12 settembre 2017

La casa tonda - Louise Erdrich

1988. La comunità di una riserva indiana nel North Dakota è scossa da un crimine di un’efferatezza inedita per quei luoghi. La moglie del giudice Coutts, Geraldine, che ha subìto l’aggressione, si è chiusa nel silenzio ed è caduta in una profonda depressione. Se è viva, lo deve alla propria presenza di spirito: ha approfittato di un momento di distrazione dell’assalitore ed è fuggita in automobile. Sembra che dopo averle usato violenza, l’uomo abbia tentato addirittura di bruciarla viva cospargendola di benzina. ‟Sembra”, perché la faccenda presenta molti lati oscuri e perché la vittima si rifiuta di parlarne. Assistito dalle due polizie che operano all’interno della riserva, quella indiana e quella americana, Coutts inizia a indagare. Ma Coutts non è un giudice d’assalto, il suo lavoro si è sempre limitato a liti tra vicini, furtarelli, piccole truffe, ubriachezza, un po’ di droga. Toccherà al figlio tredicenne Joe intervenire per cercare di far luce sul mistero. La casa tonda è un giallo veloce ed emozionante, un romanzo di formazione con un narratore protagonista memorabile che si muove sullo sfondo di efferati crimini a sfondo razziale. Tutti elementi che hanno convinto pienamente lettori, critici e scrittori del calibro di Philip Roth e che inseriscono a pieno merito La casa tonda nella più classica e migliore tradizione letteraria americana, quella de Il buio oltre la siepe di Harper Lee.

Recensione

Forse i romanzi di formazione hanno fatto il loro tempo. O forse sono io che inizio ad averne letti troppi. Fatto sta che credo di averne abbastanza di scrittori maturi che decidono di affrontare tematiche complesse e controverse sfruttando il punto di vista puro di un pre-adolescente che inizia a scoprire la brutalità del mondo e nel farlo diventa adulto.

E' ciò che fa Louise Erdrich nel suo romanzo più famoso, La casa tonda, che l'ha portata a vincere il prestigioso National Book Award e ha scomodato importanti paragoni con capolavori come Il buio oltre la siepe.
Per quanto sostanzialmente diverso nell'ambientazione - ci troviamo nel Nord Dakota di fine anni ottanta - il romanzo rispolvera tematiche di discriminazione, violenza e significato della giustizia narrate attraverso lo sguardo di un giovane protagonista, il tredicenne Joe, che giustificano in apparenza in paragone.
La vita spartana condotta dai protagonisti all'interno di una riserva indiana rimanda alla mente del lettore quelle atmosfere da America rurale che sembrano rimaste inalterate dalla Louisiana degli anni cinquanta a tempi più recenti.
A differenza di quanto fatto ad Harper Lee nel suo romanzo più celebre, la Erdrich si fa completamente soggiogare dall'agenda che si è prefissata e lascia che la trama e i personaggi anneghino nella palude delle digressioni di stampo etico e folkloristico.
E' dei nativi americani che l'autrice vuole parlare, del profondo razzismo di cui sono ancora vittime, dell'ambiguità del sistema giuridico americano che a parole garantisce loro supremazia giuridica nei territori della riserva ma di fatto li rende più vulnerabili a crimini destinati a rimanere impuniti, delle loro tradizioni e della loro cultura.

Il motore propulsore è il brutale stupro e tentato omicidio subito dalla madre del giovane protagonista, un veneto destinato a segnare per sempre il destino di una famiglia solida e semplice. Mentre la donna si chiuderà nel silenzio tipico del trauma e del terrore, il marito giudice cercherà giustizia seguendo le regole mentre il giovane Joe dovrà fare i conti con il proprio desiderio di vendetta e le ambiguità della legge degli adulti.

Tanta carne al fuoco quindi e riconosco che l'autrice cerca di affrontare ogni aspetto della vicenda in profondità, è l'aspetto prettamente narrativo che a mio parere manca. I personaggi sono troppo simili a quelli di mille altri romanzi di formazione per potercisi affezionare davvero. Il linguaggio poi - non saprei dire se per colpa di una traduzione troppo letterale - è piatto, privo di pathos, a volte addirittura poco sensato. La voce narrante è quella di un Joe adulto ma il tono, la complessità sintattica sono quelli del tredicenne al centro della vicenda, il che rende la narrazione quasi sciatta.

La trama si compone di impennate improvvise alternate a lunghi momenti stagnanti, ripetitivi e, almeno per me, poco interessanti. c'è chi infatti ama rileggere delle scorribande fatte da ragazzino, crogiolandosi nella nostalgia dei bei tempi innocenti; devo invece confessare che, per quanto ai tempi mi sia divertita da morire, ora non riesco a provare che noia nel leggere le disavventure in bicicletta di un gruppo di tredicenni, la mia mente adulta cerca una complessità maggiore. E, visto che siamo in tema di confessioni, ammetto di aver sempre trovato il folklore indiano un po' noiosetto e ripetitivo, per questo sono stati numerosi i capitoli in cui ho portato vanti la lettura con fatica.

Inoltre, ogni qualvolta l'autrice riprende il filo della trama, sembra essersi dimenticata qualche anello di congiunzione per strada perciò gli eventi non sempre hanno un nesso logico e lasciano il dubbio di essersi perso qualcosa.

Per questo, nonostante gli evidenti meriti e le fori ambizioni dell'autrice, non sono riuscita ad andare oltre le tre stelline nella votazione. Raramente la vita dei nativi americani si è trovata al centro di un romanzo di così ampia risonanza come La casa tonda e in questo apprezzo l'originalità e il coraggio dell'autrice, tuttavia il risultato complessivo dal punto di vista narrativo è ben lontano dal capolavoro.

Giudizio:

+3stelle+

Dettagli del libro

  • Titolo: La casa tonda
  • Titolo originale: The round house
  • Autore: Louise Erdrich
  • Traduttore: Vincenzo Mantovani
  • Editore: Feltrinelli
  • Data di Pubblicazione: luglio 2013
  • Collana: I narratori
  • ISBN-13: 9788807030529
  • Pagine: 384
  • Formato - Prezzo: brossura - Euro 12,00

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