8 marzo 2014

Speciale Grandi scrittrici: L'isola di Arturo - Elsa Morante

Elsa Morante nasce a Roma il 18 agosto 1912 da una relazione extraconiugale di Irma Poggibonsi, maestra ebrea moglie di Augusto Morante, il quale riconoscerà la bambina. Inizialmente autodidatta per motivi di salute, dopo aver conseguito il diploma di ginnasio a diciott'anni, Elsa va a vivere da sola, ma non riuscirà a mantenersi agli studi universitari e dovrà lasciare la facoltà di lettere a cui si era iscritta.
La vocazione letteraria di Elsa si presenta già in età giovanile, tanto che di sé ebbe a dire in seguito: «La mia intenzione di fare la scrittrice è nata, si può dire, insieme a me». Oltre alle lezioni private, infatti, fonte d'introiti sono poesie e racconti pubblicati su giornali e riviste, che sfoceranno in una collaborazione con il "Corriere dei Piccoli" e con "I diritti della scuola". Su quest'ultimo pubblicherà a puntate a partire dal 1935 il suo primo racconto lungo, Qualcuno bussa alla porta.
Nel 1936 Elsa inizia a collaborare con il "Meridiano di Roma" pubblicando i racconti che confluiranno successivamente nelle raccolte Il gioco segreto e Lo scialle andaluso. Lo stesso anno conosce Alberto Moravia, che sposerà nel 1941 in un matrimonio lungo ma travagliato, e che la introdurrà nell'ambiente culturale romano.
L'anno successivo inizia la stesura di Vita di mia nonna, saga familiare ambientata nel Meridione che si allontana dal modello di romanzo neorealista affermatosi in Italia all'inizio degli anni '40, e che risente piuttosto delle atmosfere magiche e fiabesche tanto care all'autrice nei suoi racconti di questo primo periodo. Peculiare nell'opera prima di Elsa Morante è infatti il gusto per il fantastico, l'amore verso il mondo della fiaba, che si stempererà nel corso della sua produzione senza mai scomparire del tutto. Il romanzo, ripreso e riscritto qualche anno dopo durante il soggiorno di Elsa e Alberto in Ciociaria e poi a Napoli - Moravia, oltre a essere ebreo, era stato accusato di attività antifasciste -, verrà reintitolato Menzogna e sortilegio. Pubblicato nel 1948 da Einaudi, grazie all'intermediazione di Natalia Ginzburg e all'approvazione di Cesare Pavese, si aggiudica il Premio Viareggio.
Nel 1952 Elsa inizia a lavorare a L'isola di Arturo, completato e pubblicato nel 1957, che si aggiudicherà il Premio Strega.

Tra la stesura dei due grandi romanzi, intanto, l'autrice aveva composto alcune poesie, pubblicate nella raccolta Alibi, uscita per Longanesi nel 1958. E' l'ingresso di Elsa nella maturità, una maturità a lungo rifiutata e temuta e origine di una crisi che nel 1983 la condurrà a un tentativo di suicidio. Il 1963 è l'anno della raccolta di racconti Lo scialle andaluso, cui seguono le poesie, i dialoghi e le canzoni de Il mondo salvato dai ragazzini. In esso si esalta una libertà dalle verità imposte e dalle società strutturate, un “anarchismo metastorico” che poi condurrà alla stesura di quello che è considerato il suo romanzo capolavoro (sebbene l'autrice gli abbia sempre preferito Menzgogna e sortilegio): La storia, iniziato nel 1971 e completato quattro anni dopo. Il romanzo rifiuta la storia ufficiale, facendosi voce degli umiliati e dei vinti, scegliendo come protagonista, nella terribile grandiosità della seconda guerra mondiale, un'umile famiglia romana di cui narra le vicissitudini tra il 1941 e il 1947. E' evidente il distacco dalle atmosfere mitiche dei primi racconti e la vicinanza alla seconda parte de L'isola di Arturo, in cui la guerra fa infine il suo ingresso nell'isolata Procida. A La storia segue l'ultimo romanzo, Aracoeli, storia di un omosessuale di origini andaluse, scritto tra il 1977 e il 1982.
La malattia seguita a una frattura al femore segna l'inizio del profondo declino dell'autrice, terminato il 25 novembre 1985, quando Elsa Morante, in seguito a un'operazione, muore d'infarto.


