2 febbraio 2013

BIO Cyberpunk - Samantha Baldin

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Rinascita: Imprigionato nella Matrice Limbo per oltre quarant'anni, Bio Cyberpunk riesce a fuggire grazie all'aiuto di un giovane hacker. Reciso il collegamento neuronale col corpo, Alessio Merisi inizia una nuova esistenza in rete come Entità Bio.
È il 2056.
Missione: Attaccare la Shiba, potente multinazionale che controlla la matrice, per liberare Michela, la donna che ama.
Interferenze: Bio riceve dei file crittografati sotto forma di cristalli. Estrarrà dei video che gli mostreranno Michela mentre vive una vita alternativa in Milano nel 2011. Molti saranno i suoi dubbi, ma nulla lo distoglierà dal liberare Michela finché non scoprirà il mittente e sconvolgenti analogie con i filmati.
Due realtà stratificate e complesse.
Bio vi mostrerà la rete dall'interno. Michela, invece, sembrerà vivere una vita comune, ma è solo apparenza.
Si consiglia la lettura a un PUBBLICO MATURO.
Per info: www.biocyberpunk.com

Recensione

Volendo prescindere dalla solita Pat Cadigan, leggere un romanzo cyberpunk scritto da una donna sembra un'impresa possibile. Se poi l'autrice è anche italiana, l'impresa sembra ancora più titanica. Purtroppo BIO Cyberpunk non sembra un buon romanzo destinato a lasciare un segno positivo nella storia del genere, almeno nella sua attuale configurazione e strutturazione.

La promessa è quella di un romanzo a due voci, stratificato, che unisce un intreccio romantico, sfondo cyberpunk e un gioco metanarrativo che vuole ridisegnare di volta in volta una sempre più mutevole realtà. Un romanzo adulto, almeno leggendo l'indicazione sul sito dell'autrice che dichiara di rivolgersi a un pubblico maturo. Così non è, e sotto una grande molteplicità di punti di vista e profili.

La struttura narrativa rispecchia in maniera nitida le caratteristiche della trama: da un lato la voce di Alessio/Bio, hacker, esperto totale del mondo tecnologico e virtuale, che all'inizio del romanzo si ritrova imprigionato in un mondo illusorio, dal forte sapore cyberpunk; dall'altro lato, la voce di Michela, una comune liceale italiana che in un amore inatteso trova riscatto, salvezza, ma anche avventura e tanti rischi. Le due voci si alternano secondo una rigorosa divisione narrativa, ognuna impressa su un proprio piano spaziotemporale: il presente per Michela, il futuro per Alessio/Bio. L'idea è accattivante, e il ritmo sarebbe anche incalzante, ma le due parti si raccordano malissimo e impediscono il raggiungimento di una omogeneità e coerenza interna di tutto il romanzo. La fortissima ambientazione cyberpunk, che per immaginazione non ha nulla da invidiare ai grandi nomi del genere, cozza con estrema violenza con le parentesi romantiche di mocciana memoria, che a conti fatti hanno pure il sopravvento sul totale della trama. I personaggi sono poco credibili, spesso stereotipati, inconsistenti, persino innaturalmente incoerenti; Alessio  è la quintessenza del ragazzo ideale, mentre Michela nel suo voler rappresentare l'intera categoria della "ragazza comune" si trasfigura in una macchietta e niente più. Sotto il profilo psicologico a suscitare un lieve interesse è Alessio, almeno nel conflitto tra la sua personalità e quella del suo alter-ego virtuale, Bio; ma a parte questo, i personaggi non conoscono alcuna evoluzione nel corso del romanzo. Ancora più evanescente è l'ambiente nel quale si muovono, sintomo, purtroppo, di una generale incuria: a leggere questo romanzo, sembra che al mondo esistano solo Michela e Alessio, che godano di risorse infinite, che siano privi delle responsabilità dovute al vivere in una società civile, e altrettanto privi risultano in fatto di relazioni sociali, con parenti, amici, datori di lavoro e quant'altro. Il dato più evidente è sicuramente quello stilistico: lo sdoppiamento del punto di vista non si accompagna, come sarebbe giusto aspettarsi, a una stratificazione linguistica e stilistica, che risulta invece piatta, sciatta, banale. Tutt'altro che per un "pubblico maturo".

