3 gennaio 2011

Tancredi presenta: Michel Houellebecq e il mondo come sofferenza dispiegata

"È nel rapporto con gli altri che si prende coscienza di sé, ed è proprio questo a rendere insopportabile il rapporto con gli altri."

Michel Houellebecq, pseudonimo di Michel Thomas, è uno dei più noti e controversi scrittori francesi. Considerato dalla stessa implacabile critica uno dei più promettenti scrittori della letteratura francese contemporanea, scrittore principalmente di romanzi, nonché di poesie e saggi, è anche regista e sceneggiatore. I suoi romanzi più controversi gli hanno meritato la fama di provocatore; d’altra parte, la sua particolare visione del mondo che permea i suoi romanzi può ben far parlare di lui come filosofo prettamente schopenhaueriano. Tendenti al nichilismo, i suoi scritti sono fondamentalmente caratterizzati da un'esasperata ossessione del sesso e dalla polemica antireligiosa e antiliberista.


Gli esordi


Le sue esperienze di vita si rivelano preziose ai fini di una globale interpretazione della sua vasta opera, fosse solo per la dominante componente autobiografica dei suoi romanzi. Nato in un’isola francese dell’oceano indiano, incontra subito il totale disinteresse dei genitori: dapprima vive con i nonni materni in Algeria, in seguito, all’età di sei anni, viene mandato in Francia presso la nonna paterna, comunista convinta, alla quale si lega al punto da adottarne il cognome Houellebecq, mentre la madre adotta uno stile di vita hippie. Una simile infanzia turbolenta lascia il segno sul giovane Houellebecq, che pur trascorre una regolare adolescenza da studente parigino. In questi anni conosce l’opera di H.P. Lovecraft, del quale si appassiona.
Da giovane adulto si avvicina per una prima volta alla poesia, ma la vera svolta si ha nei primi anni Ottanta, quando divorzia dalla moglie, lasciando un figlio. La situazione è resa più drammatica dalla soffocante esperienza lavorativa in un’azienda informatica. Di conseguenza, cade in depressione e trova rifugio nella scrittura. Nel 1985 pubblica le sue prime poesie su una rivista letteraria; più tardi, nel 1991, pubblica un saggio sull’amato Lovecraft, il cui sottotitolo recita “Contro il mondo, contro la vita”. Houellebecq ha già elaborato il nucleo della sua filosofia di vita, non a caso contemporaneamente al saggio lovecraftiano esce Restare vivi, un libricino a metà tra un saggio filosofico e un phamplet letterario.
In questa preliminare fase Houellebecq sperimenta i diversi mezzi di comunicazione, oscillando tra la poesia ed il saggio, peraltro con successi piuttosto mediocri (le raccolte di poesie passano praticamente inosservate), ma le sue tematiche sono già interamente presenti. Tanto nelle fredde poesie urbane quanto negli accesi e violenti saggi l’autore mostra la sua predilezione per temi come l’esistenzialismo, la solitudine, il nichilismo, la filosofia schopenhaueriana, ma anche tematiche socio-politiche, come la polemica antiliberista (che pure si sposa sorprendentemente con una propensione al conservatorismo e all’antiprogressismo).



