7 febbraio 2014

Speciale Scrittori suicidi: Una stanza tutta per sé - Virginia Woolf

Virginia Woolf (1882-1941) non avrebbe bisogno di presentazioni. Tra le personalità più influenti del XX secolo, madre del flusso di coscienza, è stata una scrittrice di indiscussa fama mondiale, ma anche un'attenta saggista e un'attivista impegnata nei movimenti di rivendicazione di diritti per le donne. Figlia di un critico letterario, ricevette da bambina una educazione umanista. La morte della madre, avvenuta nell'adolescenza, fece manifestare in lei i primi disturbi psichici e i sintomi di una depressione che l'accompagnò per tutta la vita, fino al suicidio per annegamento nel fiume Ouse il 28 marzo 1941. Nel 1912 sposò nel 1912 Leonard S. Woolf, direttore di una casa editrice londinese (The Hogarth Press). Insieme formarono il gruppo di intellettuali noto come Bloomsbury group, dal nome del quartiere londinese, che riuniva gli ex allievi dell'Università di Cambridge. Tra i più noti membri ricordiamo letterati come E. M. Forster, Lytton Strachey, Clive Bell, la pittrice Vanessa Bell (sorella di Virginia) e l'economista John Maynard Keynes. I primi due romanzi, La crociera (1915) e Notte e giorno (1919) lasciano intravedere una raffinatezza espressiva, ma nessun sintomo della successiva rivoluzione letteraria di cui la Woolf fu protagonista, a partire da La stanza di Jacob (1922). In romanzi celeberrimi come La signora Dalloway (1925), Gita al faro (1927), Orlando (1928) la Woolf abbandona la narrazione tradizionale per aderire a una narrativa moderna, al pari di Joyce, Proust e Svevo, indagando l'effetto della realtà sulla coscienza interiore dei personaggi. Oltre a due biografie, scrisse anche diverse raccolte saggistiche e delle novelle pubblicate postume. Nel saggio Una stanza tutta per sé la Woolf riversa il suo pensierio politico-sociale, il suo impegno per la parità dei sessi e la sua esperienza all'interno del fabianesimo, movimento sociale di stampo socialista.

Illustre capostipite dei manifesti femminili del Novecento europeo, è anche il primo, brillante intervento della Woolf sul tema “donne e scrittura”. Una stanza tutta per sé è un trattato ironico, immaginifico, personalissimo e vario, che riesce a unire l’analisi sociale e la satira. Il leitmotiv della stanza, grembo e prigione dell’anima femminile, si allarga fino a comprendere tutti i luoghi della dimora umana: la natura, la cultura, la storia e infine la “realtà” stessa nella sua inquietante ma esaltante molteplicità. L’autrice demolisce la società patriarcale, bussa con forza alle porte del mondo della cultura, fino a quel momento di esclusivo appannaggio maschile, pretende di farvi irruzione, chiede che non ci siano più limiti e divieti per il pensiero delle donne.

Recensione

In questo saggio Virginia Woolf prende in esame il rapporto tra la condizione delle donne nella storia e l'attività letteraria. L'occasione è fornita dall'invito a tenere un discorso, di fronte a un pubblico di giovani ragazze e studentesse, avente a tema "la donna e il romanzo"; l'intero saggio è, in effetti, lo studio privato, poi reso pubblico, di preparazione della Woolf al suddetto discorso. Passando per la storia dei grandi uomini che hanno fatto la letteratura, delle donne che vi compaiono (sempre come oggetto altro, cui relazionarsi, mai come soggetto), la Woolf usa la letteratura come lente d'ingrandimento per indagare la condizione generale delle donne, su un substrato materialista-socialista, ed esprimendo l'augurio di un repentino cambiamento culturale e sociale.

