21 febbraio 2016

Dimmi che credi al destino - Luca Bianchini

Ornella ama i cieli di Londra, il caffè con la moka e la panchina di un parco meraviglioso dove ogni giorno incontra Mr George, un anziano signore che ascolta le sue disavventure, legate soprattutto a un uomo che lei non vede da troppo tempo, e che non riesce a dimenticare. A cinquantacinque anni, Ornella si considera una campionessa mondiale di cadute, anche se si è sempre saputa rialzare da sola. Per fortuna può contare su Bernard, il suo vicino di casa, che la osserva da lontano e la conosce meglio di quanto lei conosca se stessa L'ultima batosta, però, è difficile da accettare. La piccola libreria italiana che dirige nel cuore di Hampstead – dove le vere star sono due pesci rossi di nome Russell & Crowe – rischia di chiudere: il proprietario si è preso due mesi per decidere. Lei, che sa lottare, ha imparato anche a lasciarsi aiutare, e così chiama in soccorso la Patti, la sua storica amica milanese – inimitabile compagna di scorribande – che arriva in città con poche idee e tante scarpe, ma sufficiente entusiasmo per trovare qualche soluzione utile a salvare l'Italian Bookshop. La prima è quella di assumere Diego, un ragioniere napoletano bello e simpatico, che fa il barbiere part-time, ha il cuore infranto e le chiama guagliuncelle. Ma proprio quando la libreria ha più bisogno di lei, il destino riporterà Ornella in Italia, a bordo di una Seicento malconcia guidata in modo improbabile dalla Patti. Tra humour inglese e una malinconia tutta italiana, Dimmi che credi al destino è una storia commovente di rinascita e speranza. Ambientato in una Londra dove il cielo cambia sempre colore e l'amore brucia a fuoco lento, Luca Bianchini racconta con il suo stile inconfondibile una storia che non avresti mai pensato di ascoltare, e che assomiglia terribilmente alla vita.

Recensione

Ornella, una donna italiana che ormai da anni vive a Londra, incarna a pieno titolo la metafora delle seconde possibilità, il sentimento genuino ma tuttavia ingenuo che spinge le persone a credere che forse, qualsiasi sia il proprio passato, c'è sempre un’altra chance.
In questa prospettiva si snoda il percorso della trama di questa ultima fatica di Bianchini, che non rinuncia al retrogusto della commedia all’italiana dalla dimensione schematica e semplice, ma comunque godibile.

Dimmi che credi al destino è una storia che si svolge a cavallo tra la caotica capitale inglese, con una miriade di personaggi che ruotano, loro malgrado, attorno alla vita della protagonista, e l’Italia, meta di un viaggio della donna e della sua amica Patti, tra Verona e la Toscana, con l’unico fine di mettere una parola definitiva a tutti i sospesi del passato e cercare di acciuffare il futuro con tutte le conseguenze possibili.
L’ambientazione accompagna sempre la narrazione, legando a filo doppio le scene e le emozioni che sottendono il dialogo o gli accadimenti.

In modo diretto e sempre attento, il romanzo ci racconta i problemi della dipendenza da sostanze, che in un percorso personale di liberazione lasciano dietro di sé drammi e tragedie a volte incalcolabili, ma nel contempo ci rappresenta il modo per risalire la china e rimettersi in carreggiata. Ma al di là delle specifiche peculiarità della biografia di Ornella, il vero e proprio teatro di apparizioni della storia, hanno modo di dare uno spaccato peculiare del mondo nostrano, prettamente italiano: infatti una delle caratteristiche che saltano subito agli occhi è il ritrovarsi, in un modo o nell’altro, dei madrelingua italiani che vivono all’estero e che intessono delle relazioni tra loro, forse proprio per la nostra tendenza a sentire più forti le nostri origini man mano che ci allontaniamo dal nostro contesto di nascita.

