18 gennaio 2012

Sogni tra i fiori - Mariagrazia Buonauro

Laura, una donna dolce e riflessiva, dopo aver cavalcato la tempesta per la fine di un amore e la vendita della casa, recupera la gioia di vivere. Quando la sua vita prende un nuovo corso, canta la sua storia che narra d'amore, magia, sogni e speranze.






Recensione

Mi trovo in bilico tra l'entusiasmo e la delusione: grandi pregi purtroppo vengono rovinati da difetti evitabili.

Colpisce subito il linguaggio molto curato, con delle chicche graziose, come il "sole di paglia" o la "bocca di zucchero"; talvolta fa capolino il dialetto napoletano, ma sempre con garbo e senza strappi; si incontrano pure termini colloquiali, che si inseriscono in scioltezza senza far eccessiva mostra di sé.

La cultura di una laurea con lode emerge nelle citazioni in latino e nell'uso di termini molto precisi, spontanei e azzeccati.

La narrazione è tutto sommato scorrevole e rende piacevole trascorrere un po' di tempo in compagnia di Laura e delle sue vicissitudini amorose. A rovinare il quadro contribuiscono purtroppo le virgole eccessivamente pedanti, che interrompono il ritmo della lettura allo stesso modo delle note a piè di pagina, che trovo tutto sommato inutili: kitsch e dandy sono termini che non hanno bisogno di alcuna spiegazione. In alcuni casi intervengono goffamente delle spiegazioni non richieste, nozioni buttate tra una riga e l'altra, giusto per spiegare perché il Maschio Angioino si chiama così, per esempio. Peccato che questi dettagli restino frasette in stile Wikipedia, mancando per contro di una descrizione più personale e profonda: il viaggio a New York è uno sterile elenco di negozi e opere d'arte e taxi che non restituisce affatto l'atmosfera di quello che è un immenso luna park.

I dialoghi mancano di spontaneità e non riescono a restituire l'immagine di un vero parlato; le riflessioni della protagonista si dilungano eccessivamente e troppo spesso scadono nell'aforisma pure in corsivo.

Nei flashback si fatica a distinguere il ritorno al presente, non essendo distinti chiaramente in quello che è un discorso che si lascia andare sulla scia dei ricordi.

Un aspetto paradossale sono le pagine di vita quotidiana, certamente ben curate e caratteristiche, ma che spesso sembrano esistere per riempire spazio: non hanno collegamenti evidenti con la trama, non introducono avvenimenti degni di nota, non spiegano dettagli importanti che altrimenti sfuggirebbero. Al contrario, eventi di maggior spessore vengono trattati superficialmente, con un raccontato che non mostra affatto.

Infine, manca il dramma, l'aspettativa, il desiderio, il colpo di scena - mancano nel posto giusto, dove possano creare attesa o trepidazione, dove possano davvero coinvolgere. Tutto sommato il susseguirsi degli eventi non presenta sorprese e quelle che vorrebbero esserci vengono rovinate da una introduzione poco efficace.

Ecco che quello che aveva le carte in regola per essere un romanzo ben scritto viene sminuito da nei fastidiosi che lasciano un grande senso di insoddisfazione. Peccato, davvero.

Giudizio:

+2stelle+

Dettagli del libro

  • Titolo: Sogni tra i fiori
  • Autore: Mariagrazia Buonauro
  • Editore: CSA
  • Data di Pubblicazione: 2010
  • ISBN-13: 9788896703038
  • Pagine: 128
  • Formato - Prezzo: Brossura - 13.00 Euro

20 Commenti a “Sogni tra i fiori - Mariagrazia Buonauro”

  • 18 gennaio 2012 alle ore 20:17
    Anonimo says:

