3 aprile 2017

Speciale Premio Nobel: Vergogna - John Maxwell Coetzee

Nel 2003 il Nobel per la Letteratura è stato assegnato allo scrittore J.M. Coetzee, "che in innumerevoli maschere ritrae il sorprendente coinvolgimento dello straniero". È il secondo scrittore sudafricano a vincere il premio dopo Nadine Gordimer, e il quarto africano. Il tema ricorrente delle sue opere è quello "delle traversie e dei difficilissimi viaggi interiori che ogni personaggio deve compiere per arrivare alla salvezza", ha dichiarato l'Accademia, che ha anche voluto premiare la varietà dell'opera dello scrittore. Particolarissimo il suo discorso di accettazione del premio: anziché optare per uno speech più classico, Coetzee ha letto un racconto con protagonista Robinson Crusoe, già passato tra le mani dell'autore nel suo celebre romanzo Foe.


Jonathan Maxwell Coetzee è uno scrittore sudafricano di narrativa in lingua inglese. Nato nel 1940, è docente universitario di letteratura inglese, saggista e traduttore. Come scrittore è ritenuto uno dei più significativi esponenti del post-colonialismo. Il suo primo romanzo, Terre al crepuscolo (1974) tratta il tema della violenza del colonialismo e dell'imperalismo occidentale, argomento privilegiato anche per i romanzi successivi. Con La vita e il tempo di Michael K (1983) vinse il Booker Prize, bissato con Vergogna (1999) che lo fece apprezzare in tutto il mondo. In La vita degli animali (1999), libro a metà tra saggio e romanzo, espone il suo pensiero a favore dei diritti degli animali. Coetzee si distingue anche per qualche esperimento metaletterario: il già citato Foe, che riprende la vicenda con protagonsita Robinson Crusoe, e Il maestro di Pietroburgo, su uno spunto proveniente da Dostoevskij, nel quale elabora il lutto per la morte di un figlio. Ha scritto anche un'autobiografia - più o meno fittizia - in serie, che consta attualmente di tre volumi. Nel 2013 è uscito il suo ultimo libro, The Childhood of Jesus, ancora inedito in Italia. Dal 2006 è cittadino dell'Australia, che ha più volte criticato per le norme antiterroristiche - similarmente a quelle statunitensi sotto l'amministrazione Bush -, paragonandole al regime di apartheid in Sudafrica.


A suo avviso, per essere un uomo della sua età, cinquantadue anni, divorziato, ha risolto il problema del sesso piuttosto bene". È la prima frase di "Vergogna", e chi la pronuncia, il professor David Lurie, quel problema non l'ha risolto affatto. Non a caso, una sera Lurie invita a casa sua una studentessa e la seduce. Costretto a lasciare la professione, Lurie si rifugia da sua figlia, in campagna. Qui potrebbe trovare la pace, e invece trova altra violenza, quella che tre sconosciuti esercitano sulla ragazza. Lurie vorrebbe denunciarli, ma sua figlia si oppone, sostenendo che il pericolo con cui i bianchi convivono è il prezzo da pagare per avere diritto alla terra.

La Recensione di Tancredi

Un uomo, docente universitario, si macchia dello scandalo di una relazione, percepita come non consenziente, con una sua studentessa. Esiliato dall'ambiente accademico e marchiato a vita, viene accolto nel rifugio agreste della figlia. Finché si ritrova a fare i conti con un altro stupro, un altro senso di colpa e un altro senso di vergogna.

Questa, a voler essere brutali, la trama del romanzo. La vergogna, come metro di giudizio di un'esistenza allo sbando, come irriducibile forma di rapporto tra i due sessi, tra le generazioni, tra un padre e una figlia.

Vergogna è un libro da Nobel, lo si percepisce nelle pagine, tra le righe: una scrittura asciutta, fredda, che lascia però intravedere il vociare di un Sudafrica sempre in bilico, sospeso tra vecchio e nuovo, tra la legge del sangue e legge dell'onore.
C'è qualcosa, però, che non mi ha del tutto convinto, che mi spinge a lasciar un giudizio sospeso, un senso di inafferrabile che però si accompagna al disappunto. Una storia per nulla piacevole, che si fa seguire solo perché senti che ha qualcosa da dire - eppure alla fine tace, sorprendentemente tace, macchiandosi della stessa ignavia dei personaggi, che non reagiscono, non si smuovono, non comunicano, non commentano.

Un romanzo-specchio, i cui punti di forza coincidono con le debolezze. Anche a voler tralasciare contenuti e messaggi, la scrittura di Coetzee non viene in aiuto, troppo fredda, grigia, priva di colore. Per quanto sia rimasto incuriosito da questo primo contatto con Coetzee non posso dire che mi si piaciuto particolarmente.

