26 giugno 2017

Partire - Tahar Ben Jelloun

Azel ha poco più di vent'anni e il futuro davanti: una laurea, molti sogni, la voglia di vivere e l'ambizione che si hanno a quell'età. La vita a Tangeri, tuttavia, non permette molto; povertà e corruzione fanno intravedere la felicità solo dall'altra parte dell'oceano, in Spagna. Partire è l'unica salvezza possibile. Ma anche partire è difficile, rischioso e richiede compromessi. Per AzeI partire ha il prezzo del tradimento, degli altri e di se stesso. Ha il costo di un amore in cui non crede, di una relazione omosessuale cui cede per necessità. Sembra non esserci scampo per la dignità, in questo mondo di opportunismi, prostituzione, clandestinità, sessualità tradita. Per fortuna ci sono i sogni. Ben Jelloun compone un affresco straordinario, di denuncia e poesia: il ritratto di un mondo di immigrazione e clandestinità in cui la felicità sta sempre altrove.

Recensione

Il dramma dell’immigrazione è l’argomento che viene sviscerato in profondità in questo romanzo, in tutte le accezioni - sempre drammatiche - possibili. Non importa l’ambientazione e nemmeno il tempo in cui tale fenomeno si svolge.
Jelloun ci descrive un Marocco libero, ma ancora intriso dalla disperazione di una vita migliore, che appartiene a ere fa, ma che rimane vivido come ricordo, così come nella sua attualità odierna, dove magari il paese da cui si scappa è un altro, ma i motivi rimangono sempre gli stessi.
Una vita migliore. Ecco cosa cerca Azel e tutta la carrellata di personaggi di cui ci vengono raccontate le gesta e gli esiti, a volte drammatici, quasi sempre intrisi dalla malinconia, dalla disfatta o dal voler tornare.
Azel è un giovane senza padre, la cui madre non si è risparmiata per crescere in modo adeguato lui e la sorella Kenza, dedicandosi al contrabbando. Azel ha studiato, ma non è riuscito a sfondare nel mondo del lavoro, e più il tempo passa, più lui vorrebbe partire lontano dalla corruzione del suo paese, verso la speranza che sta all’altro capo del Mediterraneo: la Spagna. Europea, libera, tremendamente vicina ma irraggiungibile.
Il viaggio si può compiere in clandestinità, ma è pericoloso. Il suo stesso cugino, amico più caro, ha perso la vita così. Tutto sembra perduto finché non si imbatte in Miguel, un anziano ed elegante omosessuale iberico che, per amore, pur sapendo non corrisposto, aiuta Azel a guadagnarsi il via per l’Europa, in cambio di rapporti sessuali, di un legame effimero a cui l’europeo crede e che mette il marocchino in crisi, portato a scegliere di concedersi per realizzare i suoi sogni e aiutare persino la sorella a raggiungerlo.
Ecco cosa c’è nella storia, tremendamente realistica se ci pensiamo anche adattandola a oggi: la speranza di un futuro migliore, di potersi realizzare in un mondo dove, per quanto i moros possano essere considerati dannosi e ostili, di sicuro racchiude un posto adatto anche per chi fugge dalla sua realtà.

La trama si inerpica nella psiche del protagonista, obbligato ad affrontare però una vita totalmente diversa da quanto aveva immaginato, che lo porterà comunque a fare le scelte sbagliate e a rovinarsi: casa sua non è in grado di soddisfarne le aspettative, la Spagna lo terrà comunque ai margini, regalandogli una vita che non sente sua.
Azel ama le donne ma ha rapporti con Miguel, fino a quando il loro rapporto non si sfilaccia, perderà l’ausilio di Kenza, che comunque andrà incontro alle sue personali delusioni amorose, vivrà in esilio senza fututo, sino al suo personale dramma finale.
Ma il libro affronta, tra le sue pagine, il difficile mondo del Marocco e degli esiliati da tanti punti di vista, mettendo in luce tanti modi diversi di partire: non solo Azel, ma anche Kenza, Soumaya, Malika e tanti altri raccontano al lettore la loro vita di stenti, il loro patema per il futuro, unica cosa a cui riescono ad appigliarsi per andare avanti.

E proprio questa coralità, per quanto suggestiva, diviene l’anello debole del romanzo.
Tante esperienze messe insieme nella trama, a volte senza soluzioni di continuità o prive di un legame stabile col senso della storia, destabilizzano e distraggono il lettore, che si affatica a stare dietro a tutti quanti.
Per quanto i due fratelli protagonisti prevalgano, le voci a inserto, per quanto poetiche, appaiono dei piccoli affreschi piazzati nella trama senza premurarsi di trovare altro legame che il dramma stesso di chi sta male nel proprio paese.
Per tale motivo risulta difficile cogliere l’intento narrativo dell’autore: forse una maggiore lungimiranza sul fil rouge avrebbe potuto supportare l’esplicazione del narrato, senza forzature, che appaiono nelle vicende, seppur commoventi, di alcuni personaggi all’interno del libro.
L’ambientazione è comunque avvolgente e aromatica: parla di paesaggio, di lingue, di intersezioni culturali con semplicità e adeguatezza, e il pregio rimane proprio la luce che porta sul dramma di chi emigra.

Partire è di sicuro un libro composito, ben scritto nello stile, ma che pecca a mio parere nella sua concezione, nel voler dare troppe voci tutte insieme in una sequela di storie che meritavano di respirare di più, e forse di divenire più trame distinte. Lo stesso finale, lirico e altisonante, appare totalmente staccato dal resto della storia, narrandoci un percorso onirico che, per quanto colpisca, non soddisfa chi ha bisogno di una gestione di trama precisa, coerente.
Di certo rimane un libro consigliato a chi voglia interfacciarsi con l’altra parte del mare e capire i motivi che sottendono la migrazione umana delle emergenze umanitarie. Di sicuro lo consiglio a chi vuole ampliare i propri orizzonti senza vizi di stigma o pregiudizio alcuno.

Giudizio:

+2stelle+ e mezzo

Dettagli del libro

  • Titolo: Partire
  • Titolo originale: Partir
  • Autore: Tahar Ben Jelloun
  • Traduttore: Anna Maria Lorusso
  • Editore: Bompiani
  • Data di Pubblicazione: 2007
  • Collana: Narratori Stranieri
  • ISBN-13: isbn13
  • Pagine: 278
  • Formato - Prezzo: Brossura - € 17,00

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