15 settembre 2009

La classe - François Bégaudeau

Un professore racconta in prima persona un anno di insegnamento in una scuola media. Il tragicomico resoconto di un'esperienza in cui il fallimento è narrato con uno strepitoso senso dell'ironia. Pur nella frustrazione.
Autentico, acuto e divertentissimo, il romanzo sulla scuola e l'adolescenza che ancora ci mancava.
Il film che ha vinto quest'anno la Palma d'Oro a Cannes nasce da un romanzo francese di enorme successo che ha al centro la scuola, la difficoltà di essere professori in un mondo in cui troppo spesso gli adulti sono o sospettano di essere dalla parte del torto.
Intessuto di dialoghi comici e bizzarri che hanno il ritmo di un rap, il libro misura la distanza tra la fissità del sapere scolastico e l'allegra fluidità dell'immaginario studentesco, ma non dà giudizi e non si schiera a favore dell'uno o dell'altro.
Ne fotografa l'abissale incompatibilità con l'idea che ormai è nella scuola che si gioca l'unica vera lotta di «classe».

Recensione

L'ennesimo caso eclatante di titolo che tradisce lo spirito autentico della versione francese: "Dentro le mura" sarebbe stato molto più fedele e comprensibile, perché avverte in modo inequivocabile sul luogo della narrazione e sullo spirito della stessa, e perché di fatto di classe non ce n'è una sola.

Il racconto si svolge più che all'interno di una classe nell'ambiente più ampio dell'edificio scolastico, una scuola media parigina dell'11o arrondissement, frequentata soprattutto da ragazzi immigrati, di origini maghrebine e asiatiche, e da professori giovani, scaraventati in una terra di confine come in una trincea.
La lotta quotidiana per l'insegnamento e l'apprendimento mostra con desolante nitore, senza stucchevolezze retoriche e velleità buoniste, quanto sia difficile - talvolta impossibile - il processo di integrazione degli studenti immigrati unito alla dialettica insegnante/alunno. La figura dell'insegnante che subisce lo scontro come un muro contro muro acquista in questo modo di porsi quasi una dimensione titanica.
Da un lato nel suo perseverare nello sforzo pedagogico, nel voler credere disperatamente che anche per i figli dei beurs della banlieue più profonda può esserci una prospettiva di riscatto (attraverso il merito scolastico), dall'altro nella sua incapacità di avere con i suoi studenti un rapporto privo di asprezze e conflittualità, perché non riesce a eliminare tutto l'aspetto emotivo e il coinvolgimento del suo lavoro. Anche se fa di tutto per dissimularlo.

Se è vero che i ragazzi, gli alunni, assomigliano alla bella immagine di uno stormo di uccelli che solo il suono della campanella riesce a smuovere e si riconoscono soprattutto nelle scritte sulle loro felpe, è anche vero che i docenti, dipinti nella sala professori come in un fortino stretto da perenne assedio, e talora anche espugnato, si ritrovano per rincuorarsi e sostenersi a vicenda, o sono dipinti nell'apatia esistenziale data dalla mancanza di motivazione o da un senso di sconfitta che deborda anche nel privato (è il caso del collega la cui insonnia, collegata allo stress da lavoro segue durante l'anno una curva in crescita costante: la sindrome del burn out non esiste solo in per i professori italiani).
E dire che per tanti aspetti la scuola francese sembra ancore godere di un notevole prestigio, come anche la figura del professore: i ragazzi sono tenuti a chiedere scusa se si comportano in modo irrispettoso e in caso di recidiva subiscono un vero e proprio processo, con tanto di condanna ed espulsione.

Emerge come non detto il conflitto tra il ruolo della scuola, che è ancora educativo e volto a costruire una coscienza e non solo a formare al lavoro, e l'indifferenza della società esterna, spesso delle famiglie, che confinano la scuola appunto a quello che succede "dentro quelle mura". Un conflitto, una lotta di classe, che viene riconosciuta come persa, non senza dolore, quando, molto asetticamente, le speranze di molti studenti di frequentare un liceo vengono smontate da considerazioni realistiche dei docenti e dei consigli di classe sulle loro possibilità.
In questo senso mancano del tutto nel racconto di Begaudeau compiacimenti nostalgici e ricordi agrodolci della scuola come un luogo della memoria, manca il divertimento scanzonato alla "La mia classe fa la ola mentre spiego", promesso da un'ingannevole quarta di copertina. Il libro è duro e lascia l'amaro in bocca. Se pure vi si può riconoscere un finale spensierato e catartico, dopo la fine dell'anno scolastico e fuori dalle "mura", si tratta della spensieratezza di chi, pur volendo, non può cambiare la realtà: allora tanto vale lasciarsi alle spalle quelle mura, fino al prossimo primo giorno di scuola.

Stilisticamente la prosa è piuttosto dura, probabilmente risente delle difficoltà incontrate nel tradurre il linguaggio adolescenziale e lo slang del parlato giovanile. Ma la durezza del tono si trasforma anche nello specchio necessario di uno scontro che ha per oggetto proprio la lingua (il protagonista insegna francese) come simbolo e tramite di visioni del mondo apparentemente inconciliabili. Le sgrammaticature sono un elemento di identificazione, come lo è per i ragazzi di origine maghrebina la coppa continentale di calcio dell'Africa, come lo è l'ortografia per un insegnante che, consapevole degli scarsi risultati prodotti nell'immediato, continua testardo il suo lavoro, anche solo per senso del dovere.

Dettagli del libro

  • Titolo: La classe
  • Titolo originale: Entre les murs
  • Autore: François Bégaudeau
  • Traduttore: Tiziana Lo Porto, Lorenza Pieri
  • Editore: Einaudi
  • Data di Pubblicazione: 2008
  • Collana: Stile Libero Big
  • ISBN-13: 9788806196318
  • Pagine: 227
  • Formato - Prezzo: Brossura - 16,00 Euro

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