Il romanzo è un'esplorazione attenta della prima realtà verso le sorgenti non inquinate della vita. L'isola nativa rappresenta una felice reclusione originaria e, insieme, la tentazione delle terre ignote. L'isola, dunque, è il punto di una scelta e a tale scelta finale, attraverso le varie prove necessarie, si prepara qui, nella sua isola, l'eroe ragazzo-Arturo. E' una scelta rischiosa perché non si dà uscita dall'isola senza la traversata del mare materno; come dire il passaggio dalla preistoria infantile verso la storia e la coscienza.


Recensione

Un insolito bildungsroman ambientato in una Procida d'anteguerra, ecco cos'è L'isola di Arturo. Nella reclusione dell'isola napoletana si consumano infatti l'infanzia e l'adolescenza di Arturo, cresciuto in solitudine e in adorazione del padre sempre assente, affrontando le onde e gli scogli, i pendii impervi e le piane assolate di una terra edenica che è madre, rifugio e prigione, senza guida né compagnia diversa da quella della cagna Immacolatella.
Così cresce Arturo, il buon selvaggio incorrotto dalla società ed educato dalla sola natura di Procida, senza curarsi di vestiti né di istruzione, del tutto ignaro delle cose del mondo oltre il mare che non stanno sui libri di avventure e di grandi condottieri nella sua piccola biblioteca, in perenne attesa che il padre Wilhelm, non meno selvaggio di lui, decida di rientrare a Procida per poi ripartire subito dopo, preso da chissà quale frenesia. Wilhelm, l'unica autorità e divinità che riconosca, nume distratto mai incline a un gesto affettuoso e piuttosto dispensatore di scherno, più imperscrutabile della volontà divina e dagli umori più imprevedibili del tempo atmosferico.

Come in ogni bildungsroman che si rispetti, l'Eroe deve affrontare la Prova prima di raggiungere la maturità: e la prova è Nunziata, la nuova moglie di Wilhelm, di un anno appena più vecchia di Arturo. Colmo di gelosia nei confronti del padre e di dispetto verso questa nuova madre troppo giovane e giunta troppo tardi, Arturo le oppone un muro di ritrosia facendone una rivale a cui strappare ogni briciolo della (scarsa) attenzione che Wilhelm è disposto a dispensare a qualcuno all'infuori di sé. La gelosia si sposta da Nunziata (che egli si rifiuta di chiamare per nome salvo in un'unica occasione) a Carmine, il figlio che lei partorisce a Wilhelm, allorché Arturo scopre di nutrire nei confronti della matrigna un affetto diverso da quello filiale.

L'isola di Arturo segna il distacco dal mondo del fiabesco e del mito, facendo da spartiacque tra le atmosfere fantastiche della prima fase letteraria di Elsa Morante e la seconda, maggiormente improntata sul realismo. Nell'Eden fiabesco di Procida, in cui Arturo vive bloccato in un tempo ciclico scandito solo dalle rare apparizioni del padre, penetrano prima l'Amore e in seguito la Disillusione: l'amore per Nunziata amplia la visione periferica di Arturo, fino a quel momento concentrata su Wilhelm, mettendo fine alla mitizzazione della figura paterna e quindi all'infanzia stessa del protagonista. Con la metaforica «morte del padre» il protagonista è pronto a lasciare Procida - in cui con Antonio Stella, il carcerato che diviene il nuovo e unico interesse di Wilhelm, è infine penetrata anche la Storia - e a entrare in quel mondo leggendario fino a quel momento letto sui libri.

Vividissima la prosa della Morante, anche se ormai datata, colma di metafore che sempre coinvolgono il mondo naturale di questa Procida priva di altri abitanti all'infuori di quelli strettamente funzionali alla storia. Non a caso con questo romanzo selvaggio e insolito (proiezione del desiderio «antico e inguaribile» della Morante di essere un ragazzo) l'autrice si aggiudicò il Premio Strega 1957.

Giudizio:

+3stelle+

Dettagli del libro

  • Titolo: L'isola di Arturo
  • Autore: Elsa Morante
  • Editore: Einaudi
  • Data di Pubblicazione: 2005
  • Collana: Einaudi tascabili. Scrittori
  • ISBN-13: 978-8806175047
  • Pagine: XVIII-398
  • Formato - Prezzo: Brossura - 12.00 Euro

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