    Il commento al libro “Sogni tra i fiori”, e dispiace dirlo, non può considerarsi una recensione, perché non accenna assolutamente alla trama, al contesto, né al curriculum dell’autrice, ma si sforza di interpretare e valutare il testo attraverso una serie di critiche del tutto gratuite, arbitrarie, personali e soggettive, per cui non può essere di alcun aiuto ai lettori. Vorrei contestare alcuni punti.
    Si afferma che le note a piè pagina sono inutili. D’accordo, ma solo per chi conosce il significato dei termini. Il libro è rivolto a un pubblico vastissimo, a tutti, anche a chi non ha studiato il latino, l’inglese, a colui che non conosce il dialetto napoletano. Si pensi a un lettore che deve sospendere la lettura per sfogliare il vocabolario. Chi l’ha detto che tutti conoscono il termine Kitsch? Inoltre, non capisco come quattro o cinque note possano dare tanto fastidio. Che esagerazione! Si parla, poi, di “spiegazioni non richieste”. Da chi dovevano essere chieste?
    Nei flashback, il lettore molto distratto, ovviamente, potrebbe confondersi nel ritorno al presente e perdere il filo della narrazione, ma se fosse più vigile quando legge, questo non accadrebbe. Pare ci sia un limite stabilito per esprimere le opinioni personali che, trattandosi di riflessioni, vanno scritte in “corsivo”. L’introduzione non rovina per niente la sorpresa, perché non rivela proprio nulla, anzi stuzzica la curiosità del lettore, accennando a una lettera, a una batosta e basta. Si parla di “nei” che vengono esageratamente e volutamente ingigantiti e non si accenna alle pagine di prosa delicata e poetica presenti nel libro, non si cerca assolutamente di guidare il lettore alla comprensione della storia, cosa che una buona recensione dovrebbe fare. Conosco bene questo libro che ha ottenuto numerosi riconoscimenti letterari (28), tutti documentati da articoli presenti sul web. Il nocciolo della questione è che le giurie letterarie sono costituite da scrittori, giornalisti, editori, docenti universitari, persone che hanno le competenze necessarie per pronunciarsi. Prima di divertirsi a stroncare un libro che ha ricevuto tanti premi, bisognerebbe riflettere un attimo.

  • 18 gennaio 2012 alle ore 20:45
    sakura87 says:

    Premetto due cose:
    1. Non ho letto il libro e possibilmente se lo leggessi non è detto che sarei d'accordo con Pythia;
    2. Il mio è un commento da lettrice perplessa e non da coamministratrice intervenuta in difesa della sua collaboratrice.

    Detto questo:
    1. Ancora una volta, mi trovo tristemente a dover scrivere che della trama si può parlare, ma la trama non è il centro di una recensione. Un libro non è costituito solo dalla trama, è una costruzione fatta da tanti mattoncini che devono incastrarsi bene tra loro. Immagino che l'autrice della recensione non l'abbia commentata perché l'ha trovata senza infamia e senza lode.
    2. Da quando in qua per valutare un libro si prende in esame il curriculum del suo autore, per poi segnalarlo ai lettori?
    3. Definiamo, cortesemente, l'aggettivo 'gratuite': non ho ravvisato alcuna offesa all'autrice, né letto termini particolarmente taglienti per giudicare negativamente gli elementi del romanzo. Nel commento precedente vengono usati i termini 'arbitrarie, personali e soggettive', adeguatissimi: da quando in qua una recensione non lo è? Esiste un critico di professione che possa giudicare un testo in modo del tutto oggettivo? Se i giudizi espressi fossero stati di ammirazione e complimento, sarebbero stati meno 'arbitrari, personali e soggettivi'? Ancora: “per cui non può essere di alcun aiuto ai lettori”.
    Poniamo un esempio. Io ho quindici anni, ho letto dieci libri in tutta la mia vita, e affermo che 'Lolita' è un libro brutto, scritto male, volgare, lungo e inconcluso. Questo è un giudizio che non può essere di alcun aiuto ai lettori, perché chi lo esprime non ha le basi per giudicare e perché sta usando termini generici senza, di fatto, spiegare le motivazioni per cui sia malscritto, volgare, lungo e inconcluso. Non mi pare il caso di questa recensione, in cui una lettrice preparata come Pythia ha indicato educatamente quelli che, secondo lei, sono i difetti del romanzo.
    4. Le note a piè pagina, a mio parere, sono utili quando chiariscono termini o concetti estranei al target cui il romanzo è rivolto. Se sto scrivendo un libro per bambini delle elementari, è ovvio che – in nota o nel testo stesso – spiegherò cosa significa un termine come 'kitsch'. Ma già dalla scuola media qualunque persona di media cultura dovrebbe sapere cosa significa. Se io, a ventiquattro anni e laureanda, sfoglio un libro non rivolto a un target infantile in cui l'autrice si sente in dovere di spiegarmi cosa significa 'kitsch', mi sento offesa nella mia intelligenza, perché l'autrice si sta rivolgendo ai suoi lettori presumendo già in partenza che siano di bassa cultura. Se io, a ventiquattro anni e laureanda in lettere, sfoglio un romanzo ambientato in tribunale e trovo il termine 'usucapione', non pretendo che l'autore mi spieghi in nota in cosa consiste. Prendo atto della mia ignoranza nel campo della giurisprudenza e vado ad aprire un dizionario, pratica sana che purtroppo ormai, in tempi di pappa pronta anche nel campo della letteratura, è ormai in disuso.
    5. “Nei flashback, il lettore molto distratto, ovviamente, potrebbe confondersi nel ritorno al presente e perdere il filo della narrazione, ma se fosse più vigile quando legge, questo non accadrebbe”. Dov'è il limite tra scrittore confusionario e lettore disattento?
    6. “non si cerca assolutamente di guidare il lettore alla comprensione della storia, cosa che una buona recensione dovrebbe fare”. Sciocchezze. Una recensione aiuta all'acquisto di un libro, non ha la funzione di spiegarlo.
    7. Eviterò di commentare la frase finale relativa a giurie e premi, in un paese dove, lo sappiamo tutti, significano ben poco.

