31 ottobre 2010

Confessioni di una maschera - Yukio Mishima

Un giovane cui "difetta in via assoluta qualsiasi forma di voglia carnale per l'altro sesso" deve imparare a vivere celando la propria autentica identità. In pagine in cui risultano indissolubilmente commisti sessualità e candore, esultanza e disperazione, il protagonista di questo romanzo, un classico della letteratura giapponese moderna, confessa le esperienze cruciali attraverso le quali è giunto a conoscere se stesso: dalla "adorazione indicibile" per un paio di calzoni all'elaborazione di fantasie sadomasochistiche, dall'identificazione con personaggi femminili celebri alle sconcertanti interpretazioni di fiabe e motivi iconografici occidentali... L'accettazione di se stesso come uomo diverso dagli altri uomini non si attua senza una lotta, tanto strenua quanto vana, per conquistare la normalità: simula vizi immaginari per far passare inosservate le proprie vere inclinazioni, si costringe a corteggiare giovinette per chiarire sino a qual punto la donna possa offrire piaceri reali, corregge con zelo manifestazioni di rischiosa passionalità...
Ma "le emozioni non hanno simpatia per l'ordine fisso" e i suoi sentimenti reali rimangono, tenaci, quelli nascosti dalla maschera della correttezza ufficiale.

Recensione di Polyfilo

Il richiamo all'espressività teatrale presente nel titolo rende bene l'atmosfera che pervade il racconto del travaglio attraverso rifiuto/accettazione, vissuto da un adolescente che affronta la propria omosessualità, in un contesto regolato da norme sociali e comportamentali che definire "rigide" sarebbe un enorme eufemismo.

Tutte le emozioni vengono nascoste e compresse sotto la superficie compatta di uno strato di cipria come quello utilizzato nel teatro No, elemento del fortissimo tradizionalismo nipponico; sono quasi trasfigurate dal candore abbacinante delle maschere da rappresentazione, negazione della persona in favore del personaggio.

Il protagonista - che arriva a coincidere con l'autore, anche se non esplicitamente - percorre con sguardo retrospettivo una parte del suo percorso esistenziale, quello che arriva fino ai suoi primi vent'anni e alla presa di coscienza della propria dimensione di maschera.

Dalla scuola, schematica imitazione di un'esperienza militare nel periodo della seconda guerra mondiale, alla famiglia, ai rapporti sociali: il controllo della propria immagine e la sottomissione a schemi comportamentali tanto fissi quanto indiscutibili forniscono la cornice in cui si muove il bambino prima, l'adolescente e giovane poi.
La finzione può reggere solo se tutti gli attori, primo fra tutti il protagonista, il cui nome non per caso non viene mai rivelato, sono coesi nel sostenere l'illusione scenica.

Il prezzo di questa feroce repressione è la sublimazione di tutta una gamma di impulsi nella dimensione della fantasia, con diverse sfumature: dai tratti sadici, se rivolte ai propri compagni di studi e coetanei, romantici e 'conformisti', se legati all'universo femminile. L'incertezza in cui si crogiola il protagonista riesce a trovare un orizzonte accettabile solo nel desiderio di incarnare un'immagine maschile di stampo ultraomistico.

E al decadentismo europeo del secondo e terzo decennio del XX secolo si richiama anche lo stile descrittivo del romanzo d'esordio dello scrittore giapponese. I toni e le descrizioni spesso languide e compiaciute sono simili per certi versi all'estetismo dannunziano, da cui pare mutuata anche l'aspirazione sia a toni espressionisti e pesanti, attenti a dettagli, colori, percezioni che hanno un gusto molto libresco - del resto al centro delle passioni del protagonista ci sono le letture, tra le quali un fondamentale del decadentismo europeo, "Controcorrente" di Huysmans -, sia alla ricerca di un'immagine di sè diversa e opposta a quella reale, per esempio nel rapporto difficile con la malattia e la gracilità fisica, ripudiata nelle intenzioni ma sfruttata per evitare la partenza per il fronte durante la guerra.

Così la costruzione di un io forte, di uno strumento narrativo stilisticamente roboante, di una versione di sè accettabile nel rapporto con una ragazza, Sonoko, si scontrano con la fragilità della finzione in cui il giovane è avvolto come in un bozzolo rassicurante.

Il racconto si ferma proprio in quel punto di rottura ineluttabile anche se non ancora decisa: se basta la visione di un torace muscoloso a svelare la teatralità della rappresentazione significa che la stessa non ha più ragion d'essere.

A parte queste considerazioni lo stile narrativo assume un tono piuttosto barocco e a volte troppo compiaciuto nell'autoanalisi e nella descrizione dei particolari. Tanto da sembrare in alcuni punti un'imitazione laterale di precedenti esperienze europee e costituire una tappa ancora non del tutto sviluppata nella costruzione di un proprio modulo espressivo, in risonanza con la situazione vissuta dal protagonista.

Giudizio:

+2stelle+

Recensione di Tancredi

Parlare di Confessioni di una maschera non è affatto semplice, per la difficoltà a distinguere il Mishima autore dal Mishima personaggio, il romanzo dall'autobiografia.

Provare a leggere questo romanzo per quello che appare, ovvero la confessione non richiesta di un personaggio anonimo che racconta della sua infanzia, adolescenza e giovinezza, scandita dalla scoperta dell'omosessualità e dalla lotta contro di essa, non gli rende di certo giustizia. E soprattutto, induce a cogliere nel protagonista narrante un io deviato e depravato, intossicato sin dalla più tenera età da visioni di sesso e morte, legate inevitabilmente a doppio filo.
In effetti, ad uno sguardo già un po' più profondo si può ammirare il finissimo lavoro di caratterizzazione psicologica: il continuo intrecciarsi tra i desideri omosessuali e le visioni di morte, tra eros e thanatos, libido e destrudo fa tanto Freud.

