4 aprile 2014

Speciale Premio Pulitzer: L'ultimo inverno - Paul Harding

Paul Harding è un romanziere e musicista americano, nato a Wenham (Massachusetts) nel 1967. Trascorre la giovinezza vagabondando per i boschi e facendo da apprendista al nonno, riparatore di orologi, esperienza che gli tornerà utile per la stesura del suo primo romanzo L'ultimo inverno (Tinkers), che gli procura la vittoria del PEN/Robert W. Bingham Prize e del Premio Pulitzer nel 2010, trionfando sugli altri candidati Love In Infant Monkeys di Lydia Miller e Altre Stanze, Altre Meraviglie (In Others Rooms, Others Wonders) di Daniyal Mueenuddin.
Harding ha una laurea in letteratura Inglese presso la University of Massachusettes Amherst e un MFA dalla Officina Writers Iowa.
Dopo la laurea ha viaggiato negli USA e in Europa con la sua band Cold Water Piso di cui è stato il batterista dal 1990 al 1996, anno del loro scioglimento. Inoltre ha insegnato scrittura creativa ad Harvard e all’Università dell'Iowa.
Amante del jazz e in particolar modo dei batteristi, si definisce un moderno trascendentalista. Oggi vive a Georgetown, nel Massachusetts, con moglie e figli.
Il suo secondo romanzo, Enon, uscito nel 2013, torna sui protagonisti de L'ultimo inverno, concentrandosi sulla vita del nipote di George Crosby, Charlie Crosby, e di sua figlia Kate.

Steso su un letto d’ospedale al centro del soggiorno della sua casa nel New England, George Washington Crosby si prepara a concludere la sua vita circondato dai famigliari e accompagnato dal tintinnio dei suoi orologi cui per anni si è dedicato come meticoloso restauratore. Meravigliosi meccanismi di tutte le epoche e fogge che sono stati a lungo il legame, negato ma indissolubile, con il mondo della sua infanzia e di suo padre Howard, un uomo silenzioso, sognante, poetico, il quale stentatamente manteneva quattro figli e una moglie insoddisfatta girovagando con il suo carro pieno di mercanzie tra i boschi del Maine, in un mondo dominato dalle stagioni, dal sole e dal gelo, dagli alberi, dai laghi e dai ruscelli, da leggende e da poche parole. L’ultimo inverno è un romanzo d’esordio di rara potenza espressiva, dominato da un linguaggio plasmato dalla penna di un grande scrittore, un romanzo sull’America di ieri e di oggi che parla dell’amore tra un padre e un figlio, della fierezza della natura, del ricordo e della fantasia.

Recensione

Gli episodi che vengono raccontati da Harding riguardano la vita di due componenti della famiglia Crosby, Howard e George, rispettivamente padre e figlio. La voce narrante è quella dell’autore che inizia a raccontare la vita di George il quale, ormai vecchio e malato, è in procinto di morire. Ma le due storie si alternano e talvolta si intersecano, anche perché George ha delle allucinazioni in cui gli appaiono episodi della sua infanzia di cui è protagonista il padre, tanto che qualche volta al lettore è necessario tornare all’inizio del capitolo per capire di chi si stia raccontando la vita.

Howard è il figlio di un pastore metodista che, relativamente giovane, viene colpito da demenza senile ed internato in un manicomio, evento che traumatizza per sempre il giovane Howard, presente quando il padre viene portato via senza che egli abbia mai più la possibilità di rivederlo.

Una volta cresciuto l'uomo diventa venditore ambulante, vendendo un po’ di tutto nel suolungo giro fra gli abitanti della campagna e dei boschi del Maine. In caso di necessità Howard si adatta anche a dare una mano a fare altri lavori per la sua clientela, tanto che gli capita di doversi improvvisare medico aiutando alcune donne a partorire e cavando un dente ad un ad un cliente che vive da eremita.