  • 18 gennaio 2012 alle ore 21:45
    Malitia says:

    Onestamente non capisco la critica della recensione, che mi sembra professionale e ben argomentata. Da lettrice, salto a piè pari i commenti che riguardano la trama -mi interessano poco e, se voglio sapere qualcosa riguardo a questa, leggo la quarta di copertina- e mi concentro sugli aspetti critici dello stile, del ritmo narrativo, dei personaggi. Aspetti che qui vengono ampiamente messi in luce e che costruiscono un quadro completo del libro, molto più utili di sunti della trama che vorrebbero forse distrarre il lettore dalle pecche stilistiche che Pythia ha evidenziato. Il curriculum dell'autrice? I premi letterari? Con tutto il rispetto, ma chi se ne frega -fregheranno sicuramente alla scrittrice che si sentirà gratificata, ma non certo a me, lettrice, che devo acquistare un libro. E non vedo perché tu, Anonimo, debba velatamente contestare le competenze del recensore, quando la stessa autrice l'ha ritenuto adeguatamente preparato da inviargli il proprio manoscritto. Se il giudizio personale dovesse essere condizionato dalle opinioni di lor signori "scrittori, giornalisti, editori, docenti universitari", se dovessimo "riflettere" ogni volta che critichiamo un libro, non esisterebbe più la libertà d'opinione. Un plauso va invece a questo blog, che, di influenze esterne, non ne riceve per nulla e rappresenta un vero affidabile strumento di orientamento nel trafficato mondo editoriale. Forse stiamo perdendo il senso del concetto di "recensione" e "blog letterario", perché figli di una cultura -quella italiana- che dà per scontato il nepotismo, tanto da liquidare come inutile una recensione negativa che non lo è affatto.

  • 18 gennaio 2012 alle ore 21:59
    sakura87 says:

    Grazie, Malitia, è sempre gratificante vedere il proprio lavoro appezzato! :)
    A me piace nelle recensioni piace parlare (e leggere) anche delle trame, perché spesso le quarte di copertina sono realmente carenti e pomposamente gonfiate in modo tale che non si capisce di cosa alla fin fine parli il libro, ma non si può ridurre una recensione, come hai ben scritto, al semplice riassunto della trama... Tempo fa un commentatore (sempre anonimo) ha criticato il nostro collaboratore Tancredi affermando che la sua all'ultimo libro della Mazzantini non era una recensione perché non si parlava nel dettaglio della trama. Credo si stia perdendo di vista la funzione di una vera recensione, ossia fornire il proprio parere - il più oggettivo possibile, è vero - su un romanzo indicandone al lettore i punti forti e i deboli, i quali, in una società utopica, dovrebbero anche servire all'autore del libro recensito per migliorare... e invece molti lettori cercano semplicemente il riassunto dell'opera (mentre altri se il riassunto è troppo dettagliato gridano allo spoiler!) e molti autori una vetrina pubblicitaria che punti i riflettori sui soli aspetti positivi del loro libro (non so se sia il caso della signora Buonauro, perché non ha ancora commentato o risposto alle critiche). Entrambi vengono incoraggiati in tal senso da molti sedicenti blogger letterari, quindi non è solo colpa loro.