Ritroviamo anche il dilemma dell’accettazione del sé, non solo per via del passato, come nel caso di Ornella e della Patti, ma anche per il proprio orientamento sessuale che, ancora oggi, risulta difficile da gestire quando alla base non c’è una vera e propria educazione al rispetto delle differenze: Diego lotta con tutto se stesso pur di non fare i conti con quello che sente, ma non soltanto per un mero meccanismo di autotutela, quanto perché per lui significherebbe comunque ammettere di amare qualcuno che non lo merita e che anzi in definitiva lo sfrutta.
Oppure ancora Clara, che pur di sentirsi naturalizzata inglese rinuncia alle emozioni più esplosive del suo carattere mantenendo con disciplina una condotta ferma, anche se fredda e in apparenza gentile. Ma la vita di Ornella si colora comunque anche della presenza dell’altro, dell’inglese: Mr George per lei rappresenta la coscienza e l’esperienza, quel mutuo scambio di favori e di concessioni che le consente di non abbandonare mai le sue aspettative per metà, e poi arriva comunque anche Bernard, forse colui che, anche se mai vorrebbe ammetterlo, incarna sul serio il treno che mai e poi mai dovrebbe perdere.

In modo sottile eppure abbastanza chiaro l’autore non risparmia nemmeno delle riflessioni sull’importanza del libro per i lettori, attraverso il percorso della libreria italiana in cui Clara e Ornella lavorano, che diventa non solo il mondo delle due donne, per il quale sono disposte a tutto pur di non perderlo anche alla luce della paventata chiusura, ma anche del lettore, che sfogliando le pagine si lascia travolgere dallo stato di necessità di tutelare l’universo dei libri, riflettendo sull’importanza di riconoscere il fare cultura che i librai e tutti i professionisti della lettura assurgono quotidianamente come ruolo sociale. Un pensiero forte e costante, quasi come un grido di aiuto, che ci segnala quanto perdere questi luoghi, che sono comunque intrisi di sensazioni e sentimenti tra le pagine e tra i ricordi, sia una tragedia per tutta la società nel suo insieme.
Perché è vero, ogni libreria che chiude equivale a una luce spenta nel vivere di tutti quanti noi.

Il romanzo si snoda su piani narrativi consequenziali, con una narrazione fluida e corretta, il cui ritmo non sempre risulta adeguato ma nel suo insieme riesce a rimanere impresso, a far sorridere, come una commedia dove le traversie, anche se minimizzate e destinate al lieto fine, sono comunque capaci di interloquire con la coscienza di chi legge, stimolando delle riflessioni profonde su noi stessi e spesso sull’altro che magari non conosciamo, privilegiando comunque un contatto vissuto, capace magari di tirarci fuori dai nostri stessi pregiudizi.

Ci si interroga spesso ultimamente sulla leggerezza di affrontare delle tematiche dure, quasi come se ascoltare una voce differente, che in qualche modo ci sussurra che tutto può cambiare e che dai traumi si può uscire, possa in qualche modo turbare la quiete di chi, nell’attivismo sociale, ritiene che sia ingiusto uscire dallo schema della realtà truce, e spesso cruda.
Questa storia invece, proprio con la sua delicatezza, mi ha insegnato che è bello sperare e che a volte è importante comunque aspettarsi un giorno migliore. Che si tratti di destino o semplicemente di forza di volontà, non importa. Quello che conta è sentirsi tutti come Ornella e, in qualche modo, farcela. Dimmi che credi al destino è un libro leggero, che trasporta il lettore con sé in un percorso intimo di rivalsa e di crescita personale, dedicato a tutti coloro che meritano almeno una seconda opportunità.

Giudizio:

+4stelle+

Dettagli del libro

  • Titolo: Dimmi che credi al destino
  • Autore: Luca Bianchini
  • Editore: Mondandori
  • Data di Pubblicazione: 2015
  • Collana: Scrittori italiani e stranieri
  • ISBN-13: 9788804650553
  • Pagine: 264
  • Formato - Prezzo: Brossura - € 17,00

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