Sposato con quattro figli, Howard deve fare i conti con i problemi di salute sia fisica che psicologica di due dei filgi, oltre che con l'evidente insoddifazione della moglie, costretta a far fronte alle diggicoltà famigliari mentre il marito è assente anche per diversi giorni di fila. L'atteggiamento dell'autore nei confronti della donna è piuttosto critico ma, date le circostanze, è difficile darle tornto. Come se non bastasse, Howard soffre di crisi epilettiche per le quali non può permettersi i medicinali. Per questo, quando la moglie lascia in bella vista un opuscolo per il ricovero in un istituto, l'uomo decide di fuggire abbandonando la famiglia pur di non rischiare di fare la stessa fine del padre, rifacendosi una famiglia e una carriera altrove.

L’autore insiste sul rapporto padre e figlio, tralasciando quello di George con la madre, a suo dire troppo dura e priva di vero amore verso la famiglia, anche se aveva sicuramente più senso di responsabilità del padre, visto che, a differenza di quest’ultimo, non se ne era andata via disinteressandosi dei figli. George prova verso il padre un comprensibile sentimento di amore e odio.L’unica occasione che Howard ha per andare a trovare il figlio avviene quando la seconda moglie gli comunica di dover andare a vedere la propria madre in punto di morte, di cui fino ad allora l'uomo aveva totalmente ignorato l'esistenza, così come la moglie era all'oscuro della precedente famiglia di Howard. E’ strano per noi pensare a quanto possano essere labili i legami familiari americani, tanto da non sentire il bisogno di comunicare ai genitori un avvenimento così importante come il proprio matrimonio. Quando Howard rivide George, lui è ormai un uomo di mezza età con figli grandi.

Il romanzo è piacevole e tutt’altro che noioso anche se un po’ lento. Le esistenze dei due protagonisti che, pur partendo da una notevole povertà, riescono a elevarsi economicamente grazie alla loro dedizione al lavoro, sembrano incarnare lo spirito americano. Credo che sia stata soprattutto questa immagine di progenitori politically correct a far vincere al romanzo il Premio Pulitzer. La vittoria del Pulitzer da parte di Harding fu una sorpresa per tutti, autore compreso, tenuto anche conto che era la sua opera prima. Harding scrisse anche un seguito, Enon, in cui si narra la vita del figlio di George.

In genere i romanzi vincitori del Pulitzer sono tomi piuttosto corposi, ma questo si protrae per sole 185 pagine, ovvero gli otto giorni precedenti alla morte di George - gli episodi narrati sono quindi molto selettivi. Vengono tralasciati molti avvenimenti che i protagonisti dovevano avere vissuto, come le ultime guerre mondiali, tenuto conto che Howard muore nel gennaio 1972 a un'età piuttosto avanzata. Nel romanzo non si accenna neanche alla vita di George dopo la scomparsa del padre, né al suo matrimonio, né ai figli che ne seguirono. Non si può neanche dire che il rapporto padre-figlio sia stato particolarmente approfondito dall'autore; si può solo affermare che esistesse un maggior feeling da parte di George verso il padre, rispetto a quello con la madre, data la scarsa affettuosità di quest’ultima.

In conclusione Harding dimostra di essere un abile scrittore sulla scia della sua maestra, Marilynne Robinson, la signora delle lettere americane, ed il libro è scorrevole, con qualche paragrafo di delicate e poetiche descrizioni. Tuttavia fornisce solo dei piccoli spaccati sulla vita dei protagonisti, senza mai entrare veramente in profondità nei rapporti interpersonali, quasi fosse questo un lusso da intellettuali non confacente ai due stacanovisti lavoratori della famiglia Crosby.

Giudizio:

+4stelle+

Dettagli del libro

  • Titolo: L'ultimo inverno
  • Titolo originale: Tinkers
  • Autore: Paul Harding
  • Traduttore: Luca Briasco
  • Editore: Beat Biblioteca Editori Associati di Tascabili
  • Data di Pubblicazione: 2013
  • ISBN-13: 9788865591550
  • Pagine: 185
  • Formato - Prezzo: Brossura - Euro 9,00

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