15 giugno 2011

Intervista a Daniela Frascati, autrice di "Amori anomali"

L'autrice

Daniela Frascati è nata in Toscana, ad Abbadia San Salvatore. Ha un figlio e una figlia, che ama definire "il suo sole e la sua luna", e cinque gatti. Vive a Roma dove ha lavorato come assistente parlamentare per un Gruppo della sinistra italiana e presso la Direzione Nazionale dello stesso Partito. Da anni impegnata nelle politiche della differenza di genere, nel sindacato e nel sociale, anche come organizzatrice di eventi culturali. Ha ideato e condotto, per Radio Città Futura (1996), una trasmissione dal titolo “Il Pane e le Rose” sulla cultura e il pensiero femminista. Ha collaborato con vari giornali territoriali.



Il libro

Amori anomali si compone di cinque racconti ognuno dei quali racconta di una storia d'amore sui generis, ambientati in diversi luoghi e tempi. Protagoniste di queste storie sono quasi sempre adolescenti all'affannosa ricerca dell'amore visto come unica via per raggiungere la serenità ma che, una volta incontrato, si rivela una potenza devastante.





L'intervista



Buongiorno Daniela, grazie per la tua gentilezza.

Buongiorno a te, Livia.


Innanzitutto ti faccio i miei complimenti per Amori anomali. Vorrei subito chiederti di spiegarci perché hai deciso di trattare l’aspetto “anomalo” dell’amore.

Grazie, i complimenti fanno sempre piacere, spero lo stesso piacere che si ricava leggendo questi racconti.
L’amore che volevo misurare in queste storie si porta dentro molte anomalie; quella di un corpo “diverso” in un momento storico in cui la diversità è una condanna sociale; l’amore accecante, al limite della pedofilia e quasi dell’incesto, tra don Ermanno e Anella, la ragazzina che alleva come una figlia; l’amore come trascendenza mistica che s’imprime nel corpo e lo segna; l’amore come mescolanza estrema di due corpi che attraverso un rito magico si fondono.
Le protagoniste femminili sono quasi tutte ragazzine poco più che adolescenti per le quali il corpo è, nello stesso tempo, straordinaria dimensione vitale e luogo di un destino impietoso e inesorabile. Ciò che accomuna le ragazzine, come del resto gli altri personaggi che ne attraversano le vite, è il disperato e struggente bisogno di amore, un amore a volte al limite dell’anomalia, appunto, un ibrido che mescola sacro e profano, mondo reale e mondo immaginario e che fa di tutti, poveri esseri che trascinano una sofferenza che non sanno neanche nominare.


Secondo te, riferendosi all’amore, si può parlare in qualche caso di “normalità”, non sarebbe una banalizzazione di un sentimento tanto vitale?

L’amore è, secondo me, una sorta di stato di Grazia, soprattutto se ricambiato, in cui chi ama fa dono di sé, nella pienezza del suo essere, corpo e anima e, questo stato di grazia, compie il miracolo, per chi lo sa riconoscere, di rivelare cose e dimensioni di cui non sapeva e non conosceva la profondità. Non c’è nulla di “normale” nell’amore così inteso. È un amore/passione, dimensione totalizzante ed estrema, qualcosa che sconvolge la vita ma la restituisce nella sua pienezza. Non importa quanto dura; quando c’è, è una dimensione che segna e sovverte anche le vite più normali.


Nei tuoi racconti la ricerca dell’amore e quella di una esistenza diversa vanno di pari passo. Possiamo dire che le protagoniste delle varie storie vedono l’amore come la via che le porti alla completezza, alla realizzazione di se stesse come persone?

L’anomalia di questi amori è proprio nel fatto che queste giovani donne sono “prese d’amore” da e per uomini o passioni più grandi di loro. Sono “cercatrici di amore” malgrado loro, poiché la condizione sociale in cui vivono, solitudine, povertà materiale e soprattutto affettiva, le espone a questa “ricerca”. In queste storie, l’amore, nelle sue accezioni più complesse, anche morbose, come appunto in don Ermanno, è “l’unica” possibilità per affrancarsi da una vita di solitudine e miseria affettiva e materiale. Ed anche l’unico modo perché il proprio corpo acquisti identità e valore.


Dal libro emerge però anche un altro aspetto dell’ amore: viene definito “contagio”, descritto come una forza devastante che non permette di sottrarsi alla sua potenza. Quale delle due visioni è più vicina al tuo modo di vivere l’amore?

L’amore, è un contagio, una malattia che attacca tutti gli organi e i sensi: il cuore, la mente, il gusto, l’olfatto, il tatto… Tutto di noi è “contaminato” da questo stato alterato di coscienza che ha quasi sempre una durata temporale limitata, poi si torna, alla normalità. Non so se sia un bene, ma succede così. Chi è stato segnato, però, da questo genere di amore non sarà più lo stesso di prima.