Giudizio:

+3stelle+

La Recensione del gatto Zorba

Approcciandosi alla vergogna come emozione, ci si confronta in primo luogo con il senso intimo di svalutazione di sé o del proprio operato e, partendo da questa considerazione, quando ci si approccia a questo romanzo di Coetzee si crede, forse anche si spera, che ci si ritrovi dinanzi a una persona capace di indagare nel sé, ma non è invece quello che accade quando si conosce David, il protagonista della storia, un uomo che fin dall’inizio si dimostra più che mai sicuro e, soprattutto, senza pentimento.
David ha alle spalle due matrimoni falliti e una serie di scappatelle fugaci, tenute su non tanto per sentimento quanto per necessità di incamerare l’illusione di avere una parvenza di normalità, del tempo che non scorre sulla sua pelle e anche per una certa dose di narcisismo.
Sono relazioni alle quali lui si avvinghia con desiderio quasi patologico. Ha superato ormai i cinquant’anni e insegna all’università, da cui non trae poi così appagamento.
Le sue interazioni interpersonali appaiono superficiali, sempre permeate da un ostentato senso di superiorità, dove qualsiasi cosa sembra non toccarlo direttamente.
In sintesi, scandagliando a fondo il suo animo, se ne deduce il ritratto di una persona sola, incapace di accettare il proprio isolamento interiore. A causa di una delle sue sbandate, il protagonista sarà obbligato a cambiare vita e aria, rifugiandosi dalla figlia Lucy nell’entroterra sudafricano, dove lei cerca con notevole sforzo di mandare avanti una fattoria da sola dato che la sua ultima compagna sembrerebbe aver fatto ritorno a Johannesburg segnando la fine della loro storia.
In parte l’ambiente bucolico, pregno di sentimenti atavici, ragionamenti filo-animalisti e confini indefiniti e in parte proprio il rapporto con la figlia sarà il principale motivo che porterà il protagonista a cambiare rotta soprattutto dal profilo interiore. È proprio con la figura di Lucy che il lettore sperimenta la vergogna: quella di David, che si sente inadeguato nella protezione della figlia e inizia a frantumare le sue certezze ma soprattutto quella di Lucy, che a causa di un evento traumatico subisce la realtà senza reazioni di rivalsa, pur di non lasciarsi schiacciare e abbandonare il progetto di vita.
Molti diventano i contenuti condensati all’interno della storia: parliamo della differenza tra mondo moderno di città e le retrovie suburbane delle contee periferiche, in uno stato africano che ancora oggi, per chi ha la fortuna di visitarlo, presenta questa dicotomia; parliamo della lotta di emergere, del rifiuto di arrendersi e del mettersi in discussione, anche a età avanzata, e di come forse finché si vive non è escluso un cambiamento interno. Parliamo anche della donna, del concetto maschile di possesso e soprattutto dello stupro, non tanto come gesto quanto invece come ripercussione in chi lo subisce, che può dare accesso a una serie variegata di riflessione in merito.
A partire dall’istinto di protezione della vittima, della stessa vergogna di esserlo, trasformandosi quindi intimamente in colpevole, anche quando la violenza non ha giustificazione.
A livello ambientale troviamo il Sudafrica moderno, nel suo quadro sociale differenziato, contraddittorio ma armonico, ma anche se in sé il peso dell’atmosfera perde di sostanza rispetto alle riflessioni interne di protagonisti che bucano le pagine galvanizzando la totale attenzione del lettore.
Allontanandosi però dall’intensità del narrato per affrontare l’opera con occhio critico, non si possono ignorare certo dettagli: a parte alcune scelte di traduzione non propriamente felici, ma soprattutto quello che stride nella storia è il lavoro artistico di David, che di punto in bianco compare a livello descrittivo in alcuni capitoli del romanzo: lui infatti ha in mente il progetto di un’opera cantata dedicata a Byron e successivamente centrata su Teresa, la sua amante italiana. Nella seconda parte la narrazione racconta l’idea e il suo sviluppo, tralasciando il focus della trama, per dedicare intere pagine agli scambi che David immagina e non concretizza nella scrittura. Una scelta che, nell’economia dell’intero intessuto di trama, appare forse un po' singolare. Laddove ci sarebbe stato lo spazio per approfondire la tormentata vicenda di David e di sua figlia, Coetzee preferisce metaforizzare le variazioni del progetto artistico, in momenti che a mio giudizio non sempre sono stati azzeccati.
Quello che ne emerge a fine lettura è comunque un romanzo forte, senza inibizioni e che soprattutto non fa sconti di nessun genere.
Vergogna è un libro ambivalente: scandaglia la psiche umana e nel contempo tratta, attraverso il dolore e la realtà dei fatti, la forza della vita e la rinascita. Di sicuro, nonostante le criticità dal sapore puramente personale, è una storia che non va sottovalutata.
Dedicata a tutti coloro che, in qualsiasi tempo della loro esistenza, hanno bisogno di confrontarsi nel dissidio tra ciò che vediamo di noi stessi e dei nostri gesti e ciò che gli altri ci rimandano indietro attraverso i loro feedback.

Giudizio:

+3stelle+

Dettagli del libro

  • Titolo: Vergogna
  • Titolo originale: Disgrace
  • Autore: Jonathan Maxwell Coetzee
  • Traduttore: G. Bona
  • Editore: Einaudi
  • Data di Pubblicazione: 2005
  • Collana: Super ET
  • ISBN-13: 9788806174507
  • Pagine: 234
  • Formato - Prezzo: Brossura - 12,00 Euro

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