  • 18 gennaio 2012 alle ore 22:14
    Tancredi says:

    Aggiungo la mia umile opinione di lettore e recensore.
    Non avendo letto il libro non darò giudizi in merito, mi limiterò a dare la mia opinione riguardo la recensione e le critiche a essa.
    Innanzitutto, anch'io non capiso cosa c'entri il riassunto della trama con la recensione. Se io, ipotetico scrittore, chiedessi una recensione a un mio libro, e tale recensione si costituisse in buona parte del riassunto della trama, mi sentirei preso in giro. Personalmente non cercherai un riassunto da manuale, ma una recensione onesta sugli aspetti narrativi e stilistici del libro.
    Allo stesso modo non capisco perché pretendere la segnalazione del curriculum dell'autrice, né francamente ho mai letto recensioni che ne fanno menzione. Curioso poi che un presunto lettore anonimo chieda il curriculum dell'autore di un libro recensito, che se ne farà mai?
    Sulle note a pie' di pagina mi permetto di dire che il commento del lettore anonimo lascia trasparire una inconsapevole ignoranza in buona fede, o, e non so se sia peggio, una inconsapevole superbia in buona fede. Di nuovo, non conosco il libro, ma le due note segnalate nella recensione sembrano anche a me ingenuamente superflue. Ovvero: chi afferma la necessità di spiegare il significato del termine 'kitsch' o è ignorante, o crede che tutti gli altri lo siano.
    Infine: se a priori l'opinione di 28 giurie letterarie viene ritenuta superiore a quella dei blog letterari amatoriali, perché dunque perder tempo a cercare recensioni presso questi ultimi?

  • 19 gennaio 2012 alle ore 09:25
    Valetta says:

    A costo di ribadire l'ovvio in tutti i nostri post facciamo precedere alla "Recensione" una sezione denominata "Contenuti" che ha proprio lo scopo di dare un'idea della trama del libro. Mi pare giusto che un lettore abbia almeno una vaga idea dei contenuti trattati in un romanzo per valutarne l'acquisto ma la recensione è un'altra cosa; il riassunto della trama me lo chiedevano nei temi delle elementari, già alle scuole medie pretendevano invece una valutazione personale.
    Quanto poi alla presunta incompetenza del recensore, nella sezione "chi siamo" chiariamo bene che la nostra qualifica è quella di essere lettori appassionati, nessuno di noi è critico professionista e gli autori e le case editrici che ci inviano i loro romanzi ne sono ben coscienti. Ora mi auguro che se anche non sono un critico professionista se non mi piace il libro ho il diritto di dirlo, a patto che ovviamente le mie critiche siano argomentate. Mi viene il dubbio che se Pythia avesse assegnato a questo libro il massimo dei voti il suo parere di "non esperta" sarebbe andato benissimo.

  • 19 gennaio 2012 alle ore 13:02
    Pythia says:

    Intervengo ora solo perché non sono connessa al pc 24 ore su 24: ringrazio chi mi ha preceduta nelle risposte all'Anonimo commentatore, non posso che dirmi d'accordo su tutto.

