1 luglio 2015

La vetrina degli incipit - Giugno 2015

L'incipit in un libro è tutto. In pochi capoversi l'autore cattura l'attenzione del lettore e lo risucchia nel vortice della storia. Oppure con poche banali parole lo perde per sempre...
Quanti libri, magari meritevoli, giacciono abbandonati dopo poche righe sui comodini di ogni lettore? E quanti altri invece sono stati divorati in poche ore perché già dalle prime righe non siamo più riusciti a staccare gli occhi dalle pagine? Anche questo mese vogliamo condividere con voi gli incipit dei libri che stiamo leggendo, perché alcuni di voi possano trarre ispirazione per le loro future letture e perché altri possano di nuovo perdersi nel ricordo di personaggi e atmosfere che già una volta li avevano rapiti...





***

«It is hard to understand nothing, but the multiverse is full of it. Nothing travels everywhere, always ahead of something, and in the great cloud of unknowing nothing yearns to become something, to break out, to move, to feel, to change, to dance and to experience – in short, to be something.
And now it found its chance as it drifted in the ether. Nothing, of course, knew about something, but this something was different, oh yes, and so nothing slid silently into something and floated down with everything in mind and, fortunately, landed on the back of a turtle, a very large one, and hurried to become something even faster. It was elemental and nothing was better than that and suddenly the elemental was captured! The bait had worked.
»
Raising Steam, di Terry Pratchett - Sakura

«Nel 1815, era vescovo di Digne monsignor Charles François Bienvenu Myriel, un vecchio di circa settantacinque anni, che occupava quel seggio dal 1806. Sebbene questo particolare abbia poco a che fare con ciò che racconteremo, non sarà forse inutile, sia pure solo per essere del tutto precisi, accennare qui alle voci ed ai discorsi che correvano sul suo conto, nel momento in cui era arrivato nella diocesi. Vero o falso che sia, quel che si dice degli uomini occupa spesso altrettanto posto nella loro vita, e soprattutto nel loro destino, quanto quello che fanno. Monsignor Myriel era figlio d'un consigliere del parlamento d'Aix: nobiltà di toga, dunque.
Si raccontava di lui che suo padre, nell'intenzione di fargli ereditare la propria carica, gli aveva dato moglie prestissimo, secondo una consuetudine abbastanza diffusa tra le famiglie dei membri del parlamento. Malgrado quel matrimonio, si diceva, Charles Myriel aveva fatto molto parlare di sé. Ben fatto nella persona, sebbene di statura alquanto piccola, elegante, simpatico e intelligente, aveva speso tutta la prima parte della sua vita e nel bel mondo e negli intrighi amorosi.
Sopravvenne la rivoluzione e gli avvenimenti precipitarono; le famiglie dei membri del parlamento, decimate, scacciate e perseguitate, si dispersero, e Charles Myriel, fin dai primi giorni della rivoluzione, emigrò in Italia, dove gli morì la moglie, d'una malattia di petto, contratta molto tempo prima. Non avevano figli. Cos'accadde, poi, nel destino di monsignor Myriel? Furono forse il crollo dell'antica società francese, la rovina della sua famiglia od i tragici spettacoli del '93, ancor più spaventosi per gli emigrati, che li vedevano da lontano, ingranditi dallo sgomento, a far germogliare in lui le idee di rinuncia e di solitudine? Fu colpito all'improvviso, nel bel mezzo d'una di quelle distrazioni e di quegli affetti che occupavano la sua vita, da uno di quei colpi misteriosi e terribili che giungono talvolta al cuore, uomo che le catastrofi pubbliche non avrebbero prostrato, pur infierendo sulla sua esistenza e sulla sua fortuna?
Nessuno avrebbe potuto dirlo; tutto quello che si sapeva era che, al suo ritorno dall'Italia, era prete.
»
I Miserabili, di Victor Hugo - Polyfilo

