11 novembre 2013

Listopia: I milleuno libri da leggere almeno una volta nella vita (#481 - 500)

Quante volte ci siamo imbattuti in una di queste liste? La stessa BBC ne aveva stilata una da cento libri (piuttosto faziosa, se volete la mia opinione). Scopo di queste liste, è noto, non è permettere al lettore di scoprire nuovi libri e nuovi autori, bensì distruggere ogni sua pretesa di letterato facendolo sentire oltremodo ignorante per il gran numero di volumi che, a fine lista, scopre di non aver non solo mai letto, ma nemmeno sentito nominare. Noi vi proponiamo questa, pubblicata in volume, che già da diversi anni circola più minacciosamente della videocassetta di The Ring (o di Pootie Tang - questa è pessima, se la capite vergognatevi) distruggendo l'autostima di ogni lettore che credeva di aver letto tutti o la maggior parte dei cosiddetti libri da leggere prima di morire. La lista in questione ha i suoi difetti. Intanto è stata stilata approssimativamente nel 2005, per cui la sezione 2000 risulta incompleta; inoltre mette in lista solo narrativa, ed è eccessivamente sbilanciata su romanzi pubblicati nel corso del 1900, glissando decisamente su quelli pre-Ottocento. Continuiamo con un'altra carrellata di venti romanzi: nel corso degli articoli vedremo quali sono stati pubblicati in Italia e quali risultano ancora inediti.



481. I figli dell'invasione – John Wyndham(1957)

"La reputazione, in un villaggio, è tutto. Così, nessuno prende sul serio le proteste d'innocenza delle ragazze che la voce pubblica di Midwich giudica 'poco serie' e molti pettegolezzi accompagnano le quattro mogli notoriamente 'accoglienti' che hanno il marito lontano. Ma quando anche le signore più irreprensibili, le zitelle più rassegnatamente perbene cominciano a mostrare i primi segni della maternità, è chiaro che le maldicenze devono cadere, i sospetti devono allargarsi molto più in là del piccolo borgo perduto nella campagna inglese. A Midwich - ma solo a Midwich? - gli uomini non sono più gelosi: sono spaventati."


482. L'azzurro del cielo – Georges Bataille (1957)

L'azzurro del cielo fu scritto da Bataille nel 1935, ma pubblicato solo nel 1957 perché ritenuto dall'autore troppo limitatamente personale. Hitler era arrivato al potere in Germania, ma Georges Bataille era convinto che un suo privato tormento fosse «all'origine delle mostruose anomalie de L'azzurro del cielo». Eppure l'amore di Henry e Dirty - i due protagonisti - che si macera e arde nell'Europa del 1934, l'anno dell'assassinio del cancelliere austriaco Dollfuss, della guerra civile a Barcellona e dell'assunzione del potere assoluto da parte di Adolf Hitler, pagina dopo pagina, si trasforma fino a diventare un'atroce premonizione del male.


483. Homo Faber – Max Frisch (1957)

Ingegnere pragmatico e razionale, privo di radici affettive che lo ancorino a un luogo o a una famiglia, indifferente a tutto ciò che non è spiegabile con la logica e insensibile a tutto ciò che è istintivo, religioso umanistico. Autentico campione della civiltà tecnologica, si ostina a non vedere ciò che non può capire. Nel corso di una crociera, Faber incontra una ragazza cui si lega sentimentalmente. Quando scopre in lei la figlia mai conosciuta, è ormai troppo tardi.


484. Sulla strada – Jack Kerouac (1957)

Sal Paradise, un giovane newyorkese con ambizioni letterarie, incontra Dean Moriarty, un ragazzo dell'Ovest. Uscito dal riformatorio, Dean comincia a girovagare sfidando le regole della vita borghese, sempre alla ricerca di esperienze intense. Dean decide di ripartire per l'Ovest e Sal lo raggiunge; è il primo di una serie di viaggi che imprimono una dimensione nuova alla vita di Sal. La fuga continua di Dean ha in sé una caratteristica eroica, Sal non può fare a meno di ammirarlo, anche quando febbricitante, a Città del Messico, viene abbandonato dall'amico, che torna negli Stati Uniti.