Houellebecq romanziere


Con la pubblicazione nel 1994 del suo primo romanzo, il breve Estensione del dominio della lotta, si apre una nuova fase. Pubblicato con poche pretese e poche aspettative, dopo numerosi rifiuti, e circolato attraverso il passaparola, il romanzo sancisce la rinascita di Houellebecq come romanziere. Il romanzo è infatti il primo di una serie di romanzi accomunati dalle tematiche e soprattutto da una componente autobiografica più o meno occulta. Il libro racconta la noiosa vita di un comune impiegato francese, solitario ed apatico, colmo di frustrazioni sessuali: è chiaro che Houellebecq si è facilmente rifatto alle sue personali esperienze lavorative nel periodo successivo al divorzio. Lo stile è particolarmente crudo, a tratti volgare, e risulta particolarmente efficace nella scarificazione dell’essere umano voluta dall’autore. In parte, l’autore attinge alla filosofia schopenhaueriana: l’uomo di Houellebecq, un adulto che non è altro che “un adolescente minorato”, è davvero un pendolo che oscilla tra la noia e la frustrazione. Ma lo scrittore francese va oltre, poiché attraverso l’uso di digressioni ed altri espedienti narrativi Houellebecq illustra al lettore la sua personale filosofia: l’estensione del dominio della lotta, come recita appunto il titolo, ossia l’idea che si possa ridurre tutta l’attività e la vita dell’essere umano alla mera lotta per il potere, l’evoluzione della più semplice e primitiva lotta animalesca, fortemente colorata di connotazioni sessuali.
I romanzi che seguono sviluppano questo nucleo di filosofia, spingendola in conclusioni sempre più negative e nichiliste: non solo l’uomo è una creatura profondamente triste, ma lo stesso mondo è il peggiore possibile, un mondo che non reca altro che dolore – un mondo che, volendo citare ancora, è un “nodo di sofferenza dispiegata”. Questa visione del mondo e della vita viene fuori con una straordinaria lucidità con il secondo romanzo, Le particelle elementari (1999), che sancisce Houellebecq come scrittore-provocatore. La critica vede in questo il suo romanzo di successo, che viene peraltro portato sul grande schermo. Emerge ora, con prepotenza, la tematica sessuale: Bruno, coprotagonista del romanzo, vive un’allucinata ossessione per il sesso che lo porterà alla follia. Sostenuto da uno stile che s’avvicina pericolosamente alla pornografia, Houellebecq usa così, per la prima volta, un elemento che sarà ricorrente e suo marchio caratteristico: il turismo sessuale, peraltro (e non a caso) in chiave hippie, ossia nella forma di esperienze di vita comunitaria lontana dalla normale vita urbana.
Questo è il tema centrale del libro successivo, Lanzarote (2000), un lungo racconto autobiografico in cui Houellebecq in prima persona racconta la sua fuga dalla realtà nell’isola spagnola di Lanzarote, tra esperienze sessuali e riflessioni esistenziali. Il valore di questo testo non propriamente narrativo sta nell’anticipazione dei romanzi successivi: tra gli ultimi temi aggiunti, la religione, indubbiamente il più discusso.
Il romanzo successivo, Piattaforma (2001), è un romanzo di transizione e allo stesso tempo un bilancio delle esperienze di Houellebecq: mentre ritroviamo l’ormai canonico protagonista houellebecqiano (il quarantenne Michel che si reca in Thailandia per, ancora una volta, turismo sessuale, e lì mette in piedi un suo esperimento sociale di libera vita sessuale in villagi turistici), emerge la polemica religiosa. Se, da un lato, Houellebecq manifesta platealmente la sua avversione verso qualunque forma di religione, e soprattutto verso quella islamica, la peggiore tra le religioni esistenti, d’altra parte si dimostra incuriosito da forme alternative di esperienze religiose e filosofiche. La sua popolarità cresce, nel bene e nel male, e le sue affermazioni anti islamiche gli comportano una causa (ma verrà prosciolto dalle accuse).
Dopo anni di lavorazione, nel 2005 esce La possibilità di un’isola, che si presenta, da ogni punto di vista, come la degna conclusione del ciclo iniziato da Estensione del dominio della lotta. A ben vedere, è lo sviluppo diretto delle premesse poste con Le particelle elementari, che pure gli rimane superiore, almeno, nel giudizio della critica. Il suo più famoso lavoro si conclude con un finale aperto dal sapore fantascientifico: un proposito che viene realizzato con l’ultimo romanzo. Le riflessioni filosofiche e religiose portano Houellebecq nel campo della ricerca della vita eterna e della clonazione, spingendolo così nella fantascienza. Il romanzo è a due voci: la prima è quella dell’ennesimo alter-ego dello scrittore, ai giorni nostri, forse un immediato futuro, la seconda appartiene al suo ventiquattresimo (e poi al venticinquesimo) clone, diversi secoli nel futuro. In un futuro che ha conosciuto il quasi annientamento della razza umana e la sua sopravvivenza in inquietanti forme post-umane, spogliate innanzitutto della sessualità, quindi incapaci di provare tanto il dolore quanto il piacere. Salta subito agli occhi la derivazione di queste visioni dai propositi del coprotagonista di Le particelle elementari, Michel, uno scienziato che cercava, appunto, il superamento della vita umana così come la conosciamo.
Vi sono altri aspetti che denotano quest’ultimo romanzo come effettivamente conclusivo del ciclo: ad un livello della narrazione, l’esito post-umano raggiunto, nel pieno delle sue connotazioni fantascientifiche, è la risposta (anche se non esente da dubbi e smentite, come dimostra il sorprendente finale del romanzo) al dolore che l’uomo prova in quanto tale, ossia la prima tematica sollevata nel romanzo d’esordio. Ad un altro livello di lettura fa la sua comparsa l’amore: il ciclo di romanzi può esser letto come la storia di un uomo, un uomo qualunque, che cerca di sfuggire alla morsa schopenhaueriana e di recuperare una dimensione positiva e salutare della sessualità: lo dimostra il fatto che, passando per diverse, fugaci o meno, ma sempre disperate e distruttive esperienze sentimentali, il protagonista houellebecqiano finalmente cede e si dichiara innamorato, certo che solo l’amore può distruggere, ma può anche salvare.
Vi è, infine, un ultimo livello di lettura, forse quello più importante se si tiene in considerazione la successiva produzione di Houellebecq: la storia del ciclo cominciato con Estensione è la storia del percorso di Michel Houellebecq verso se stesso. Al di là di tutte le riflessioni e le disquisizioni varie, rimane lo zoccolo duro della componente autobiografica dello scrittore. Non è un caso che quasi tutti i suoi protagonisti si chiamino Michel, e di fatto ne siano una sua incarnazione. Si è già visto lo scrittore nel lavoratore frustrato del romanzo d’esordio, lo si rivede ancora nel sesso-dipendente Bruno de Le particelle elementari (dove il coprotagonista, lo scienziato Michel, rappresenta la sua controparte razionale ed emotivamente distaccata), che rievoca la sua travagliata giovinezza in giro per il mondo ad inseguire la madre hippie (!); è ancora lo scrittore ad incarnare il protagonista di Piattaforma, a vivere il rapporto con il padre, ed è infine lui, sebbene sotto un nome diverso, lo sprezzante comico antimusulmano de La possibilità di un’isola. Michel Houellebecq finalmente giunge a se stesso, al suo vero io.

