8 novembre 2011

Dal libro al film: Jane Eyre

Preceduto da un battage pubblicitario notevole nel mondo anglosassone e quasi nullo da noi, il mese scorso è finalmente arrivato sui nostri schermi Jane Eyre di Cary Joji Fukunaga, ultimo in ordine cronologico di una serie pressoché infinita di adattamenti per il piccolo e grande schermo del capolavoro di Charlotte Brontë.

L'autrice, al pari di Jane Austen, si è rivelata una manna dal cielo per l'industria cinematografica: se escludiamo prequel, sequel e adattamenti vari più o meno fantasiosi e ci limitiamo alle trasposizioni cinematografiche del romanzo vero e proprio, arriviamo a contare 18 versioni di Jane Eyre, tra cui due messicane, una in Hindi e una in Telugu, la più vecchia datata addirittura 1910. Eppure a più di 150 anni dalla pubblicazione del romanzo, l'industria del cinema ritiene che quest'orfanella ottocentesca, eroina unica nel panorama letterario, così tipicamente Romantica e al tempo stesso così straordinariamente fuori dagli schemi, abbia ancora qualcosa da dire al pubblico del ventunesimo secolo e io sono d'accordo con lei. Che cosa poi abbia da dire, ovviamente, è soggetto all'interpretazione del regista al quale non si chiede  una pedissequa trasposizione su pellicola del romanzo pagina per pagina (che senso avrebbe? abbiamo la nostra fantasia per quello) ma ci si aspetta che sappia cogliere e trasmettere l'essenza dell'opera.

Mia Wasikowska nei panni di Jane 

Nel caso di Jane Eyre, lo spirito del romanzo è costituito dall'intrecciarsi di una complessità di temi difficile da riprodurre in un film di un paio d'ore. Il regista californiano Fukunaga sceglie di farsi trasportare dall'elemento Romantico, cedendo al fascino delle selvagge brughiere spazzate dal vento fino al limite del tollerabile, tanto che a volte viene il dubbio di essere finiti in una trasposizione di Cime Tempestose, invece che di Jane Eyre. L'intento è chiaro fin dalle prime inquadrature che, in modo del tutto originale, sorprendono Jane già adulta mentre vaga per le lande desolate in preda ad un'incontrollabile disperazione. A differenza di quanto fatto dalle trasposizioni precedenti, viene quindi abbandonata la narrazione cronologicamente ordinata del romanzo; il racconto prende il via dalla metà della vicenda, quando Jane ha già scoperto l'inganno di Rochester e ha abbandonato Thornfield Hall, per poi riproporre le fasi precedenti della sua vita attraverso una serie di flashback, quasi l'autore volesse movimentare la narrazione e accentuare l'aspetto misterioso della vicenda, per rendere la storia più appetibile al palato dello spettatore moderno. La memoria corre subito alla precedente (e finora più nota) trasposizione diretta da Franco Zeffirelli nel 1996 ed la differenza tra le due trasposizioni è notevole.
Se il regista italiano sceglie un approccio formalmente più rigoroso, dove tutto, dalle scenografie ai costumi alle movenze stesse degli attori, ubbidisce alle regole dei più tradizionali film in costume, fino al limite di un freddo manierismo, Fukunaga, pur rispettando l'ambientazione ottocentesca, esce dagli schemi donando al suo film un movimento e una spontaneità decisamente più moderni.
Il contrasto non potrebbe essere più evidente: il nuovo Jane Eyre è privo dei cieli azzurri e dei caldi colori autunnali che caratterizzavano il film di Zeffirelli, da sempre affezionato a scenografie di forte impatto visivo. Al contrario qui la narrazione è punteggiata da cieli grigio ferro, lande desolate e violenti acquazzoni che esaltano splendidamente il lato più emotivo e irrazionale delle personalità dei protagonisti.