485. Pnin – Vladimir Nabokov (1957)

Nella carrozza semideserta di un treno che corre attraverso la campagna siede un uomo dalla grande testa calva, forte di torace e con un paio di gambette sottili su cui ricadono i calzini allentati di lana scarlatta a losanghe lilla. Il passeggero solitario altri non è che il professor Timofej Pavlovic Pnin, esule negli Stati Uniti e titolare di un corso di lingua russa all’Università di Waindell, in viaggio per recarsi a tenere una conferenza presso il circolo femminile di un’altra località della sterminata provincia americana. Ma il professor Pnin – tradito dalla sua passione per gli orari ferroviari, che lo ha indotto a ignorare ogni suggerimento e a elaborare personalmente il proprio itinerario – si trova sul treno sbagliato.
Comincia così, in modo emblematico, il ritratto ironico e affettuoso, esilarante e patetico di uno di quei personaggi che Nabokov sa disegnare con arte insuperata: un buffo émigré caparbiamente determinato a ricercare l’impossibile adattamento a un’altra civiltà, in lotta impari con un mondo in cui tutto – lingua, ambiente, gli oggetti stessi – pare rivoltarglisi contro. Perde tutte le sue battaglie, Pnin: con l’ex moglie Liza, ormai inesorabilmente «americana»; con il figlio Victor, nel cui personalissimo e un po’ lunare universo non riesce a far breccia; con le beghe e mene e manovre accademiche del campus, dalle quali uscirà sopraffatto; persino con la piccola comunità dei suoi compatrioti, chiusa nelle proprie diatribe meschine e nel disperato tentativo di reiterare un passato irripetibile. Anche Pnin si rifugia talvolta, oniricamente, in quel passato: e sono pagine mirabili, affidate a una gamma di intonazioni che trascorre dalla pura comicità alla malinconia.


486. Il Dottor Zivago – Boris Pasternak (1957)

Borìs Pasternàk nacque nel 1890 a Mosca. Il suo ingresso nella vita intellettuale russa coincise con la moda del cubofuturismo e con le più accese esperienze di rinnovamento letterario. Ma per quanto animato da un ansioso bisogno di ricerca, egli non dimenticò mai la più genuina tradizione della sua terra come testimonia l'opera poetica e, ancor meglio e di più, il romanzo. La sua poesia, così improduttiva ai fini della propaganda, non lo mise mai in buona luce presso le autorità; egli stesso, non per una ben individuata ragione di ordine politico, ma per un preciso bisogno di salvare la libertà dell'arte e del pensiero, sin dal 1930 visse in disparte nella sua dacia di Peredelkino presso Mosca, dove morì nel 1960. Fu in questa volontaria solitudine che maturò e fu scritto Il dottor Živago. Il premio Nobel per la letteratura, conferitogli nel 1958, e l'eco enorme e l'impressione profonda suscitate in tutto il mondo dal romanzo non valsero a toglierlo dall'isolamento né ad attenuare il gelo ufficiale della politica e della letteratura sovietica. Solo dopo decenni dalla prima edizione mondiale, Il dottor Živago venne pubblicato in Urss.


487. La meravigliosa “O” – James Thurber (1957)

Il libro ipotizza che la lettera O sia messa al bando, così da provocare la trasformazione non solo del linguaggio, ma del mondo intero. [Cover italiana non disponibile]


488. Justine – Lawrence Durrell (1957)

Alessandria d'Egitto, mitico crogiolo di razze e di linguaggi, brulicante di prostitute, ragazzi di piacere e mendicanti, porto di mare odoroso e corrotto, domina questo romanzo in cui si celebra l'amore. Quattro figure sono prese in un viluppo di passioni. L'io narrante, uno scrittore inglese di raffinata sensibilità, che nell'humus alessandrino affonda le radici. Justine, colta e aristocratica ebrea, cultrice del piacere e arrogante, vera figlia della città levantina. Nessim, il marito di Justine, ricco oltre misura, principesco, cui tuttavia ripugna la vista del denaro. Melissa, fragile danzatrice greca, con cui convive lo scrittore.
Un dedalo di sentimenti avvicina e mescola i molti attori, adepti d'ogni setta e credo, cultori della Cabala. Durrell ci dà un romanzo a più strati: libro di memoria e racconto serrato, capace di cogliere il reale da una prospettiva pluridimensionale attraverso una visione prismatica e una tavolozza di colori dalle infinite tonalità.