«Fancuno è un paesino di tremila soggetti – definirli “anime” sarebbe un’esagerazione – che sorge fra i comuni di Castelcarpo, Sicignavia e Valle del Seme. Ci sono tanti modi per andare a Fancuno. Se ci sia arriva da sud, la strada è migliore e poi alberata. C’è da passare sui colli di Valle del Seme, che a parte il nome è proprio un bel posto, e prendere per Santo Stefano Martire. Arrivati a metà percorso, quando a sinistra il paesaggio degrada in una serie di cose verdi (alberi, piante, boschetti) e azzurre (fiumiciattoli, qualche laghetto) e fiori di ogni tipo, bisogna girare a destra. Non ci sono molte raccomandazioni per chi vuole andare a Fancuno, solo bisogna stare attenti alle vacche, perché sulla strada che viene da sud comandano loro. Le trovi a camminare ai lati della carreggiata, ma la strada non è abbastanza grande, e quindi ti si parano davanti. Ecco, questa potrebbe essere l’unica raccomandazione. Guidare piano, godersi il paesaggio, respirare l’aria buona. Noi fancunesi abbiamo tanti problemi – ed è proprio di questi problemi che sto per raccontarvi – ma abbiamo l’aria buona, una delle migliori arie d’Italia: respirare per credere.»
L'assassino non sa scrivere, di Stefano Piedimonte - Cattivissimaprof

«Quando si svegliava in mezzo ai boschi nel buio e nel freddo della notte allungava la mano per toccare il bambino che gli dormiva accanto. Notti più buie del buio e giorni uno più grigio di quello appena passato. Come l'inizio di un freddo glaucoma che offuscava il mondo. La sua mano si alzava e si abbassava ad ogni prezioso respiro. Si tolse di dosso il telo di plastica, si tirò su avvolto nei vestiti e nelle coperte puzzolenti e guardò verso est in cerca di luce ma non ce n'era. Nel sogno da cui si era svegliato vagava in una caverna con il bambino che lo guidava tenendolo per mano. Il fascio di luce della torcia danzava sulle pareti umide piene di concrezioni calcaree. Come viandanti di una favola inghiottiti e persi nelle viscere di una bestia di granito. Profonde gole di pietra dove l'acqua sgocciolava e mormorava. I minuti della terra scanditi nel silenzio, le sue ore, i giorni, gli anni senza sosta. Poi si ritrovavano in una grande sala di pietra dove si apriva un lago nero e antico. E sulla sponda opposta una creatura che alzava le fauci grondanti da quel pozzo carsico e fissava la luce della torcia con occhi bianchissimi e ciechi come le uova dei ragni. Dondolava la testa appena sopra il pelo dell'acqua come per annusare ciò che non riusciva a vedere. Rannicchiata lì, pallida, nuda e traslucida, con le ossa opalescenti che proiettavano la loro ombra sulle rocce dietro di lei. Le sue viscere, il suo cuore vivo. Il cervello che pulsava in una campana di vetro opaco. Dondolava la testa da una parte all'altra, emetteva un mugolio profondo, si voltava e si allontanava fluida e silenziosa nell'oscurità.»
La strada, di Cormac McCarthy - Valetta

«Il giorno seguente non morì nessuno. Il fatto, poiché assolutamente contrario alle norme della vita, causò negli spiriti un enorme turbamento, cosa del tutto giustificata, ci basterà ricordare che non si riscontrava notizia nei quaranta volumi della storia universale, sia pur che si trattasse di un solo caso per campione, che fosse mai occorso un fenomeno simile, che trascorresse un giorno intero, con tutte le sue prodighe ventiquattr'ore, fra diurne e notturne, mattutine e vespertine, senza che fosse intervenuto un decesso per malattia, una caduta mortale, un suicidio condotto a buon fine, niente di niente, zero spaccato. Neppure uno di quegli incidenti automobilistici tanto frequenti nelle occasioni festive, quando l'allegra irresponsabilità e l'eccesso di alcol si sfidano reciprocamente sulle strade per decidere chi riuscirà ad arrivare alla morte al primo posto. Il passaggio dell'anno non aveva lasciato dietro di sé il solito rigagnolo calamitoso di morti, come se la vecchia atropo dalla dentatura digrignata avesse deciso di inguainare la forbice per un giorno. Sangue, però, ce ne fu, e non poco.»
Le intermittenze della morte, di José Saramago - Patrizia

