25 marzo 2010

Chocolat - Joanne Harris

È martedì grasso quando nel villaggio di Lansquenet arrivano Vianne Rocher e la sua giovane figlia Anouk. La donna è assai simpatica e originale, sexy e misteriosa, forse è l'emissaria di potenze superiori (o magari inferiori). La Céleste Praline, la sua pasticceria, ben presto diviene un elemento di disordine, soprattutto per il giovane curato Francis Reynaud. Il tranquillo villaggio diventa più disordinato, ribelle e soprattutto felice. "Chocolat" è un romanzo pieno di vita, frizzante e divertente, ricco di personaggi indimenticabili e ricette paradisiache.


Recensione

Felicità. Semplice come un bicchiere di cioccolato o tortuosa come il cuore. Amara. Dolce. Viva.

Vianne Rocher e la piccola Anouk arrivano al tranquillo villaggio di Lansquenet insieme al vento del Carnevale: avvolte nei loro cappotti vivaci, appaiono un po’ fuori posto in mezzo al grigio contegno degli abitanti, nonostante l’allegra festività. Lo sguardo di Vianne s’incontra per un attimo con quello di Reynaud, l’austero prete del paese: ed è lì che comprende di aver appena conosciuto l’Uomo Nero, colui con cui intraprenderà una lunga battaglia senza esclusione di colpi.
Vianne e Anouk occupano un appartamentino sovrastante una vecchia panetteria chiusa, e la donna inizia immediatamente a lavorare al suo progetto, mentre gli abitanti di Lansquenet si accingono a iniziare i loro fioretti quaresimali; Reynaud si affretta a dare il suo benvenuto alla donna, pur storcendo il naso innanzi al suo comportamento impertinente e ai suoi abiti vivaci, ma i suoi sforzi si infrangono davanti al muro di sottile e arguta gentilezza di Vianne, che subito informa il parroco che no, non c’è nessun Signor Rocher, che no, non ha alcuna intenzione di farsi vedere alla messa della domenica, essendo atea, e che sì, ha intenzione di fermarsi a lungo e spera di trovarsi bene. Proprio la prima domenica di quaresima, sotto gli occhi curiosi dell’intera popolazione di Lansquenet, Vianne inaugura il suo negozio: La Céleste Praline, Chocolaterie Artisanale.
Inizia così una lunga e sottile battaglia tra le due potenze, ben espressa dalla struttura bipartita del romanzo (in cui si alternano i punti di vista di Reynaud e di Vianne): il cioccolato, emblema della vita, dell’energia, della libertà individuale, e anche di una contenuta e compiacente lascivia; e la predicazione, che ammonisce alla castigazione, al bigottismo di una religione fatta di dogmi assoluti, all’estremo e ipocrita perbenismo, alla strenua condanna della libertà dei costumi.

La lotta è perfettamente equilibrata, in quanto Reynaud dal suo pulpito non riesce a tenere a freno la curiosità del suo gregge, che è attratto e respinto dall’affascinante diversità di Vianne (che ha dalla sua un pizzico di magia che le deriva dal suo sangue gitano), mentre sembra che ogni piccola vittoria della giovane donna, che si è prefissata l’obiettivo di portare un po’ di colore e di felicità nel grigio villaggio, le alieni le simpatie di una fetta di popolazione sempre più grande.

In mezzo a questo scontro tra titani, si affacciano le timide e pittoresche figure degli abitanti del villaggio, ma non solo: Anouk, la piccola straniera, la bambina che vede lontano; Roux, l’affascinante zingaro dai capelli rossi; Josephine, fragile donna maltrattata dal marito Muscat; Guillaume, il cui unico amico è il cagnetto in fin di vita; Armande, spirito affine a Vianne, che tenta di ribellarsi alle imposizioni della figlia per vivere liberamente il poco tempo che le resta; Luc, suo nipote, che la figlia gli proibisce di vedere; Muscat, i cui atti violenti sono protetti dalla discreta ipocrisia della comunità e dello stesso Reynaud.

Gli avvenimenti sono narrati in tono vivace, escluse le pagine in cui Vianne si abbandona ai malinconici ricordi della sua vita girovaga al seguito della madre, ma dietro il brio di questa donna così forte si intravede l’ombra di una sottile rassegnazione: la sua è una battaglia in cui può riportare tante piccole vittorie, ma che non renderanno felici né lei né la piccola Anouk. Ed eccola lì, la sensazione che il viaggio di Vianne non potrà mai aver fine, in agguato nelle ultime pagine del libro: l’epilogo dai toni mesti che mi ha cancellato il sorriso dalle labbra, spingendomi a riflettere se davvero fosse in linea con il romanzo o se l’ho apprezzato così poco perché memore del lieto fine del film. Buffo come un libro sul cioccolato sia stato capace di lasciarmi un simile amaro in bocca.

A tal proposito: il romanzo è una gioia per la mente, scritto in maniera egregia; caratterizzazioni dei personaggi, descrizioni dei luoghi e delle pietanze al cioccolato, introspezioni, tutto è lirico e perfetto. Il film, invece, è una gioia per gli occhi: recitazione, fotografia, colori, una meraviglia.
La trama è fondamentalmente simile a quella del libro, ma differiscono per alcuni particolari sostanziali: Reynaud, nel film, è il sindaco, non il prete (vi è in effetti un giovane prete, manipolato dal sindaco); sempre nel film, Vianne non possiede alcun tocco di magia e non è una gitana; Roux è un personaggio molto diverso; il film, inoltre, termina con un delizioso happy end, e ciò mi spinge a preferire la versione cinematografica, ma questo è un parere fortemente soggettivo.
Sono consigliati entrambi, in ogni caso.

Giudizio:

+4stelle+

Dettagli del libro

  • Titolo: Chocolat
  • Titolo originale: Chocolat
  • Autore: Joanne Harris
  • Traduttore: Grandi L.
  • Editore: Garzanti Libri
  • Data di Pubblicazione: 2009
  • Collana: Elefanti bestsellers
  • ISBN-13: 9788811681212
  • Pagine: 338
  • Formato - Prezzo: Brossura - Euro 8,90

3 Commenti a “Chocolat - Joanne Harris”

  • 30 marzo 2010 alle ore 11:31
    Pythia says:

    Ho avuto la fortuna di leggere il romanzo prima di vedere il film: da inguaribile romantica, credo avrei preferito il finale cinematografico, ma credo che quello del romanzo si adatti di più alla storia di Vianne, oltre al fatto che solo così è stato possibile il seguito, Le scarpe rosse, che mi ha conquistata quanto Chocolat.

    Stranamente il film non mi è dispiaciuto, e credo sia perché è talmente diverso dal romanzo da proporre una storia decisamente nuova: forse l'unica nota stonata è il sindaco bigotto, personaggio più azzeccato nelle vesti di un prete.

    La malinconia del finale è tipica per la Harris, che lascia entrare nel suo mondo un po' di realtà, in mezzo ai sogni e alle magie: non c'è mai un vero lieto fine, ma è anche questo uno dei motivi per cui la amo.

  • 30 marzo 2010 alle ore 14:51
    sakura87 says:

    Penso proprio che proverò anche il seguito ;) mi piace moltissimo come scrive la Harris!

  • 30 marzo 2010 alle ore 15:15
    Pythia says:

    Io li ho letti tutti, tranne l'ultimo che è in stallo (troppo inquietante!): se hai bisogno di consigli di lettura, chiedi pure ;-)

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