25 marzo 2009

Intervista ad Alessandro Bastasi autore de "La fossa comune"

L’autore Alessandro Bastasi nasce a Treviso il 21 ottobre 1949 abita a Milano e lavora come amministratore delegato di una società nel settore ICT. Nella vita ha fatto l’attore, il cronista teatrale e ha scritto racconti vari e un romanzo. L’approccio al mondo della scrittura gli è venuto naturale, essendo forte in lui la passione per l’espressione artistica. Quando una tematica gli sta a cuore la approfondisce e il modo migliore per chiarirsi le idee è proprio scrivere una storia che attraversi quel tema in profondità.

Il libro:

In bilico tra il thriller politico e il romanzo storico,"La fossa comune" racconta le vicissitudini di Vittorio Ronca, un uomo che, dopo devastanti esperienze professionali e affettive, approda nella Russia post-sovietica dei primi anni '90, dove viene coinvolto in un attentato al presidente Boris Eltzin. Pagina dopo pagina, però, quello che emerge dal romanzo è soprattutto il ritratto di una generazione, quella che aveva 20 anni nel 1968, destinata fin dall'inizio a scontrarsi con una realtà spesso irriducibile ai suoi schematismi. E sogni e ideali, stritolati in tale scontro, non possono che finire in una fossa comune.

Come nasce l’idea de “La fossa comune”?

L'idea del libro è nata in seguito a una mia permanenza in Russia per lavoro nei primi anni '90. Sono arrivato con l'URSS e me ne sono andato con Eltzin saldo al potere! Nel corso della mia permanenza ho assistito quindi, giorno per giorno, al processo di dissoluzione del vecchio regime e alla nascita del nuovo e, giorno per giorno, annotavo quanto avveniva sul piano economico, sociale e politico. Non avevo ancora l'idea di scriverci sopra un romanzo, erano appunti sparsi per un utilizzo da definire (magari articoli, saggi o altro). Poi nasce l'dea di mettere a confronto con questo processo il vissuto politico-culturale, ma soprattutto personale, di un ex sessantottino. Ho quindi costruito il personaggio e l'ho calato nella bolgia della Russia di quegli anni. Come? Scopritelo leggendo il libro :-)

Non credi che quel titolo possa far pensare ad altro rispetto a ciò che il romanzo in realtà racconta?

Me l’ha già detto qualcun altro, in effetti … il titolo che avevo in mente all’inizio era “Happening”, concetto che ben si attaglia sia al personaggio principale: la sua vita in buona sostanza è un insieme di happening, anzi, è la ricerca dell’happening finale, definitivo, dell’evento che in quanto tale dia un senso alla sua vita personale e collettiva, dell’evento equiparabile all’attimo di cui va alla ricerca Faust, che lo porti dalla storia individuale alla conquista del sé, dalla storia degli storici all’istante eterno, quindi alla “salvezza”, direbbe Grotowski … Poi invece ho optato per “La fossa comune”, puntando l’attenzione, più che sugli “eventi”, sul palcoscenico in cui la vicenda di Vittorio Ronca si svolge, “un teatro globale, sorta di collettivo, purtroppo non autonomo, la vera fossa comune in cui giacciono insieme i nostri più alti ideali, mischiati ai più bassi istinti” come ha giustamente commentato lo scrittore Alessio Pracanica …

Vittorio Ronca è il personaggio principale del romanzo. Perché la scelta di un italiano in Russia?


Be’, direi perché sono un italiano e ho vissuto in pieno il sessantotto fin dagli inizi, quando il sessantotto era soprattutto pulsione antiautoritaria, contro il potere delle gerarchie, contro la famiglia borghese, ordinata e arrivista, contro il potere di un costume standardizzato imposto dall’alto. E questo è il vissuto che sta nel profondo dell’essere di Vittorio, che, a volte inconsciamente, guida le sue azioni, il suo modo di sentire e di agire, che non gli consente di vivere una vita “normale”, fatta di famiglia e di lavoro. “L’immaginazione al potere” o qualcosa di simile.

Andrej è il personaggio che ho amato di più. Vittorio trova sul suo cammino molti antagonisti e, forse, non ne riesce a sconfiggere neppure uno (la società in cui vive è essa stessa sua antagonista) ma Andrej è dalla sua parte, silenzioso. E' un "deluso" anche lui? E', la sua, l'altra faccia della "delusione" che però ha saputo rifarsi una vita?


Andrej è un poeta. Andrej non manifesta al mondo i suoi strazi come fa Vittorio, non "rappresenta" gli happening della sua vita (ecco il teatro che torna ...) al mondo che lo circonda. Andrej se li vive dentro, è "deluso" ma superiore rispetto al vociare che lo circonda, un po' metafisico, è il russo che, emarginato dall'URSS per le sue tendenze sessuali, non concede però nulla ai nuovi "invasori": "Gli uomini dell’occidente - dice Andrej - hanno fatto irruzione rumorosamente nelle bianche strade delle città russe, hanno portato il disordine nei villaggi antichi delle grandi pianure, sono calati con violenza dal loro mondo fittizio, disgregando il concetto di bene comune e sostituendolo con quello del potere del denaro", ma non crede che con la violenza rivoluzionaria si possa cambiare alcunché. Crede nelle persone, nella loro vita quotidiana, in quello che hanno dentro e che solo la cultura può portare alla luce per combattere "il potere dei soldi"


Torniamo a Vittorio e parliamo delle sue donne: Rebecca, Viola e infine Masha. Ci racconti qualcosa di loro?



