17 marzo 2011

Il ritorno del maestro di danza - Henning Mankell

Lo Harjedalen, nel nord della Svezia, è una terra di foreste sterminate, i cui lunghi inverni sono a stento rischiarati dal bagliore della neve.
E qui, in un casolare sperduto, che Herbert Molin, ex poliziotto in pensione, decide di ritirarsi. E qui, un brutale assassino lo raggiunge per accompagnarlo in un ultimo, terribile ballo con la morte. Quando la polizia arriva sulla scena del delitto, trova delle impronte di sangue che sembrano tracciare i passi del tango.
Il trentasettenne Stefan Lindman, ispettore della polizia di Boras, un tempo collega della vittima, per non doversi confrontare con la malattia che lo tormenta si butta a capofitto nelle indagini e scopre ben presto l'inquietante passato nazista di Molin. Esiste un legame tra la sua morte atroce e le sue convinzioni politiche? E qual è il ruolo della rete neonazista che, sempre più nitida, viene alla luce e sembra toccare lo stesso Lindman molto da vicino?
Sulle tracce dell'assassino, che dalla Svezia portano in Germania e Argentina, la sua inchiesta ripercorre un pezzo doloroso della nostra storia. Lo attende una rivelazione sconvolgente, oltre all'amara consapevolezza che la follia che per anni devastò l'Europa non è affatto sepolta.

Recensione

Ancora una volta un giallo ipertrofico di Mankell (quasi 500 pagine!) trascina il lettore nel buio artico della campagna svedese e negli anfratti più oscuri della storia individuale e collettiva di una comunità.

L'indagine coinvolge, al posto del commissario Wallander, un giovane poliziotto di Boras, che ha appena scoperto di avere un tumore maligno alla lingua e si prepara ad affrontare la radioterapia. Durante il congedo per malattia, in quello che suppone - teme - possa essere il suo ultimo viaggio, Stefan Lindman si avventura nello Harjedalen, il nord della Svezia al confine con la Norvegia, sulle tracce dell'assassino di un suo ex collega in pensione, Herbert Molin.
Non lo conosceva più di tanto; ma, in una storia personale dai legami famigliari tenui come quella di Lindman, la figura di Molin, poliziotto anziano, è quasi equiparabile a un mentore; in più l'efferatezza dell'esecuzione di Molin, nella forma di macabra ultima danza con la morte, risveglia in lui il ricordo di come la vittima avesse sempre mostrato di vivere nella paura. Di cosa non si poteva immaginare, ma dopo la morte appare chiaro che i suoi timori non erano senza ragione.
L'indagine personale di Stefan lo porta a confrontarsi con il suo rapporto con la compagna Elena e le difficoltà a esprimere quello che sente - non per nulla il male oscuro lo colpisce sulla lingua -, con i suoi colleghi di un'indagine solo ufficiosa, con la figlia della vittima, Veronica, un'affascinante e cosmopolita broker sempre in viaggio; infine anche con un passato famigliare che non sapeva di avere.

Con la scelta del narratore onnisciente anche questa volta Mankell non nasconde l'identità dell'assassino, almeno per il primo omicidio. Tutta la ricerca di Lindman e del poliziotto locale Giuseppe Larsson si rivolge però alla ricostruzione di un segreto che viene dal passato remoto della vittima e che lo lega a luoghi e persone molto distanti, in un segreto inconfessabile: la fede nazista.

Flash di ricordi lontani, foto sbiadite, vecchie lettere riempiono i vuoti di un puzzle - come quelli che Molin nel suo ritiro solitario si divertiva a completare e poi bruciare - e il disegno che ne viene fuori ha dei contorni spaventosi.

Anche nella Svezia progressista il collaborazionismo e la contiguità con l'ideologia nazista, il razzismo e il culto della Nazione non sono solo una fase che appartiene alla storia: dalle nebbie della memoria, dai confini del mondo, la vita degli individui continua a perpetuare e ricordare l'orrore del nazismo.

Le circostanze storiche, i movimenti dei popoli, le crisi delle identità locali innescano dei processi di autodifesa che rischiano, anche nei civili paesi scandinavi, di trasformarsi in deliranti battaglie ideologiche.

Come ne Il cinese, anche in questo giallo il male si annida nel profondo del tessuto sociale svedese, quasi fosse una tara congenita, trasmissibile per via genetica e inevitabile: solo il finale apre uno spiraglio alla speranza, perché non sempre questa tara si rinnova in modo automatico. La descrizione dei personaggi nazisti, in primo luogo il pittore Wetterstadt, si presenta come del tutto normale: un vecchio canuto, un mite cultore dell'arte, custodisce come preziose reliquie, nella serena tranquillità di una casa sulla spiaggia, il ritratto di Goering e Hitler di fianco a quello dell'amata moglie, gli affetti più cari. Il suo unico rimpianto, oltre alla decadenza dello spirito nazionale svedese, è non aver potuto incontrare il Fuehrer di persona.

Possiamo riconoscere in lui la più totale e consapevole normalità del male: potrebbe nascere dovunque. L'autore sembra voler ammonire che se da un lato certe impronte non vengono mai cancellate del tutto, come le colpe di Molin, dall'altro le difese contro alcune derive non devono mai abbassarsi, perché anche se il rischio di alcuni ritorni può apparire lontano non è mai del tutto eliminabile.

Accompagna quest'immersione negli abissi delle paure umane una prosa secca e priva di drammatizzazione, uno stile asciutto, privo di ridondanze ed essenziale, che sottolinea con forza la solitudine personale dei personaggi di fronte alle proprie colpe, alle sfide e alle sconfitte. Di fronte al buio e alle gelide distanze dello scenario geografico, il ritorno del maestro di danza chiude con un'esecuzione, forse ingiusta ma purificatrice, un conto da troppo tempo in attesa di essere pagato.

Giudizio:

+4stelle+

Dettagli del libro

  • Titolo: Il ritorno del maestro di danza
  • Titolo originale: Danslärarens återkomst
  • Autore: Henning Mankell
  • Traduttore: Giorgio Puleo
  • Editore: Marsilio Editore
  • Data di Pubblicazione: 2007
  • Collana: I Tascabili
  • ISBN-13: 9788831792035
  • Pagine: 491
  • Formato - Prezzo: Brossura - Euro 18,50

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