17 maggio 2013

Il Grande Gatsby - Francis Scott Fitzgerald

Chi è il misterioso e ricchissimo vicino di casa di Nick Carraway, a West Egg? E perché passa tanto tempo a fissare quella piccola luce verde che brilla su uno dei moli dell'altra sponda della baia? Il filo conduttore del capolavoro di Francis Scott Fitzgerald è il sogno impossibile cullato da Jay Gatsby. L'ambizioso giovanotto, che ha saputo conquistarsi con tutti i mezzi, leciti e no, prestigio, ricchezza e rispettabilità, vuol far rivivere l'amore fiorito un tempo tra lui e Daisy che un giorno lo ha respinto, povero e senza prospettive, per sposare il rampollo di una delle grandi famiglie americane. Ma i sogni più sono belli e meno hanno la possibilità di avverarsi. E Jay Gatsby non solo non riuscirà a strappare Daisy a Buchanan, pur gettando sulla bilancia tutto il peso del suo fascino e del suo potere, ma finirà addirittura col cadere, vittima innocente, sotto i colpi di un marito tradito messo sulle sue tracce, per vendetta, dal perfido rivale. Al di là dei riferimenti autobiografici, "Il Grande Gatsby" è sopratutto il ritratto di un epoca in cui il mondo dei contrabbandieri di alcolici si mescolava allegramente con quello dei banchieri e delle 'flappers' dei "Roaring Twenties", in attesa che la Grande Crisi seppellisse tutto sotto le macerie dell'"American Dream".

Recensione

«Nelle notti estive, dalla casa del mio vicino si sentiva della musica. Nei suoi giardini azzurri uomini e donne andavano e venivano come falene tra i mormorii, lo champagne e le stelle. Durante l’alta marea del pomeriggio osservavo i suoi ospiti tuffarsi dal trampolino o prendere il sole sulla sabbia bollente della sua spiaggia mentre i suoi due motoscafi solcavano le acque dello Stretto, rimorchiando acquaplani tra cascate di schiuma.»

Ammettiamolo che stiamo tutti leggendo (o rileggendo) questo romanzo in occasione della milionesima versione cinematografica firmata Baz Luhrmann-Leonardo DiCaprio che sta per travolgerci. Da parte mia confesso candidamente che il buon Leo ha il mio cuore da quando si è beccato un iceberg tra capo e collo anni orsono; per lui ho quindi buttato alle ortiche il pessimo ricordo che ho del romanzo e l'orrida sensazione di noia mortale che immancabilmente associo al film omonimo con Redford e ho ripreso in mano il libro di Fitzgerald che, come vi avranno ripetuto fino alla nausea, si suppone essere uno dei più grandi romanzi della letteratura americana.

Fino alla nausea vi avranno anche ripetuto che questo libro meravigliosamente rappresenta i "Ruggenti Anni '20" e lo spirito decadente dell'Età del Jazz, oltre che una riproduzione della parabola del "Sogno Americano" (qualunque cosa esso significhi) e questo spiega perché gli americani, dopo essersi concessi una ventina d'anni per digerirne la sfacciata vacuità, l'hanno eletto a capolavoro eterno con il quale tormentare i poveri studenti delle scuole superiori (del resto da noi ci tormentano con "I promessi sposi", quindi forse alla fine gli studenti americani se la passano meglio).

Io, che americana non sono, anche dopo una seconda lettura proprio non riesco a trovare in me la forza per gridare al capolavoro.

Certo, non mi è sfuggita la perfetta rappresentazione di una classe sociale i cui membri si muovono annoiati da una festa all'altra, capaci di stringere amicizia con completi sconosciuti per poi dimenticarsi della loro esistenza appena voltate loro le spalle, indifferenti e tanto assuefatti al vuoto che li circonda da rimanere sconvolti alla scoperta che uno di loro in casa osa possedere libri veri invece che i tradizionali cartonati che dei libri riproducono solo i dorsi per riempire uno spazio altrimenti vuoto.

