14 novembre 2014

Diario di lettura di Patrizia: Jayber Crow - Wendell Berry

Per oltre trent'anni Jayber Crow è stato il barbiere di Port William, un piccolo centro agricolo del Kentucky. Tutti sono passati dal suo negozio, affidandogli, insieme ai capelli e alla barba, pensieri e speranze, sogni e delusioni. Ormai anziano, ci racconta le loro vicende, e attraverso di esse la propria stessa vita. Mentre sullo sfondo scorrono gli avvenimenti della Storia - dalla crisi del '29 alla seconda guerra mondiale, al Vietnam, agli anni '80 - le piccole storie degli abitanti di Port William si intrecciano costruendo una trama di forte verità umana. Evocando persone e fatti con il suo tono piano ed equilibrato, Jayber Crow ci parla di amicizia e amore, di gioia e dolore, della fede in Dio e delle trasformazioni che hanno profondamente modificato il rapporto dell'uomo con se stesso e con il mondo. In una realtà scandita dall'avvicendarsi delle stagioni e dal lento scorrere del fiume, la comunità di Port William ha infatti visto minacciati da guerre, avidità e consumo dissennato i suoi delicati equilibri ecologici, economici e umani. Lo sguardo di Jayber è sempre penetrante e sensibile, è quello di chi vuole comprendere più che giudicare e partecipa intimamente a ciò che le persone intorno a lui vivono e soffrono...

Diario di lettura

AVVISO
Chiunque tenti di trovare un testo in questo libro sarà perseguito; chiunque tenti di trovarvi un sottotesto sarà bandito; chiunque tenti di spiegarlo, interpretarlo, districarlo, analizzarlo, decostruirlo o capirlo in qualche altra maniera sarà mandato in esilio su un’isola deserta in compagnia degli altri interpretatori suoi simili.
PER ORDINE DELL’AUTORE (Premessa a Jayber Crow)

Questa recensione si presenta abbastanza difficile; in primo luogo mi accingo a fare proprio quello che l’autore vieta di fare e quindi mi toccherà andarmene su un’isola deserta (anche se credo che la troverò molto affollata e poi a me basta che ci sia una connessione wireless), ma soprattutto, spulciando i vari commenti a questo libro, mi sono resa conto che è piaciuto praticamente a tutti quelli che lo hanno letto. Io invece l’ho trovato noioso, poco coinvolgente e, in certi passaggi, irritante. A questo punto mi devo porre qualche domanda perché mi sembra improbabile che solo io abbia ragione e tutto il resto dell’universo-mondo, invece, sia in torto.

Forse posso iniziare dagli assunti epistemologici di base che non condivido con l’autore e che mi mal dispongono verso questo romanzo. Rifuggo come la peste da tutte le affermazioni nostalgiche che esaltano i valori del bel tempo andato e svalutano il presente. Ogni fase storica ha luci e ombre: non si può, presi dall’ansia per i cambiamenti (d’accordo, non sempre positivi) che si osservano, lanciarsi in descrizioni agiografiche del tempo che fu e dei suoi protagonisti, dimenticando che non erano proprio tutte rose e fiori. Per dirvene una, probabilmente aver costruito l’autostrada ha distrutto parte dell’ambiente naturale in cui Jayber Crow ha vissuto da bambino ma, immagino, togliendo Port William dal suo isolamento ha reso più raggiungibili gli ospedali e ha contribuito a diminuire la mortalità infantile o i casi di morte per parto. Insomma, la visione del mondo per assoluti, bianco o nero, mi rende nervosa: quindi come posso apprezzare un libro in cui ogni parola (secondo me) vuole mostrare come si viveva bene prima? Per la domanda che mi sono posta sopra, forse le posizioni di Wendell Barry non sono così estreme, ma per quanto mi sforzi, proprio non riesco a cogliere la giusta misura (badate bene: quella che per me è la giusta misura) tra nostalgia del passato e svalutazione del presente. Questo sbilanciamento (a favore dei vecchi valori e del concetto tradizionale di comunità, contrario del tutto a ogni forma di progresso) è una delle cause della mia irritazione verso Jayber Crow e tutta Port William, e se si è irritati verso qualcuno è difficile trarre piacere dalla sua compagnia. E’ transfert o controtransfert? A voi lettori l’ardua sentenza!