L’amore è dunque, per tutti, un territorio di scoperta ma è anche necessario possedere e costruirsi gli strumenti per misurare questo sentimento che coinvolge l’interezza della persona. Corpo, psiche, mente, anima, come dimensione che fa entrare in relazione e “armonizza” il proprio sé e la connessione con gli altri. Per questo io penso che sia vitale accondiscendere alla potenza dell’amore/passione ma anche saper trarre da questa forza, consapevolezza e coscienza di sé e dell’altro.


Tra i vari personaggi dei cinque racconti quelli che mi hanno incuriosito di più sono don Ermanno e Maria Nives, ce n’è uno al quale sei particolarmente legata?

I miei personaggi mi legano tutti. Loro vivono di me e io attraverso loro approdo in quel mondo parallelo che la scrittura sa generare. Ognuno me ne mostra una parte, quella che le sue emozioni e la sua presenza sanno evocare.
Devo dire però che alcuni dei personaggi hanno tratti e caratteri che mi intrigano ancora e che non ho esaurito nei racconti. Don Ermanno, per esempio, la sua passione cieca e allo stesso tempo la sua intransigenza che lo fa aspettare anni finché ciò che ha deciso per sé e per Anella si compia. Con altro nome e in altri modi, sono sicura che tornerà nelle mie storie.


Prima che scrittrice lei è stata impegnata in politica e nel sociale, come è approdata alla narrazione?

La scrittura è una lunga frequentazione. Per lungo tempo ho però scritto cose frammentarie, appunti, considerazioni che poi finivano gettati via. Poi, anche l’impegno politico e sociale ha comportato un rapporto con la scrittura; si scrivono relazioni, ricerche, sintesi di riunioni o incontri. Senza parlare poi del lavoro di assistente parlamentare che ho svolto per diversi anni. Interpellanze, interrogazioni… un’abitudine quotidiana con una scrittura che mi avrebbe quasi insegnato l’asciuttezza e la sintesi se io non amassi invece una scrittura, “barocca”, carica di metafore e di colore.
La narrazione è arrivata negli ultimi quindici anni, privilegiando, anche per motivi di tempo, le short stories, come sono appunto questi racconti. A dire la verità, scrivo di tutto, favole, racconti erotici, narrativa a sfondo sociale, romanzi. Tra qualche giorno uscirà, in cartaceo, per l’editore Absolutely Free, un mio romanzo dal titolo Nuda Vita che finora è reperibile un ebook.
Penso che scrivere sia anche, e soprattutto, raccontare storie, affabulare, coinvolgere, prendere il lettore per mano e stringere con lui un patto capace di “costringerlo” a seguire colui che racconta, ovunque, in qualsiasi dimensione reale o fantastica, immanente o metafisica.


Che rapporto ha con la letteratura, con i libri in genere? Ci sono degli autori che l’hanno influenzata in qualche modo?

Amo i libri e ne sono una divoratrice. Ne sono sommersa, credo di avere più di seimila volumi che non stanno più negli scaffali e me li ritrovo ovunque. Ho sempre letto molto, fin da bambina. Mio padre mi accompagnava ogni settimana alla biblioteca comunale di Abbadia San Salvatore, dove ho vissuto fino a tredici anni; tornavo a casa carica di volumi, non sempre adatti a una ragazzina della mia età. Ricordo la noia infinita della lettura di Tartarin di Tarascona e l’inquietante suggestione del romanzo Dorian Grey. Ma leggevo anche Piccole donne e Le avventure di Tom Sawyer, Alice nel paese delle meraviglie e Il meraviglioso mago di Oz. Da adulta ho letto e leggo tantissimo e non solo narrativa. Ho una passione per la letteratura ispano-americana, e credo si percepisca nella mia scrittura, in particolare in questi racconti. Borges, Marquez, Sabàto, tanto per dirne alcuni. Poi Tony Morrison, Yourcenar, Angela Carter, con cui ho molte assonanze anche nelle tematiche, e ancora Kafka, soprattutto Il castello, che sto rileggendo per l’ennesima volta, e Saramago, di cui ho appena terminato La Caverna e Murakami Haruki che è la mia passione letteraria più recente. Di lui ho letto tutto ciò che è stato tradotto in italiano e sto aspettando con ansia l’ultimo romanzo, 1Q84.


Puoi anticiparci quali progetti hai in serbo per il futuro?

Ho l’abitudine di scrivere più cose contemporaneamente, così come di leggere più cose allo stesso tempo. Sono alle prese con due romanzi che vorrei terminare, ci lavoro da anni, Il primo è molto complesso nella struttura e nell’intreccio, non ha un titolo nemmeno provvisorio, o meglio ne ha molti, poi deciderò; l’altro è un romanzo più breve, titolo provvisorio, Fatta di Piume.
Sono due storie diverse tra loro, anche per l’ambientazione. Fatta di Piume racconta di una traversata su una nave all’inizio del ‘900, forse ha echi da romanzo gotico, ma tutti e due hanno in comune la tematica che di fatto attraversa molte delle storie che scrivo: la dimensione inquietante che si accompagna alla realtà del mondo che cade sotto i nostri sensi alla quale le nostre paure spesso danno corpo e vita.


Ti ringrazio ancora e ti saluto.

Sono io che ringrazio te e La Stamberga dei Lettori.

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