Nemmeno mi è sfuggita la sfacciata ironia della scelta di intitolare un libro ad un personaggio, Gatsby, che non appare quasi mai in prima persona e che anche quando lo fa è sempre attraverso gli occhi e le parole di qualcun altro, che sia il narratore Nick o una qualunque delle altre sbiadite figure che popolano quest'opera, e per questo le informazioni che abbiamo su di lui risultano inevitabilmente parziali e non obbiettive. Eppure egli è in qualche modo sempre presente e per quanto sullo sfondo indirettamente o direttamente muove le fila delle vite di tutti i protagonisti, "grande" per la sua cieca determinazione e la follia senza freni che lo spinge a inventarsi una vita e un'identità dal nulla al solo scopo di realizzare un sogno e al tempo stesso proprio per questo indicibilmente patetico nel suo ancorarsi ad un passato mai esistito e nel suo rifiuto della realtà. Vista da vicino la grandezza di Gatsby assume i contorni di una truffa colossale, maschera di un uomo tragico e un po' insulso; Gatsby nel giro di poche pagine passa da carnefice a vittima, travolto da un mondo che credeva di governare, perso nell'oblio proprio quando la sua stella era al massimo dello splendore.

Ed è infine quasi scontato osservare che tutta questa superficialità e questa indifferenza verso il prossimo esulano dal contesto del romanzo e si possono ritrovare in ogni società e in ogni epoca; aggiungerei però che ciò a mio parere è più vero in alcuni ambienti che in altri e onestamente è comunque un'osservazione che lascia il tempo che trova perché è comprovato che la gente ama addolorarsi per l'incomunicabilità che piaga la nostra società per poi non far nulla, nel proprio piccolo, per cambiare le cose.

Ciò detto, forse Fitzgerald ha un po' esagerato con la vacuità, perché anche alla seconda rilettura posso dire in completa sincerità che di Gatsby e del suo sogno romantico e ridicolo, della sua adorata Daisy e di quello scimmione del marito Tom con la sua volgare amante Myrtle e persino del povero Nick, voce narrante petulante e insulsa, non me ne importa assolutamente nulla. Neanche con la più buona volontà sono riuscita ad empatizzare con uno di loro e il perché delle reciproche attrazioni mi è rimasto totalmente oscuro. A questo si aggiunge una mia personale antipatia per le civetterie sociali di ogni tipo per cui, per quanto possa capire qual'era l'intento dell'autore, sono assolutamente priva della pazienza per sopportare giovani donne annoiate che blaterano nonsense languidamente sdraiate sul divano o le conversazioni spezzettate, vuote, inutili e insensate che imperversano per buona parte dell'opera e che solo parzialmente vengono redente dal gusto di Fitzgerald per una narrativa fatta di immagini altamente simboliche: una luce verde, un uomo solo in cima ad una scalinata, un cartellone pubblicitario comunicano molto più al lettore di mille dialoghi inutili.

Giudizio:

+3stelle+

Dettagli del libro

  • Titolo: Il Grande Gatsby
  • Titolo originale:  The Great Gatsby
  • Autore: Francis Scott Fitzgerald
  • Traduttore: Armando Bruno
  • Editore: Newton Compton
  • Data di Pubblicazione: 2010
  • ISBN-13: 9788854124479
  • Pagine: 172
  • Formato - Prezzo: Brossura - Euro 9,99

21 Commenti a “Il Grande Gatsby - Francis Scott Fitzgerald”

  • 17 maggio 2013 alle ore 09:42

    posso abbracciarti?finalmente qualcuno che dice le cose per quello che sono.