««Sei il bastardo di Ned Stark, giusto?» Jon sentì il gelo impadronirsi di lui. Strinse le labbra, rimanendo in silenzio. «Ti ho offeso?» chiese Tyrion.
«Mi dispiace ma i nani non sono obbligati ad avere tatto. Dopo la pletora d'imbecilli con mantello con la quale sono stato costretto ad avere a che fare, mi sono mi sono guadagnato il diritto di vestire in modo schifoso e di dire qualsiasi cosa fetente mi passi per la testa.» Fece una smorfia. «Tu però sei il bastardo.»
«Lord Eddard Stark è mio padre» ammise Jon rigidamente. «Si vede.» Tyrion studiò i suoi lineamenti. «In te c'è molto più l'uomo del Nord di quanto non ce ne sia nei tuoi fratelli. «Fratellastri» corresse Jon.
Le parole del Folletto gli avevano fatto piacere, ma cercò di non darlo a vedere. «Allora lascia che ti dia qualche consiglio, bastardo» riprese Tyrion Lannister. «Mai, mai dimenticare chi sei, perché di certo il mondo non lo dimenticherà. Trasforma chi sei nella tua forza, così non potrà mai essere la tua debolezza. Fanne un'armatura, e non potrà mai essere usata contro di te»»
»
Il trono di Spade - Il grande Inverno, di George R.R.Martin - Chiara A

«L’obbedienza è uno degli elementi fondamentali della struttura della vita sociale. Ogni forma di vita collettiva si basa su un sistema di autorità: solo chi vive in isolamento completo non è costretto a sottomettersi o a ribellarsi ad ordini esterni. Il problema dell’obbedienza, in quanto fattore decisivo nella genesi del comportamento, è emerso in modo drammatico in epoca recente. È risaputo che fra il 1933 e il 1945 milioni di innocenti vennero sistematicamente trucidati da persone che eseguivano degli ordini. Ispirati agli stessi criteri di rendimento di una qualsiasi azienda di elettrodomestici, furono edificati campi di sterminio, messe in funzione camere a gas, prodotti quantitativi giornalieri di cadaveri. Anche ammettendo che tali aberranti progetti fossero generati da un solo cervello, la loro realizzazione su così larga scala non avrebbe potuto avvenire senza l’obbedienza di un gran numero di persone. L’obbedienza è il meccanismo psicologico che lega azione individuale e fini politici. È il meccanismo psicologico che unisce uomini e sistemi di autorità. L’analisi della storia recente e le osservazioni del comportamento quotidiano ci fanno giungere alla stessa conclusione: l’obbedienza è una tendenza profondamente radicata nel comportamento di molti, un impulso prepotente che supera di gran lunga ogni precetto morale, ogni senso etico, ogni forma di solidarietà. »
Obbedienza all’autorità, di Stanley Milgram - Antonio

«La prima volta che la vidi
La prima volta che la vidi avevo quindici anni.
Avevo lasciato la scuola e non ci volevo tornare. Se dovevo perdere tempo, avrei deciso io come. Perciò passavo i giorni e le notti a farmi del male, con al sacra stupidità della giovinezza. Leggevo solo libri di suicidi, frequentavo balordi, bevevo di tutto, dagli amari allo stravecchio, fumavo e mi gloriavo di un catarro da ottantenne. Vivevo da solo, nel garage di un vecchio zio ricco e rimbambito, circonfuso da badanti.
»
Pantera, di Stefano Benni - Daniele

0 Commenti a “La vetrina degli incipit - Giugno 2015”

Posta un commento

 

La Stamberga dei Lettori Copyright © 2011 | Template design by O Pregador | Powered by Blogger Templates