489. La stanza di Giovanni – James Baldwin (1956)

Nel 1956, quando La stanza di Giovanni uscì per la prima volta in America, si sollevò un grande scalpore per il modo esplicito e diretto con cui nel romanzo veniva trattato l'argomento omosessualità, allora, ma talvolta ancora oggi, considerato come un tabù. Molti anni dopo, nel 1984, in un'intervista, Baldwin sente ancora il bisogno di difendersi sostenendo che "La stanza di Giovanni non è veramente sull'omosessualità... è su cosa succede se hai paura di amare un'altra persona". E ora, a distanza ancora di alcuni anni, leggendo e riflettendo su questo libro tuttora modernissimo non si può fare altro che dargli ragione. Questo è infatti un libro bellissimo sulla difficoltà di amare.Il protagonista David, un giovane americano che vive a Parigi, dove si svolge tutta la storia, si trova al centro di un complesso intreccio di rapporti umani; è infatti amato da una donna, Hella, anche lei americana espatriata come lui, e da un giovane emigrato italiano, Giovanni. Tutti e due vogliono conquistarlo e legarlo a sé per la vita, ma si scontreranno con la sua totale incapacità di scegliere, che altro poi non è che la sua inadeguatezza a rapportarsi in modo autentico con gli altri, uomini o donne che siano.Il libro si chiude nel giorno in cui verrà eseguita la condanna a morte di Giovanni, che ha ucciso un uomo, mentre Hella è appena ripartita per l'America abbandonando ogni speranza di una normale vita in comune con David che, rimasto solo, anche di fronte al dramma della morte dell'amico non riesce a comunicare dolore, ma solo autocommiserazione inconsapevole del male che ha fatto agli altri.


490. Londinesi solitari – Sam Selvon (1956)

Storie di immigrazione, romanzo della nostalgia, del desiderio di tornare al paese d'origine, di una piccola comunità caraibica. Sradicamento, perdita di identità, voglia di riconquista sono gli ingredienti all'origine delle difficoltà dei protagonisti. Nel libro emergono l'esplosiva vitalità e l'inventiva alla base della loro capacità di sopravvivenza. Selvon, nato nel 1923 a Trinidad, giornalista, nel '50 emigra a Londra. Questo romanzo è il primo di una trilogia.


491. Le radici del cielo – Romain Gary (1956)

A Fort-Lamy, nell'Africa Equatoriale Francese, il centro d'attrazione è l'Hotel del Ciadien. Il caffè-bar-dancing è di proprietà di Habib, una canaglia col sigaro perennemente alle labbra, il sorriso beffardo che non si rivolge a nessuno in particolare, ma pare destinato alla vita stessa, e di un suo protetto: de Vries, un giovane esile, eretto, capelli biondi ondulati, che si fa vedere raramente a Fort-Lamy e trascorre il tempo a braccare la natura in tutti i suoi rifugi col suo bel fucile col calcio incrostato d'argento. Fino a qualche tempo fa il Ciaden era un luogo piuttosto desolato, poi è arrivata Minna, tedesca, bionda, un gran corpo vistoso, un passato da dimenticare alle spalle, e l'atmosfera è cambiata. Un giorno, mentre Minna è al bar intenta a scegliere i dischi per la serata, piomba sulla pista da ballo un uomo con un viso energico e un po' scuro, i capelli castani e ricciuti, che ogni tanto rigetta indietro con un gesto brusco. L'uomo ordina un rhum. Poi comincia a parlare a Minna. Non le dice né chi è né da dove viene, ma le parla degli elefanti, delle migliaia di elefanti che vengono uccisi ogni anno in Africa. Meravigliosi animali in marcia negli ultimi grandi spazi liberi rimasti al mondo, abbattuti senza pietà. E così, quasi senza accorgersene, Minna e Morel, il "francese pazzo", l'"avventuriero dello spirito" compiono l'uno verso l'altra i primi passi di un'avventura che diventerà leggenda in Ciad e in tutta l'Africa Equatoriale Francese.