Michael Fassbender è Edward Rochester
La fotografia diventa quindi l'elemento chiave ma anche il limite del film di Fukunaga: il regista sembra affidarsi infatti quasi esclusivamente ad essa, lasciando in secondo piano i dialoghi, ridotti all'osso. Lo sviluppo della storia in parte ne risente, soprattutto per quanto riguarda l'evoluzione del rapporto tra Jane e Rochester, che perde la sua complessità e il suo fascino. La scelta degli attori accentua questo limite del film: Mia Wasikowska (già insipida Alice per Tim Burton) decide di rappresentare l'indole riservata di Jane aggirandosi per il film come fosse una morta che cammina, in grado di produrre un'unica espressione (quella della madonnina sciapa) per l'intera durata della pellicola. Il carattere forte di Jane e la sagacia di alcuni suoi scambi di battute con Rochester vanno totalmente persi nell'espressione vacua e amorfa. Il confronto con Charlotte Gainsbourg (Io non sono qui, Melancholia), protagonista del film del '96, è totalmente a vantaggio di quest'ultima, in grado di esprimere meglio quella particolare combinazione di timidezza e combattività che fanno di Jane Eyre un personaggio così straordinario. Non aiuta, da questo punto di vista, la scelta di tagliare notevolmente la parte della storia dedicata alle esperienze della Jane bambina all'interno del collegio di Lowood. Certo quando si devono condensare 700 pagine di libro in un paio d'ore di film qualche sforbiciata va data, ma qui si smarriscono elementi significativi della personalità di Jane e il personaggio che ne risulta è piuttosto unidimensionale. Qualcosina di più aveva fatto Zeffirelli con la sua piccola e rabbiosa Jane, anche grazie all'interpretazione dell'allora giovanissima Anna Paquin (True Blood, premio Oscar come non protagonista per Lezioni di Piano), che allora ancora si ricordava come si recita.
Se la cava meglio il protagonista maschile Michael Fassbender (X-Men-L'inizio, Coppa Volpi a Venezia per Shame): nonostante sia decisamente troppo bello per il ruolo (da antologia la scena in cui chiede a Jane "Mi trovate bello?" e lei risponde assurdamente di no), il suo Edward Rochester è adeguatamente ombroso; anche lui, tuttavia sembra aver frainteso il carattere del suo personaggio e a volte, invece che un indomabile e selvaggio Byronic hero, sembra semplicemente un tizio un po' isterico. Ogni sua battuta è pronunciata con tale nervosismo che davvero non si capisce a che punto inizi a provare sentimenti per Jane. L'esatto contrario dell'effetto ottenuto dal suo predecessore, William Hurt (The village, Oscar come miglior attore per Il bacio della donna ragno), che pure aveva reso una mirabile interpretazione, sebbene in alcune sequenze un po' troppo bonaria.
Charlotte Gainsboroug e William Hurt nel film di Zeffirelli
Se la prima parte del romanzo viene piuttosto sacrificata, ampio spazio viene dato al periodo trascorso da Jane presso la casa di St. John Rivers, interpretato da un Jamie Bell (Billy Elliot) dagli occhioni perennemente sbarrati, figura complessa e a tratti ambigua nella sua eccessiva rigidità morale. In questo modo si apprezza il faticoso cammino affrontato da Jane per riprendersi dal tradimento di Rochester, o, meglio, lo si apprezzerebbe se non fosse per la totale inespressività della Wasikowska che insiste nel propinarci la sua faccia da mezza morta. Come la sua interpretazione possa aver avuto tante critiche positive va al di là della mia comprensione. Altra interpretazione non proprio soddisfacente (e mai nella mia vita avrei pensato di dire una cosa del genere) è quella di Dame Judi Dench (Agente 007 - Quantum of Solace, premio Oscar per Shakespeare in love): forse un po' troppo abituata a fare la zia arcigna, qui nel ruolo della gentile Mrs Fairfax appare un po' fuori parte.
Infine è interessante notare come un film che fa di tutto per accentuare il proprio carattere "gotico" non riesca a comunicare adeguatamente la tensione legata alla misteriosa presenza che si aggira per Thornfield Hall. Fukunaga è troppo impegnato a costruire una qualche forma di tensione erotica tra i protagonisti per dare spazio al resto; così la pazzia di Bertha Mason, lato oscuro della candida Jane, finisce nel calderone degli elementi di contorno: non si fa in tempo a notarla che già è stata messa da parte.

In conclusione vorrei dire questo a Fukunaga: se il libro si intitola Jane Eyre e non Jane & Edward o Love Story, un motivo c'è e tu questa Jane Eyre ce la devi far conoscere. Certo la storia d'amore tra Jane e Rochester è elemento fondamentale del romanzo e, inutile negarlo, uno dei motivi per cui l'amiamo tanto, ma qui a parte cupi e selvaggi paesaggi delizia per l'occhio, poco altro rimane.



Il trailer italiano del film


L'edizione di Jane Eyre per gli Oscar Classici Mondadori

7 Commenti a “Dal libro al film: Jane Eyre”

  • 8 novembre 2011 alle ore 10:11
    Cannibal Kid says:

    a me il film è piaciuto, soprattutto per l'ottimo lavoro fatto dai due protagonisti.
    non avendo letto il libro però non posso fare un paragone con l'opera originale...

  • 8 novembre 2011 alle ore 11:19
    Malitia says:

    Ottimo articolo, mi trovo d'accordo sul fatto che il film di Zeffirelli sia migliore e che i protagonisti dell'ultima trasposizione siano piuttosto scipiti (diciamo pure che molto del fascino di questo Rochester è dovuto alla bellezza fuori luogo di Fassbender)

  • 8 novembre 2011 alle ore 12:07

    a me è piaciuto moltissimo...una delle versioni più appassionate che abbia visto...Fassbendere è bello si ma è Mia Wasikowska a reggere il film.
    http://firstimpressions86.blogspot.com/2011/08/jane-eyre.html

  • 8 novembre 2011 alle ore 17:28
    polyfilo says:

    devo dire che non avendo visto le altre versioni - ma Zeffirelli in genere mi risulta troppo lezioso e sfibrato - a me Mia Wasikowska non è dispiaciuta, mi smebra che solo che - ma non credo dipenda tanto da lei quanto dalla sceneggiatura - che il suo personaggio sottolinei parecchio l'aspetto 'femminista' ante litteram della vicenda, la sua voglia di indipendenza e libertà.

    un po' anche come succedeva con Alice di Burton!

  • 8 novembre 2011 alle ore 17:34
    Valetta says:

    Lo dicevo che la Wasikowska era piaciuta molto :)
    Boh, io tutte le volte che la guardavo vedevo il nulla...
    Confermo che la versione di Zeffirelli è un po' leziosa, è appunto il suo stile, però le interpretazioni mi sono piaciute di più.

  • 9 novembre 2011 alle ore 16:06
    polyfilo says:

    bhe... se è piaciuta comunque, almeno per me, non è perchè sia particolarmente bella... mi sembra piuttosto in linea con l'immagine - magari poco filologicamente corretta - della protagonista come dura&pura!

  • 9 novembre 2011 alle ore 16:13
    Valetta says:

    Beh comunque ora vedrò di procurarmi la mini-serie della bbc del 2006 di cui mi hanno parlato un gran bene, vediamo se quella mi soddisfa di più :D

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