18 marzo 2012

Mani calde - Giovanna Zucca

Davide ha nove anni e non ne vuole sapere di andare a comprare le cose per la scuola, la mamma insiste e quel banale tragitto tra l'abitazione e il negozio si rivelerà fatale. In coma, nel sonno in cui è costretto, Davide sente e "vede" le persone distraendosi con le storie degli altri: storie di ospedale, di chiacchiere in corsia, di infermiere e lotte fra medici, come quel "dottore antipatico" che tenterà l'impossibile per salvarlo. Un legame speciale fatto di empatia e sensazioni destinate a durare si formerà fra il medico e il ragazzino: eppure il primo è un uomo schivo, scorbutico, bravissimo nel proprio lavoro ma incapace di gestire ogni genere di rapporti umani; l'altro è pieno di vita ma immobile su un letto.

Recensione di Pythia

Viviamo in un mondo dove la morte e la disgrazia fanno spettacolo, dove le parole più sono meglio è e se sono forti è ancora meglio, dove il dolore e le lacrime fanno audience, dove si fa sentire solo chi alza la voce, ma dove purtroppo manca il rispetto. Adeguarsi è facile, soprattutto se si vuole cavalcare l'onda. Giovanna Zucca, invece, sceglie di raccontarci la storia di Davide sottovoce, lasciando spazio alle emozioni, quelle vere e sincere.

Fin dalle prime righe del romanzo capiamo che c'è un lieto fine - eppure sarebbe stato facile lasciar penare il lettore per 230 pagine, nell'incertezza sulla sorte del bambino.

È la voce di Davide a darci il benvenuto, a fare gli onori di casa. Il suo linguaggio è quello semplice e schietto dei ragazzini delle elementari, che hanno ancora i cassetti pieni di sogni e non sanno cosa sia il dolore. A lui si alternano altre voci, ognuna ben distinta e chiara: la mamma, il papà, il dottore antipatico. Attraverso gli occhi di ciascuno vediamo le diverse sfaccettature di un evento drammatico che cambierà non solo le persone più direttamente colpite.

Una stanza di rianimazione diventa un microcosmo di persone, sentimenti, legami, paure e speranze, narrate con grande delicatezza e sensibilità. Il perfetto equilibrio che l'autrice riesce a mettere in gioco non viene mai a mancare: dove c'è la tristezza si trova anche un sorriso, dove c'è rabbia si trova consolazione, dove c'è preoccupazione c'è la speranza. Si potrebbe dire che proprio la Speranza sia un protagonista silenzioso eppure sempre presente: ha il volto ingenuo della fede delle nonne, che si affidano alle mani di un Santo; altre volte prende i lineamenti più marcati della scienza medica; altre ancora diventa la fiducia semplice di un bambino che sa vedere oltre.

"Mani calde" è un romanzo che si divora nell'arco di un pomeriggio - ore intense e indimenticabili che auguro a tutti: leggetelo e regalatelo, senza dimenticare un fazzoletto, indispensabile anche a chi si ritiene immune dalla commozione.

Giudizio:

+5stelle+

Recensione di Tancredi

Davide ha nove anni, è inchiodato a un letto d'ospedale dal coma, ma dentro di sé resta vigile e vivo. Il suo unico contatto con il mondo esterno passa attraverso il senso del tatto. Attraverso le mani. Calde, quelle delle anime buone, anche se in apparenza ostili e fredde, calde come quelle delle infermiere che si prendono cura di lui, dei genitori che bivaccano senza sosta in ospedale, persino del cafone, il primario ostile il cui rispetto si compone sostanzialmente di soggezione e timore reverenziale; fredde, invece, quelle dei medici che attraversano la sua stanza con indifferenza, che vedono solo un soggetto, un numero, non un paziente con un cuore pulsante.

Quella del piccolo Davide è una storia come tante, e che pure alla fine si distingue per la portata delle sue conseguenze. Ricorrendo ad un elemento fantastico, la comunicazione mentale, telepatica, tra il primario e il bambino, la storia del ritorno alla vita del piccolo porta con sé il risveglio dell'animo dello scorbutico medico.

Detto questo, Mani calde si presenta come un romanzo che vuole sostanzialmente commuovere e non disdegna qualche seria riflessione esistenziale, specie nel confronto tra l'ingenua, ma salvifica visione del mondo del bambino, e il cinismo marchiato sulla pelle del primario. Chiare le intenzioni, c'è da chiedersi: il risultato è quello atteso? Le modalità sono quelle giuste?

Il giudizio, a mio avviso, non può essere pienamente positivo. Le buone intenzioni risultano infatti danneggiate da un eccesso straripante e stucchevole di buonismo, in primo luogo; da scelte narrative non condivisibili, in secondo luogo; da inevitabili cliché, infine, che si aggiungono con il peso, tuttavia non indifferente, di una ciliegina sulla torta.

La condizione vigile del bambino in coma, che sente e vede tutto, mentre le persone intorno a lui lo credono perso come in un buco nero, risulta usata e abusata. Un precedente celebre, e decisamente più riuscito - fosse solo per l'azzeccata carica umoristica - è nel Malaussene di Pennac. La scelta di usare il punto di vista del bambino può essere interessante, ma si calca eccessivamente la mano, e quando la sua ingenua e infantile visione della vita (che classifica senza mezzi termini le persone tra "mani calde" e "mani fredde") risulta quella vincente, la credibilità viene meno. Il buonismo infuso nel bambino e che subito contagia chi gli sta intorno, le infermiere dal cuore d'oro e persino il medico dalla scorza dura, risulta eccessivo e stucchevole, impedisce anche un minimo coinvolgimento. E' il buonismo a buon mercato delle serie televisive mediche, con i suoi corridoi di ospedali lindi, il personale preparato che si destreggia tra la sentita vocazione medica e i problemi di tutti i giorni. Una visione che stride violentemente con la realtà attuale.

Non mi sono piaciute poi alcune scelte narrative, come il fuoco multiplo: avrei preferito una narrazione a due voci, il piccolo Davide e il Cafone, e invece mi è toccato il punto di vista dei genitori di Davide, degli infermieri e pure della escort polacca (!) che frequenta il primario, istruita, filosofa, che nell'atteggiarsi a psicologa (!!) conquista il cuore del cinico cafone (!!!).

Se è pure vero che la caratterizzazione dei personaggi si attesta su buoni livelli, specie nel conflitto interiore del primario, il ritratto dei personaggi, soprattutto quelli secondari, si trasfigura in mera caricatura a causa dell'abbondanza di cliché e luoghi comuni. Lo stesso Davide, che pure compie un miracolo multiplo (risvegliarsi dal coma profondo e far risvegliare tutti gli altri personaggi), resta un personaggio abbozzato, che assomiglia a tutti ma rimane senza personalità, una figurina, niente di più.

Alla fine resta un romanzo scritto abbastanza bene, scorrevole, una lettura tutto sommato gradevole, che esaurisce la sua essenza una volta girata l'ultima pagina. Come una puntata di Grey's anatomy, che, a meno di esserne fanatici, ai titoli di coda torni a fare quel che stavi facendo prima, senza che nulla sia cambiato, eccetto l'aver riempito un'ora o poco più.

Giudizio:

+3stelle+

Dettagli del libro

  • Titolo: Mani calde
  • Autore: Giovanna Zucca
  • Editore: Fazi
  • Data di Pubblicazione: 2011
  • ISBN-13: 9788864112749
  • Pagine: 230
  • Formato - Prezzo: Brossura - 16.50 Euro

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