492. La resa dei conti – Saul Bellow (1956)

Tommy Wilhelm, il protagonista di "La resa dei conti", è certamente uno dei personaggi più riusciti di Saul Bellow e della letteratura americana contemporanea. Uomo debole e impulsivo, sospinto da eventi incalzanti che non riesce a comprendere appieno - la separazione dalla moglie, il difficile rapporto col padre -, Tommy è soffocato da un nodo di rivolta e dolore che non sa esprimere, e in questa sua accorta impotenza diventa, pagina dopo pagina, il commovente campione di una lotta contro un mondo opprimente e privo di amore. E' così che una giornata qualunque a New York, tra un grande albergo, una caffetteria e la sala della Borsa, diventa per questo umanissimo personaggio l'occasione per il bilancio di un'intera esistenza. L'esistenza di uno, per usare le stesse parole di Bellow, "che nella sua vita ha sbagliato tutto".


493. L'Opera galleggiante – John Barth (1956)

La mattina del 21 giugno 1937 Todd Andrews (un’avviatissima carriera di avvocato, una sobria vita borghese in una cittadina di mare del New England, un improbabile menage a trois con l’amico Harrison, erede di un impero dei sottaceti, e la graziosissima moglie di lui) si sveglia, si alza dal letto e guardandosi allo specchio scopre che la risposta a ogni suo problema è il suicidio. Vent’anni dopo, ancora vivo, racconta al lettore gli sviluppi di quella fatale giornata. Pubblicato originariamente nel 1956 e rivisto dallo stesso autore nel 1967, L’Opera galleggiante è considerato da molti il capolavoro di John Barth: spirito nichilista e humour nero, critica di costume e spunti metanarrativi si fondono in un romanzo sperimentale e godibilissimo che inaugurava la narrativa postmoderna e a quasi mezzo secolo di distanza nulla ha perso del suo smalto.


494. Il signore degli anelli – J.R.R. Tolkien (1955)

"Il Signore degli anelli" è un romanzo d'eccezione, al di fuori del tempo. E' un libro d'avventure in luoghi remoti e terribili, episodi di inesauribile allegria, segreti paurosi che si svelano a poco a poco, draghi crudeli e alberi che camminano, città d'argento e di diamante poco lontane da necropoli tenebrose in cui dimorano esseri che spaventano solo al nominarli, urti giganteschi di eserciti luminosi e oscuri. Tutto questo in un mondo immaginario ma ricostruito con cura meticolosa, e in effetti assolutamente verosimile, perché dietro i suoi simboli si nasconde una realtà che dura oltre e malgrado la storia: la lotta, senza tregua, fra il bene e il male.


495. Il talento di Mr Ripley – Patricia Highsmith (1955)

Napoli, anni Cinquanta. Il giovane e spiantato Tom Ripley sbarca da New York in missione per conto del ricco Mr. Greenleaf. Deve convincere il figlio di lui, Dickie, a ritornare in America. Ma l'incontro con Dickie, un ragazzo bellissimo che dalla vita ha avuto tutto, fa nascere nella mente di Tom un'idea: non potrebbe sostituirsi a lui e vivere una vita senza problemi? È l'inizio di un'avventura insieme terribile ed entusiasmante, in cui Patricia Highsmith conduce per mano il lettore nei percorsi mentali di un assassino senza scrupoli, e forse proprio per questo irresistibile.


