22 luglio 2011

Intervista ad Alessandro Vigliani, autore di "Virus" e "Sangue e fango"

L'autore

Nato nel 1981, ha iniziato a dedicarsi alla scrittura fin da giovanissimo. Ha pubblicato nel 2009 la raccolta di poesie “Il Verso della Militanza” edita dalla Lupo Edizioni, casa editrice dell’amico Massimiliano Mazzanti. Questo è il suo primo romanzo. E non sarà l’ultimo. Cura un suo blog personale visionabile all’indirizzo: http://www.alessandrovigliani.it/.



I libri

Virus. Il protagonista della vicenda, noto conduttore televisivo, manager e produttore, è una sorta di prototipo in negativo: un uomo privato della sua umanità, che sembra vivere in funzione del potere e dell'autocelebrazione. Un personaggio tratteggiato con spietatezza dall'autore, nel quale il lettore non faticherà a riconoscere persone e volti di questa Italia del nuovo millennio. Una società ossessionata dall'immagine, dalla vacua illusorietà della dimensione televisiva, dove niente è davvero reale e l'unico obiettivo sembra essere la ricerca incessante e spasmodica del successo transitorio offerto da un passaggio televisivo in prime time. Qui, a ben vedere, siamo già oltre l'abusato paradigma del quarto d'ora di celebrità teorizzato da Andy Wharol nei lontani anni Sessanta. L'esistenza di Ribaldi è una non-esistenza, sembra voler suggerire - in maniera neanche troppo velata - l'autore. E infatti Max Ribaldi è un uomo privo di affetti reali; eppure tale condizione pare non pesargli affatto, perso com'è nel suo pericoloso sogno estetizzante." (Dalla prefazione di Luigi Milani)


Sangue e fango. Immaginate un luogo ripugnante dove non vorreste mai finire, con amicizie orrende, sia da un punto di vista estetico che comportamentale. Immaginate che la vostra vita finisca proprio lì, dove non sareste voluti mai stare, insieme a gente con cui non avete idea cosa poter spartire. Ecco. Il romanzo di Alessandro Vigliani parla esattamente di questo. Di come in fondo tutto non sia che un cambio di punto di vista.



L'intervista



Innanzitutto buongiorno, Alessandro, e grazie per essere virtualmente qui nella Stamberga.
S: Prima di parlare del libro, parliamo dello scrittore. Com'è nata in te la passione per la scrittura? Quali sono i tuoi modelli e i libri che ti hanno formato?

Avevo voglia di dare un contributo negativo alla letteratura e di cimentarmi in qualcosa che fanno tutti, scrivere. Volevo dare la possibilità a qualcuno di parlare male di me. E ci sono riuscito.
Non ho modelli formativi, cerco di studiare autori che prima di me hanno dato molto alla narrativa. Da De Lillo a Palahniuk, da Marquez a Bunker passando per Amy Hempel e proseguendo sulla via che porta a King.


S: Parlando inter nos è emersa una questione che mi piacerebbe molto affrontare pubblicamente, perché la critica letteraria ne discute da secoli e, in particolare, i movimenti femministi di messa in discussione del canone letterario l'hanno sviscerata profondamente. Hai affermato di preferire nettamente gli autori alle autrici: ma, secondo te, davvero esiste una scrittura maschile e una femminile? In cosa si differenzierebbero?

La scrittura femminile per me è più autobiografica, ma è un mio limite, con questo non voglio dire che siano da apprezzare le autrici. In Italia la Baraldi è una scrittrice che mi piace molto, così come a livello mondiale non posso che citare Sarah Kane, Amy Hempel o Agotha Kristof. Sono sicuro però di una cosa: le autrici che mi piacciono, mi piacciono davvero. Le seguo in modo viscerale.


D: Ho visto dal tuo sito che hai anche una passione per la musica e in particolare per la musica punk. Quali sono i tuoi gruppi preferiti e cosa ne pensi della scena musicale underground italiana adesso?