  • 17 maggio 2013 alle ore 09:47
    Valetta says:

    Temevo che il primo commento sarebbe stato un insulto, quindi accetto volentieri l'abbraccio :)

  • 17 maggio 2013 alle ore 10:35
    Katerina says:

    Credevo di essere stata la sola a non averlo apprezzato ç_ç

  • 17 maggio 2013 alle ore 11:07
    sakura87 says:

    Anch'io concordo su ogni singola parola, non avrei saputo spiegarmi meglio. Ho visto ieri sera il film, che al contrario è molto bello per il tripudio di abiti e musiche in scene alla Moulin Rouge.

  • 17 maggio 2013 alle ore 11:27
    Valetta says:

    Ottimo, io ho appena sentito di spettatori insoddisfatti perché pensavano di vedere un "gangster movie" con tante sparatorie . °_°

  • 17 maggio 2013 alle ore 11:32
    sakura87 says:

    Si saranno confusi con "Gangs of New York" ;)

  • 17 maggio 2013 alle ore 11:34
    Valetta says:

    LOL

  • 17 maggio 2013 alle ore 14:38
    Lulu says:

    Io grido al capolavoro, si... ma di questa recensione!
    Ho trovato il Grande Gatsby abnormemente sopravvalutato, vacuo nelle descrizioni, inutile nella storia in sè. Dopo le prime 50 pagine l'attenzione era così bassa che mi son dovuta forzare, per poterlo finire. "Figure sbiadite": non avrei trovato modo migliore per descrivere tutti i personaggi, dal primo all'ultimo.

    Sono convinta che un bel romanzo non debba solo essere l'affresco perfetto di un'epoca, ma anche una storia interessante ed intrigante, che sa reggersi sulle proprie gambe.

    Qui, forse, di bello c'è solo l'affresco: tutto il resto, veramente, è patetismo.

  • 17 maggio 2013 alle ore 15:06
    Tancredi says:

    "(...) Nick, voce narrante petulante e insulsa."
    Direi che basta questo XD Tutto molto vero.

    Però a me, confesso, le civetterie sociali e il non-sense alcolico sul divano piace! Ok, meno leggerlo in un romanzo...

  • 17 maggio 2013 alle ore 15:22
    sakura87 says:

    Comunque io più leggo e rifletto, più mi ritrovo a concordare con chi vede in Nick un'omosessualità latente. Oltre alla scena del libro in cui si ritrova ubriaco in una stanza con McKee in biancheria (che però alcuni hanno interpretato con il fatto che, essendo meno ubriaco di lui, lo abbia messo a letto), c'è un che di molto languido nel modo in cui descrive ed è ossessionato dalla figura di Gatsby. Difficile esserne sicuri, in ogni caso, perché trovo molto freddo il modo in cui Fitzerald descrive i sentimenti e le relazioni tra personaggi.

    Piccolo P.S.: mi piace molto la scena in cui Daisy afferma che la cosa migliore per una donna sia nascere stupida... magari Daisy non ci è proprio nata, ma credo che abbia saputo adeguarsi molto bene alla situazione. Come non concordare col finale, in cui Nick osserva che lei e Tom divorano e schiacciano la gente per poi scappare, rifugiandosi nella loro ricchezza e noncuranza?
    Cosa di preciso Gatsby abbia visto in lei, io non ne ho proprio idea. C'è un che di Holly Golightly, in lei, un tipo di personaggio che molti uomini amano ma che io prenderei sinceramente a schiaffoni augurandomi che finisca realmente in miseria per imparare qualcosa della vita.

  • 17 maggio 2013 alle ore 15:22
    Valetta says:

    Sicuramente è anche una questione di sensibilità personale:molti dei giudizi entusiasti che ho letto allundono al fascino della figura di Gatsby che, come dicevo, io ho trovato indifferente o tuttalpiù patetica.

    Concordo poi che una buona critica sociale da sola non fa di un romanzo un capolavoro;probabilmente Fitzgerald, abituato a scrivere racconti, nella forma più estesa del romanzo non ha saputo approfondire come avrebbe potuto per quanto debba ammettere che in certi passaggi questo stile allusivo e simbolico abbia il suo fascino.