496. Lolita – Vladimir Nabokov (1955)

Sarebbe difficile, per chi non ne è stato testimone, immaginare oggi la violenza dello scandalo internazionale, per oltraggiata pruderie, che "Lolita" provocò al suo apparire nel 1955. E tale è l’abitudine alla sciocca regola secondo cui ciò che fa chiasso è inevitabilmente sprovvisto di una durevole qualità letteraria, tanta era allora l’ignoranza dell’opera di Nabokov che solo pochi capirono quel che oggi è un’evidenza dinanzi agli occhi di tutti: "Lolita" è non solo un meraviglioso romanzo, ma uno dei grandi testi della passione che attraversano la nostra storia, dalla leggenda di Tristano e Isotta alla Certosa di Parma, dalle canzoni trobadoriche ad Anna Karenina. Ma chi è Lolita? Questa «ninfetta» (geniale invenzione linguistica di Nabokov, poi degradata nell’uso triviale, quasi per vendetta contro la sua bellezza) è la più abbagliante apparizione moderna della Ninfa, uno di quegli esseri quasi immortali che furono i primi ad attirare il desiderio degli Olimpi verso la terra e a invadere la loro mente con la possessione erotica. Perché chiunque sia «catturato dalle Ninfe», secondo i Greci, è travolto da una sottile forma di delirio, lo stesso che coglie l’indimenticabile professor Humbert Humbert per la piccola, intensamente americana Lolita. America, Lolita: questi due nomi sono di fatto i protagonisti del romanzo, scrutati senza tregua dall’occhio inappagabile di Humbert Humbert e di Nabokov. Realtà geografica e personaggio sono arrivati a sovrapporsi con prodigiosa precisione, al punto che si può dire: l’America è Lolita, Lolita è l’America. E tutto questo, come solo avviene nei più grandi romanzi, non è mai dichiarato: lo scopriamo passo per passo, si potrebbe dire miglio per miglio, lungo un nastro senza fine di strade americane punteggiate di motel. "Lolita" apparve per la prima volta in inglese nel 1955 e solo dodici anni più tardi nella versione russa dello stesso Nabokov.


497. Un mondo d'amore – Elizabeth Bowen (1955)

Montefort, una bella casa di campagna tra i verdi campi e i boschi dell'Irlanda, abitata dai ricordi del passato e dalle passioni del presente. In soffitta tra bauli polverosi, tarlati trofei di caccia e scatole piene di foto, Jane ritrova un bel vestito di mussola di stile edoardiano nelle cui tasche è nascosto un pacchetto di lettere d'amore, di cui si conosce la firma ma non il destinatario. Da questo momento si dipana la trama del romanzo e si rivela lentamente il mondo d'amore che imprigiona la casa e i suoi abitanti.



498. The Trusting and the Maimed – James Plunkett (1954)

[Serie di dieci racconti brevi dell'autore irlandese James Plunkett di cui sono disponibili poche informazioni.]


499. L'americano tranquillo – Graham Greene (1955)

Indocina, 1954. Pyle è un "americano tranquillo", un soldato diversissimo dai suoi connazionali rumorosi, volgari, infantili e prepotenti. Ma è anche un uomo profondamente convinto del "grande sogno americano", e il suo fanatico idealismo non viene intaccato neppure alla vista delle vittime degli attentati di cui egli stesso è, in base alla sua logica, artefice innocente. "Pericolosamente innocente", come si rende ben presto conto l'altro protagonista del romanzo, il cronista inglese Fowler, e tanto più terribile perché la sua innocenza nasce dall'ignoranza e dall'incapacità di comprendere la realtà che gli sta davanti agli occhi. Sul contrasto ideologico, politico e umano fra il soldato e il corrispondente di guerra si snoda questo romanzo, nel quale emerge la caratteristica dominante della narrativa di Graham Greene: la magistrale capacità di far entrare nell'opera letteraria la tragica realtà contemporanea.


500. L'ultima tentazione di Cristo – Nikos Kazantzákis (1954)

In questo romanzo, Kazantzakis rivisita il Vangelo secondo una visione laica di Cristo. Kazantzakis racconta l'amore e la passione di un uomo: Gesù di Nazaret. Figlio di un falegname, l'uomo Gesù vorrebbe amare una donna e avere una famiglia, ma la voce di Dio risuona dirompente nel suo animo, lo arma di una forza superiore a quella di mille eserciti, gli impone rinunce e sofferenze. Il conflitto interiore dell'uomo, la lotta fra carne e spirito, l'istinto di ribellarsi e il desiderio insopprimibile di unirsi a Dio vengono evocati in un affresco narrativo che celebra il supremo sacrificio di Cristo. Sulla croce, ormai moribondo, Gesù ha una visione di come sarebbe stata la sua vita se non avesse seguito il richiamo di Dio. È l'ultima tentazione, quella che Cristo respinge morendo per l'intero genere umano. Prefazione di Michela Murgia.

0 Commenti a “Listopia: I milleuno libri da leggere almeno una volta nella vita (#481 - 500)”

Posta un commento

 

La Stamberga dei Lettori Copyright © 2011 | Template design by O Pregador | Powered by Blogger Templates