Potrei dilungarmi anche sullo spirito religioso di cui è intrisa la vita del protagonista e che lo porta a scegliere di vivere ai margini della comunità, desistendo dall’avere una vita propria. A me non va giù per niente! Devo comunque ammettere che alla fine si tratta di una diversa visione del mondo e non voglio imporre la mia a Jayber. Del resto, ho amato anche romanzi in cui le scelte di vita dei protagonisti erano discutibili, se non addirittura contrarie al mio sistema di valori.

E allora qual è il problema? Mi piace pensare che, in questo caso, il problema non siano i miei pre-giudizi ma piuttosto che si tratti di una questione legata allo stile e alle scelte narrative di Wendell Berry. Certo, il fatto che nei commenti entusiasti degli altri lettori non ci sia neanche un accenno a questi aspetti mi fa ancora una volta dubitare delle mie capacità di giudizio, ma io vado avanti e ve le scrivo (nel frattempo, però, mi procuro un caricabatteria a energia solare per il mio trasferimento nell’isola non molto deserta di cui sopra).
Wendell Berry si dimentica per lunghi tratti della narrazione della regola “Show, don't tell”. La caratterizzazione di molti personaggi passa attraverso le spiegazioni di Jayber Crow (è il caso di Mattie Keith, uno dei personaggi chiave del romanzo). L'espediente di far parlare un uomo anziano, dall'alto della sua esperienza, può giustificare questo continuo raccontare; io però avrei preferito vedere in azione i vari attori per farmi un’idea mia personale, senza le continue interferenze interpretative di Jayber. In alcuni passaggi, inoltre, sembra di leggere un saggio: l’autore espone le sue teorie sull’economia, sulla politica, sul rapporto tra l’uomo e Dio, tra l’uomo e le risorse naturali. Ecco, penso che, trattandosi di un romanzo, le tesi di fondo avrebbero dovuto essere portate all’attenzione del lettore attraverso le azioni, i pensieri e i dialoghi dei vari personaggi descritti. Più semplicemente, un centinaio di pagine potevano proprio essere eliminate e probabilmente il libro ne avrebbe guadagnato, diventando più snello e meno speculativo.

Dopo aver dato sfogo alle mie lamentele, posso anche scrivere di quello che ho apprezzato in questo romanzo (poco a essere sincera, ma qualcosa mi è piaciuto). Le parti più riuscite, secondo me, sono le descrizioni della natura: il movimento sinuoso del fiume, la terribile energia della piena che porta con sé tutto quello che incontra, l’armonia dei ritmi naturali. La sensazione è di essere lì, in mezzo ai boschi e sentire gli stessi suoni e gli stessi profumi descritti; l’amore profondo di Wendell Berry per la sua terra diventa tangibile così come la nostalgia per quella natura che ormai non c’è più, distrutta dall’uomo per soddisfare bisogni immediati ma, secondo l’autore, effimeri. In genere non mi faccio mai influenzare dalle valutazioni altrui (e non leggo mai le recensioni prima di aver scritto la mia), ma con questo libro (per tutti i dubbi che ho espresso) ho preferito tener conto del fatto che forse non ho la giusta sensibilità per apprezzare la narrazione della vita di Jayber Crow. La valutazione di 3 stelline è, quindi, una sorta di media ponderata tra quello che soggettivamente penso che sia il valore di questo romanzo (2 stelline) e la media delle valutazioni che ho trovato sul web (4/5 stelline). Potrei, e ci starebbe pure, lanciarmi su una dissertazione intorno alla docimologia e alla teoria della valutazione, ma vi (e mi) esonero da questo arduo compito e, invece, vi invito a leggere voi stessi questo romanzo per avere una vostra opinione.

Giudizio:

+3stelle+

Dettagli del libro

  • Titolo: Jayber Crow. Storia della vita di Jayber Crow, barbiere, membro della comunità di Port William, così come scritta da lui medesimo
  • Titolo originale: Jayber Crow
  • Autore: Wendell Berry
  • Traduttore: Vincenzo Perna
  • Editore: Lindau
  • Data di Pubblicazione: 3 luglio 2014
  • Collana: Senza frontiere
  • ISBN-13: 978-8867082698
  • Pagine: 540
  • Formato - Prezzo: brossura – Euro 24,00

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