    Per quanto riguarda il mio personale punto di vista, già espresso in altre sedi (e chissà perché solo in occasione di recensioni negative: mi piacerebbe trovare un disaccordo su un commento positivo!), ribadisco che nell'esprimere il mio parere di lettrice (non esperta, non studiata, non critica di professione) cerco sempre di motivare i miei giudizi, positivi e negativi che siano, il più obiettivamente possibile. Evito le simpatie o le antipatie, il gusto fine a sé stesso.
    Certo sarebbe facilissimo accettare di recensire un romanzo e scriverne bene anche senza averlo letto: ti fai un giro su google, prendi un parere qua e uno là, metti insieme e dici "bellissimo, profondo, poetico!" - così non offendi nessuno. Ma questo sarebbe rispettoso verso chi ci legge? Immagino che i nostri lettori, oltre che per curiosità e piacere, ci seguano per capire se vale la pena spendere tempo e soprattutto denaro per un libro. Scrivere solo il bene, spacciano per buono un prodotto che ha difetti, sarebbe come ingannare i nostri lettori.
    E credo sia anche una forma di rispetto per chi ci invia la propria opera: che se ne fa un autore di critiche fasulle? Piuttosto, un commento sugli aspetti che non funzionano potrebbe essere un'occasione di riflessione: ok, Pythia dice che le note danno fastidio, proviamo a vedere se effettivamente servono o no, proviamo a chiedere cosa ne pensa anche Tizio o Caio. Poi per carità posso anche avere torto e ben venga, sono sempre disponibile a correggermi, a patto che mi venga dimostrato che sto sbagliando: l'Anonimo, per quanto infervorato, non è riuscito a convincermi.

    Le note (dolenti): non tutti sanno il latino o il napoletano, d'accordo. Ma allora perché alcune frasi o termini latini/napoletani non vengono spiegati in nota, come accade a pagina 39?

    Le nozioni non richieste: pagina 33, "Castel Nuovo, detto anche Maschio Angioino, fu costruito da Carlo I d'Angiò.", è un'informazione decontestualizzata, che pare messa lì per istruire il lettore ignorante. C'è modo e modo per spiegare quello che non tutti sanno e non sarò certo io a dire a uno scrittore come farlo: mi limito a constatare che questo non è un modo efficace né piacevole. Interrompe il ritmo della narrazione, come un sasso nella scarpa.

    Le opinioni personali in corsivo: il romanzo è una riflessione di Laura dall'inizio alla fine, quindi perché evidenziarne pedantemente alcune? Siamo già nella sua testa, è lei che racconta in prima persona.

    L'Anonimo ha trascurato il mio "entusiasmo" e i "grandi pregi": ci sono, ne ho scritto, forse in maniera meno estesa rispetto ai contestati nei, ma andando oltre mi sarei proprio "sbrodolata", cosa che non amo.

    Non voglio contestare i giudici di quei 28 premi letterari (quali, poi?) ma quando ci si imbatte in un romanzo pluripremiato dovremmo chiederci sempre "...e chi erano gli altri concorrenti?"...

  • 19 gennaio 2012 alle ore 23:43
    Anonimo says:

    Ho letto il libro “Sogni tra i fiori” sul quale è stato gettato un mare di fango. In una società democratica, libera e civile esprimo le mie educate considerazioni. Il parere del critico letterario dovrebbe essere oggettivo quanto più possibile, ma anche il lettore più sprovveduto si accorge che la pseudo – recensione sopra pubblicata comprende una serie di affermazioni prettamente, esclusivamente e unicamente soggettive. Con riferimento alla critica che “le virgole sono pedanti perché spezzano la narrazione” dico che, ieri, ho riletto il libro e tutte le virgole sono risultate perfette, messe al posto giusto e che la narrazione fila liscia come l’olio, agile e spedita come non l’ho trovata in altri libri. È un testo piacevole da leggere proprio perché fin troppo scorrevole. Ecco, che un punto di forza è tramutato in una debolezza. Inoltre, il critico dice che “Le riflessioni della protagonista si dilungano eccessivamente” È vietato pensare troppo? Ci dovrebbero essere dei limiti al pensiero e c’è una lunghezza standard oltre la quale non si può andare con la mente? Esiste la libertà di pensiero intesa in ogni senso? Che osservazione è questa inserita in una recensione? Tengo a precisare che le opinioni esposte dall’autrice non sono mai ripetitive e il presunto pensiero “troppo lungo” non deriva da ripetizioni. Alcune riflessioni andavano scritte in “corsivo” per distinguerle dalle altre parti descrittive, narrative e dialogiche, cioè in quel punto ci voleva proprio il “corsivo”, anche se Laura si racconta fin dalla prima pagina. Il critico che distrugge, con tanta leggerezza, un libro dovrebbe conoscere alcune tecniche narrative. La critica asserisce: “Il susseguirsi degli eventi non presenta sorprese” Il lettore sveglio, attento, accorto e perspicace, si accorgerebbe che questo è un libro autobiografico, è una storia di vita vera, vissuta. Se nella vita reale ci fossero tante sorprese, magari una ogni mese, essa sarebbe più varia, meno piatta. Nelle storie inventate, di pura fantasia, c’è la sorpresina, in ogni capitolo, per affascinare e conquistare il pubblico. Il testo in questione è stato recensito su altri siti e alla recensione critica ha fatto seguito l’intervista. All’autrice è stato chiesto: “Laura ti somiglia?”. “Nel libro ci sono spunti autobiografici?” Questo perché il recensore aveva capito che si trattava di un’opera autobiografica. Nemmeno quest’aspetto fondamentale è stato compreso, troppe cose sono state fraintese, non si è proprio entrati nell’atmosfera, nello spirito del testo. Il libro non è stato capito e com’è stato stilato questo commento? Mi piange il cuore al pensiero che una recensione fasulla viaggi a gonfie vele sul web a rovinare un libro bellissimo che commuove, trasmette emozioni, inneggia alla vita, all’ottimismo, al perdono, ai sentimenti buoni, nobili, quando in giro c’è tanta spazzatura stampata che esalta la violenza, storie di vampiri, di sangue, orrende e diseducative. Prima di distruggere uno scrittore valutate attentamente.

  • 20 gennaio 2012 alle ore 09:25
    Valetta says:

    Ho riletto la recensione per la quarta volta: non ci sono insuliti ne offese gratuite, solo critiche negative tutte ben argomentate quindi il verbo "distruggere" mi pare del tutto fuori luogo.
    Una recensione è comunque il parere di una persona, non è la Bibbia, può essere giusto o sbagliato ma è inevitabile che il gusto personale influisca come dimostra il nostro stesso Anonimo nella sua critica alla recensione.
    Capisco che quando si ama un libro non è piacevole vederlo criticato ma attaccarsi alla solita scusa "Non l'hai capito!" non serve a nulla. Forse Pythia non l'ha capito o forse è stata più attenta di altri e ha colto degli aspetti negativi che gli altri lettori non hanno saputo cogliere.
    Comunque sono convinta che il elttore attento, accorto e perspicace saprà anche valutare lo spessore e la credibilità delle recensioni che trova in rete e potrà decidere di testa sua se vale la pena di leggere il libro oppure no.

  • 20 gennaio 2012 alle ore 12:09
    Pythia says:

    Di nuovo si torna sulla soggettività della recensione: credo che non ci possa essere nulla di più soggettivo della lettura di un romanzo e delle impressioni che questo suscita. Non si possono contare le volte in cui per uno stesso libro si trovano commenti discordanti, ciò che suscita entusiasmo a uno, nell'altro provoca fastidio. Se chi scrive di romanzi lasciasse completamente da parte le emozioni, che tipo di recensioni avremmo? Su cosa dovremmo basare le nostre opinioni? Forse la grammatica e l'ortografia? Ma allora tutti i libri sarebbero meritevoli, tranne qualche eccezione. Il lessico? Anche questo però sconfina nel soggettivo, c'è chi adora Camilleri e chi invece non capisce un'acca. La trama allora: coerenza, invenzione, riflessione - che mi auguro di trovare in tutte le opere che leggo. E quindi, se questi criteri pseudo-oggettivi vengono rispettati, allora un romanzo è "bello" o "buono"? A me sinceramente non basta.
    Non è la prima volta che mi si accusa di stroncare gratuitamente un romanzo: signori, spiacente di deludervi, ma non ho l'hobby del lancio di fango. Ogni volta che mi trovo a scrivere in negativo di un romanzo mi dispiace, sinceramente. Perché vedo i lati positivi, che evidenzio sempre, e spesso sono così speciali da farmi innervosire perché vengono messi in ombra da difetti evitabili.
    So che dietro a un libro c'è sempre una persona che vi ha dedicato passione e sudore, quindi mi sforzo di argomentare oggettivamente le mie critiche, di spiegare al meglio perché qualcosa secondo me non va.
    Sono giudizi condivisibili o no, è normale e giusto.
    Altro appunto, capiterà sempre che un qualche aspetto di un romanzo venga colto oppure no, anche questo è soggettivo e non ha nulla a che vedere con la preparazione o la cultura o l'attenzione del lettore. Succede per il semplice fatto che abbiamo teste diverse, punto. E capiterà ancora che in una recensione qualche aspetto venga trascurato, perché si deve scegliere, non si può dire tutto.
    Quel che tralascio di proposito sono solitamente spunti che non mi hanno colpita più di tanto ma mai, mai evito di evidenziare lati positivi laddove ve ne siano.

