26 settembre 2015

Il bacio della bielorussa - Antonio Pagliaro

Due cadaveri ripescati da un canale non parlano. È questo il problema dell'ispettore van den Bovenkamp della polizia di Utrecht. Troppo tempo passato nell'acqua ha reso irriconoscibili i volti delle vittime, cancellato le impronte digitali. Restano solo il frammento di un tatuaggio e una misteriosa medaglietta, oltre a una testimone ben poco affidabile. Che i morti non parlano lo sa bene anche Franz La Fata, uomo d'onore e killer palermitano, irresistibile per le donne ma ben deciso a starne lontano perché "un soldato non s'innamora". Finché, nel luogo più impensato, incontra Gaia, fragile, complicata e bellissima. Un ispettore stanco che presto si troverà di fronte un terzo cadavere e un assassino alle prese con un cuore che non sapeva di avere: vicende lontane, in due Paesi diversi, destinate però a intrecciarsi inestricabilmente. La pista di van den Bovenkamp lo porterà dai due sconosciuti annegati a una splendida ed equivoca bielorussa, Ludmilla Zamiatenko, mentre l'indagine si allarga fino a toccare i traffici della politica siciliana e a minacciare la criminalità organizzata internazionale... Dalla cupa primavera olandese alla bellezza avvelenata di Palermo si dipana un thriller che coinvolge con le sue atmosfere, conquista con le voci e le storie di due personaggi straordinariamente reali, in un intrigo in cui buoni e cattivi si confondono in un mortale gioco di specchi.

Recensione

Il romanzo è diviso in due parti. La prima, scritta in terza persona, si svolge in Olanda, e precisamente a Utrecht, dove, durante il dragaggio di un canale, viene rinvenuto un primo cadavere cui se ne aggiunge presto un altro. Una volta accertato non senza difficoltà che le vittime sono di origine italiana, nelle indagini viene coinvolto un poliziotto siciliano che fa presto ad intuire come le morti siano da imputare alla criminalità organizzata, anche perché viene direttamente minacciato da essa e invitato a tornare al suo paese. Questa prima parte del romanzo ricalca i romanzi dei migliori scrittori nordici, caratterizzati da una scrittura asciutta e da una vita affettiva degli investigatori piuttosto conflittuale, una costante degli autori scandinavi che vedono i loro detective in disaccordo con la propria compagna quando non in aperto contrasto con tutta la propria famiglia.

Totalmente diversa la seconda parte del romanzo, che da giallo si trasforma in noir. In questa parte la prima vittima è un avvocato, già incontrato a Utrecht in circostanze equivoche, amante di una bielorussa di facili costumi, una delle poche persone coinvolte in questo noir a rimanere in vita. A raccontare la storia in prima persona è un killer, Francesco La Fata detto Franz, molto professionale nell’esercizio delle sue funzioni fino a quando non si innamora. Capitato infatti per caso durante la presentazione di un libro, rimane colpito dalla bellezza e lo sguardo malinconico della scrittrice cui rivolge la parola e, per scimmiottare Manzoni, "la disgraziata rispose". Forse, se avesse letto il romanzo di Sepulveda Diario di un killer sentimentale, Franz avrebbe saputo come deve comportarsi un vero professionista in una situazione analoga. Purtroppo i killer sono spesso piuttosto carenti sotto l'aspetto letterario e lui commette una serie di errori grossolani.
Franz, nonostante abbia cercato di elevarsi culturalmente, parla un linguaggio non sempre corretto ma colorito, pieno di modi di dire tipici della malavita, come “albergo” per indicare il carcere, “morire con le scarpe” anziché uccidere e altri termini gergali.

La criminalità organizzata è una delle prime imprese a sapere sfruttare al meglio la globalizzazione. Ecco quindi che politici corrotti si interpongono alla soluzione del caso dei due uomini morti annegati sia in Olanda, su cui la mafia allunga i propri tentacoli, che in Italia dove la mafia è di casa. Le autorità, pertanto, vogliono che le morti siano considerate suicidi, come è avvenuto a Londra quando è stato rinvenuto il cadavere di Roberto Calvi sotto il ponte dei Frati Neri. I poliziotti olandesi, incaricati inizialmente di risolvere il caso, vengono esautorati dalle indagini e l’ispettore van den Bovenkamp, che dirigeva le investigazioni, subisce un attentato in cui rischia di morire, avendo continuato a interessarsi del caso pur se non in via ufficiale. Più cauto il poliziotto italiano che, avendo ricevuto minacce rivolte oltre che contro di sé anche contro la moglie, ritiene opportuno tornare in Italia al più presto senza spiegare ai colleghi olandesi il vero motivo della sua decisione.

Il romanzo, pieno di pessimismo -o forse solo realistico-, risulta scorrevole e discretamente accattivante con un ritmo sempre sostenuto, ma la ricerca dell’originalità a tutti i costi, con la fusione di generi diversi, non approda a mio avviso ad un risultato apprezzabile. Nel complesso mi è sembrata migliore la prima parte del romanzo, più razionale e scritta in maniera più scarna anche se ad imitazione dei gialli nordici, perché nella seconda il comportamento del protagonista risulta contraddittorio. Un killer, talmente ligio al proprio dovere da andare a letto solo con donne brutte nel timore di innamorarsi, perché dovrebbe improvvisamente mettersi a pedinare come un adolescente la prima ragazza che suscita in lui un moto di tenerezza con la sua espressione triste?
I messaggi che lancia un romanzo poliziesco sono di due tipi: ottimista, quando il caso viene risolto e a vincere è la Giustizia, o pessimista, quando a prendere il sopravvento è la criminalità. Il messaggio che si evince dal romanzo di Pagliaro è che la stupidità risulta sempre perdente.

Giudizio:

+3stelle+ (e mezzo)

Dettagli del libro

  • Titolo: Il bacio della bielorussa
  • Autore: Antonio Pagliaro
  • Editore: Guanda
  • Data di Pubblicazione: 2015
  • Collana: Narratori della Fenice
  • ISBN-13: 9788860887474
  • Pagine: 303
  • Formato - Prezzo: Brossura - Euro 18,50

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