L'intreccio narrativo, che pure suscita interesse e curiosità a lungo, si perde sempre più; il romanzo sembra non proseguire in una precisa direzione, e il conflitto reale/virtuale, tipico della fantascienza, risulta più confusionario che altro. La narrazione si sviluppa così in un procedere casuale, un collage di situazioni mal assortite assolutamente prive di logica e continuità. Si capisce solo che i ricordi di Michela, che costituiscono tutto il suo filone narrativo, non sembrano veri, e che l'unico evento reale sia il risveglio di Alessio come Bio nel futuro, in seguito a un incidente che viene spesso citato, in attesa di venire spiegato nella trama, per poi finire dimenticato. Come se non bastasse, nel disegno dell'autrice è previsto un secondo romanzo che continui la storia: ma questo non giustifica assolutamente un finale mozzo, improvviso, inconcludente. La sensazione è che il romanzo finisca laddove sembrava finalmente cominciare, esaurita una successione mal gestita di antefatti.

L'unico punto di forza, che merita certo attenzione e alta considerazione, è l'ambientazione fantascientifica, perfettamente curata dell'autrice, evidentemente buona intenditrice del genere. Chiarezza, grande conoscenza e buona immaginazione sono gli ingredienti fondamentali, tutti posseduti dall'autrice. Ma è troppo poco. Di fronte alla totale incoerenza della trama, alla debolezza strutturale, fiacchezza dei personaggi e il livello elementare della scrittura, le invenzioni cyberpunk, che peraltro richiamano un target limitato, passano inosservate. Saltano subito all'occhio invece certi erroracci e sviste ortografiche che non mi piace mai citare in una recensione, che non è un'opera di revisione editoriale: ma la carenza in fatto di editing è tale da non poter essere taciuta.

BIO Cyberpunk è un romanzo che è nato dalla Rete, nella Rete: proprio per il suo essere una creatura spontanea mi permetto dunque pochi ma preziosi consigli. Idee buone, e ci siamo, ma soprattutto: avere chiaro che cosa si vuole raccontare, come la si vuole raccontare, personaggi ben definiti, che non sembrino muoversi in un mondo muto e trasparente, e una buona scrittura che non sia solo il mettere una frase corretta dietro l'altra.

Giudizio:

+2stelle+

Dettagli del libro

  • Titolo: BIO Cyberpunk
  • Autore: Samantha Baldin
  • Editore: Narcissus Self Publishing
  • Data di Pubblicazione: 2012
  • ISBN-13: 9788867554393
  • Pagine: 291
  • Formato - Prezzo: ebook - 3,49 Euro

3 Commenti a “BIO Cyberpunk - Samantha Baldin”

  • 2 febbraio 2013 alle ore 16:27

    Mi spiace che "la metà" del mio romanzo ti sia stata tanto indigesta. Cercherò di fare tesoro dei tuoi consigli (anche se ti sei limitato a distruggere e non a consigliare, ma io per natura leggerò tra le righe e mi sforzerò di trarre cmq beneficio dalla tua "recensione").
    Mi spiace anche che i miei personaggi ti siano apparsi tanto piatti e stereotipati. Strano, però, visto che crescono e cambiano fin troppo.

    Trama: Forse sono sfuggiti i numerosi collegamenti tra i pov di Michela e quelli di Bio (vedo che non ne fai cenno). Tipo il fatto che Bio trova un fake (nella sua realtà) che poi altri non è che la ragazza in coda alla Malpensa quando Michela e Alessio partono per Las Vegas.
    Ce ne sono altri, ma questo è il primo che fa pensare al lettore che i pov di Michela non siano "ricordi" (o antefatti), ma sono qualcosa di molto importante che io chiamo Interferenze.
    NON SOLO: BIO NON E' L'ATER-EGO DI ALESSIO.
    BIO non vive un mondo illusorio.
    Quando mai? Scusa, ma tu fai un collegamento che non c'è.
    Il personaggio principale è Bio, non "Alessio che vive Michela". E i due non sono collegati, infatti.

    Mi paragoni a Moccia? Per due scene d'amore di cinque o sei paginette su 290? Mi sembra esagerato considerato tutto quello che succede.

    Per il pubblico maturo, come ho spiegato anche nella premessa, io l'ho messo come un consiglio non un obbligo. Muoiono dei ragazzini (fucilati), ci sono droghe forti (i nootropi), si utilizzano "menti" di ragazzi come fossero cavie da laboratorio, e molti inganni psicologici ... anche solo in questa prima parte. A me sembrava sufficiente per un avviso. Cmq, si vede che abbiamo una sensibilità diversa.