Rebecca è il senso di realtà, è ben integrata, sa che cosa vuole, si rapporta con concretezza al mondo in cui vive, accettandolo e facendone buon uso personale. Non sopporta ovviamente la provvisorietà, i voli chimerici, il gusto dell'"happening" che caratterizza invece il nostro Vittorio. All'altro estremo c'è Viola, una forza della natura, una donna libera, passionale e spregiudicata, che però Vittorio non capisce, perché comunque nemmeno lui sa uscire dai propri schemi. Masha è la ragazza per cui in apparenza Vittorio torna in Russia, per "fare qualcosa per lei", mentre in realtà lui torna in Russia per ben altro, perché vede nelle macerie che la dissoluzione dell'URSS si è lasciato dietro un'opportunità per costruire un mondo diverso. Masha, uscita da esperienze devastanti, si aggrappa a Vittorio come a un'ancora di salvezza, con i risultati ... che il libro descrive, mica posso dirvi tutto, eh! In fondo tutte e tre amano davvero Vittorio, ciascuna con le proprie modalità, è Vittorio che non sa o non può amare come loro vorrebbero, perché Vittorio è Nietzsche, è l’attore, è quello che crea l’happening, ed è l’evento stesso. Che è il tutto o il nulla a seconda di come lo si guardi.

Nel romanzo Vittorio si candida per attuare un attentato ad Eltzin. Perché, tra tutti i personaggi, hai messo in mano il fucile proprio a lui?


Perché l’attentato a Eltzin è l’evento per eccellenza, è l’Azione, il sacrificio supremo. La morte del capro espiatorio è l’evento che, nella sua magia, cambia tutto, scardina tutte le coordinate personali e storiche. E solo Vittorio, l’Attore di Grotowski, può avere questa concezione. E’ chiaro che nella dinamica narrativa del libro vengono enucleate altre mille motivazioni strettamente politiche e razionali, ma il senso ultimo del gesto che spero venga percepito dal lettore è esattamente quello.


Si potrebbe stare a parlare di Vittorio Ronca per tantissimo tempo perché è un personaggio profondo, ricco di sfumature, di sentimenti, di pensieri e di perché non risposti. Delineato con grande abilità nel tuo romanzo, sembra quasi un personaggio storico realmente vissuto. Ti sei ispirato a qualcuno in particolare?



No, non mi sono ispirato a nessuno in particolare, ma a parecchi in generale, soprattutto a personaggi reali che hanno vissuto gli Anni di piombo ritenendo di avere sulle spalle una missione storica fondamentale, al di là del bene e del male. Forse in questo senso è facile riconoscerlo come personaggio storico realmente vissuto.

Parliamo di Alessandro scrittore: autori di riferimento e/o d’ispirazione?

Anche qui direi nessuno in particolare e tutti quelli che ho macinato e digerito in generale. I grandi romanzi russi senz’altro (qualcuno ha notato assonanze e financo cadenze ritmiche con qualcuno di essi …), ma anche autori come Saramago e come Pessoa (guarda caso entrambi portoghesi!).

Quanto il tuo lavoro influisce sul tuo modo di scrivere?

Per nulla, se non come fonte d’ispirazione per tipi umani pescati tra le tante relazioni che devo intrattenere per lavoro e per scenografie particolari. Vedi ad esempio i riferimenti alla ditta in cui lavora Vittorio fino a un certo punto della sua vita, e al suo capo Massimo Ferri. Ferri è tipologicamente molto simile a un manager che ho effettivamente conosciuto, anche se il mio personaggio alla fine si dimostra un “buono”, mentre quello reale era un vero bulldog!

Hai un altro romanzo in cantiere?

Sì, sto scrivendo (in realtà lo sto ancora “pensando” nelle sue articolazioni e nella sua forma definitiva) un romanzo ambientato nella provincia veneta degli anni ’50. I protagonisti sono i bambini di un borgo, con i loro giochi, le loro esperienze, le loro interazioni con il mondo degli adulti. Poiché la realtà è vista attraverso i loro occhi, ci sarà molto di non detto esplicitamente ma dal filtro della sensibilità dei bambini si dovrebbe recepire la realtà sociale, culturale, personale di quell’ambiente. Posso anticipare che ci sarà un personaggio “magico”, la maestra che arriva da chissà dove, che porterà un po’ di scompiglio nella vita fintamente quieta (in realtà animata da rivalità di infimo livello) del borgo. E, nell’atmosfera del libro, ci sarà un crescendo di inquietudine, anche questa espressa indirettamente, più nella forma che nel contenuto, in modo non esplicito, quindi, inquietudine corrispondente a quella di un bambino che entra in rapporto con eventi che non capisce e ai quali quindi reagisce secondo il suo vissuto di bambino … nel romanzo il Bambino sarà un po’ l’equivalente dell’Idiota dostoevskjiano … Basta, non dico altro! Tra l’altro, l’idea del libro prende le mosse da un mio racconto che è pubblicato sul sito letterario “Scrigno” intitolato “Il muretto”

Ti ringrazio per la disponibilità e la gentilezza.
Grazie a te. Un saluto a tutti.



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