Ha perso molto, quasi tutto. Un tempo c'erano i Negazione, i Nabat, i Wretched. Si faceva davvero sottocultura in ambito Punk, Oi! o Hc. Oggi a parte qualche esempio felice tutto sembra destinato a tramontare.


S: Puoi parlarci dell'iter di pubblicazione di Virus? Sei soddisfatto del tuo esordio con la Pulp Edizioni o, potendo tornare indietro, sceglieresti un'altra strada? Cos'hai imparato da questa tua prima esperienza editoriale?

Sono contento perché stare in una casa editrice priva di distribuzione porta l'autore a impegnarsi, a promuoversi in ogni modo. La famosa gavetta la fai nelle piccole case editrici, quella che ti servirà quando approderai, semmai, nelle grandi. Cosa cambierei? Il testo è privo di editing e la promozione del testo è stata fallace. Comunque sì, ripubblicherei con Pulp.


S: Perché la scelta del mondo televisivo? E' un aspetto della vita moderna che ti colpisce particolarmente? Qual è il tuo rapporto con la televisione?

Un rapporto d'amore e odio. Il mondo televisivo perché è una realtà che va decadendo ogni giorno, bombardata da reality e televisione spazzatura. E poi perché col mondo dello spettacolo ho avuto a che fare.


S: Parlaci di Virus. Qual è la tua chiave di interpretazione?

La chiave di interpretazione la dà il lettore. Comunque per me è un romanzo breve, racconto lungo, senza pretese e piuttosto parziale. Un lavoro poco riuscito che se tornassi indietro riscriverei tra dieci anni con parecchia più esperienza.
Ho avuto comunque la fortuna di trovare tanti lettori che ci sono cascati, l'hanno comprato, addirittura letto e c'hanno trovato qualcosa di buono. Misteri della letteratura.


D: Passiamo a parlare del tuo secondo libro, Sangue e fango. Com’è nato?

Nasce con Asso, un personaggio spericolato, quasi uno stuntman di tarantiniana memoria. L'ambientazione invece da un articolo letto su Repubblica che parlava di una competizione automobilistica che si tiene in India e ancor prima a Coney Island. Da lì, dal contatto con una persona che conosce un certo mondo mi sono addentrato nei particolari dando modo alla storia di nascere e svilupparsi.


D: Il tuo stile di scrittura è molto particolare, ma funzionale alla narrazione di una società in disfacimento. Com’è nato?

Ho letto tanti libri e molti di questi mi hanno annoiato. Però li ho letti. Così ho deciso come non avrei mai scritto.
Non penso sia funzionale a una società in disfacimento, è più funzionale a un registro narrativo che mi piace leggere e scrivere. Niente di particolare dietro, nessuna costruzione. Qualche elemento di scrittura creativa, tanta lettura ma niente di più. Insomma ciò che dovrebbero fare tutti quelli che hanno la presunzione - come me - di scrivere e di essere letti.


D: Oltre al nome, quanto di te c’è nel personaggio narrante di Alex?

Niente, non ho nemmeno la patente. E non ho avuto una vita tranquilla e noiosa. Forse qualcosa c'è in Asso, di sicuro qualche cicatrice.


D: Com’è nata la figura di Asso e della sua schiera di emarginati?

Dalla città in cui vivo, dalla voglia di fuggire, da una realtà soffocante. Emarginati? I miei personaggi emarginano il resto, il mondo, il loro mondo, è al centro di tutto.


D: I personaggi sullo sfondo sono volutamente anonimi e divisi in oppressi e oppressori, così come la città non ha un nome preciso e potrebbe essere una tra le tante in disfacimento. Parlaci del tuo rapporto con la società.

Non ci sono oppressori, non ci sono oppressi. C'è chi controlla ed è pagato per farlo e deve stare alle regole. Chi invece non è pagato e ha quindi più ampi margini di movimento. La differenza tra lo stare sul libro paga di qualcuno ed essere dei figli di nessuno.
Il mio rapporto con la società? Accetto tutti, senza discriminazioni...


E' tutto, Alessandro, grazie per il tempo che ci hai dedicato!



Intervista di Sakura e Daniele

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