Ma c'è di più. Bisogna ricostruire il Mishima letterato che traspare - appunto - oltre la maschera: solo così appare chiara l'altra chiave di lettura, che vede il desiderio di morte non più come depravazione estrema di un io già deviante, ma iscritto in un'estetica della morte tutta giapponese e tutta, in effetti, tipica di Mishima.

Questo è vero se si considera che per tutto il romanzo l'anonimo protagonista, anziché indugiare nei suoi sogni erotici, che rifiuta nettamente, insegue la morte: e alla fine il quarantacinquenne Mishima la trova davvero, per sua mano, ovviamente.

Chi pensa, a questo punto, di trovarsi davanti ad un romanzo puramente egotista ed autoreferenziale si sbaglia di grosso. Nonostante la totale assenza di un contatto con il prossimo che sia anche solo vagamente erotico, l'anonimo protagonista vive - non può farne a meno - del contatto con gli altri. Ecco che dunque Confessioni di una maschera cessa di essere semplicemente un romanzo di formazione alla giapponese, acquistando una vena decisamente più esistenzialista. Mettendo da parte il conflitto interiore del protagonista, derivante dalla sua soffocata omosessualità, rimane il problema della definizione di sé attraverso il contatto con l'altro. Un tema, questo, che in effetti ricompare nelle opere successive.

Così, mentre l'anonimo confessore ripete a se stesso, come un mantra, "Tutti sono uguali a me", più tardi, nel singolare Stella meravigliosa giunge a concludere:

L'uomo cerca freneticamente gli altri uomini per concludere: "in fondo siamo uguali" e per pensare nello stesso tempo: "ma bene o male io son diverso".

Dimostrata, dunque, la profonda ricchezza di questo breve romanzo, ci si potrebbe chiedere perché negargli la quinta stella. Mi riservo, in effetti, di rivedere il giudizio prossimamente. Lo stile, certamente interessante, capace di mantenere il tono sempre elevato malgrado il ricorrere di immagini piuttosto forti, non mi ha esaltato, cosa che invece mi aspettavo. Dunque quattro stelle e basta, per ora, con la certezza (forse più speranza) di trovare l'indubbio capolavoro di Mishima, meritevole del giudizio massimo.

Giudizio:

+4stelle+

Dettagli del libro

  • Titolo: Confessioni di una maschera
  • Titolo originale: Kamen no horuhaku
  • Autore: Yukio Mishima
  • Traduttore: M. Bonsanti
  • Editore: Feltrinelli
  • Data di Pubblicazione: 1981
  • Collana: Universale economica Feltrinelli
  • ISBN-13: 9788807809569
  • Pagine: 219
  • Formato - Prezzo: Tascabile - 7,50 Euro

2 Commenti a “Confessioni di una maschera - Yukio Mishima”

  • 29 maggio 2010 alle ore 11:33
    Takiko says:

    2 stellette? Mah.
    Consiglio dei libri di approfondimento in merito, soprattutto per capire come si colloca questo libro nella produzione di Mishima. Lo stile barocco ha un suo perchè.

    Inoltre questa recensione non tiene conto della vera forza di questo libro: Confessioni di una maschera è uno dei libri più complessi della storia ma fu un best-seller quando uscì. Perchè? Perchè ha molti livelli di lettura, questa recensione temo che colga solo quello più letterale. Ma c'è un mondo dietro (CduM è prima di tutto il dramma di un conflitto esistenziale tra ciò che si è, ciò che si vorrebbe essere e cosa poi ci si sforza ad essere, indipendentemente dalla sessualità)...

    Consiglio: provate a leggere questo libro analizzando gli amori omossessuali ed eterosessuali della protagonista: vengono fuori cose abbastanza impressionanti.

    PS: sono notevolmente contraria alla parona "d'annunziana" in questo contesto. Mishima ha seguito per il primo periodo della sua vita una corrente Romantica Giapponese, fatta di suoi miti e suoi schemi. Il collegamento con il nostro autore banalizza Mishima, che non fu un romantico nè un decadente ma qualcosa di molto più complesso...

  • 1 giugno 2010 alle ore 17:18
    polyfilo says:

    Takiko, rispondo al tuo commento per completare meglio la recensione.

    Intanto le due stellette di giudizio hanno un valore meramente - almeno per me - indicativo: servono più che altro a stabilire una relazione tra i vari ranking che attribuisco ai libri che leggo. Non preterenderei mai di considerarle un giudizio sul valore letterario dei libri.

    Inoltre insistevo sul rapporto con la cultura occidentale, che Mishima ha utilizzato fino in fondo anche nella scelta del suicidio televisivo, proprio perchè nello scontro tra tradizionalismo famigliare e modernismo controcorrente ma venato di contraddittorie tinte nazionalistiche (penso per esempio al suo attaccamento ai valori militari) vedo, prima che un parallelo con certe esperienze domestiche italiane, l'evidenza del contrasto tra l'essere della persona e il dover essere della maschera.

    Ho usato per questo i riferimenti 'dannunziani' (o 'd'annunziani' che dir si voglia), forse esagerando un po', più che altro perchè mi ha spinto la stessa impressione di autore cerebrale che dà D'Annunzio.

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