21 aprile 2013

Il messaggero - Kader Abdolah

Dopo aver raccolto nel Corano le rivelazioni di Allah a Maometto, Zayd, figlio adottivo e cronista del Messaggero, sente l'urgenza di consegnare ai posteri la storia della sua vita. Perché "non si può capire il Corano se non si capisce Mohammad: un sognatore, un gaudente, un amante delle donne e della vita", ma soprattutto "un uomo curioso". Zayd parte alla ricerca di testimoni del suo tempo - mercanti, poeti, studiosi, nemici o familiari del suo signore - cui cede la parola per ripercorrere la vicenda del profeta e condottiero che ha cambiato la storia. Dagli anni delle sue prime spedizioni come carovaniere, dei suoi primi contatti con la civiltà persiana, egiziana e bizantina, ai giorni della ricerca di una risposta al mistero del creato e di un riscatto del suo popolo dall'arretratezza. Prende forma così un ritratto composito e affascinante di Maometto, che restituisce tutti i suoi sentimenti e tutta la sua umanità: un profondo senso religioso convive con gusti libertini, la pazienza con l'ira, la mistica con un mondano cinismo. Ma, attenzione, avverte l'autore, che si conferma acuto testimone del suo tempo e costruttore di ponti tra culture: questo è un racconto, una personalissima ed eterodossa reinvenzione letteraria. Perché Kader Abdolah mescola storia e immaginazione, cronaca e poesia, nella consapevolezza della complessità di un'avventura umana, religiosa e politica che l'Occidente non può eludere, e a cui ci si può avvicinare anche con la sagace leggerezza di una storia romanzata.

Recensione

A fronte di una scrittura esageratamente piana, paratattica, povera di parole, che incanta e un po' assopisce come un'antica cantilena, Il messaggero dell'ateo e laicista Kader Abdolah, perseguitato da tutti i regimi avvicendatisi in quel dell'Iran, risulta un romanzo godevole, denso di significato, dal senso stratificato, che dà da pensare. Nel bene e nel male, sia chiaro.
Si potrebbe pensare, per cominciare, a un paragone esageratamente banale e ben poco equilibrato tra Saramago e Abdolah. Mentre il primo è risultato semplicemente "indigesto" per le sue posizioni nette nella storia politica del Portagollo, per il suo laicismo che non ha fatto prigionieri, scagliandosi contro l'intera triade delle religioni monoteiste, ad Abdolah è "bastato" parlare (bene o male poco importa) di Maometto, guadagnandosi così un biglietto di sola andata fuori dal suo paese. Se poi gli si affianca Rushdie, il gioco di specchi si fa più ricco e stimolante. Ma rimane una sensazione: che mentre Saramago, Rushdie e altri del genere hanno schiacciato il pedale dell'acceleratore sulla via della blasfemia pura, Kader Abdolah ha shakespeariamente suscitato molto rumore per nulla - tanto scalpore per un romanzetto a prima vista banale. Ma è davvero un raccontino alternativo sulla vita di Maometto e niente più?

Domanda retorica dalla risposta scontata: eppure spiegarla non è tanto semplice. Chi ha alzato la voce contro Kader Abdolah, a differenza di quanti sono caduti nel tranello di una blasfemia esibita provocatoriamente (come nel caso di Saramago), ha ben inteso la finissima operazione intellettuale compiuta dallo scrittore iraniano: il racconto di un Maometto umanamente contraddittorio si trasfigura nella metafora di un intero popolo, della sua storia passata, ma soprattutto del suo presente e del suo futuro. L'autore ricostruisce sapientemente il contesto storico che fa da sfondo all'azione mitica di Maometto: la frammentazione del popolo arabo, stritolato tra ebrei, bizantini e persiani, mai unito, disseminato tra clan e tribù economicamente, politicamente e soprattutto religiosamente indipendenti. Chi mastica un po' di storia conosce bene l'eterno tallone d'achille dei popoli arabi, la loro incapacità ad amalgamarsi in un'unità. Un popolo che, in momenti fortunati nella storia della Terra, è pure riuscito a espandersi oltre il consentito, spargendosi nel Mediterraneo. E anche oggi, quando il mondo arabo pare più forte che mai, la mancanza di un unico Stato dell'Islam è sintomo di dissidi interni millenari, a frattali, dall'entità più grande a quella più piccola. Cos'è cambiato in questi duemila anni? La religione. Cos'è accaduto? Maometto. Come illustra Abdolah, Maometto è un giovane idealista e sognatore, che cerca e invoca una divinità a sostegno del suo sogno rivoluzionario: unire gli arabi, distruggere le tribù, abbattere gli idoli dei clan, saldare i popoli in un unico potere politico ed economico. Di qui l'intuizione della religione come unico collante e la necessità della sua invenzione. Poi, il passaggio da Maometto il Messaggero a Maometto il Condottiero, che uccide, depreda e conquista, incollando i cuori con la religione e con il sangue degli oppositori.

Ecco la colpa terribile di Abdolah: aver riletto la storia di Maometto da un punto di vista socio- economico e politico, come gli insegna la sua buona formazione marxista. Forse è proprio questo ad apparire intollerante: più del Maometto umano, del Maometto condottiero e del Maometto sciupafemmine, della sua sposa quattordicenne e dei suoi vizi. A disturbare il regime dello Scià e poi di Khomeini è l'operazione volta a squarciare il velo della religione, smascherare la necessità della sua invenzione, come collante dei popoli e soprattutto braccio armato dei regimi.

Giudizio:

+4stelle+

Dettagli del libro

  • Titolo: Il messaggero
  • Titolo originale: De boodchapper
  • Autore: Kader Abdolah
  • Traduttore: E. Svaluto Moreolo
  • Editore: Iperborea
  • Data di Pubblicazione: 2010
  • ISBN-13: 9788870911831
  • Pagine: 332
  • Formato - Prezzo: Brossura - 17,00 Euro

0 Commenti a “Il messaggero - Kader Abdolah”

Posta un commento

 

La Stamberga dei Lettori Copyright © 2011 | Template design by O Pregador | Powered by Blogger Templates