19 aprile 2011

Intervista a Cristiana Pivari, autrice di Crisalide rosa

L'autrice

Cristiana Pivari ha due figli, un compagno e un cane. Legge molti libri, altri li cataloga per lavoro e qualcuno tenta di scriverlo. Il suo primo libro, una raccolta di racconti dal titolo “In prima persona singolare” vincitore del premio Elsa Morante per inediti è uscito nel 2007. Per quasi dieci anni ha recitato su di un palcoscenico, poi si è ritirata dietro le quinte per organizzare spettacoli e ha scritto due testi teatrali. Uno messo in scena nel 2008 e un altro segnalato in un concorso. Ha vinto qualche premio letterario ed è pubblicata in numerose antologie. Con amici artisti e fotografi ha allestito tre mostre narrate, facendo, con i suoi racconti, da filo conduttore alle opere esposte. Attualmente collabora con la rivista Vera e continua a lavorare in un archivio.



Il libro

Alla "non più verde età di trentacinque anni", Silvia non ha ancora deciso cosa fare della sua vita, si sente appunto una crisalide "immobile, appesa a testa in giù che aspetta di diventare farfalla. Aspetta e spera, ma almeno non sono più un bruco, almeno credo”. Comincia dunque il suo viaggio alla ricerca di se stessa, sempre accompagnata dal suo pelosissimo cane Pablo, e durante il quale incontrerà diverse persone che la aiuteranno a crescere e a liberarsi finalmente del suo bozzolo.




L'intervista



Buongiorno, Cristiana, grazie per la tua disponibilità.

Buongiorno a te, Livia.


1. Comincio facendoti i complimenti per Crisalide rosa e chiedendoti subito del titolo: l’immagine della crisalide serve perfettamente a rendere lo stato d’animo della protagonista, ma come ti è venuta in mente?

Grazie per i complimenti, innanzitutto. Crisaliderosa, scritto così tutto attaccato, è il nickname che ho scelto per l’iscrizione a un forum di scrittori esordienti in internet una sera che mi sentivo in sintonia con il suo significato, spinta anche dal fatto che ha la stessa radice del mio nome. Al momento di dare il titolo al romanzo mi è venuto naturale passare il nomignolo a Silvia, la mia creatura. Di madre in figlia.


2. Come è nata la figura di Silvia, questa trentacinquenne che ancora non sa cosa farà da grande? Ti sei ispirata alla realtà?

Silvia c'è in ognuna di noi e anche qualche maschietto si può ritrovare nelle sue paturnie. L'età è puramente simbolica perché si può essere così a venti come a cinquant'anni considerato il fatto che le ultime due generazioni hanno, secondo me, tantissimi punti in comune per quanto riguarda lo “spaesamento” rispetto al mondo in cui si trovano a vivere.


3. Ho molto apprezzato, nel tuo libro, l’ironia dei personaggi che emerge dal loro linguaggio e dai dialoghi. Quanto ti ha aiutata, in questo, l’esperienza teatrale?

L'ironia fa parte del mio carattere e la considero un elemento indispensabile per vivere non prendendosi troppo sul serio. Cerco sempre di sdrammatizzare le situazioni penose, magari non mi riesce al primo colpo perché sono impulsiva ed emotiva, ma poi ci arrivo e le situazioni si ridimensionano. C’è questa tendenza, insita nell’ animo umano, a ingigantire piccoli problemi risolvibili e minimizzarne altri che problemi lo sono davvero perché magari non ci toccano così da vicino.


4. I personaggi di Crisalide rosa sono molto interessanti, ce n’è uno in cui hai messo qualcosa di te stessa?

Silvia è il mio alter ego e come me si fa un sacco di menate anche se, devo dire, molte cose le ho superate e sono certa che le supererà anche lei, col tempo.


5. Silvia, almeno in un primo momento, vive la scrittura come terapia, tu invece come ti sei avvicinata a questo mondo?

Anche per me è stata terapeutica dodici anni fa quando ho iniziato a scrivere dopo un grande dolore. Prima di allora mi limitavo alla lettura, non ho mai tenuto nemmeno un diario. Ora però che ho iniziato a scrivere conto di andare avanti per molto perché è la forma espressiva che mi riesce meglio.


6. Nel romanzo ci sono molti riferimenti, impliciti o espliciti, a diversi libri e autori (Svevo, Beckett, Coelho), sono testi che hanno significato qualcosa di particolare per te o semplicemente hai ritenuto potessero adattarsi bene alla figura della protagonista?

Leggendo molto è chiaro che qualcosa ti rimane addosso e ti viene fuori quando scrivi per trarre conforto, per dare credibilità a ciò che affermi perché “se l’ha detto anche quello che è famoso diventa più vero”.


7. Parliamo di psicologia: Silvia sembra non avere molta fiducia nella sua analista ma, al tempo stesso, continua a ricondurre la sua insicurezza al rapporto con la madre. Cosa pensi tu della psicologia, ritieni che questo tipo di terapia possa essere utile a chi si sente una “crisalide”?

Il fatto di capire il perché di un problema non significa averne trovato la soluzione o meglio ancora averlo superato. Non so se la psicologia può trovare le soluzioni, con le cause è bravissima invece. Come traspare dal romanzo io credo che ognuno di noi abbia il suo ruolo in questa vita, sono molto buddista in questo, e se gli sono capitate quelle persone anziché altre, è perché proprio quelle servono per la sua evoluzione. Io da quando ho deciso di pensarla così, ho superato molte cose che mi affliggevano. Ognuno deve trovare il modo di vivere che lo fa stare meglio e a me piace questo perché mi fa sentire fautrice del mio destino e non in balia degli eventi e delle persone. Amen.


8. La tua prima pubblicazione, In prima persona singolare, è stata una raccolta di racconti; con Crisalide rosa invece sei passata al romanzo. Cosa dobbiamo aspettarci per il futuro, pensi di continuare a “sperimentare” nuove forme narrative o hai trovato quella che ti è più congeniale?

Mi sono congeniali quasi tutte, dico quasi perché con la poesia non c’è affinità. Ci ho provato, ma mi sento molto ridicola quando mi rileggo, come se avessi voluto fare il verso a un poeta.


Ti ringrazio nuovamente per la tua cortesia e ti faccio tanti auguri per il futuro.

Grazie a te e alla Stamberga dei Lettori.

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