    La famiglia di Michela c'è e compare più volte. Com'è che non l'hai vista? Alessio stesso viene ospitato in casa di Michela sul finire.
    Tu dici che manca l'interazione sociale, che sembrano isolati dal mondo... ma dove? Se Alessio perde casa, lavoro e soldi proprio a causa di fattori esterni della società. O_O
    Michela prima è a scuola(cp1), poi trova lavoro da un commercialista e fa, cmq, dei lavori nel frattempo per avere i soldi per andare a Las Vegas con Alessio. Ma che libro hai letto, Tancredi, scusa?
    Risorse infinite? Ma se Michela chiede aiuto economico anche ai suoi genitori?...

    Concludo con "la scrittura elementare" dicendo che perfino Hemingway era accusato di "scrivere facile". Forse per te è un difetto, ma ti posso assicurare che "scrivere facile" è molto difficile.

    Grazie cmq per il tempo che mi hai dedicato. Approfitterò della tua recensione per farne un articolo sul mio sito (www.biocyberpunk.com), andando a risponderti punto per punto perché purtroppo, ci sono molte parti che potrebbero suscitare dubbi sul mio lavoro che non hanno senso, visto che sono solo nella tua testa. ^_^

  • 2 febbraio 2013 alle ore 16:57
    Tancredi says:

    Chiarisco qualcosa.
    1. Bio e Alessio. Ho capito che la faccenda è molto più complessa di così, ma quando ho scritto che "Sotto il profilo psicologico a suscitare un lieve interesse è Alessio, almeno nel conflitto tra la sua personalità e quella del suo alter-ego virtuale, Bio" mi riferivo in particolare alla parte dedicata alla sfida videoludica tra Alessio/Bio e Igor/Rasputin. Bio, in quel caso, è il nome del personaggio virtuale, mentre Alessio è il nome del giocatore. Il ragazzo viene sottoposto a dei trattamenti pregioco che hanno vistosi effetti collaterali e che portano anche a una dissociazione dell'identità. La prima ad accorgersi del conflitto tra Alessio e Bio è Michela, che si spaventa; poco dopo sarà lo stesso Alessio a rendersi conto che aveva perso se stesso.

    2. L'ambiente sfumato: le sole coordinate che vengono date e che tu hai usato nella replica alla mia recensione compaiono all'inizio e alla fine. All'inizio: siamo a Milano, nel 2011, Michela va a scuola, conosce Alessio e si innamorano. Alla fine la coppia va incontro a un tracollo finanziario, di cui però non viene spiegato molto (o almeno non quanto, come lettore, avrei desiderato). Ma in mezzo che ci sta? Il nulla. Michela e Alessio che viaggiano da una parte all'altra, senza sapere che stanno facendo, in che anno siamo, quando hanno comprato casa, dove vivono...

    Detto questo, ben venga il confronto, perché mancano repliche ai punti più forti della mia critica: i personaggi sono piatti, stereotipati, protagonisti di dialoghi stucchevoli (in questo sta la deriva mocciana, non nella scena romantica in sé), pieni di luoghi comuni. Dovrebbero essere dinamici, mutevoli, profondi, spontanei, invece i dialoghi sono scontati, artefatti, oltremodo banali. E' difficile ribattere che non è così, e non è che i personaggi diventano dei campioni di introspezione psicologica solo perché l'autrice diche che è così.
    Lo sviluppo della trama: anche qui, non vedo giustificazioni. Non c'è uno sviluppo lineare, coerente, logico: mi è apparsa come una successione di scene casuali.

    Quanto alla scrittura... Hemingway sarà stato accusato di "scrivere facile", ma sicuramente sapeva che si scrive "ventotto" e non vent'otto, "se no" e non sennò, inguine e non linguine, e potrei continuare, ma sarebbe degradante.
    Il punto è che sotto il profilo linguistico e stilistico il libro è assolutamente carente, per le predette ragioni: linguaggio piatto, vocabolario ristrettissimo, frequenti ripetizioni, i personaggi parlano tutti allo stesso modo, senza che vi sia alcuna distinzione personale, poche descrizioni, salvo alcune sequenze alle quali evidentemente si teneva particolarmente, e così via. Mi si dimostri il contrario: ma con reali argomentazioni, non sulla base del "lo dico io e siccome sono la scrittrice, fidatevi, è così".

    Magari io ho letto un libro che era nella mia testa. Ma spesso gli autori (soprattutto quelli mediocri) hanno un libro nella testa che può anche essere meraviglioso, ma sono incapaci di tirarlo fuori, e non si accorgono che quanto donato ai lettori sia completamente diverso dall'idea di libro che rimane congelato nella sfera ideale e intenzionale.

  • 2 febbraio 2013 alle ore 21:15

    Ecco la mia risposta ^_^
    http://www.biocyberpunk.com/site/recensione-della-stamberga/

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