Che il percorso di sviluppo psicologico-letterario si sia concluso lo rende chiaro il suo ultimo romanzo, La carta e il territorio (2010): ora che Houellebecq si è ritrovato, può andare oltre. Per la prima volta lo scrittore sceglie un protagonista fittizio, del tutto distante da sé. Perché, non a caso, Michel Houellebecq diviene personaggio letterario a tutti gli effetti. Straordinariamente differente dai suoi romanzi precedenti, La carta e il territorio è indubbiamente l’inizio di un ciclo nuovo, in cui l’autore, pur mantenendo certe sue caratteristiche stilistiche, si concede una scrittura più rilassata e pulita, con pacate divagazioni sull’arte. E’, questo, un singolare omaggio all’arte in quanto tale, all’arte e alla cultura. In toni sorprendentemente nuovi Houellebecq riscrive l’essere umano consacrandolo a tutti gli effetti come "prodotto culturale". Il suo io è finalmente libero, lo scrittore non sente più la necessità di guardarsi all’interno, di indagare su se stesso, eppure non vuole spostare altrove lo sguardo: è così che sceglie di farsi guardare da qualcun altro, di farsi ritrarre da un altro personaggio. E mentre Jed Martin, il novello protagonista del romanzo, dipinge effettivamente un ritratto del personaggio Michel Houellebecq, lo scrittore di fatto fa di se stesso un oggetto d’arte, un personaggio letterario; davvero, fa di se stesso il primo grande e provocativo prodotto culturale.



Houellebecq poeta e saggista


Se, giustamente, i suoi romanzi, specie in questa chiave interpretativa individual-esistenzialista, danno l’impressione di una scrittura autoreferenziale e fondamentalmente egoista, ripiegata su se stessa, così non è per quanto concerne la restante produzione letteraria, narrativa e saggistica del francese. Il suo esordio è stato da poeta, con un paio di antologie, e da saggista, e in tutti questi anni Houellebecq non ha smesso di dire la sua su praticamente ogni questione e tematica, scrivendo per numerose riviste. Un’ottima summa di questa variegata produzione extranarrativa è contenuta nel volume La ricerca della felicità (2008), una raccolta di poesie, saggi ed interviste edite in esclusiva nel nostro paese dalla Bompiani. In esso troviamo due antologie poetiche, Rinascita e la celebre La ricerca della felicità (rimane fuori  Il senso della lotta, già edito da Bompiani ed attualmente introvabile), che ci restituisce un asettico e grigio ambiente urbano, tipicamente houellebecqiano, con quella che si potrebbe definire “poetica del supermercato” - così per le ricorrenti ambientazioni, come reca questo componimento:

Ipermercato – Novembre

Dapprima sono inciampato in un congelatore.
Mi sono messo a piangere e avevo un po’ paura.
Qualcuno ha borbottato che rovinavo l’atmosfera;
per sembrare normale ho ripreso a camminare.

Cafoni in tiro dallo sguardo brutale
si incrociavano lentamente vicino alle acque minerali.
Un brusio da circo e da mezza orgia
saliva dalle scaffalature. La mia andatura era goffa.

Sono crollato al reparto formaggi;
c’erano due vecchie signore che prendevano delle sardine.
La prima si volta e dice alla sua vicina:
“Che tristezza, però, un ragazzo di quell’età!”

E poi ho visto dei piedi circospetti e molto grandi;
c’era un commesso che prendeva delle misure.
Molti sembravano sorpresi dalle mie scarpe nuove;
Per l’ultima volta ero un po’ al margine.

Questa raccolta di poesie, saggi, articoli, interviste e scritti di vario genere (incluso Restare vivi), insieme a Nemici pubblici (2009), un volume scritto a quattro mani con l’amico filosofo Bernard-Henri Lévy, sono dunque un ottimo compendio alla produzione di Michel Houellebecq, che si mostra magistralmente convincente persino nello spaziare nei generi e nelle tematiche più disparate (dalla psicologia alla politica, dall’economia alla sociologia, dalla letteratura all’arte), restituendo così una corposa, coerente, certo soffocante, ma anche tristemente ironica al punto giusto, indubbiamente stimolante e infine liberatoria visione del mondo e della vita – o meglio, contro il mondo e contro la vita.

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