Quali sono i suoi progetti per il futuro?

Mi piacerebbe continuare a scrivere e riuscire a completare alcuni racconti che ho solo impostato. Musicalmente ho inciso un disco un anno fa e spero di poterlo presto pubblicare. In questo momento però la cosa principale è promuovere lo spettacolo “Vincent”, ossia l’esecuzione dal vivo dell’intero disco allegato al libro, in cui condivido il palco con Angel Galzerano, Gianmarco Astori e Anna Maria Di Lena. Abbiamo già fatto due rappresentazioni con un buon successo e speriamo di avere sempre più occasioni di portare in giro questo progetto che facciamo con grande passione.


In bocca al lupo!

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