19 agosto 2009

La vita facile - Richard Price

Eric Cash, trentacinque anni, gestore di un ristorante, fedina penale macchiata per una piccola faccenda di droga, ha fatto l'attore per un po', ha pubblicato un racconto su una rivista letteraria ormai defunta e lavora da tempo immemorabile a una sceneggiatura televisiva. Eric Cash è uno dei tanti che vivono al Lower East Side di New York, dove tra sopravvissuti della vecchia comunità ebraica, coppie di broker coi loro master e le loro videocamere, e cinesi clandestini che dormono accatastati sugli scaffali di qualche vecchia casa, è facile incontrare attori-camerieri, taxisti-scrittori, baristi-sceneggiatori, in una parola, bohémien che sognano la vita facile, il successo senza troppa fatica.
Alle prime luci di un mattino qualsiasi, Eric Cash e il suo barista, Ike Marcus, un ragazzo attraente con ambizioni di artista, accompagnano a piedi a casa un amico, Steve Boulware, ubriaco fradicio dopo una notte trascorsa tra un bar e l'altro. Uno sparo improvviso, e Ike si ritrova disteso sull'asfalto, morto. Eric racconta all'investigatore, Matty Clark, che due ragazzi neri o forse ispanici li hanno raggiunti, intimando loro di "alzare le mani", e quando Ike si è rifiutato ("Avete beccato il tipo sbagliato"), uno degli aggressori ha fatto fuoco ed è scappato. Il racconto, però, non quadra affatto.

Recensione

Lemlichs, Alphabet City, i Projects sono i minuscoli macrocosmi del Lower East Side di Manhattan in cui, più o meno volontariamente, le vite diversissime di Eric Cash, gestore bohémien di un ristorante, Matty Clark e Yolonda Bello due poliziotti del NYPD, Billy Marcus, padre della vittima, Ike, e Tristan Acevedo, l’assassino adolescente si incrociano in un groviglio caotico, del tutto opposto all’ordine con cui le poche street ed avenue che costituiscono il raggio d’azione del racconto si intersecano.
La protagonista vera di questa vicenda, che non è un poliziesco anche se l’ossatura della trama riguarda un caso di omicidio e un errore giudiziario ad esso collegato, è la città che ha prodotto, a partire dagli anni ’80 dell’edonismo reaganiano e degli yuppies, una serie di scrittori che ne hanno cantato in vari generi letterari l’epos metropolitano. La trilogia di New York di Auster e i romanzi di McInerney, ma anche i diversi libri che hanno esaltato l’aspetto più glitter e modaiolo della città, da Candace Bushnell con “Sex and the City” a “Il diavolo veste Prada” di Lauren Weisberger, dicono in quanti modi diversi la grande mela possa fornire materiale umano e scenari per innumerevoli rappresentazioni letterarie.
New York, diventata – come duemila anni fa Roma – città per antonomasia è una sorta di Aleph, un concentrato, un’essenza di tutta l’esperienza umana. La lente d’ingrandimento dello scrittore si ferma ancora più in profondità su una piccola porzione di uno dei borough di New York, Manhattan, e ancora più nel dettaglio, alcuni isolati del lower east side: volendo il lettore potrebbe seguire passo passo lo svolgersi della narrazione con una cartina della città sotto gli occhi o, più tecnologicamente, con il sussidio di Google Earth. In questo intrico caratterizzato da una fortissima isotopia semantica si fondono una serie di storie come fili di un ordito violento e tragico. In pochi blocks vengono a contatto etnie e culture diverse, immigrati clandestini asiatici, portoricani, afroamericani e ispanici, ebrei ortodossi che nella giungla urbana si sentono più integrati che in Terra Santa.
L’illusione del melting pot svanisce presto nella lotta quotidiana per la sopravvivenza: sui tetti di un caseggiato popolare due adolescenti stringono un patto per una rapina che finisce male, con due vittime, Ike, il barista appena laureato con tutti i sogni da realizzare, e un suo conoscente, per caso in giro con lui, Eric Cash, che per una serie di coincidenze negative viene accusato del delitto.
Nel crogiolo dell’american dream privato di ogni visione idealistica si fondono e si susseguono le esperienze dolorose dalla perdita del figlio per il borghese americano, ai problemi famigliari per il poliziotto, al disagio giovanile dei ragazzi del ghetto urbano, che si salda coi destini degli immigrati ebrei di inizio ‘900 testimoniati dalle scritte in yiddish nella cantina diventata poi locale cool: il dolore assume una dimensione trasversale e diacronica, accomuna tutte le vite che attraversano quei pochi isolati e che si intrecciano in questo romanzo.
Dall’alto dei tetti dove Tristan e Little Dap preparano la rapina e da cui l’ispettore Matty Clark osserva il suo quartiere all’alba, solitudine e incomunicabilità emergono come unici elementi comuni per i personaggi, sullo sfondo di un panorama esistenziale desolato, senza alcuna velleità di giudizio morale, inesorabilmente.

Dettagli del libro

  • Titolo: La vita facile
  • Titolo originale: Lush Life
  • Autore: Richard Price
  • Traduttore: Stefano Bortolussi
  • Editore: Giano
  • Data di Pubblicazione: 2008
  • Collana: Nerogiano
  • ISBN-13: 9788862510240
  • Pagine: 512
  • Formato - Prezzo: Rilegato, sovraccoperta - 19,00 Euro

1 Commenti:

  • 21 agosto 2009 alle ore 00:46

    Vittoria
    Sono appena rientrata
    con molto piacere ho trovato iltuo commento
    grazie della visita ...
    A presto e
    BUONA NOTTE
    LINA

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