  • 20 gennaio 2012 alle ore 12:09
    Pythia says:

    Rispondendo più precisamente all'Anonimo in merito al romanzo:

    - le virgole: non sono "perfette", perché ne ho trovata qualcuna decisamente fuori posto, grammaticamente parlando (soggetto virgola predicato) ma queste sono sviste su cui ho preferito sorvolare. Quelle corrette sono tecnicamente ineccepibili e proprio per questo mostrano "eccessivo scrupolo" - lo dico io, che sono una maniaca dell'interpunzione! Maggiore libertà non avrebbe guastato. È un romanzo da buttare per questo? Certo che no.

    - "punto di forza è tramutato in una debolezza": all'Anonimo è forse sfuggito che all'inizio del mio commento ho parlato di scioltezza e ho scritto "La narrazione è tutto sommato scorrevole".

    - "È vietato pensare troppo?": no, non è vietato, ci mancherebbe. Ma quando per facciate intere si leggono solo ed esclusivamente riflessioni in totale assenza di azione, la lettura diventa più pesante, più noiosa. È soggettivo, certo, ma l'autrice ci/mi ha inviato il suo romanzo per avere la nostra/mia opinione.

    - "Il susseguirsi degli eventi non presenta sorprese" - cosa c'entri poi con l'autobiografia non lo capisco. Se una storia è ispirata a fatti reali per forza non deve sorprendere? Io, come tanti altri, leggo per prendere una pausa dalla vita vera, banale piatta senza sorprese ad ogni capitolo della giornata. In copertina trovo la scritta "romanzo", non "autobiografia" e di conseguenza lo valuto.
    Per carità, un paio di sorprese ci sono ma vengono introdotte in modo così poco efficace da non destare sconvolgimento alcuno. Soggettivamente parlando.

    - "recensione fasulla": per me fasullo è non leggere un libro e scriverne un commento. Fasullo è riportare cose non vere. Fasullo è tacere qualcosa. Piuttosto ditemi che sono carogna, eccessivamente esigente, ma fasulla proprio no.

    - esaltare un libro solo perché commuove mentre in giro c'è tanta violenza: il commuovere è soggettivo. Prima mi si accusa di essere eccessivamente soggettiva, poi mi si dice il contrario.

    - "distruggere uno scrittore": non mi sono mai permessa di tirare in ballo l'autrice, nemmeno l'ho mai nominata.

    Credo che se la mia recensione si fosse fermata al quarto paragrafo, tutta questa discussione non sarebbe mai nata. Ma sarebbe onestà?

  • 20 gennaio 2012 alle ore 14:43

    Quello che non capisco della critica di Anonimo è: visto che tu sostieni quest'assurda oggettività che dovrebbe avere una recensione (e che permettimelo senza offesa, "fa ridere i polli"), perchè non ti dedichi a pubblicare tu, online, la tua recensione di un libro "rovinato" da queste critiche pur essendo per te "un libro bellissimo che commuove, trasmette emozioni, inneggia alla vita, all’ottimismo, al perdono, ai sentimenti buoni, nobili" e magari, perchè no... il tuo lavoro verrebbe apprezzato e lodato con dei follower che difenderebbero e commenterebbero positivamente il tuo operato, un po' come succede in questo blog.

