25 giugno 2009

L'ultima estate che giocammo ai pirati - Alessandro Soprani

Estate del 1955 sulle colline dell'Appennino parmense: gli echi della guerra non si sono ancora spenti; non sono dimenticati gli odi, ma nemmeno i dubbi e le paure. Si trovano armi nascoste ovunque, e i bambini ascoltano i racconti degli adulti curiosi delle loro storie - scontri, eccidi, tradimenti - così come dei loro silenzi, delle loro reticenze.
Tre ragazzini - Luca, voce narrante, Davide e Mario -, i tre moschettieri, come vengono chiamati, sono i protagonisti di quotidiane avventure: giocano a biglie, ai pirati, alla guerra con mitici Sten di legno di faggio. Giocano, rovistano nei solai in cerca di cimeli, ed esplorano i luoghi proibiti dei partigiani...
E proprio durante una di queste esplorazioni Luca scopre un cadavere: è Delmo, un uomo buono e innocente - lo scemo del villaggio, qualcuno direbbe - al quale i ragazzi, come tutti, volevano bene.
Quando gli indizi sembrano incolpare Giona, un reduce inglese rissoso e ubriacone, Mario, il più maturo dei tre forse perché ha perso la mamma e ha un padre alcolizzato e violento, decide che non si può lasciare impunito l'assassino di Delmo. Bisogna vendicarlo.
Si fa in fretta a passare dal gioco a una terribile realtà, soprattutto se si incontrano delinquenti senza scrupoli. Ma occorre molto coraggio, o incoscienza, quando la linea d'ombra che separa la giovinezza dall'età adulta non attraversa solo il mutare dei sentimenti e delle emozioni, ma si sporca di sangue.
Questo è il messaggio chiaro che viene dalla voce addolorata e fiera dell'Italina, splendida figura di vecchia che di quei ragazzi è l'unica confidente, forse perché, custode a sua volta di un antico lacerante segreto, è l'unica che può veramente capirli.
Un esordio delicato e forte, questo di Alessandro soprani, un romanzo di avventura e di formazione in cui la Storia e a provincia italiana fanno da sfondo e da protagoniste insieme, con una nostalgia e una potenza che arrivano al cuore.

Recensione

Leggere questo primo romanzo di Alessandro Soprani è come entrare in contatto con un mondo da poco scomparso.
Le atmosfere di questo romanzo sono così vere e radicate su un territorio da sembrarci quasi irreali rispetto al mondo di adesso, globalizzato ed indistinto, in cui ogni posto tende ad assomigliare ad un altro.

Siamo sull'Appennino parmense, in quello spicchio di territorio montano tra il piccolo borgo dove vivono i protagonisti della storia e Langhirano (il paese più vicino, ma così lontano dalla quotidianità della vita del paese), nell'estate del 1955.
Tre ragazzi, poco più che bambini, si imbattono in un'avventurosa vicenda costellata di omicidi, contrabbando, armi e vecchi racconti della guerra partigiana. Tra le indagini e le scoperte di sempre nuove verità, i tre ragazzi prendono sulle spalle le responsabilità delle loro azioni, finendo con l'abbandonare la spensierata vita dell'infanzia, per entrare nella vita adulta. Siamo quindi nel pieno del romanzo di formazione classico, con una trama e un intreccio interessante, reso con uno stile di scrittura veloce e piacevole che invita il lettore ad andare avanti volando sulle pagine per non abbandonare i tre ragazzi al loro destino.

L'elemento più significativo del romanzo, risiede a mio avviso proprio nello stile di scrittura con cui Soprani costruisce atmosfere e avvenimenti. Una lingua frammista di dialetto parmense, altamente aderente a quella che deve essere la realtà di un paese di montagna del primo dopoguerra e fedele all'età dei protagonisti. Solo in pochissimi punti del romanzo troviamo qualche espressione un po' troppo da adulti in bocca a ragazzini giovani e altamente identificabili con un territorio; per il resto la resa del linguaggio è ottima e trasporta il lettore nei luoghi, nelle atmosfere e negli odori delle giornate estive.

Questo stile è anche il responsabile di ciò con cui ho iniziato la recensione: la descrizione di un mondo scomparso. Oltre la vicenda che costituisce l'ossatura del libro, dalle parole di Soprani traspira la descrizione di un mondo scomparso, di una quotidianità in cui i rapporti e le vicende umane sono del tutto diverse da quelle odierne. Nelle avventure dei tre ragazzi protagonisti del libro ritroviamo un elemento che sempre più tende a scomparire nella nostra vita quotidiana: la conoscenza dei luoghi. Un'esistenza, quella dei giovani protagonisti del libro, che non può prescindere da un mondo che loro esplorano centimetro per centimetro nei loro giri tra i boschi, che costruiscono nella fantasia ascoltando i racconti degli anziani, che mettono in discussione con il loro ragionamento. Un mondo limitato nello spazio perché conoscono quasi solo il loro piccolo paese e il bosco che lo circonda, ma un mondo a cui appartengono e di cui conoscono ogni cosa. Un panorama così diverso da quello odierno in cui la conoscenza e globale ma spesso effimera; dove il giovane (bambino o ragazzo) deve essere protetto da ogni forma di avventura e rinchiuso spesso solo nella sterilità del gioco organizzato, delle attività per il tempo libero, quando non nella virtualità e nei giochi elettronici. in questo romanzo invece colpisce per prima cosa un elemento: la serietà del gioco per i bambini. Quello che il mondo degli adulti (distante, ma non assente) ritiene un bighellonare senza meta per prati e pascoli, si rivela in realtà una faccenda molto, troppo seria. Il gioco come avventura e l'avventura come esperienza che prepara alla vita, prepara a sentirsi parte di un tutto, che è la vita del paese e da lì l'aprirsi alla vita in tutte le sue facce.

Sotto questo aspetto Soprani ci restituisce un accurato ritratto della vita dei ragazzi nel dopoguerra, per lo meno nelle zone periferiche d'Italia. Ho ritrovato nelle sue parole i racconti dei genitori e dei nonni delle mie zone di montagna (delle Alpi e non dell'Appennino), storie fatte di avventure anche pericolose, ma vissute in libertà.

Ecco forse è proprio questo il romanzo di Soprani, un romanzo sulla libertà. Libertà che è ovviamente anche rischio, sbaglio, paura e responsabilità. I tre protagonisti vivono tutto ciò nel corso di un'estate; nel diventare adulti scoprono che la libertà, così amata, mette ciascuno di fronte a scelte da cui non si può tornare indietro.

Un'opera prima di un nuovo scrittore del panorama italiano che fa ben sperare per il futuro e che, in questo romanzo, dimostra una grande leggibilità. Sicuramente consigliato.

Dettagli del libro

  • Titolo: L'ultima estate che giocammo ai pirati
  • Autore: Alessandro Soprani
  • Editore: Mondadori
  • Data di Pubblicazione: 2009
  • Collana: Omnibus
  • ISBN-13: 9788804587453
  • Pagine: 286
  • Formato - Prezzo: Rilegato, sovraccoperta - 18,50 Euro

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