  • 17 maggio 2013 alle ore 15:24
    Valetta says:

    eh io purtroppo sono persona poco paziente, di non-sense alcolici faccio fatica a sopportare i miei, figuriamoci quelli altrui :D

  • 17 maggio 2013 alle ore 15:31
    Valetta says:

    Come sai concordo sulla tua interpretazione riguardo l'omosessualità (o bisessualità?) di Nick, se la scena del letto da sola non basta, abbinata alla conversazione in ascensore mi pare quasi inequivocabile. Di nuovo,si torna al discorso del simbolismo che era un modo molto tipico per gestire situazioni a carattere sessuale e onestamente mi fanno un po' sorridere alcuni commenti indignati che si offendono perché il lettore moderno "un po' depravato" vuole forzare un significato sessuale in qualunque cosa.

  • 17 maggio 2013 alle ore 15:33
    Valetta says:

    Ah, ovviamente concordo anche su Daisy, ma è noto che gli uomini amano le sciocchine (o presunte tali) ;)

  • 17 maggio 2013 alle ore 15:35
    sakura87 says:

    Sono la prima a storcere il naso per certe forzature moderne, fatto è che negli ultimi anni, probabilmente proveniente dal Sol Levante, si è diffuso un certo gusto tutto femminile verso le tendenze omoerotiche. Basti pensare ai commenti sognanti di chi "shippa" (termine gergale molto in voga ultimamente) Sherlock Holmes e Watson. Ma qui penso ci sia qualcosa di palpabile difficilmente equivocabile.

  • 17 maggio 2013 alle ore 15:45
    Valetta says:

    Eh, Holmes e Watson sono un grande classico dei sogni omoerotici moderni :)
    Del resto uan tematica così lungamente repressa e nascosta genera inevitabilmente fantasie e speculazioni.

  • 17 maggio 2013 alle ore 16:24

    Trattasi di un capolavoro stilistico, non ci sono catzby, un racconto virtuoso, barocco, realizzato da uno scrittore al culmine della propria vena artistica.

    La trama non è granché, come tutte le trame basate su un intreccio amoroso. Una ciurma di personaggi che tentano di portarsi a letto l'un l'altro per quasi duecento pagine.

  • 17 maggio 2013 alle ore 16:37
    Tancredi says:

    Ma nemmeno Gatbsy scherza, all'inizio l'ossessione con Nick è reciproca XD è inquietante (soprattutto nel film)!

  • 17 maggio 2013 alle ore 16:47
    Valetta says:

    Magari dando alla trama la stessa attenzione che data allo stile era possibile ottenere un capolavoro completo e non solo un bel guscio vuoto, "nonostante" la tematica amorosa :)

  • 18 maggio 2013 alle ore 08:54
    Anonimo says:

    Devo ancora leggere il libro, ma il fatto che io stia guardando l'ebook con sospetto da quando ho acquistato mi fa presagire che la penserò esattamente come te quando avrò finito (anche io volevo leggerlo per andare al cinema...).

    Volevo solo intervenire per spezzare una lancia a favore dei Promessi Sposi. Superato l'odio del "ma-devo-leggerlo-per-forza" e le terrificanti analisi letterarie sui capponi di Renzo, la conversione dell'Innominato e il voto di Lucia, in seconda lettura diventa scorrevole, piacevole e ogni tanto ti strappa pure una risata, cosa che i narratori novecenteschi spesso non vogliono e non riescono a fare.

  • 17 luglio 2019 alle ore 10:56
    Unknown says:

    Commento dopo 6 anni dall'ultimo... ma avete tirato su il morale anche a me! Trovo il libro letto diversissimo tempo fa sopravvalutato al massimo e, come molti di voi, pensavo di essere tra le poche. Grazie per avermi fatta sentire in famiglia :-D

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