Il saggio si presenta breve e semplice nella forma, un ragionamento chiaro lungo i fili di due-tre idee piuttosto buone e una narrazione fluida nel racconto della letteratura inglese. A tenere in considerazione la destinazione del discorso, si riesce ad apprezzare maggiormente il valore e la capacità della scrittrice, che si fa capire con immediatezza, senza arzigogolati ragionamenti, senza citazioni di seconda mano e con un forte senso di pragmaticità. Tutto il saggio, a voler essere riduttivi, si può riassumere in una sola frase, che corre e ricorre nelle raccolte di citazioni più abusate: "una donna deve possedere denaro e una stanza tutta per sé". Questa affermazione lapidaria, prosegue la Woolf, lascia intravedere il problema della "vera natura della donna e della vera natura del romanzo"; spiega, soprattutto, la grandezza, il colpo di genio, la straordinaria e sintetica efficacia di un titolo come questo. Virgnia Woolf coglie nella necessità (e nella mancanza) di "una stanza tutta per sé" la cifra della discriminazione temporale, economica e più genericamente materiale che ha impedito alla donna di scrivere e, attraverso la scrittura (ma anche senza) di compiere la sua realizzazione come persona ed essere umano. Ciò che manca alla donna, per riprendere una delle esortazioni finale che concludono il saggio, è "vivere in presenza della realtà": una negazione millenaria che, per la donna, è stata quasi una vera e propria negazione dell'esistenza.

Se l'attenzione ferma all'aspetto economico-materialista, prima grande argomentazione affrontata nel saggio, rivela un'adesione al pensiero sociopolitico più o meno socialista, non si deve cadere nell'errore di individuare una limitazione temporale al messaggio complessivo della Woolf, che d'altra parte risulta anticipatoria, se non profetica, nel porre continuamente l'accento sulla mancanza, per la donna, di una stanza e di un tempo per sé, di uno spazio e un tempo privati, lontani dall'esercizio di un potere maschile relazionale che iscrive sempre la donna in un complemento oggetto, impensabile come soggetto; se si pensa ai giorni d'oggi, al dibattito giuridico sul tema dello stalking e della violenza domestica e al rilievo che hanno recentemente assunto forme più indirette di violenza, come la privazione economica o proprio temporale, le parole della Woolf suoneranno ancora più convincenti. E' inoltre convinzione della Woolf che la letteratura non risieda in un regno altro, ma abbia le sue basi proprio nelle risorse spazio-temporali degli uomini e delle donne: "la poesia dipende dalla libertà intellettuale", afferma, e la libertà intellettuale, aggiunge, dipende dalle cose materiali.

Un saggio dunque ingegnosamente chiaro ed efficace; non del tutto privo di valore letterario, aggiungo, perché nel discutere il ruolo della donna nella letteratura la Woolf offre delle belle pagine di storia della letteratura inglese, anticipando, anche in questo caso, certe correnti più moderne (che non oso chiamare "femministe") della critica letteraria.
Non mancano, infine, incursioni squisitamente psicologiche (il cui fascino la Woolf subisce sempre), al punto da riuscire a distinguere i tentativi (perché di "tentativi" credo sia meglio parlare) di una teoria sessuale psicologica, atta a rivalorizzare il concetto di androgino, partendo da quello letterario, e a dimostrare l'esistenza di un sesso mentale, oltre quello fisico, che non può che essere doppio, uomo-donna nell'uomo e donna-uomo nella donna.

Di argomentazione in argomentazione, di stratagemma in stratagemma, il pensiero si spande nella sua piccola stanza tutta per sè, ed è sorprendente la facilità con cui trascina il lettore (che sia la donna comune dell'Inghilterra tra le due guerre mondiali o la società contemporanea del XXI secolo) dalle preoccupazioni più contingenti e materiali alle più belle disquisizioni psicologiche, dense dello stesso lirismo che contraddistingue i suoi romanzi.

Giudizio:

+5stelle+

Dettagli del libro

  • Titolo: Una stanza tutta per sé
  • Titolo originale: A Room of One's Own
  • Autore: Virginia Woolf
  • Traduttore: Maura Del Serra
  • Editore: Newton Compton
  • Data di Pubblicazione: 2013
  • Collana: Live
  • ISBN-13: 9788854152632
  • Pagine: 128
  • Formato - Prezzo: Tascabile - 0,99 Euro

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