    Ah, ovviamente, nella speranza che il tuo anonimato si riveli presto al pubblico con le tue credenziali che, anche se non ci hai descritto, a quanto pare, sono superiori rispetto a quelle di Pythia e che ci permetteranno di elogiarti con un "oooh, tu si che hai le competenze soprannaturali per redigere una recensione oggettiva, tu non sei umano, tu non hai pareri, tu la conoscenza suprema!", ti mando un saluto. =)

  • 23 gennaio 2012 alle ore 16:55
    Anonimo says:

    Le stroncature non piacciono a nessuno, ma bisogna rispettare la libertà di giudizio del recensore. A questi si potrebbe ricordare, d'altro canto, che le parole sono, a volte, pesanti come pietre e che un po' di ragionata e gentile moderazione non guasta.

  • 23 gennaio 2012 alle ore 22:48
    Anonimo says:

    Condivido pienamente gli interventi a favore di questo libro. L'ho letto anch'io e mi è piaciuto molto. Gli avrei dato una stella e mezza in più. La recensione la trovo assurda e inappropriata, falsa in molti punti.

  • 23 gennaio 2012 alle ore 23:09
    Anonimo says:

    Sono d’accordo con te anonimo. Che recensione è quella? Si sofferma su una virgolina fuori posto, “il pensiero troppo lungo” (di pagine e pagine) che non c’è assolutamente. Poi, c’è la frasetta Wilkipedia (una mezza frase), quando tutto il libro è scritto in stile personale dalla prima all’ultima pagina. Le pagliuzze sono state trasformate in travi, perché bisognava affossarlo. Che orrore!

  • 24 gennaio 2012 alle ore 01:09
    sakura87 says:

    Scusate, io avevo deciso di non intervenire più, ma questa sequela di interventi anonimi che (spero di sbagliarmi) sembrano sollecitati dall'autrice ai suoi fedeli lettori sta iniziando a diventare un po' una farsa.
    Se tutti questi anonimi (commenti #1, #8, #14 e #15, dal momento che il #13 è educato e ragionevole) potessero fornire delle credenziali in base alle quali dimostrano di essere più competenti opinionisti della nostra collaboratrice, sicuramente risulterebbero più credibili. Chiedo pertanto come favore personale a tutti i recensori del blog e a eventuali nostri lettori di asternersi dall'ingaggiare una guerra di opinioni con gente che non ha nemmeno il coraggio di palesarsi.

  • 24 gennaio 2012 alle ore 13:56
    Tancredi says:

    Non c'è niente di più inconsistente della ridondante opinione di un anonimo. Prendersi la responsabilità delle proprie idee e delle proprie affermazioni è condizione imprescindibile per farsi leggere o ascoltare.

  • 24 gennaio 2012 alle ore 14:01
    Tancredi says:

    Certo è curioso che le uniche forme di solidarietà e affermazioni di apprezzamento del libro provengono da anonimi... qualche sprovveduto malpensante potrebbe pensare che evidentemente si vergognano al punto da celare il proprio nome!

  • 24 gennaio 2012 alle ore 17:23
    Anonimo says:

    Non capisco tanto accanimento contro un libro bello, come se fosse una cosa personale. Comunque, per rispondere a Tancredi, del quale ho letto e apprezzato varie recensioni, le uniche forme di apprezzamento per questo libro non sono solo anonime, perchè ci sono 28 premi letterari conseguiti, in quasi tutte le regioni d'Italia, tutti pubblici e presenti sul web (e c'è notizia del 29° - cerimonia ad aprile, poi uscirà l'articolo). Ottenere anche un 1° 2° o 3° posto su 800 - 900 concorrenti non è cosa da poco. Si può controllare chi c'era in giuria, loro non si sono vegognati di premiare questo libro (giornalisti che scrivono da quarant'anni su importanti testate nazionali, scrittori, docenti universitari). Avrebbe potuto sbagliare una giuria, non 29. Sembra davvero strano. Forse i giurati non erano competenti? Forse tutti i recensori lo sono? Vattelapesca! Ti saluto.

  • 24 gennaio 2012 alle ore 21:21
    Anonimo says:

    Scusate per l'errore di distrazione, volevo dire: " loro non si sono vergognati".

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